Ho sempre avuto uno strano
rapporto con la neve, come con il mare. Un rapporto che spazia dal puro
odio, ad un amore sviscerale, anche se, non ho mai voluto ammetterlo. Il fatto
poi, che siano legati a delle particolari esperienze,
è puramente casuale, no?!?
Meine erste
Schnee…
Neve, bianca neve, tutto intorno.
Ha nevicato a lungo stanotte e
nevica tutt’ora, mentre già, le ombre della sera si allungano, oscurando
il mondo.
Un mondo strano, che io non
capisco e di cui, a pensarci bene, probabilmente se avessi
potuto, sarei stato tentato di non farne parte. Visto dall’esterno,
meraviglioso poi, una volta dentro, la prospettiva cambia. Aveva ragione quella
vecchia cugina della nonna: “Il mondo è bello…peccato solo per certa gente…”
Già.
Neve, bianca neve, tutto intorno.
Se ripenso al discorso di poco fa, un po’ mi viene da ridere. La pensereste così anche
voi, se sapeste che colui che l’ha appena formulato è
un bambino.
Si. Un bambino.
Io sono proprio un bambino.
Un bambino
strano, a dirla tutta, ma pur sempre un bambino.
Perché strano?,
direte voi.
A dirla tutta, non lo so nemmeno
io.
Sono un bambino, da soli 10 anni,
eppure, da che mi ricordo, mi sono sempre definito strano. O
meglio, gli “altri” mi hanno sempre definito così.
Seduto, le gambe a penzoloni da un’altalena, mi spingo, veloce, su e giù,
mentre, nella pozzanghera di neve sciolta ai miei piedi, osservo il mio volto.
Corti capelli scuri, un berretto
marrone, gli occhi sottolineati da un po’ della matita nera che, per farmi una
sorpresa, mi ha regalato mia madre, solo qualche giorno fa, per Natale.
Sottolineare che mio padre non ha approvato,
forse è superfluo, ma comunque è così.
Mio fratello invece, come al solito, si è limitato a gettare un’occhiataccia a papà e
poi ha sorriso, felice della mia contentezza. Lui è così.
Le gambe ancora a
penzoloni dall’altalena, mi fermo. Lo sguardo cade sulla pozzanghera
che, immancabilmente, riflette il mio volto. Sposto la testa.
Sospiro. Al momento, non voglio
vedermi.
La neve cade, ancora e ancora.
Questa è la prima volta che nevica
così tanto, da quando sono nato eppure, nonostante vorrei essere felice,
allegro, spensierato, non lo sono.
Mi guardo attorno. Diversi gruppi
di ragazzini si lanciano palle di neve, rincorrendosi, ridendo. Io, sono l’unico
seduto da solo, perso nei suoi pensieri.
Questo bambino è
davvero strano, penserete voi.
Forse, stavolta avete ragione ma,
c’è un motivo, se me ne sto qua, da solo, mentre tutti si divertono.
Ho litigato con Tom.
Chi è Tom?, penserete ancora voi.
Tom è mio fratello, il mio gemello,
la persona più importante della mia vita, non perché è mio fratello, ma perché
è lui.
Diciamo, senza esagerare, che Tom è una delle poche persone per cui,
per me, vale la pena vivere. Senza scherzi.
Guardo di nuovo gli “altri”, poi
sospiro, pensando a dove accidenti sarà mio fratello e se, al momento, sarà
ancora da qualche parte, urlando, per la rabbia.
Facciamo sempre così, di solito. Lui
urla, io urlo, poi lui continua a farlo da solo ed io mi defilo, per non sentirlo.
Sospiro ancora.
Odio litigare con Tom, penso, realizzando che da
questo momento in poi, ogni volta che nevicherà, ripenserò a quando abbiamo
litigato.
Allungo una
gamba, assestando un poderoso calcio ad un cumulo di neve, spandendola intorno. Un secondo dopo, una palla di
neve gelata, mi colpisce alla nuca, scivolando veloce all’interno della giacca.
Rabbrividisco, mentre qualcuno, alle mie spalle, scoppia
a ridere.
Mi volto.
Il viso di Georg,
sorridente, per un momento mi fa dimenticare tutto.
Georg, è uno dei miei
migliori amici, un ragazzo sempre allegro, con cui, davvero, non ci si può
mai annoiare.
“Ti ho preso!” esclama subito, la
voce allegra.
Sorrido. “Me ne sono accorto…”
commento.
Lui, veloce, si siede
sull’altalena accanto alla mia, prima di iniziare a fissarmi serio. “Si può
sapere cos’è quel muso, Bill?” domanda poi.
Mi mordo le labbra, per non
parlare.
Un secondo.
Schreeeck!
Entrambi alziamo la testa.
Tom, un berretto di lana enorme che copre i suoi corti rasta, frena di
colpo davanti a noi. Ci fissa. Lo sguardo serio, si sposta, velocemente, da Georg a me.
“Ti stai ancora piangendo addosso???” domanda, rivolto a me, la voce dura.
Io, sento
qualcosa indurirsi, all’interno del mio petto, probabilmente il mio cuore,
mentre, contemporaneamente, il volto si ricolora per la rabbia.
Resto in silenzio, mordendomi le
labbra.
Ci penso sempre un paio di volte,
prima di insultarlo.
“Sono stufo di questo tuo
comportamento!” ricomincia lui, gli occhi socchiusi.
Prendo un bel respiro, ricordandomi
di non insultarlo ma poi, come al solito, esplodo “Se
sei stufo, perché cavolo sei venuto a cercarmi?!?” urlo.
Tom tace, un secondo, sorpreso
“Perché è stupido perdersi la neve perché abbiamo litigato! Sei un testone e
non capisci niente!”
Trattenendo le risa, mi alzo in
piedi, finendo dritto nella pozzanghera. “Senti chi parla! Anche
tu non capisci nulla e non ti si può parlare! A te interessa solo la tua
opinione!”
Mio fratello abbozza un leggero
sorriso “Ovvio…” poi, un secondo dopo, gira la bici, per ritornare da dove è
venuto. “Ora, però sali! Andiamo a fare la battaglia di neve con mamma e papà…
Senza di te, ho poche chance di vincere, anche se sono il migliore della
famiglia…”
Sbuffo ancora, gettando una veloce
occhiata a Georg, che subito mi sorride.
Mi avvicino alla
bici di mio fratello, salgo, appoggiando le mani sulla sua pancia. Un
secondo dopo, dopo aver salutato a gran voce il nostro amico, sgomma.
Per strada, Tom
fa lo slalom tra i cumuli di neve sui marciapiedi poi, quando si accorge che ancora
non parlo, sterza improvvisamente, sfiorandone uno. In un secondo, eccoci ricoperti di candidi fiocchi.
“Che diavolo fai?!?” lo ribecco subito, fingendo di essere ancora arrabbiato.
Lui ride, prima
di ritornare serio “Certe cose, non cambiano, Bill, non
cambiano mai…” esclama, riferendosi al nostro rapporto.
Io, dietro di lui, sorrido. Devo
aver fiducia e il nostro rapporto non cambierà mai.
Prendo un bel respiro.
“Cosa vinciamo
se battiamo mamma e papà?” domando ancora.
Tom si volta un
secondo “Il permesso di vestirci come vogliamo, senza più prediche…” risponde
allegro.
Un secondo dopo, sul volto di
entrambi appare l’identico sorriso.
Prendo un altro bel respiro.
“Dobbiamo vincere!”
Fine…