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Autore: silvermoongirl10    31/05/2015    0 recensioni
Questa storia racconta l'evoluzione dell'amicizia tra Porthos e Aramis, dal loro primo incontro e attraverso la serie. Essere un Moschettiere vuol dire molte cose, una fratellanza leale, buoni amici, grandi avventure e di sicuro strane ferite.
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Aramis, Porthos
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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From Strangers to Brothers

Note dell’autrice: Ho fatto delle ricerche al mio meglio per questo così mi scuso se c’è qualcosa di sbagliato, se trovate qualcosa di sbagliato fatemelo sapere e lo cambierò. Siccome questo capitolo tratta l’arco di un anno farò dei salti temporali, mi spiace se questo infastidirà qualcuno.
 
 
Inizio di Settembre 1527

Aramis sospirò; era appoggiato ad un albero su una collina con il cappello calato così da coprirgli gli occhi. Il Reggimento dei Moschettieri era parte dell'esercito Reale che aveva circondato gli Ugonotti nella fortezza a La Rochelle. Erano lì dalla fine di Agosto e non avevano ancora visto neanche un po’ di azione. Odiava stare seduto senza fare nulla, senza dubbio lo rendeva molto nervoso. L’ultima volta che aveva preso parte ad una battaglia era stato quando Treville gli aveva offerto un posto nei Moschettieri, quando stava passando un brutto periodo dopo la morte di suo cugino e dei suoi amici: ora aveva paura che questo avrebbe potuto accadere di nuovo. Questo era il motivo per cui sedeva da solo e faceva finta di dormire: sapeva che Porthos avrebbe capito all’istante che qualcosa non andava e non aveva intenzione di dire nulla a nessuno, neanche al suo migliore amico, cosa lo preoccupava. Porthos aveva imparato a leggerlo meglio dopo il massacro di Savoia e se qualcosa lo preoccupava anche solo lontanamente, l’altro gli sarebbe stato vicino. Non aveva bisogno che Porthos si preoccupasse per lui, suo fratello doveva pensare a sé stesso, doveva restare vivo perché Aramis sapeva che non avrebbe mai più fatto ritorno dai posti oscuri della sua mente se gli fosse successo qualcosa. Perdere Victor e i suoi amici nel 1622 e poi il massacro di Savoia lo avevano quasi distrutto, se avesse perso Athos e soprattutto Porthos sapeva che nulla sarebbe mai stato più lo stesso di nuovo.

Porthos era seduto vicino ad Aramis e guardava preoccupato il suo amico dormiente. Quando era stato detto loro per la prima volta da Treville che il Reggimento sarebbe andato a La Rochelle per affrontare gli Ugonotti ribelli, Aramis aveva fatto un largo sorriso, felice di avere qualcosa di nuovo da fare, confessando che le pattuglie a Parigi iniziavano a essere noiose. Ma più si avvicinavano alla città più Aramis diventava introverso. Porthos aveva iniziato a preoccuparsi che presto l’amico avrebbe smesso di parlare del tutto, ma poi Treville aveva ordinato loro di fermarsi e riposarsi a Le Mans, e Porthos si chiese se questo era il modo del loro Capitano di aiutare Aramis. Le persone dei villaggi vicini avevano sentito che i Moschettieri sarebbero passati e molti volevano venire a vedere il leggendario Reggimento, ma tre persone nella folla erano venute semplicemente per Aramis. Vedere la madre, il padre e il nonno sembrò riportare la vita nel Moschettieri per i due giorni in cui il Reggimento rimase a La Mans. Ma non appena il lasciarono il villaggio, Aramis iniziò a scivolare di nuovo nelle profondità della sua mente.

Da quando erano arrivati a La Rochelle tre settimane fa, Aramis aveva iniziato a prendere le distanze e Porthos non riusciva a comprenderne il motivo. Così quando lo vide muoversi per riuscire a guardare il cielo, decise che era tempo per lui di capire. Così camminò fino a lui e si lasciò cadere a fianco del suo amico.

Aramis gemette internamente quando Porthos si sedette accanto a lui; fece per andarsene, ma fu bloccato dal suo amico.

“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese Porthos,

Aramis serrò gli occhi; voleva parlare, ma scosse solo la testa. No, non sei tu. Sono io! Devi stare lontano da me! È l’unico modo che hai per sopravvivere!

Porthos si accigliò, confuso e preoccupato, “Aramis, cosa succede?”

“Niente.” Mormorò Aramis mentre guardava dritto di fronte a lui il Forte Louis.

“Questo non è nulla.” Discusse Porthos, “Non ti comporti mai così quando va tutto bene.”

“Per favore, lascia perdere Porthos, va tutto bene.” Sospirò Aramis.

“Guardami negli occhi e dimmi che non c’è niente che non va.” Pretese l’altro.

Aramis ci provò, ci provò davvero tanto a guardarlo, ma semplicemente non poteva. Tutto ciò che riusciva a vedere nella sua mente era l’amico che giaceva immobile nel campo di battaglia. Così all’improvviso si alzò in piedi e fece per andarsene, ma fu tirato indietro. Si voltò e vide che anche Porthos era in piedi e che gli aveva afferrato il braccio.

“Non ti lascerò andare finché non mi dici cos’hai.” Ringhiò Porthos mentre fissava l’altro Moschettiere con occhi stretti in due fessure.

Aramis, sapendo che ora doveva dirgli cosa lo preoccupava, prese un respiro profondo. “Sto ripensando alla mia ultima volta in una battaglia. Non sono ricordi a cui sono affezionato, eccetto quello in cui parlo con Treville. Sto ricordando tutto quello che ho perso e non voglio perdere ciò che ho guadagnato da allora.”

Porthos rimase in piedi, in silenzio, scioccato; Aramis volse la testa a disagio e tentò di allontanarsi. Ma Porthos rimase fermo e aumentò la stretta. “Non perderai ciò che hai ottenuto, Aramis.” Mormorò Porthos.
L’altro scosse la testa disperato, “Non capisci! Ero come te una volta: pensavo che niente avrebbe potuto separarmi da Victor. Sai come è facile essere separati dalla truppa di Moschettieri in uno scontro. Ma in guerra è mille volte peggio!” La voce di Aramis aumentò con l’angoscia. Voleva che l’amico fosse preparato a cosa stavano per affrontare.

“Non lascerò il tuo fianco, Aramis.” Lo confortò Porthos; lo strattonò così da essere di fronte a lui e gli mise le mani sulle spalle.

Aramis gemette e si strinse i capelli, frustrato che quella fosse la risposta del suo amico, una replica che poteva condurlo alla morte. “Non dirlo neanche!” Aramis alzò lo sguardo e Porthos sembrava confuso. “Se cercherai di starmi vicino, non farai attenzione a te stesso! Resterai ucciso se lo farai!”

“Va bene! Va bene!” Scattò Porthos mentre gli stringeva le spalle per confortarlo. “Prometto di starti vicino-“

“No!” Lo interruppe Aramis bruscamente incontrando alla fine il suo sguardo.

“Fammi finire!” Ordinò Porthos, addolcì la voce e continuò, “Prometto di starti vicino per quanto mi sia possibile, ma se dovessimo essere separati ti prometto di non mettermi in pericolo per cercarti.”

Aramis si rilassò e sospirò sollevato, annuì e rivolse un piccolo sorriso a suo fratello.

“Bene.” Sorrise Porthos, “Perché non stavi solo facendo innervosire me, anche le nuove reclute iniziano ad essere irrequiete. Loro ti prendono come esempio; non gli fa bene vederti così rinchiuso in te stesso.”

“Non succederà ancora.” Disse Aramis sorridendo e mettendo un braccio attorno alle spalle di Porthos mentre scendevano verso l’accampamento insieme. Aramis camminava dritto, il peso invisibile aveva lasciato le sue spalle.

 
 
Una settimana era passata e Aramis aveva mantenuto la sua parola, e per la gioia di Porthos era tornato alla normalità, ridendo e scherzando con gli altri uomini. Ma ora era lui ad essere segretamente preoccupato. Aveva intenzione di mantenere la sua promessa perché sapeva cosa sarebbe accaduto ad Aramis se non lo avesse fatto, se fosse rimasto ucciso in qualche modo sapeva che l’amico si sarebbe sentito in colpa e niente e nessuno avrebbero potuto fare affievolire il suo rimorso. Ma sperava e pregava che non venissero divisi, le volte che l’amico aveva affrontato i guai senza Porthos e Athos erano le volte che era andata male per Aramis. I due Moschettieri avevano fatto un patto, senza bisogno di parlare, che al meglio delle loro abilità sarebbero rimasti vicino ad Aramis e se fosse andato tutto secondo i piani non lo avrebbero mai perso di vista.

Aramis al momento era in piedi di fronte al piccolo gruppo di nuove reclute e stava dando loro consigli circa cosa avrebbero dovuto fare in battaglia; anche Porthos stava ascoltando perché non aveva mai partecipato ad una guerra. All’improvviso un cannone sparò e le reclute attorno a loro si spaventarono, persino Porthos sussultò. Ma Aramis rimase semplicemente in piedi completamente immobile e disse solo, “È iniziata.”

 
 
Novembre 1627

Avevano affrontato una schermaglia ma fortunatamente né Aramis, né Porthos o Athos erano stati feriti. Anche il Reggimento era stato fortunato: nessun Moschettiere era stato perso nella campagna sino ad ora. Tutto stava andando bene, avrebbe potuto andare molto peggio. Tuttavia se gli fosse stato chiesto, i Moschettieri si sarebbero lamentati circa il fatto che il Cardinale Richelieu si comportasse come il comandante delle truppe che stringevano l’assedio quando il Re era assente. Quando questo accadeva i Moschettieri venivano assegnati ai più pericolosi incarichi di pattuglia attorno alle mura della città e dovevano difendere coloro che stavano costruendo le fortificazioni per le trincee che avrebbero isolato La Rochelle.

Ma presto vennero a conoscenza che il Duca di Rohan stava tentando di sollevare una ribellione nella Francia del Sud per ridurre le truppe del Re a La Rochelle. Treville aveva riunito i Moschettiere e annunciato che un piccolo gruppo di loro avrebbe accompagnato il piccolo esercito che sarebbe stato mandato per fermare la ribellione finchè era ancora piccola e aveva inviato Athos a capo della spedizione.

Aramis aveva sospirato sollevato, sapeva che i suoi compagni sarebbero stati in grado di sconfiggere il Duca di Rohan abbastanza facilmente, e così aveva un amico in meno di cui preoccuparsi. Guardando Porthos con la coda dell’occhio poteva vedere che stava pensando la stessa cosa. Mentre qualcun altro che non conosceva bene Athos avrebbe pensato che l’espressione sul suo viso non era cambiata, Aramis poteva chiaramente vedere che l’altro Moschettiere non era felice al pensiero di lasciare La Rochelle. Così quando lo salutarono Aramis si sforzò di rassicurare Athos sul fatto che sarebbero stati bene.

“Athos siamo stati soldati più a lungo di te, staremo bene.” Sorrise Aramis.

Athos sollevò un sopracciglio e abbassò lo sguardo su di lui scetticamente, “Mi giro per un minuto e voi due vi cacciate subito nei guai.”

Aramis alzò le spalle con impotenza “Non direi che ci cacciamo nei guai.”

“No.” Aggiunse Porthos scuotendo la testa, “I guai trovano noi, è diverso.”

Athos alzò lo sguardo al cielo e scosse la testa, le labbra si contorsero quasi in un sorriso. Ma divenne serio ancora una volta e mentre il suo cavallo si muoveva irrequieto guardò in basso e disse, “State attenti, non voglio ricevere la notizia che voi due vi siete fatti uccidere.”

“È preoccupazione quella che hai sentito, Porthos?” Chiese Aramis scherzosamente.

“Credo che lo sia Aramis.” Replicò l’altro con un sorrisetto,

“Ci abbiamo messo solo due anni per farglielo ammettere.” Scherzò Aramis.

“Sono serio!” Lo interruppe Athos guardandolo con disapprovazione.

“E lo siamo anche noi!” Esclamò Porthos, “Sai quanto è stato difficile fartelo ammettere?! Ora possiamo andare e dire a Treville di finire l’assedio visto che il piano ha funzionato!”

“Non è divertente Porthos.” Si lamentò Athos,

“Pensavo che lo fosse” Sorrise Aramis ampiamente mentre dava una pacca sulla schiena di Porthos,

“Certo che lo pensi.” Sospirò Athos mentre si passava una mano sul viso.

Aramis divenne serio e toccò lo stivale dell’amico, “Prenditi cura di te e noi ti promettiamo di tornare vivi.”

Athos annuì, “Bene.” Poi fece voltare il cavallo e se ne andò lanciando un’ultima occhiata ai suoi due amici, ai suoi fratelli che erano rimasti in piedi uno accanto all’altro.

Aramis rimase a guardare Athos cavalcare via e si chiese se c’era qualcosa che poteva fare per convincere Treville a mandare Porthos lontano da La Rochelle. Ma sussultò al solo pensiero della reazione dell’altro Moschettiere se avesse mai scoperto che Aramis aveva tramato alle sue spalle con il Capitano. Poi sentì qualcuno chiamare il suo nome, si girò per vedere un Henri senza fiato avvicinarsi.

“Treville… ti vuole… parte delle… trincee… sono state… attaccate” ansimò Henri mentre appoggiava le mani sulle ginocchia.

Aramis annuì e mentre sorpassava correndo il ragazzo gli diede una pacca sulla spalla. Henri era uno delle nuove reclute dei Moschettieri e prometteva bene, ma era il più giovane e sapendo per esperienza cosa avrebbe potuto accadere, Treville aveva fatto di lui il suo messaggero per assicurarsi che il ragazzo sopravvivesse all’assedio. Aramis non ne era geloso: Henri doveva correre tra le ronde dei Moschettieri e il Capitano e in qualche occasione dal Cardinale stesso. Nessuno invidiava Henri per questo compito.
 

 Aprile 1628
 
Le fortificazioni delle trincee erano state infine completate e se i Moschettieri pensavano che il loro lavoro circa i trinceramenti fosse finito si sbagliavano. Una grossa armata era stata messa a presidiare le fortificazioni e il Reggimento era compreso in essa, le loro pattuglie ruotavano ogni tre giorni e avrebbero aiutato l’armata a controllare le fortificazioni. Aramis e Porthos avevano avuto ragione sul fatto che Athos e il suo piccolo esercito avrebbero sconfitto facilmente il Duca di Rohan e per loro sollievo Treville aveva inviato Athos a Parigi per controllare gli uomini che erano stati lasciati per continuare le pattuglie in città, le ronde al giardino del Palazzo e i loro normali incarichi.

Pasqua non era un buon periodo per Aramis, l’inaspettato cambiamento nel tempo portò con sé un freddo mordente e una spolverata di neve che avevano riportato le memorie di Savoia alla rivalsa. Per due anni era riuscito a non permettere ai ricordi di consumarlo, ma sedendo nella fredda trincea aveva permesso ai ricordi di oltrepassare le sue difese. Per rendere le cose peggiori Porthos era stato temporaneamente assegnato a una differente pattuglia poiché due uomini erano stati trattenuti per le ferite. Era snervante per Aramis essere al Forte e l’amico nelle Trincee, ma era sollevato quando le loro ronde ruotavano e poteva constatare da sé che suo fratello era incolume. Ma il tempo era peggiorato in un giorno e alla sua pattuglia era stato ordinato dal Cardinale di stare altri due giorni finchè sarebbero arrivate altre truppe fresche. Così ora Aramis era rannicchiato in una piccola stanza della fortificazione con il resto del drappello tentando di restare al caldo e tenere Savoia fuori dalla sua mente. Non stava funzionando molto bene.

Era seduto tentando di frizionare calore nelle mani e nelle braccia, ma poteva sentire ancora il freddo affondare nelle ossa e serrò gli occhi per bloccare gli sgradevoli ricordi che volevano farsi notare. La porta si aprì di colpo e Aramis alzò lo sguardo grato sulla distrazione.

Henri era entrato e stava portando delle coperte. Aramis sospirò felicemente, coperte extra!

Mentre iniziava a distribuirle, Henri disse: “Treville vi manda queste con l’ordine di restare al riparo questa notte per evitare il freddo che sta prendendo piede.”

“Non c’è bisogno di dircelo due volte ragazzo!” Commentò Philippe mentre prendeva due coperte da Henri, passandone una a Tristan prima di avvolgersene una attorno a sé.

Henry diede a tutti una sola coperta; si avvicinò ad Aramis che era rannicchiato nell’angolo.  Si accovacciò di fronte al Moschettiere più anziano e gentilmente ne avvolse una attorno alle sue spalle, sopra quella che già aveva stretta addosso. Aramis sorrise grato e si rifugiò in esse.

“Stai bene Aramis?” Chiese Henri, i suoi giovani occhi spalancati per la preoccupazione. Aveva solo vent’anni, la stessa età di Aramis quando era diventato un soldato, e aveva l’aspetto più di un ragazzo che di un uomo. Si chiese se allora anche lui apparisse a un soldato più anziano come Henri appariva a lui ora? Un ragazzo che stava iniziando a provare gli orrori del mondo, mentre aveva ancora l’innocenza negli occhi.

“S-s-Sto… B-b-b-bene.” Balbettò Aramis attraverso I denti che battevano, “S-s-solo-o-o f-f-freddo.”

Henri sorrise un poco, “Porthos dice che faresti meglio a restare al sicuro.”

Aramis rise sommessamente, “I-i-il meglio-o-o che p-p-posso-o-o con-n-n q-qu-questo tempo-o-o.”

Henri annuì, poi camminò verso Philippe riferendogli un messaggio da Treville e poi se ne andò. Aramis appoggiò la testa al muro e sapeva che non avrebbe dormito quella notte. Non perchè era preoccupato per Porthos, non per il freddo, ma per gli incubi che voleva evitare.

 
 
Porthos era in piedi accanto all’entrata del Forte e si sfregava le mani vicino al fuoco, tenendo lo sguardo fisso avanti a sé per cogliere un qualsiasi segno di Henri.
Era preoccupato per Aramis, la continua minaccia degli attacchi e ora il freddo stavano mettendo a dura prova tutti gli uomini. E Porthos odiava che il suo amico stava affrontando tutto da solo, sperava che Henri sarebbe stato in grado di dirgli qualcosa su Aramis, aveva il sospetto che questo tempo avrebbe riportato in vita i ricordi di Savoia. Il tempo li stava riportando alla memoria a lui che non aveva passato tutti gli orrori che Aramis aveva visto.

Scorse Henri avvicinarsi e prima che il ragazzo potesse entrare nel Forte Porthos lo prese da parte, e, solo una volta realizzato chi lo aveva fermato, Henri iniziò a parlare.

“Sono tutti illesi, ma hanno freddo. Sono tutti così pallidi. Arami sembra star bene.”

“Sembra?” Chiese Porthos, non gli piaceva il suono di questo e non gli piacque nemmeno che Henri avesse detto che gli uomini, e Aramis, erano pallidi.

“Bè stanno bene per quanto possibile con questo tempo, essendo impreparati tanto quanto qualsiasi altro con questo sorprendente cambiamento climatico. Ma Aramis sembrava perseguitato da qualcosa. Era rannicchiato in un angolo da solo e sembrava stanco. Penso stia cercando di restare sveglio.” Rispose il giovane.

Porthos sospirò; ringraziò Henri e lasciò andare il ragazzo per la sua strada.

Così Aramis era perseguitato da Savoia e stava tentando di non dormire.
Porthos scosse la testa: queste erano notizie che non voleva sentire, ma non c’era nulla che poteva fare. Niente se non aspettare e restare pronto ad aiutare Aramis quando la sua pattuglia sarebbe tornata.

Due giorni dopo agli uomini fu finalmente permesso di tornare al Forte, il freddo iniziava a calare tanto velocemente quanto era arrivato. E con il esso anche i ricordi di Savoia svanirono, mentre quelli di Porthos sbiadirono poteva solo sperare che anche quelli di Aramis lo facessero. Ancora una volta era in piedi vicino all’entrata del Forte e guardava la pattuglia mentre lentamente si avvicinava. Alla fine riuscì a individuare Aramis nel gruppo e rapidamente si avvicinò al suo amico. Quando l’altro alzò lo sguardò iniziò a sorridere, ma mentre Porthos si avvicinava poteva vedere i cerchi neri sotto gli occhi del suo amico.

“Ti è piaciuto stare accoccolato nella tua tenda?” Chiese Aramis mentre dava una pacca sulla spalla dell’altro Moschettiere.

Porthos si accigliò vedendo un leggero pallore sulla faccia di Aramis, così ignorando la domanda del suo amico, chiese “Tutto bene?”

Aramis gli rivolse un piccolo sorriso: sapeva a cosa Porthos si stesse riferendo, “Bene.” All’alzata di sopracciglia dell’amico, aggiunse, “Non è stato perfetto, ma poteva andare peggio.”

Porthos sospirò scuotendo la testa, “Mi darai mai delle risposte normali?”
“Mi piace tenerti sulle spine.” Aramis fece un ampio sorriso, la verità era che per lui era abbastanza dura. La costante minaccia degli attacchi l’aveva tenuto sulle spine per tutti i cinque giorni e, associato ai brutti ricordi, lo aveva lasciato emozionalmente prosciugato.

Quando Porthos guardò il suo migliore amico poteva notare che Aramis era ancora teso e così gentilmente lo guidò verso la sua tenda e stese le due coperte dell’amico su letto e lo spinse sopra.

“Questo è il tuo letto! Tornerò nella mia tenda!” Protestò Aramis, si bloccò quando vide lo sguardo diretto a lui. Lentamente si sdraiò e, nello stesso momento in cui la sua testa toccò il cuscino, si addormentò.

Porthos rise sommessamente divertito e vegliò sul suo amico, Treville si fermò sapendo che Aramis sarebbe stato con Porthos, e vedendolo addormentato tranquillamente lasciò il Moschettiere a vegliare su di lui dopo avergli portato le razioni di cibo. Porthos svegliò Aramis brevemente per mangiare e poi lo fece sdraiare di nuovo per permettere al suo amico di dormire tutto il giorno. Dopo cena portò il letto di Aramis dalla tenda accanto alla sua e si rannicchiò sotto le coperte restando sdraiato di lato così da potersi assicurare che suo fratello stesse dormendo tranquillamente prima di permettersi a sua volta di scivolare nel sonno.
 

Fine Agosto 1628

Aramis e Porthos con la loro pattuglia stavano camminando attorno alle trincee e sembrava che fosse tutto a posto, ma Aramis aveva il presentimento che questa pace non sarebbe durata a lungo. E come previsto degli Ugonotti comparvero correndo verso di loro con le spade alzate. I Moschettieri si fermarono momentaneamente, e poi Aramis si mosse velocemente di fronte a Porthos prendendo la pistola del suo amico nello stesso momento e facendo fuoco. Non ebbe tempo di ricaricare perché gli Ugonotti furono presto su di loro.

Tutto sbiadì sullo sfondo mentre sguainava la spada e iniziava a combattere per la propria vita, era anche troppo facile. I combattenti Protestanti non erano veri e propri soldati: dovevano essere degli uomini della città preparati per la battaglia. Aramis si sentiva quasi dispiaciuto per loro e odiava doverli uccidere, ma stavano combattendo per togliergli la vita e così Aramis doveva farlo per sopravvivere. Non era piacevole, ma era questo o essere uccisi.

Senza guardare sapeva che Porthos era stato allontanato da lui, ma spinse la preoccupazione nel fondo della sua mente. Preoccuparsi lo avrebbe solo fatto ammazzare; aveva dato questo consiglio a Porthos così lui doveva seguire il suo stesso consiglio.

Improvvisamente due Protestanti si voltarono e, dalle loro abilità con la spada, Aramis suppose che erano soldati professionisti e dunque avversari più difficili da sconfiggere. Mentre stava per disarmarne uno l’altro alzò una gamba e gli diede un calcio sul petto. Aramis fu scagliato indietro e l’aria gli fu tolta dai polmoni. Tristan e Philippe uscirono dal nulla e respinsero i suoi avversari.

La spada gli era scivolata di mano e restò sdraiato sul terreno con gli occhi chiusi rallentando il suo respiro il più possibile, fingendo di essere morto mentre riguadagnava fiato. Sembrò funzionare perché sentì una voce molto familiare gridare il suo nome nel panico.

Voleva dare a Porthos un segno per fargli capire che stava bene, ma non aveva ancora abbastanza fiato per rispondere al suo amico o per combattere e sapeva che mostrare che era di fatto vivo avrebbe solo fatto sì che venisse ucciso dai Protestanti perché sapeva che Porthos era troppo lontano per aiutarlo. Odiava sentire il crudo dolore nella voce di Porthos ma con nient’altro che potesse fare rimase semplicemente sdraiato dov’era cercando di non mostrare la sofferenza sul suo viso per il fatto di star facendo credere al suo amico di essere stato ucciso.

 
 
Porthos era rimasto fermo scioccato quando gli Ugonotti erano improvvisamente apparsi e Aramis si era messo davanti a lui: si era chiesto se il suo amico avesse istinti suicidi. Ma sentendo le pistole sparare capì che Aramis non stava cercando di farsi uccidere piuttosto stava cercando di minimizzare il numero di nemici che li stava attaccando.

Le cose si erano evolute velocemente e poté solo guardare mentre Aramis sguainava la spada e si muoveva di qualche passo in avanti per iniziare a combattere. Sfortunatamente quei pochi passi si trasformarono in un grosso spazio tra loro, ora Porthos era lontano dal suo amico. Così fu con grande orrore e con la sensazione del cuore che si fermava che si volse verso Aramis solo per vederlo sdraiato senza energie a terra.

“Aramis!” Chiamò Porthos mentre iniziava a spingersi attraverso i combattenti, gli occhi fissi sul suo amico non volendo credere di aver perso suo fratello senza nemmeno averlo saputo.

Aramis!” ma non rispose ancora, non si mosse neanche. Porthos pensò di aver visto il petto dell’amico muoversi come se stesse cercando di prendere il respiro, ma non sapeva se era solo un pensiero speranzoso perché Aramis sembrava ancora morto.

Alla fine Porthos si inginocchiò accanto a Aramis; Tristan e Philippe stavano combattendo attorno a loro cercando di proteggerli. Porthos si sporse più vicino e fece per cercare il battito, nel farlo ebbe una sorta si flashback in una foresta coperta di neve sul confine con Savoia. Scacciò via i ricordi e restò scosso, ma sollevato, quando gli occhi di Aramis si aprirono tremando.

“Stai bene?” Chiese Porthos, mentre rilasciava un sospiro di sollievo per il fatto che Aramis non sembrava ferito, ma questo lo confuse soltanto. Se non era ferito perché stava sdraiato a terra sembrando morto?

Aramis alzò lo sguardo su di lui e annuì mentre lentamente si metteva a sedere.

“Perché non mi hai risposto?!” Chiese Porthos dopo aver visto che l’amico era sicuramente incolume.

“Mi hanno fatto cadere e tentavo di recuperare il respiro.” Rispose Aramis, si girò un poco, afferrò la spada e si mise il cappello più fermamente sulla testa.

“Pensavo che fossi morto.” Sibilò Porthos, non era arrabbiato con lui ma con la situazione in generale così l’amico ebbe la fortuna di vedersi rivolta contro tutta la rabbia.

“Lo sarei stato se mi fossi mostrato come una persona viva che cerca di recuperare respiro!” Protestò Aramis. Porthos sospirò e poi annuì, aiutandolo ad alzarsi e presto furono nella folla di combattenti. Fece del suo meglio per restare al fianco di Aramis ma furono di nuovo separati, ringhiò frustrato contro quell’ingiustizia. Tutto ciò che voleva era stare al fianco del suo fratello per assicurarsi che uscisse vivo dalla battaglia. Era troppo da chiedere?

Porthos fu distolto dai suoi pensieri quando l’uomo contro cui stava combattendo gli tagliò la gamba e lo spinse: sbilanciato a causa della gamba ferita Porthos si ritrovò a cadere nella trincea. Precipitò malamente, sentì un rumore e la spalla sinistra fu travolta dal dolore. Mentre i suoi occhi si chiudevano tremolando fu vagamente consapevole di Aramis che si sporgeva verso di lui e che gridava verso qualcuno. Alzò lo sguardo sul viso preoccupato dell’amico prima di farsi avvolgere dalle tenebre.

 

Porthos aprì lentamente gli occhi mentre si sentiva sdraiato su una barella e abbassò lo sguardo per vedere il suo braccio sinistro in una fascia che lo sosteneva.

“Bene, sei sveglio.” Porthos si girò per vedere Aramis accanto a lui. Allo sguardo interrogativo di Porthos, l’altro indicò la sua spalla sinistra.

“Ti sei dislocato la spalla quando sei caduto e mentre eri svenuto io e Henri abbiamo colto l’opportunità per risistemarla, il taglio sulla tua gamba non è così grave. In poche settimane starai bene.” Sorrise Aramis, ma era uno di quei sorrisi che usava per distrarre qualcuno da notizie che sapeva non sarebbero state gradite.

“Aramis. Cosa mi stai nascondendo?” Chiese Porthos, ignorò il dolore e lanciò un’occhiataccia a suo fratello. Il suo amico aprì la bocca per rispondere ma fu interrotto da Treville che entrò nella tenda che era usata per i feriti.

Treville lanciò ad Aramis un’occhiata comprensiva prima di abbassare lo sguardo su Porthos con lo stesso sguardo sul viso mentre si sedeva sul bordo della barella, “La guerra è finita per te Porthos.”

“Cosa significa Capitano?” Chiese Porthos, una parte di lui sapeva cosa Treville volesse dirgli e sperava di sbagliarsi.

Aramis distolse lo sguardo mentre Treville sospirava, “Le tue ferite guariranno, ma sarai fuori gioco per un bel po’ di tempo per la tua spalla. Così una volta che il medico ti riterrà abbastanza in forze tornerai a Parigi.”

Porthos scosse la testa, “No, per favore Capitano, starò bene! Datemi due
settimane e tornerò a combattere!”

“Mi spiace Porthos, ma questi sono gli ordini per te.” Disse Treville, diede gentilmente una pacca sulla spalla buona di Porthos e poi si alzò in piedi. Annuì verso l’altro Moschettiere e poi lasciò la tenda.

Aramis lentamente alzò lo sguardo dai suoi piedi e incontrò lo sguardo affilato di Porthos, “Non tornerò a Parigi.”

Aramis sospirò e si sedette dove era appena stato Treville, “Devi Porthos. Non hai scelta a riguardo.”

“Non ti lascerò qui da solo!” Ringhiò Porthos e allungò il braccio per afferrare quello di Aramis.

“Non puoi Porthos. Treville è il Capitano, ha preso la sua decisione ed è per il tuo bene. Hai bisogno di tempo per guarire.” Sostenne Aramis.

“Posso guarire qui!” Discusse l’altro.

“Tu hai bisogno di riprendere le forze a Parigi.” Affermò Aramis con fermezza, “È meglio così.”

“Come può essere meglio?!” Esclamò Porthos arrabbiato,

Aramis abbassò la voce e questo fece capire a Porthos che il suo amico ora era serio, “Perché innanzitutto ti permetterà di far guarire la tua spalla molto meglio che qui. E secondo sarai al sicuro.”

Porthos ritrasse la mano scioccato e la sua rabbia iniziò a crescere, se prima era diretta contro Treville ora era puntata contro Aramis. “Al sicuro?! Non sono un bambino che ha bisogno di protezione!”

“Questo lo so!” Scattò Aramis, era esausto e ora aveva rinunciato a cercare di fargli notare che era per il suo bene se veniva rimandato a Parigi.

“Allora perché sei d’accordo con il Capitano?!” Ringhiò Porthos.

“Perché ha preso la decisione giusta!” Lo rimbeccò Aramis mentre si alzava velocemente in piedi e abbassava lo sguardo sul suo testardo amico.

“Sbagliate entrambi!” Scattò Porthos, stava finendo gli argomenti ed era disperato perché voleva che gli venisse permesso di restare al Forte, non poteva tornare a Parigi mentre Aramis restava a La Rochelle.

“Siamo stati soldati entrambi più a lungo di te. Penso che ne sappiamo più di te circa questo.” Commentò Aramis attraverso i denti stretti.

“Sarai lì fuori senza di me. Ti lancerai in trovate incaute e ti farai ammazzare! Ti chiedi perché i tuoi amici restano uccisi: loro muoiono tentando di salvarti!”
Disse Porthos con voce tagliente, e non appena le parole lasciarono la sua bocca desiderò disperatamente farle tornare indietro. Non aveva avuto intenzione di dirle, non aveva idea da dove venissero quelle parole. Aramis trattenne il respiro e nei suoi occhi Porthos capì che il suo amico stava vedendo tutti quelli che aveva perso in guerra e a Savoia. “Aramis io non-“

Aramis restò dritto in piedi e mascherò le sue emozioni, “Grazie per l’onestà Porthos.” Disse in tono piatto, si volse e iniziò ad andarsene.

“Aspetta! Aramis fermati!” lo chiamò Porthos, l’altro Moschettiere si fermò e stava per voltarsi per affrontarlo quando Henri irruppe nella tenda.
“Aramis! Gli Ugonotti stanno attaccando ancora! C’è bisogno di te alle trincee!” Annunciò Henri,

Aramis lanciò un’occhiata di traverso a Porthos prima di correre fuori dalla tenda e dalla vista dall’amico. Henri vide l’espressione disperata di Porthos e si avvicinò lentamente.

“Devo passare messaggi dal Forte alle trincee, posso venire tutti i giorni e farti sapere come si comporta Aramis.” Gli offrì Henri.

Porthos alzò lo sguardo grato sul ragazzo, “Grazie Henri.”

Il giovane sorrise e lasciò la tenda, abbandonando Porthos ai suoi pensieri tristi e al suo rimorso. Come aveva potuto dire quelle cose? La peggiore paura di Aramis era che i suoi amici morissero attorno a lui, ed era un orrore che si era avverato troppo spesso per il suo migliore amico. Porthos aveva passato mesi a convincere Aramis che la morte dei suoi amici o di suo cugino non erano colpa sua, ora se n’era andato e aveva detto a Aramis che erano morti per colpa sua.

“Ti prego torna indietro vivo.” Mormorò Porthos, prima di chiudere gli occhi per cercare di dormire e dimenticare le parole che aveva detto ad Aramis.
 

 
Inizio di Settembre 1628
 
Erano passate due settimane e ora Porthos era pronto per tornare a Parigi, non aveva visto Aramis una sola volta, ma Henri mantenne la sua parola e andava da lui tutti i giorni per dirgli che il suo amico stava bene.

Porthos era in piedi aspettando che Henri arrivasse prima di partire, volendo l’ennesima rassicurazione che Aramis era ancora vivo. Voleva così disperatamente scusarsi, ma non voleva farlo attraverso Henri, voleva farlo faccia a faccia.

Era rimasto ad aspettare un ora e ancora Henri non era arrivato, il suo cuore accelerò i battiti per la paura che qualcosa era andato estremamente male. Le urla di soldati gli fecero capire che c’era una battaglia seria alle trincee. Porthos ansimò e fece per correre ai cancelli ma apparve Treville.

“Cosa ci fai ancora qui?” Chiese.

“Stavo aspettando Henri.” Rispose Porthos, “Aramis, sta bene?”

Treville sospirò, “Non lo so. Ma ora devi andare; quelli che devono tornare con te hanno aspettato abbastanza.”

“Ma Aramis!-“ Protestò Porthos,

“Sono sicuro che sta bene.” Lo confortò Treville, e poi ignorando le proteste di Porthos lo aiutò a montare a cavallo.
Porthos non poté fare altro che voltarsi verso le trincee immaginandosi facilmente Aramis che combatteva per la sua vita. Ancora una volta si pentì amaramente delle parole dette; tutto ciò che stava cercando di fare era di poter restare con suo fratello. Ma ciò in cui era riuscito alla fine era stato ferire Aramis. Mentre cavalcava via, non per la prima volta, alzò gli occhi al cielo e mormorò, “Ti prego riportalo vivo.”

 

Note dell’autrice: mi spiace di aver finito qui il capitolo! Cercherò di aggiornare il prima possibile, ma il semestre Universitario finisce domani così devo impacchettare le mie cose e mia madre ha già programmato dei lavori per me per quando sarò a casa. Farò il più veloce possibile!
   
 
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