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Autore: General_Winter    31/05/2015    2 recensioni
Un addio di due giovani regnanti alle loro amate nazioni; incerti sulle proprie scelte e sul proprio futuro, capiranno che il sacrificio dei due regni creerà una nazione che sarebbe poi diventata una delle più grandi...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fiori di Garofano


Anno Domini 1469
 
Il sottile ago passò per l’ennesima volta nella soffice stoffa del vestito.

L’abilissima sarta ricamò e aggiustò con gli ultimi ritocchi l’abito della ragazza che si rimirava nei grandi specchi con espressione corrucciata, come se continuasse a trovare imperfezioni in se stessa nonostante un occhio esterno l’avrebbe giudicata come minimo
meravigliosa.

Una piccola esclamazione di dolore distrasse la giovane dal proprio riflesso, facendo spostare la sua attenzione sulla donna chinata ai
propri piedi, intenta a portarsi l’indice alla bocca poiché se l’era punto con l’ago.

« Fa più attenzione! » strillò rivolta alla serva, per poi pentirsi subito delle maniere poco educate che aveva usato, chiedendo scusa flebilmente, massaggiandosi piano le palpebre con le dita.

La donna scosse la testa, capendo il nervosismo della sua giovane padrona , dovuto al gesto che stava per fare e a ciò che avrebbe comportato in seguito. Quasi non sembrava giusto, alla sarta, che una ragazza così giovane dovesse sopportare sulle spalle un tale
peso, ma quello non era qualcosa di cui doveva importarsi; era un qualcosa che non apparteneva al suo mondo, faceva parte di una realtà a cui lei poteva assistere da vicino, ma non farne mai parte.

La voce di un altro giovane servo annunciò a entrambe le donne nella stanza che un visitatore importante era giunto per incontrare la nobildonna.
La più giovane, infastidita, mosse spazientita la mano, rilegando quell’arrivo a qualcosa di poco conto.

« Può essere anche il mio futuro marito, ho detto che voglio stare da sola! ».
« Nemmeno se si trattasse di me, mi querida Isabél? Hoy eres muy linda… »

Quelle calme parole vibrarono nell’aria immobile della camera, raggiungendo le orecchie e trapassando da parte a parte il cuore della
giovane reale della Castiglia.

Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime, mentre si portava una mano alle labbra, tentando, inutilmente, di coprire i singhiozzi che
già le uscivano dalla gola.

Riuscì a recuperare abbastanza calma per congedare i due domestici, prima di avvicinarsi al giovane e buttarsi al suo collo, piangendo disperata contro la pelle appena scura dell’uomo dagl’occhi verdi.

« Non ce la faccio … non ce la faccio… » si lamentò la futura regina tra le braccia dell’altro.
« Sì che la farai, Isabél! Ne sono certo…  ».

La giovane infossò la testa ancora di più nella camicia di seta dell’altro, calmandosi pian piano, ormai stanca persino di versare lacrime.
« Ti sto deludendo, con le mie azioni, non è vero? Te lo leggo negli occhi… ».
« No! Non pensarlo mai, bambina mia! Sono solo preoccupato per te e arrabbiato con me stesso, poiché non ho saputo evitare questa
situazione ».

Isabél lo lasciò andare, guardandolo seria negli occhi, nonostante le proprie iridi fossero ancora cerchiate di pianto. Il suo sguardo poi
vagò sul fisico asciutto dell’uomo: dai muscoli delle braccia, alle spalle larghe fino alla mandibola squadrata ornata dal sottile pizzetto di
barba scura quanto i capelli lisci raccolti in una coda bassa. La donna lo fissò bramosamente, volendosi imprimere a fuoco nella mente
ogni particolare di quel corpo che non avrebbe mai più rivisto.

« Io ti amo, Leòn! Non posso e non voglio perderti! Da quando è morto mio padre, sei stato di quanto più simile ad un genitore che abbia
mai avuto! E ora sto per perdere anche te… ».

Leòn Fernandez Domingo, Castiglia, scosse il capo, rassegnato: « Smettila con questa storia. Anche tu, per me, sei molto cara, sei la mia più amata figlia e sovrana, ma sapevamo entrambi che questo giorno sarebbe arrivato! ».

« Ma io voglio te, come nazione, al mio fianco! Non un ragazzino che non sa nemmeno cosa significhi guerra! ».

La nazione sospirò ancora, tra sé e sé: « Temo, purtroppo, che quel bambino capirà fin troppo presto il significato di quella parola ».
La giovane fu quasi sull’orlo di un nuovo pianto, ma si trattenne con tutte le proprie forze, cercando di far apparire sicura la propria voce.

« Perché a me doveva capitare questo destino? Perché hai scelto me e non Giovanna? »
L’uomo abbracciò ancora la ragazza, posando il naso tra i capelli scuri perfettamente acconciati. Sorrise: la propria amata futura sovrana profumava ancora di purezza e fiori di campo.
Nonostante il peso, sulle sue spalle di donna, della nascita di una nuova nazione, per lui restava ancora la graziosa bambina che aveva cresciuto e accudito per anni: « Perché, come voi re e regine, riconoscete subito le vostre nazioni in mezzo ad una folla di persone
comuni, noi regni riusciamo a capire, nei secoli, chi ci renderò grandi e degni di ricordo … e io, tutto ciò, l’ho visto in te, non in tua nipote ».

Le baciò piano la testa, mentre lei riprendeva il pianto: « Ma morirai… »
« È giusto così, mi querida ».

 
Anno Domini 1469
 
 
Il ragazzo camminava avanti e indietro per tutta la stanza, una volta sistemandosi gli abiti, un’altra il cappello, un’altra ancora guardando preoccupato fuori dalla finestra.
La donna in sua compagnia alzò gli occhi dal proprio ricamo per squadrare l’andamento preoccupato dell’altro.

« Ferdinando! Rilassati! Non è che se vai più veloce tu, arriverà prima anche lei! ».
Il giovane erede dell’Aragona si morse il labbro, senza guardare la ragazza, dirigendosi ancora verso la finestra, sobbalzando per l’arrivo di
una carrozza, rilassandosi quando capì che non era quella della sua sposa.
Solo in quel momento si degnò di guardare l’altra occupante della stanza, di nuovo immersa nel proprio lavoro.
Il ragazzo scosse il capo: « Non capisco come fai tu ad essere così calma, Marìa! Sembra che la cosa non ti tocchi minimamente! ».

Gli occhi scuri di lui si posarono in quelli blu e rilassati della donna, che si spostò una ciocca di riccioli scuri dietro l’orecchio: « Se mi
posso permettere, mio principe » disse con tono ovviamente sarcastico, ma affatto canzonatorio, quanto più affettuoso «ho qualche anno più di lei per poter affermare di essere stata  coinvolta in faccende ancora più gravi, per questo sono così calma » puntualizzò tranquilla, infilando l’ago nell’ennesimo punto della stoffa, per poi bloccarsi quando l’urlo dell’uomo la costrinse a fermarsi.

« ARAGONA! NON SO SE TE NE RENDI CONTO, MA STAI PER MORIRE! ».

Ferdinando si riscosse subito quando si rese conto di aver ripreso un delicatissimo argomento nel modo sbagliato. La contea posò
definitivamente il ricamo per alzarsi e raggiungere il proprio giovane sovrano.

« Lo so ed è per un’ottima causa » fece tranquilla, congiungendo le mani in grembo, osservando posata il giovane, nonostante egli
sembrasse sul limite della rabbia e del rimorso: « Non voglio che tu te ne vada. Io ti amo… »
Marìa rise lieve: « Dovresti dirlo a Isabél una cosa del genere. Ancora mi chiedo come possa sposarti! Sei così noioso, pedante, infantile
… e non sei nemmeno un granché bello! Deve avere un gran coraggio quella donna! » scherzò per smorzare la tensione, ma ciò non sembrò funzionare: il viso dell’erede dell’Aragona era ancora scuro e preoccupato.

Sospirò rassegnata, Aragona, prima di passare dolcemente una mano sulla guancia del ragazzo e alzarsi sulle punte per baciargli la fronte.
« Ferdinando de Trastamara, io, Marìa Carriedo Fuentas, giuro che, anche dopo la mia dipartita, veglierò con amore e tenerezza su di te e su tutti i tuoi discendenti … e poi chi altro potrebbe farlo se no? » rise divertita, con quella solita gaiezza che tanto la contraddistingueva.

Ferdinando l’abbracciò forte, prima di posare le labbra sul suo orecchio e sussurrare: « Sai già come si chiamerà? ».
La contea sbuffò seccata, allontanandosi di qualche passo dall’altro: « Non sono incinta! E comunque non so nemmeno se sarà maschio o femmina e non lo potrò mai sapere … oh! Sembra che la tua futura moglie sia arrivata! » e con un cenno della mano, indicò oltre la
finestra, dove una carrozza scura portava la futura regina di Spagna dal suo sposo.

 

Il segreto delle nozze rimase tale, eppure la sfarzosità e il lusso non si risparmiarono.
I due sposi erano meravigliosi mentre, di fronte all’altare, proclamavano i loro voti e le loro promesse nei confronti dell’altro. Uno stuolo di
feudatari fedeli e cortigiani adulatori assisteva, ignorando bellamente altre due presenza che tutto volevano tranne che essere viste in quel giorno di festa che non era per loro.

Aragona si era avvicinata a Castiglia e non era riuscita a fermare il fiume di parole che le era uscito dalla bocca.
Leòn annuì assorto all’ennesima domanda dell’altra contea; comportamento che gli costò una gomitata ben poco signorile da parte di
Marìa: « Almeno ascoltami quando parlo! » lo riprese sottovoce, mentre Isabél faceva le proprie promesse a Ferdinando.

Il Castigliano si massaggiò le costole colpite, squadrando esausto e rassegnato la ragazza: « Lo farei, se dicessi qualcosa di sensato e importante… ».
« Guarda caso lo era, riguardava ciò che ci accadrà da qui a qualche ora! » si offese per la poca importanza che l’altro le dava.
L’uomo le prestò tutta l’attenzione che meritava, togliendo in quel momento gli occhi dai novelli sposi, che si guardavano negli occhi, determinato ad arrivare fino alla fine di quella lunga e complicata storia.
« Sei spaventata, Aragona? ».
La ragazza annuì impercettibilmente e ciò turbò non poco l’altra contea: « Que? Ti ho sempre vista così decisa e coraggiosa … come puoi tirarti indietro ora? ».

Marìa lo guardò quasi offesa: « Non mi sto tirando indietro, sono solo spaventata da ciò che ci riserva il fut- » non riuscì a finire la frase
che un bambino di al massimo quattro anni le tirò la gonna, in cerca di quelle che sembravano infantili attenzioni.
La prima volontà di scacciarlo malamente fu sostituita da un sorriso stanco e rassegnato, nonostante fosse anche pervaso di dolcezza. Léon lo guardò sorpreso, per poi riconoscere in quei tratti fanciulleschi i capelli ricci della sua amata Marìa e gli occhi verdi che lui stesso
tanto vantava.

« Ah … quindi sei tu… » Aragona lo prese in braccio con la delicatezza di una madre, mentre gli posava un bacio sulla fronte, che prontamente il bambino tentò di strofinare via, e Castiglia gli scompigliava la chioma scura in un gesto d’affetto.
« Sappi che dovrai essere forte, niño … dovrai crescere in fretta, proteggerli e renderli grandi… » lo istruì immediatamente l’uomo, lasciando trasparire una punta di rammarico per non poter adempiere lui stesso a quel dovere.
Il piccolo annuì convinto, recependo appieno il messaggio, avviandosi poi verso l’uscita, ignorando quasi i due sposi, ora ufficiali,
acclamati da tutti coloro che avevano assistito alla cerimonia.

Marìa osservò quasi preoccupata, insicura se quel ragazzino potesse sul serio diventare una delle potenze europee. La mano del
castigliano posata sulla sua spalla le bloccò ogni pensiero sul nascere. Lo fissò per qualche secondo, con gli occhi blu sgranati, mentre questi gli batteva appena la spalla e le baciava la tempia: « Direi che qui noi abbiamo finito … salutiamo i festeggiati e andiamo » disse con assoluta tranquillità, come se niente sarebbe accaduto.

Le prese piano la mano, intrecciando le dita e invitandola a voltarsi per dedicare un ultimo accenno di saluto e un sorriso affettuoso ai due
regnanti che in quel momento li guardavano con le lacrime agli occhi, prima di incamminarsi oltre la porta della chiesa verso chissà quale incerto futuro.
 
« CASTIGLIA! ARAGONA! »
Il grido dei due sposi risuonò all’unisono nella grande piazza, quasi vuota, in quanto le nozze segrete sembravano essere rimaste tali.
Il vento caldo sollevò alcune foglie secche e petali caduti, trasportandoli lontano dalla vista bagnata di lacrime dei due regnanti, che ignoravano gli sguardi stupiti e i sussurri contrariati di tutti i presenti alla cerimonia.
Ferdinando abbracciò la giovane moglie, accarezzandole piano i capelli, cercando di consolarla, mentre singhiozzava disperata.

« Dove sono andati? ».
« Sono volati via col vento e le foglie » la voce che rispose alla ragazza non fu, però, quella del neo marito, bensì una molto infantile.
Entrambi si voltarono e videro un bambino molto piccolo seduto su una cassa di legno con lo sguardo lontano, oltre il cielo e l’orizzonte.
Sguardo che sembrava poter raccontare secoli di storia non sua, poter scrutare nel passato dei predecessori.
Saltò giù dal suo appoggio, camminando piano, a testa altra, verso i due sovrani, tendendo loro un grosso bouquet di profumatissimi
garofani bianchi.

« Sono un po’ fuori stagione … spero vi piacciano! ».
La ragazza li afferrò, riluttante e sorpresa, sollevandoli piano e portandoli al viso, inspirando il profumo e chiudendo gli occhi, mentre immagini del la sua amata contea sembrarono essere richiamate alla mente dalla fragranza dei fiori.

« Chi sei tu..? ».
« Io? Sono Antonio Fernàndez Carriedo! ».

 

LA TANA DEL LUPO:
Senza alcuna pretesa, spero che sia piaciuta.
A presto, baci.
Lupus.
  
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