II. We’ve got a big mess on our hands
La situazione degenera rapidamente.
Il cinquanta per cento di una band che non si parla? Male,
infinitamente male.
Non sono in guerra aperta - non sono neanche in guerra ad
esser precisi - semplicemente, c’è Joe che entra in una stanza ed Andy che si
smaterializza. (E quella volta non è saltato dal bus in corsa solo perché stava
battendo Pete alla playstation ed era una questione d’onore, altrimenti Joe è
certo che avrebbero dovuto staccare il loro batterista dall’asfalto con un
cucchiaino. Aveva visto i suoi occhi stringersi minacciosamente sullo schermo
prima di iniziare una cruenta mattanza dei piccoli, innocenti soldatini di
Pete, mentre lui entrava nella stanza per mettere in carica l’iPod.)
Sarebbe quasi meglio se fossero in guerra aperta, almeno comunicherebbero. Tirandosi oggetti
contundenti, vabe’, non è il momento di fare gli schizzinosi. Così Joe potrebbe
capire qual è il problema di Andy, se esser stato baciato senza permesso, se
esser stato baciato da un uomo, se esser stato baciato da lui, e in che modo tutto ciò è un problema.
Cristo, poteva persino essere l’ennesima delle sue allucinanti regole
straight-edge che gli impediva il contatto fisico dopo una certa ora del
giorno!
Non se la sente di andare a parlargli, sinceramente, ma
man mano che di concerto in concerto i lanci di bacchette tra il pubblico si
infittiscono, e casualmente sempre nella sua direzione, si rende conto che urge
fare qualcosa.
…e siccome Pete gli ha proibito di fuggire in Canada,
dovrà per forza affrontare Andy. Gli sembra di aver sentito che la cugina di
uno dei tecnici lavora al Pronto Soccorso da quelle parti, per fortuna.
Andy è ancora in fase ninja perciò passa circa mezza
mattinata a dargli la caccia, e alla fine lo trova svaccato nella sua cuccetta
a leggere il fumetto di Gerard; Sente per un attimo una fitta di risentimento
per il fatto che Andy non gli aveva nemmeno detto
di averlo comprato. Pete ha ragione, deve chiarire tutto e subito.
Si blocca subito dietro la porta, sempre teso e sempre
privo di un discorso, passandosi una mano tra i capelli. Come può mettere in
chiaro le cose se nella sua testa c’è il black-out completo? Quali cose poi? S’è
accorto pure Hemingway della cotta mostruosa che ha per Andy da quando aveva
sedici anni e saltava da un pub all’altro senza neanche sapere bene cosa stesse
facendo; forse prima era un po’ più lieve, un po’ più discreta (e la spacciava
persino a sé stesso per “profondissima ammirazione!!”), ma adesso ce l’ha
praticamente scritto in fronte. È un enorme cartello ambulante e a questo punto
Andy ha davvero bisogno di un nuovo paio di occhiali, se non l’ha ancora
capito.
Esce dallo stato di contemplazione in cui era caduto con
una smorfia e scuote la testa, nella speranza che lo scossone faccia
magicamente incastrare tutte le sue idee in un Piano Perfetto, ma il solo
risultato è un gran svolazzare di capelli. Dare ad Andy l’impressione di essere
uno stalker non sarà di sicuro la strategia vincente, però, quindi si fa forza
e parte. Appena entra, Andy alza gli occhi e si irrigidisce, stringendo le mani
attorno ai lati del fumetto come se volesse nascondercisi dietro o, più realisticamente,
lanciarglielo. Sotto il suo sguardo distaccato Joe sente l’impulso di girare i
tacchi e fuggire via, nonostante sia lui quello piantato in mezzo al corridoio
a bloccare l’uscita, nonostante sia Andy quello che dovrebbe sentirsi in
trappola. Si impone di non muoversi, inspira, espira, altri due passi avanti.
Contegno. Sicurezza. Puoi farcela, Joseph.
« Hey » Si siede disinvoltamente ai piedi del letto
opposto, sorride, poi Andy corruga le sopracciglia e ciao ciao sicurezza, è
stato un piacere averti conosciuto. « …hey. » Oh, quanta strada farà
balbettando. Si agita un po’, a disagio. « Com’è? » chiede gesticolando
vagamente in direzione del fumetto.
Andy sbatte le palpebre in maniera gufesca, come se si
fosse scordato di avere qualcosa tra le mani. « Oh, è… da Gerard. »
Che può voler dire vampiri-zombie impazziti tanto quanto
unicorni rosa; evidentemente Andy non è in vena di chiacchiere. Joe si agita
ancora, piazzandosi le mani tra le ginocchia per evitare di cominciare a
gesticolare come un demente, e sospira. « Allora, per l’altro giorno. »
Andy non commenta, fa solo una specie di faccia schifata
che con tutta probabilità è involontaria. Brutto segno. « Cioè, mi dispiace. È
che non ero tanto in me e, cioè, anche Pete lo fa sempre, non mi sembrava di
far nulla di… strano, ecco. Ma… mi dispiace, okay? Non te la prendere. »
A quel punto Andy scatta. Joe si appiccica d’istinto al
muro della cuccetta, ritrovandoselo in piedi nello stretto corridoio che vibra
di rabbia malamente repressa, ed anche se sa
di essere più alto Andy è maledettamente terrificante.
Devono essere gli occhiali. Anche Patrick è molto
intimidatorio quando s’incazza.
« Sai cosa me ne faccio delle tue scuse? Sai dove puoi infilartele? »
« Almeno io tento di fare qualcosa, non mi chiudo nel mio
stanzino emo a piagnucolare! Perché ti scaldi tanto?! »
Gli occhi di Andy si allargano in una maniera che in
qualsiasi altro contesto risulterebbe comica. « Perché sei un testa di cazzo,
Trohman » ringhia. « E finché continuerai ad essere un coglione del genere mi
sentirò in diritto di prendermela quanto mi pare. »
Si alza anche lui, cercando di farsi il più alto possibile
per sovrastare Andy e incutergli un minimo di… qualcosa. Lo sta trattando di merda quando lui non ha fatto niente
- a parte saltargli addosso infilargli la
lingua in gola passare l’ultima settimana a seguirlo ovunque perché gli mancava
oddio cervello spegniti - proprio niente, e anzi è il solo ad aver avuto la
decenza di cercare di chiarire. « Illuminami allora, oh saggio! Dio, sto
cercando di fare pace che nemmeno mi ricordo
cosa ho fatto, potresti dimostrare un po’ di collaborazione? Ero strafatto! »
Andy gli tira Umbrella Academy in faccia.
Joe spalanca la bocca e lo fissa, esterrefatto, senza muovere
un muscolo. Non credeva che l’avrebbe fatto davvero. Sì, si aspettava la
sfuriata, ma non- scherzava quando
parlava dell’ospedale. E invece ha la guancia che brucia per lo schiaffo, la
faccia che pulsa dolorosamente, e tutto quello che riesce a pensare è che Andy
non l’aveva mai colpito con l’intenzione di far male.
Intanto Andy è già sulla porta, le spalle rigide e
serrate. « È questo il tuo problema » dice in tono orribilmente piatto, e se ne
va.
Quel pomeriggio Joe salta il sound-check. No, okay, pensa
di saltarlo ma arriva soltanto in ritardo, ignora le occhiatacce di Patrick e
Pete in sé, e si comporta come se il ritmo fosse tenuto da una simpatica
drum-machine senza guardare una sola volta in direzione della batteria.
Quando sale sul palco quella sera ha ancora la guancia
rossa, ed è così incazzato da non fare nemmeno caso al fatto che Andy non tira
una sola bacchetta.
Magnifico. C’è un’orecchia al suo Umbrella Academy e il
senso di colpa gli sta sciogliendo le viscere, semplicemente magnifico.
Non doveva mettersi a pensare “peggio di così non potrà
andare”, lo sanno TUTTI che porta sfiga. È colpa di Pete che l’ha contagiato
con la sua depressione e l’ha fatto arrivare al punto di starsene nascosto - “nel tuo stanzino emo a piagnucolare!”
rimbomba prontamente nel suo cervello - a pensare che davvero, cosa può
peggiorare la situazione?
In realtà è tutta colpa di Joe. Perché è un coglione. Un
enorme, esorbitante coglione. Sì, è la frase dell’anno, se la farà tatuare da
qualche parte il prima possibile - tipo, all’interno
delle palpebre, così non correrà il rischio di scordarselo.
…perché ci aveva sperato, per un attimo, ci aveva creduto
sul serio che Joe avesse tirato fuori la testa dal culo e fosse lì per dirgli
qualcosa di nuovo, non che si scusava
per aver fatto qualcosa che fa sempre
Pete perché non sapeva cosa stava
facendo.
E lui lì come uno scemo a urlare mentre qualcosa dalle
parti dello sterno gli si spegneva e si incrinava, riempiendosi di crepe
dolorose. Fosse stato un infarto avrebbe saputo come gestirlo, e invece…
Invece adesso se ne sta a pentirsi di averlo colpito perché,
be’, non per il colpo in sé - di quello non si pente mica, con tutte le volte
che si era trattenuto dal prenderlo giustamente a sberle era stato anche discretamente
soddisfacente. Un pochino, sotto l’oceano di risentimento - ma per lo sguardo
di Joe dopo. Ora è perfettamente certo di aver mandato tutto a puttane.
(“Tutto” cosa, poi?)
Non è giusto, lui non ha fatto proprio niente. Era solo un
ragazzo piuttosto famoso che suonava la batteria e faceva finta di non passare
metà del tempo a immaginare come sarebbe stato passare le dita tra i capelli
del suo chitarrista, che cosa di tutto ciò è così grave da meritargli certi
casini? Era felice prima. Moderatamente felice, e aveva sempre la speranza
dalla sua. Così gli è stato fatto capire più che chiaramente che no, grazie.
Il karma fa schifo.
Pete lo incastra tra un amplificatore e un’impalcatura
subito dopo un concerto in cui gli sono sfuggite le bacchette due volte, ci
rendiamo conto?, mentre Joe rischiava di cadere dal palco durante una giravolta
di troppo. Pete è legittimamente irritato.
Anche se se lo aspettava, Andy non può fare a meno di
cercare di nascondersi dalla figura non molto imponente ma sempre inquietante
di Pete Wentz. È solo che non ha voglia di mettersi a raccontare tutto,
soprattutto a qualcuno con una felpa che fosforesce a quel modo.
« Nella mia band ci sono problemi » esordisce Pete. « Non
mi piace quando nella mia band ci sono problemi e i problemi ci fanno suonare
male. Odio suonare male. Quindi
bisogna risolvere i problemi. » Incrocia le braccia al petto. « Qual è il tuo
problema? »
« Joe » dice automaticamente. Joe è un problema sotto
tanti di quegli aspetti che gli fa fatica definire il peggiore.
« E quello di Joe? »
« …uhm. »
« Cosa gli hai fatto? »
« È lui che ha fatto qualcosa a me, non so se hai
dimenticato persino con tutte quelle foto che hai piazzato ovunque. » Pete non
fa una piega all’accusa; alza semplicemente un sopracciglio, lo fissa, e dopo
un’intensa guerra di occhiatacce Andy cede, infilandosi le mani in tasca mentre
mugugna qualcosa di inintelligibile su la faccia di Joe e un ombrello.
« Ommioddio l’hai preso ad ombrellate?! » Pete spalanca la
bocca orripilato, portandosi una mano al viso. Mai avrebbe sospettato, mai
avrebbe pensato…!
« Gli ho sbattuto in faccia Umbrella Academy, mentecatto. »
Pete si ricompone nell’aria da l’avevo-sempre-saputo. «
Questo perché…? »
« Perché è un coglione. » Risposta facile, di nuovo. Pete
non sembra soddisfatto, però, visto come alza gli occhi al cielo e si punta le
mani sui fianchi in una posa tipicamente Patrickesca. Andy abbassa lo sguardo,
incassando di più la testa tra le spalle, dà qualche calcetto all’angolo dell’amplificatore
e perde genericamente tempo. « Non ha capito niente. »
« Neanch’io » afferma caldamente. Si arrampica con un paio
di salti sopra una cassa lì accanto e si siede, battendo insistentemente la
manina sullo spazio accanto a sé finché Andy non sbuffa e si decide a dargli
retta, sedendosi al suo fianco.
« Vedi Andy » attacca, tutto occhioni comprensivi e onesti
« È colpa tua. »
« Checcoss-? »
« Andy, Joe è confuso e non sa dove cercare aiuto. Da chi
deve andare, da Patrick? Da me? Sei sempre stato tu quello pronto a risolvere i
nostri casini e proprio quando lui ne ha più bisogno tenti di rompergli il naso
a giornalate, per cui fattelo dire amico, è colpa tua. »
« Mia?! » La voce di Andy diventa sgradevolmente stridula
quando s’indigna. « Fa quello che ha fatto poi si comporta da idiota e io dovrei risolvere i suoi problemi? »
« Esatto » si illumina Pete, contento che il messaggio sia
arrivato.
« Grazie Pete. » Andy scende dall’amplificatore e va verso
i camerini con l’aria mogia, strascinando i piedi senza entusiasmo. Pete non
capisce davvero cos’altro dovrebbe fare.
Non possono seriamente aspettarsi che, dopo tutto quello
che è successo e che ha subito, si metta a sbrogliare la matassa di turbe
sessuali di Joe. Okay “Vegan Jesus”, ma non Jesus fino a questo punto.
Non ha tempo da perdere con chi non sa quello che vuole e
se ne va in giro a molestare amici a destra e a manca giusto per vedere che
succede. Non vuole perderci tempo,
non ha intenzione di farlo anche se ogni giorno che passa sente Joe sempre più
freddo e tutto quello che l’istinto gli dice di fare è prenderlo per la maglia
e sbatterlo contro un muro e… chiedergli scusa, magari, qualunque cosa gli
faccia cambiare espressione. Gli occhi di Joe sono sempre stati azzurri, ma mai
glaciali.
Ma non deve chiedere scusa, perché non ha fatto nulla. Lui non ha fatto nulla, è solo una
vittima e da sempre sono le vittime quelle che devono riceverle, le scuse.
Si meriterebbe di meglio, e non è un pensiero egoista, è
la semplice realizzazione che tutto quello che gli sta accadendo è pura
ingiustizia. Soffre senza motivo, senza un’utilità tangibile - se ci fosse
qualche possibilità sarebbe più che disposto a sopportare in silenzio, ma così
è totalmente inutile. Dopo le cose che si sono detti sarà già tanto se
torneranno a guardarsi in faccia.
L’unica cosa che ha fatto, Andy, l’unica di cui può essere
effettivamente incolpato, è quella che ha fatto sprofondare le cose. E lui
voleva provarci sul serio a sistemare le cose, ma quando si dice talento.
Tanto vale smetterla del tutto.
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Titolo dall’omonima canzone dei The
Academy Is…, la questione “l’hai
picchiato con un ombrello?!” da Christine aka Harl, perché legge fischi per
fiaschi e la amo.
So! Scusate il ritardo, ma sto
praticamente riscrivendo tutti i capitoli perché non mi convincono minimamente
:/ e senza gente che mi minaccia lavoro male. *spera che il capitolo abbia
fatto passare l’irritazione per l’attesa ai lettori*
Sophy: Il
tuo urlo di gioia riempie me di gioia,
quindi se permetti non lo ignoro u_ù Pete e Patrick sono amore, e la cosa buffa
è che mentre li scrivevo non lo vedevo come slash, semplicemente come Pete e
Patrick XD Andy e Joe sono due idioti <3 E, uhm, ti prego guardami molto male, di solito funziona per farmi
rispettare le consegne. :°D Yay! *manda cuoricini*
A lunedì prossimo! :D No, sul
serio. Giuro!
Will