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Autore: whitemushroom    02/06/2015    2 recensioni
Vincent: un vigliacco, un falso, un bugiardo. Forse un debole, chi può dirlo. Vincent alla costante ricerca di un ordine nel suo cuore, dentro quel figlio del diavolo che sembra attirare a sé tutta la sfortuna del mondo.
Ma forse non è solo. Forse la sfortuna che lo ha perseguitato nel corso della sua vita non ha mai oscurato del tutto il suo cielo: ha una stella da seguire, la persona a cui tiene di più non se ne è mai andata. Per qualcun altro, invece, la notte e scesa ed ha divorato ogni cosa sul suo cammino.
[Spoiler capitolo 104]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gilbert Nightray, Leo Baskerville, Vincent Nightray
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Broken Clock'
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Nightfall

La pioggia picchietta contro la finestra; ad ogni goccia il vetro trema, riflette per un istante la luce di un fulmine lontano che si riversa nella stanza. Hai dimenticato di nuovo di chiudere le tende, ma non è questa luce abbagliante che ti tiene sveglio, né il rumore del tuono che segue qualche istante dopo. Il temporale aumenta d’intensità, ma l’acqua che adesso grida con violenza contro il balcone, i vetri ed i vasi del giardino non riesce a soffocare del tutto quelle urla disperate.
Stavi sognando di Ada.
Sono passati oltre otto anni dal vostro addio. Non hai mai capito cosa avesse di fantastico quel dottore grassottello dai capelli rossi e gli occhiali da farla innamorare eppure eri lì, dietro l’ultima colonna della chiesa, quando un lento bacio ha coronato il loro “sì”. Quel giorno l’hai davvero lasciata andare. Hai impresso nel tuo cuore i fiori gialli del suo bouquet, il corsetto stretto con tre nastri color pesca, la retina che le reggeva i capelli con un piccolo strappo all’altezza dell’orecchio sinistro. E Dormouse te la dipinge così nei tuoi sogni, la sceglie fresca come il giorno in cui vi siete conosciuti, sempre uguale, sempre giovane ma con quell’abito e quei fiori che per un attimo ti hanno fatto vacillare e rimpiangere l’unica scelta che hai fatto davvero per il suo bene.
Qualche volta sogni di Noise.
Quando le grida ti riportano alla realtà non sono i capelli di Ada quelli che stringi contro il tuo petto, né il braccio forte di Gil. Dormouse squittisce accettando la tua stretta, ma le urla superano il temporale, le mura ed i sogni che il tuo piccolo Chain ti regala ogni volta che ne hai bisogno. Ti suggerisce di chiudere gli occhi di nuovo e abbandonarti a lui, ma sai che non riusciresti ad addormentarti.
Hai imparato sulla tua pelle che gli incubi ad occhi aperti sono ben peggiori di quelli che compaiono di notte.

Il corridoio che conduce alla sua stanza è breve, ed i tuoi passi spariscono nel temporale fino a sembrare essi stesse delle gocce di pioggia su un pavimento bianco ormai consumato dal tempo, ruvido e con un sottile strato di polvere che nessuno di voi ha mai avuto davvero troppa voglia di rimuovere. Non avete mai avuto una “casa” dopo la Tragedia di Sabrié. Viaggiate, vi spostate, vi nascondete.
Degli immortali non possono rimanere nello stesso posto troppo a lungo. Solo pochissime persone della vecchia Pandora conoscono la vostra identità ed il compito di cui vi fate carico. Questa villa è solo una delle tante, una vecchia abitazione di qualche nobile i cui eredi ignorano persino l’esistenza. Cinque anni, questo è il tempo che il tuo padrone ha deciso di rimanere lì. Una casa fin troppo grande per tutti voi, ma con un bel giardino che in fondo ti piace e che hai deciso di riempire di statice per vederlo felice almeno una volta al giorno quando schiude le persiane della sua stanza.
Una sera gli hai proposto di usare anche villa Nightray come base. Le lacrime che sono comparse nell’angolo dei suoi occhi sono stati una risposta sufficiente a farti pentire anche solo di averlo pensato.
Il candeliere proietta la tua ombra sulla porta intagliata.
A chi appartiene quest’ombra, Vincent?
Ad un assassino? Forse. Hai ucciso più di una volta e non è mai stato un problema. La sete di teste di Demios è sempre stata un mezzo, non una causa. Non ti sei pentito di nessuna goccia del sangue che hai versato.
Ad un ingannatore, un serpente? Più probabile. Dietro quante bugie ti sei nascosto? E a chi le hai raccontate, Vincent? Alla tua coscienza ne hai dette fino allo stremo, senza alcun dubbio. Quelle raccontate a Gilbert ancora ti fanno male, ma il dolore provato per il suo bene ha qualche volta il sapore del piacere; hai finto con Ada, hai mentito con il pagliaccio, hai giocato con Noise.
Il punto è che quell’ombra, quella forma sbiadita contro il legno, appartiene ad un egoista. Perché la verità è che hai sempre creduto di essere l’unico essere al mondo a provare il vero dolore. Nessuno soffriva quanto te. Nessuno gridava quanto te.
Nessuno poteva capire il dolore di esistere e di essere un peccato, un peso per la persona che più amavi: nemmeno Gil riusciva a vederlo. Quante di quelle bambole che distruggevi avevano nella tua mente il tuo stesso viso, i tuoi stessi capelli, quell’occhio rosso che in più di un momento avresti voluto cavarti dall’orbita? Per quanto uccidessi, per quanto torturassi i tuoi avversari non riuscivi a dare loro abbastanza dolore da percepire il tuo stesso strazio. E la sofferenza degli altri era così piccola, così bianca da darti fastidio, perché la vita regalava sempre un po’ di gioia a tutti, agli stupidi soldati, a quelle dame dalla testa vuota. A tutti, ma non a te.
Quand’è che ti sei accorto della luce, figlio del diavolo?
Forse in quella cripta, quando la festa indetta dal reverendo Yura si era trasformata in un massacro in cui avevi preso parte quasi per gioco. Ti sei chiesto cosa avresti fatto se in quella pozza di sangue vi fosse stato Gilbert e non l’abito immacolato di Elliot. Cosa ne sarebbe stato, Vincent? Rispondi.
Tu hai sempre avuto una risposta per tutto.
Eppure non l’hai avuta per lui. Non l’hai avuta per quel piccolo servitore che non riusciva a separarsi dal feretro bianco, aggrappato al legno con tutta la forza che aveva in corpo. Hai visto la luce quando cinque ufficiali di Pandora lo hanno trascinato via prima ancora che la terra finisse di inghiottire il suo padrone.
“Non immaginavo di trovarti qui”.
Ti piace l’odore di Gil. Ti sei intrattenuto tante volte nel salotto di Oscar Vessalius solo per lasciare che le sue sigarette impregnassero i tuoi abiti, per avere qualcosa che ti ricordasse il profumo di tuo fratello quando lui era via. Sapevi che era un’ossessione, ma era la tua ossessione. Eri patetico, sii sincero. Ma anche adesso sei felice di sapere che dorme nella tua stessa villa, sotto lo stesso tetto, avete lo stesso scopo: in tanti anni la gioia di averlo accanto non è diminuita di un grammo. “Qualcuno dovrà pur esserci, Gil. Lotti e Lily non ci sono, quindi rimaniamo noi due …”
“E allora perché non entri?”
Perché sei un vigliacco. O un codardo, vedi tu. Oppure perché sei inutile, non hai nemmeno una parola giusta per quella persona: e tu odi essere inutile. “Credo che tu sia più portato di me per certe cose …”
“Se lo credessi davvero non saresti qui”.
Certo che lo credi. Hai perso il conto delle notti che hai trascorso aggrappato al suo braccio. L’unica cosa che sai è che non sono mai state abbastanza, che non siete più due bambini che dormono nello stesso letto ma anche adesso, quando nemmeno Dormouse riesce a tenere alla larga gli incubi, senti il bisogno di afferrare la sua giacca e chiedergli di restare. È Gilbert quello che protegge. È Gilbert quello che difende. La verità è che, come una volta ti disse il Cappellaio, tu sai solo ferire.
Appoggia la schiena contro il muro ed accende una sigaretta, non c’è Lotti a dirgli di andarsene in cortile. “È il tuo compito, Vince”.
“Dubito di essere io la persona di cui ha bisogno”.
“Nessuno di noi lo è” mormora, e il fumo sale dalle sue labbra fino al soffitto basso. “Ma questo non ti esime dal farlo. Oz non aveva bisogno né di me né del signor Oscar ma … c’eravamo solo noi. Ci siamo limitati a fare del nostro meglio per non fargli sentire la mancanza di quell’uomo”.
Il disprezzo su quella bocca ti costringe a voltarti. “Vince, non sempre si può avere ciò che si desidera, e lo sai meglio di me. Dovremmo tutti lasciare andare certe cose, specie le persone a cui teniamo di più. Ma la verità è che è così … così dannatamente difficile. E qualche volta l’unica cosa che possiamo fare è cercare di farci forza l’uno con l’altro. Io ho sempre avuto te. E tu, bene o male, hai sempre avuto me. Ma lui …”
Ecco la tua luce, figlio del diavolo. Quando te ne sei accorto avresti dovuto gioire.
Hai trovato l’alba dove credevi vi fosse solo l’ennesimo tramonto.
Perché ti sei accorto che la tua stella è sempre rimasta lì. La persona a cui hai tenuto più di ogni altra cosa non si è mai mossa, non si è mai oscurata. Hai camminato nell’oscurità più fitta con lo sguardo rivolto al cielo, a quella vita che si lasciava inseguire e che teneva le tenebre lontane. Forse ti ha odiato, ti ha disprezzato, lo hai fatto vergognare più di una volta ma è sempre rimasto lì, incastonato in un punto dove tu potessi sempre vederlo. In quella cripta sporca di sangue hai capito che oltre lo strazio della tua esistenza piena di peccato avevi quella piccola gioia a portata di mano, proprio dove tu potevi contemplarla. Ed il suo cuore batteva, i suoi occhi d’oro ti guardavano, le sue gambe correvano e ti chiedevano di inseguirlo quasi come una stella cadente. Alla persona oltre quella porta, che adesso implora un perdono straziato nella stanza vuota, la notte è calata tutta in un istante. La sua stella è stata inghiottita dal cielo nero.
Tu hai il coraggio di fissare il buio, Vincent?
No, non ce l’hai.
E hai visto di nuovo Gilbert e sei stato felice, perché per lui è la tua stella e per quanto possa voltarti le spalle è così bella e forte da non andarsene. È luminosa, è splendente, ed è tua.
Non ti senti disgustoso? È dovuto morire Elliot per fartelo capire.
Gilbert appoggia tutto il peso contro lo stipite della porta, la testa contro un braccio, e libera un sospiro. Lo sente anche lui, le dita della mano destra premono contro il portone quasi per andare oltre e raggiungere la voce flebile che singhiozza qualche istante, poi grida di nuovo e qualcosa si infrange a terra. Hai dedicato tutta la vita ad impedire che quegli occhi d’oro diventassero tristi. Avresti cancellato la tua stessa esistenza. Non hai paura ad entrare in quella stanza: la verità è che temi di non essere all’altezza. All’altezza delle aspettative di Gil, all’altezza di quell’anima distrutta a cui non serve il conforto di uno come te.
Tuo fratello apre la porta senza fare alcun rumore e ti invita ad entrare. Sei sempre stato obbediente, Vincent.

Un tempo avresti dato tutte le ricchezze dei Nightray per trovare uno come te. Un mostro, un abominio, una persona disgustosa quanto te da causare dolore solo per il semplice fatto di esistere. Noise era la persona più vicina a questa descrizione ma … non era abbastanza. La sua mente era così distrutta da non rendersi conto delle proprie disgrazie, il suo Chain le regalava un’ignoranza ed una follia che le impedivano di vedere le proprie miserie.
La verità è che poi hai trovato davvero chi cercavi. Un altro mostro.
Il nobile Oswald diceva sempre di non desiderare troppo una cosa, perché si potrebbe ottenerla.
Una pioggia di piume nere ti avvolge appena chiudi la porta alle spalle. Volano nella lieve area illuminata dalle tue candele e quando ti cadono ai piedi senti una fitta al petto, proprio al sigillo di Dormouse. Lui percepisce il potere di Abyss meglio di te.
Gli occhi rossi di Dodo sono la prima cosa che riesci a mettere a fuoco. Istintivamente fai un passo indietro, aspettando che sia lui a riconoscerti. Le pupille si dilatano alla tua intrusione e l’idea di riaprire la porta e chiamare Gil ti sembra la migliore che tu abbia avuto negli ultimi dieci o undici anni: sei convinto che gli anni trascorsi al servizio di Rufus Barma abbiano solo peggiorato il carattere già nervoso di quel Chain pazzo e battagliero. Alla morte del duca Leo aveva siglato un nuovo Contratto con lui, ma prima che il suo piccolo corpo riuscisse ad accettare un terzo Chain erano stati necessari molteplici interventi di Raven per evitare che un Dodo sfuggito al controllo attaccasse altri Chain minori. La sua figura massiccia ti scruta dallo spazio vuoto accanto allo scrittoio, gli basterebbe un salto per colmare la vostra distanza e strapparti il cuore. Se non sei ancora un cumulo di carne sul pavimento è perché aspetta una tua mossa. O un suo comando.
Le tende scure si sollevano quando Gryphon apre le ali e manda un verso basso. La sua forma avanza il collo nella tua direzione e spalanca gli occhi, con le zampe che sporgono dal letto su cui sembra aver fatto il nido.
Sono belle le sue ali.
La schiena si inarca fino a toccare la cima del baldacchino, innamorata della penombra. Non ti fissa con odio, si limita ad osservarti mentre l’aria di pioggia ti porta le sue piume. Cerchi la figura del tuo padrone da qualche parte vicino al suo corpo, ma le lenzuola sono vuote ed il cuscino è stato scagliato contro i soprammobili del caminetto. Un tuono rimbomba l’attimo successivo senza alcun lampo e per tutta risposta Dodo manda un verso che agita Dormouse dentro ogni minuscola fibra del tuo corpo. Demios ti chiede di attaccare, ma la zittisci.
Sono i singhiozzi a guidarti verso di lui. Sono proprio alle tue spalle, nel minuscolo angolo dietro la porta. Avresti potuto colpirlo entrando, ma non sei la persona da spalancare una porta senza motivo. Gilbert lo è.
Non è il Glen di cui avevate bisogno, di cui il mondo aveva bisogno. Un Glen è un essere più vicino ad un dio che ad un uomo, un Glen ha sulle sue spalle le catene di Abyss. I Chain di un Glen Baskerville obbediscono ad ogni suo ordine, non si manifestano al suo minimo cambio di umore. Owl si trova sulla sua spalla sinistra e le sue piume sono così arruffate che per un istante sembra far parte della massa scomposta di capelli. Ti chiedi dove sia Jabberwock e ti rendi conto che forse il tuono di poco prima non era esattamente un tuono.
Ti avvicini, ma sai che non ti vede. Non ti sente. Non è nemmeno lì, a dirla tutta. È in quel posto dove tu sei stato così tante volte da conoscerlo a memoria. In quel posto tu vedevi Miranda Barma ed i suoi capelli rossi. Vedevi tutto rosso, mantelli, scale, tappeti, persone. Le tue mani. E sai che in quel luogo non c’è nessuno che possa venire a prenderti e quando vi sprofondi non puoi farci nulla, solo aspettare che passi. Sai che adesso anche lui sta fissando il rosso: nelle sue iridi ci sono migliaia di luci dorate, ma nessuna abbastanza splendente da allontanare le tenebre o quello scarlatto in cui può immergere le dita senza trovare altro che morte.
Quanto siete uguali, Vincent. A voi basterebbe una persona sola. Non avete bisogno della loro attenzione, possono ignorarvi se vogliono. Vi accontentate di strisciare nella loro ombra, in realtà chiedete molto poco. E puoi gioire, figlio del diavolo, perché una volta uscito di lì avrai l’ombra che ti piace tanto e anche tra centinaia di anni, quando anche per voi sarà arrivata la fine, il Ciclo vi riporterà di nuovo qui e tu e Gilbert potrete incontrarvi di nuovo. Invece l’anima del tuo padrone migrerà nel corpo del prossimo Glen e lì si addormenterà; fuori dai cicli, lontano da tutto. Non gli sarà concessa l’opportunità di rinascere, di poter rivedere il suo migliore amico nemmeno con un altro corpo, nemmeno senza alcun ricordo di tutto. A quella mente in subbuglio, persa nei suoi incubi ad occhi aperti, non è concesso nemmeno di sperare.
Vedi, devi solo stare zitto. Cosa puoi dirgli che riesca a farlo stare meglio? Niente, perché hai molto più di lui. E a te sembrava poco, che ironia …
Le grida sono finite. Sussulta, sobbalza come se qualcuno cercasse di strattonarlo e lui si chiude sempre di più. “Perdono …” è l’unica cosa che riesci a sentire tra le dita della sua unica mano che stringe la testa come se volesse staccarla dal busto. Owl gli fa il verso, spostandosi quando i singhiozzi si fanno più forti ma senza lasciare il suo signore.
Puoi sempre dirgli la verità, ti sei accorto che a lui non hai mai mentito. Puoi dirgli che nessuno perdona certi crimini. Ada è stata pronta, glielo riconosce, ma non conosceva nemmeno la metà delle cose orribili di cui ti eri macchiato; e sei felice di questa sua ignoranza. Ma la realtà è che non esiste nessuno così magnanimo da accettare delle persone come loro, nate per essere il Male. Hai scelto di non cambiare il passato per non cambiare Gilbert, ma più di una volta ti sei guardato allo specchio e ti sei chiesto quanto sarebbe luminoso il mondo senza abomini come te e Leo. La tua idea era bella, ogni tanto la accarezzi.
Ma non ora. Ricordati, ricordati bene della tua stella.
Avvicini la mano verso di lui. Owl potrebbe portartela via, ma non lo fa. Ti sembra che la vecchia Rainsworth ti stia guardando con la sua immancabile tazza di thè, pronta a osservare ogni tua mossa ed a muoversi solo all’ultimo istante. Metti tutto quello che puoi sulla punta delle tue dita, ignori ogni cosa, forse Dodo si è mosso, forse no. Appoggi la mano nei suoi capelli scuri, lui nemmeno si muove. Contare fino a cinque non è mai stato così lungo, vero? Rimani così finché il corpo non smette di tremare. Il Chain oscuro ti fissa incuriosito e poi sparisce, come fatto di nebbia nera. Gli altri se ne vanno immediatamente, nemmeno hai bisogno di voltarti. Rimane solo Dormouse, e fluttua sulla testa del signore dei Baskerville finché la sua lunga coda non gli scivola oltre il braccio incompleto ed arriva al petto.
Cosa sogna un Glen Baskerville? Anche nei suoi sogni ci sono le luci?
Non glielo hai mai chiesto.
Recuperi il cuscino e lo rimetti a letto. Il tuo Chain non se lo fa ripetere due volte: si appoggia contro il suo petto, all’altezza del cuore, e la piccola molla sulla sua schiena inizia a girare finché il respiro del ragazzo diventa lento e pesante, si armonizza. Quando riprendi in mano le candele c’è una linea sottile su quel viso chiaro, una linea che ti piacerebbe pensare sia un sorriso.
Quanto dura la felicità? Talvolta soltanto un sogno. Non puoi offrire niente di più.
Questo è tutto ciò che sei.
Va bene? Non è abbastanza?
Questo tipo di domande sei riuscito a lasciartele alle spalle. Sei riuscito a pensare a qualcuno che non sia te stesso.
Sorridi, perché adesso assomigli molto di più a Gil. Non sarai mai una stella, ma una piccola candela forse sì. E, per chi si è smarrito nella notte, anche una candela può fare la differenza; può aiutare a non essere soli, a non annegare in un mondo fatto da pozze nere dove tutto grida “è colpa tua”. Ti rendi conto che, per quanto possibile, vorresti accompagnarlo fino alla fine di quella via. Tu, lui e Gilbert. Lui, che è la cosa più preziosa che Elliot ti ha lasciato in custodia. La vecchia spada dei Nightray ti osserva, appoggiata al centro dello scrittoio come se nulla sia accaduto.
Accosti la porta senza fare alcun rumore, lasciando il resto nelle zampe di Dormouse.
Gil sorride. Ha sempre saputo che ce l’avresti fatta. Guardi la tua stella e ne senti tutta la luce.
C’è un motivo se non hai più paura del buio.



N.d.W: stavolta i miei più sentiti complimenti se siete arrivati fino alla fine. Più la leggevo e più mi sembrava pesante ma alla fine chissene, una storia con Vincent punto di vista o è una tragedia in venti atti oppure sfocia in qualche gag comica. La verità è che volevo approfondire l'unico punto in Pandora Hearts che secondo me avrebbe avuto bisogno di qualcosa in più, ovvero il motivo per cui Vincent diventa così devoto nei confronti di Leo. Potevo capire all'inizio, ovvero quando Leo prometteva di esaudire i suoi desideri, ma non riuscivo a capire del perché, a Sabrié, Vincent finisse per ascoltare più la voce di Leo che quella di Oswald che (diciamola tutta) non aveva avuto un'idea così malvagia.
La cosa comica è che Vincent è molto più bacato di Gilbert, ma il punto di Gil proprio non riesco ad usarlo, mentre quello di Vince sì. Misteri della scrittura ...
Una mia personale stretta di mano a chi è arrivato fino alla fine.
  
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