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Autore: pin    03/06/2015    23 recensioni
Lui: un principe, erede al trono del pianeta Gogeta; un pianeta abitato da maghi, streghe, druidi, draghi e qualsiasi altra cosa che abbia a che fare con la magia.
Lei: una povera ragazza gitana, di origini ispaniche; orfana di entrambi i genitori, con una grande passione per il canto.
Lei è terrestre, lui è un mago.
Un giorno, si incontrano per caso in un pub sulla terra, lei si esibisce lì la sera; per dare sfogo alla sua passione, e per guadagnare qualche soldo.
Niente è quel che sembra. Antichi segreti verranno alla luce
Tra di loro nascerà una grande passione, ma durerà nonostante le difficoltà e la grande differenza sociale? Posso assicurare che ci saranno dei personaggi inaspettati, e segreti nascosti saranno svelati.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo2 Il primo incontro

 

Lui:

Veniamo teletrasportati in una zona residenziale, all’esterno di un locale pieno di persone. Il fascio di luce azzurra che ci aveva investito prima scompare man mano sotto ai nostri piedi.
La gente intorno a noi; alcuni ubriachi, ed altri più o meno sobri, è rimasta a bocca aperta, e non fa che strofinarsi gli occhi pensando di aver avuto un’allucinazione a causa del troppo bere.

“Allora ragazzi, sincronizziamo i nostri bracciali; in modo da poter ritornare a casa. Vediamo di non allontanarci e di perderci, fra un paio di ore ci ritroviamo qui ed usiamo questo portale che si è creato per ritornare a casa” dico io ai miei due compagni di avventura.
All’esterno del locale, c’è una lunga fila per entrare, controllata da un uomo che decide chi può e chi non può passare.

“Ci manca solo il bodyguard che controlla chi ha l’invito” esclama scocciato Damon, “Andiamo, ho un’idea per accedere” dice poi rivolto a me e a Stephan.

Saltiamo la fila, tra le proteste e i mormorii delle persone, ci avviciniamo al butta fuori, che subito ci chiede se i nostri nomi sono nella lista. Gli occhi di Damon diventano di un marrone più intenso, mentre guarda fisso negli occhi il suo interlocutore, che come ipnotizzato si sposta per farci oltrepassare.

“Damon! L'hai soggiogato”, gli dico io con un sorriso divertito, lui mi guarda e fa spallucce, “ Michael, non eri tu che volevi entrare?” mi dice divertito, “Ti ho solo accontentato, mio Sire” continua ridendo con tono beffardo.

Resisto all’impulso di fargli crescere una coda da maiale, in fin dei conti ci sono troppi testimoni, ed è difficile soggiogarli tutti. Aspetto quando ritorniamo nel nostro regno, che lì queste ‘stranezze improvvise’ sono all’ordine del giorno.

Entriamo, e vediamo che il tavolo migliore, quello alle pendici del palco, è già occupato da un gruppetto di ragazzi.

“Adesso è il mio turno Damon!” esclama Stephan con tono divertito mentre si avvicina  con passo sicuro ed elegante agli occupanti del tavolo. I suoi occhi si fanno di colore più intenso, mentre guarda nelle pupille a uno ad uno i ragazzi, che si alzano e lasciano il tavolo libero.

“Come è bello! Quando le persone ubbidiscono senza fare storie!” esclama ridacchiando Damon.
“Veramente!”, esclamo io in maniera ovvia, “Ubbidiscono, perché li avete soggiogati”.

Detto questo ci sediamo in torno al tavolo e rivolgo il mio sguardo verso il palco ancora non illuminato, ma riesco comunque ad intravedere qualche movimento.
 
 
 
 
 
 
Lei:

Sono posizionata al centro del palco, le luci sono ancora spente. Attendo le parole del presentatore con il cuore in gola. Ogni qual volta che salgo su questo palco, mi sento sempre emozionata, e con il muscolo cardiaco che batte a mille. Anche i miei compagni si posizionano ognuno vicino ai propri strumenti.

Il primo ad iniziare è Roul, che fa vibrare il pubblico con il suo meraviglioso assolo di batteria, poi a lui si unisce Gabriel, ed insieme, creano un mix perfetto tra tamburello e batteria. Mandano il pubblico in eccitazione e in confusione.
 
 
 
 


Lui:

Finalmente le prime luci ci accendono emanando un flash al centro del palco. Il presentatore inizia a parlare: “Ragazzi! È venerdì sera, dobbiamo scatenarci e far tremare questo posto. Il momento tanto atteso è arrivato!”. Delle urla ed una grande confusione si levano  tra i clienti: “Deborah! Deborah!” Urlano “Si, avete capito bene!” dice il presentatore, “Ed ecco a voi Deborah e la sua band, la cui bravura e bellezza è senza paragoni” esclama alla fine.

“Speriamo che sia tanto brava e tanto bella come dicono, altrimenti abbiamo fatto tanta strada per niente” sussurra Damon al mio orecchio.

Lo guardo per un attimo, per poi riguardare il palco, tutte le luci ci accendono, rivelando una giovane ragazza. Vestita di un rosso accesso ricoperto di pagliette; corto sul davanti, lasciando in bella mostra le sue gambe, e lungo dietro. Ha dei  capelli lunghi, neri e ricci, tenuti semi  raccolti in una bandana. E tacchi vertiginosamente alti.

La fanciulla inizia a muovere le sue mani in modo sensuale, e a battere i piedi a terra, per dare il ritmo a colui che inizia a suonare la chitarra.
 
 
 
 
 

Lei:

Mi muovo, in modo leggiadro e sensuale, esibendomi in una coreografia di flamenco. La musica della chitarra accompagna i miei movimenti.

“Forza! Deborah, vai con il flamenco!” sento gridare tra i clienti. Mi guardo intorno e i miei occhi incrociano quelli di un ragazzo, ma caspita! È meglio di una divinità greca!
 
 
 
 


Lui:

I miei occhi incrociano i suoi, mi trasmettono mille emozioni. E devo dire che è davvero molto bella. Lei mi guarda e mi sorride; il sorriso più bello che io abbia mia visto. Anche io ricambio il sorriso.
 
“Balla! Balla! Il piede che batte, il palco risuona di tacchi impetuosi”, sento dire ad una voce di presentazione fuori campo, “Movenze sinuose, i sensi eccita, il sudore che cola e irrora la fronte. Hai rosso il vestito, colore che accende. Sicura ti muovi, il corpo che parla, passione che emana e tutto travolge”. Continua dicendo: “Sei guappa che incanta il sangue caliente, la musica incalza nel ritmo che prende. Finita la danza folklore di Spagna. La notte gitana la polvere alza” conclude dicendo la voce.

Pian piano anche la ragazza smette di ballare, e quando si conclude il monologo, anche lei si ferma, rimanendo per pochi secondi in una posa sensuale.

Si rimette diritta, e piano, si avvicina al microfono.

Nella sala cala il silenzio, e il pubblico si zittisce di colpo.
 
 
 



Lei:

“Ciao, vi è piaciuta questa mia presentazione? Volevo rendere anche voi partecipi delle mie origini gitane. Ma ora, iniziamo con lo spettacolo vero e proprio”.
 
 
 
 
 
 
Lui:

Le luci si spengono, per creare atmosfera, c’è un’ondata di fumo colorato, e vari effetti speciali. All’improvviso le luci si accendono, e si sente una voce, calda  e delicata accompagnata dalla chitarra e dalla batteria.


Entonces llegaste vos (Allora arrivasti tu)
con tus aires de señor (con la tua aria da signore)
y sin pedirme permiso (e senza chiedere il permesso)
me robaste el corazón. (mi rubasti il cuore)



Lei canta, con voce calda e passionale, riesce a trasmettermi mille emozioni, mentre muove il suo corpo in modo elegante e sinuoso.


No queda un solo rincón (non rimane un solo angolo)
sin invadir con tu olor (che non sia invaso dal tuo odore)
Me tocaste y ya sabías (mi hai toccata e io sapevo)
que en tus redes yo caía. (che sarei caduta nella tua rete)



Sembra come se flirta con il pubblico, li conquista e poi li lascia andare; i suoi movimenti sono così spontanei ed eccitanti.


No te importa (non ti importa)
que me muera de dolor, (che io muoia dal dolore)
que te mire y sienta que hoy sos (che ti guardi e senta che oggi sei)
el hombre de mi vida. (l'uomo della mia vita)



Dei gridi e dei fischi si alzano tra la folla, qualche cretino cerca di toccarle il sedere.


No te importa, (non ti importa)
y ya no lo niegues más (e non lo negare più)
vos no me podes cuidar, (tu non puoi prenderti cura di me)
nadie cura mis heridas, (nessuno cura le mie ferite)
nadie más, nadie más. (nessuno più)

Ya no hay sueños rosas, no. (Non ho più sogni rosa, no)
Cada día hay más tristezas. (ogni giorno provo più tristezza)
Que lejos estoy del cuento, (come sono lontana dalla favola)
ni príncipe ni princesa. (nessun principe ne principessa)

Quisiera escuchar tu voz (vorrei ascoltare la tua voce)
diciéndome con amor (dicendomi con amore)
que querés estar conmigo (che vuoi stare con me)
pero es sólo una ilusión. (però è solo una illusione)

No te importa (non t'importa)
que me muera de dolor, (che io muoia dal dolore)
que te mire y sienta que hoy sos (che ti guardi e che senta che oggi sei)
el hombre de mi vida. (l'uomo della mia vita)



È davvero brava; anche Stephan e Damon sembrano essere del mio stesso parere. Entrambi, li vedo rapiti dalla voce della fanciulla, e dalla sua bellezza.
 
 
 
 
 
 
Lei:

I nostri occhi si incrociano di nuovo, si attraggono come calamite, ma chi è quel bel ragazzo? Credo che non sia della zona. Ma chi gliel’ha dati quei vestiti che sembrano usciti dall’epoca di Maria Antonietta?


No te importa, (non t'importa)
y ya no lo niegues más, (e non lo negare più)
vos no me podes cuidar, (tu non puoi prenderti cura di me)
nadie cura mis heridas, nadie soy. (nessuno cura le mie ferite, non sono nessuno)



È vero, penso mentre canto, nessuno cura le mie ferite. Non esistono né principi e né principesse.


Extrañando tus besos (sentendo la mancanza dei tuoi baci)
y pensando sólo en eso, (e pensando solo in quello)
que no me deja olvidar, (che non mi lascia dimenticare)
que ésta es mi vida. (che questa è la mia vita)



Rivolgo meglio il mio sguardo a quel tavolo, e noto che insieme a quel tipo ci sono altri due ragazzi, altrettanto carini. Anche loro vestiti con abiti assurdi. Chissà, forse saranno reduci da un ballo in maschera. Mah!


Extrañando los días (sentendo la mancanza di quei giorni)
en los que me querías (in cui tu mi amavi)
y yo era tu amor. (ed io ero il tuo amore)

No te importa (non ti importa)
que me muera de dolor (che io muoia di dolore)
que te mire y sienta que hoy sos (che ti guardi e pensi che tu oggi sei)
el hombre de mi vida. (l'uomo della mia vita)



No anzi, il più carino, è il ragazzo che siede nel mezzo, colui che avevo paragonato ad una divinità greca.


No te importa, (non ti importa)
y ya no lo niegues más (e non lo negare più)
vos no me podés cuidar, (tu non puoi prenderti cura di me)
nadie cura mis heridas, (nessuno cura le mie ferite)
nadie más, nadie más. (nessuno più)

Finisco la mia canzone, la musica si acquieta, con un rapido gesto mi inchino al mio pubblico, beandomi dei loro applausi e della loro eccitazione.

 “Brava! Deborah! Brava!” il pubblico mi acclama mentre scendo dal palco.
 
 
 
 
 
 
Lui:

Davvero una bella esibizione, ho dovuto fare appello a tutto il mio auto controllo, per non fare rendere visibile la mia eccitazione.

La vedo scendere dal palco, e di istinto mi alzo per correrle in contro facendo zig–zag tra la folla.
Ed ecco che la vedo, se ne sta fuori appoggiata ad un muretto. 
 
 
 
 
 

Lei:
 
Mi disperdo tra la folla, mentre cammino per uscire dal locale. Esco dall’uscita secondaria, mi appoggiò ad un muretto, e mi accendo una sigaretta.
“Ciao” arriva alle mie orecchie una voce sconosciuta, alzo il mio sguardo ed incrocio i suoi occhi: è il giovane che ho visto prima.

Finalmente posso guardarlo meglio, e bearmi della sua bellezza.
Il suo fisico è palestrato e bene allenato; penso, mentre le mie gote si imporporano di rosso. I suoi capelli sono marroni, e suoi occhi sono di un nero molto intenso e magnetico. Devio il mio sguardo per pochi secondi, il tempo di riprendere la lucidità dei miei pensieri.

“Che cosa fai?” continua lui, con aria innocente e sguardo curioso.
“Fumo”  rispondo io, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Tu ne vuoi una?”gli chiedo, e tiro fuori dal pacchetto un’altra sigaretta per offrirgliela.

Lui mi guarda in modo incerto e dubbioso, e dopo un tentennamento iniziale prende tra le mie dita la sigaretta. Le nostre dita si sfiorano, ed io sento una elettricità attraversarmi il corpo.
 
 
 
 
 

Lui:

Mi porge quello che ha tra le dita, ma non so cos’è e né cosa farci. Ma comunque dopo un attimo di dubbio e di tentennamento,  colgo la sfida, e l’afferro. Nell’eseguire il gesto le nostre mani si sfiorano, ed io provo una sensazione nuova mai assaporata prima.

Mi porto quella cosa alla bocca, imitando i suoi gesti. Lei si alza e mi si avvicina, ha qualcosa in mano, da cui fuori esce una fiamma. Appoggia la fiamma alla mia sigaretta e l’accende.

“Ora” mi dice, “Devi aspirare ed inspirare, la prima volta è sempre la più difficile… Guarda come faccio io!” Con gesti lenti e decisi, mi fa vedere come fare, ed io subito la imito. Ma alla prima boccata il fumo mi va di traverso ed inizio a tossire, scatenando le sue risate. Ha proprio una bella risata melodiosa tutt’altro che fastidiosa.
 
 
 
 
 

Lei:

“Ahahahahha” non ce l’ha faccio a smettere di ridere, è stato troppo buffo vederlo tossire.

“Ma se non sai fumare, perché l’hai fatto?” gli dico come a rimproverarlo, usando però un tono divertito.
 
 
 
 
 
 
Lui:

“Piacere Michael!”  gli dico dopo essermi ripreso, “Deborah!” risponde lei con un sorriso “E sono una ragazza gitana” continua; si vede che è fiera delle sue origini.

Lo sai, sei stata davvero brava prima, hai fatto proprio una splendida esibizione” gli dico io mantenendo il mio sorriso da affabile conquistatore.
Lei mi ringrazia.

“Ti va di entrare dentro e bere qualcosa? Fuori fa un po’ freddo!” gli dico. Lei fa un cenno affermativo con la testa, e mi segue all’interno del locale.

“Sei andato ad una festa in maschera prima?” mi chiede ad certo punto lei mentre stiamo per sederci al bancone.

La guardo in modo incerto, non riesco a capire a cosa si riferisce.

“Guardati! Sembri uscito dalla corte di Francia. Ti manca solo una parrucca bianca pieni di boccoli e potresti fare invidia a Robespierre”. Mi dice con tono divertito, facendo cenno al mio abbigliamento.

A guardarmi bene, ha ragione, mia sorella ha comprato  questi vestiti, proprio in quell’epoca; ai tempi dei grandi nobili francesi.

 “Si! Era una festa in maschera” gli rispondo prontamente, per salvare l’apparenza, “Ed io sono vestito da Luigi XVI”  gli dico sorridendole.

“Non sei di qua?” mi chiede lei, “No, abito molto lontano” gli rispondo io.

“Quanti anni hai? Io ho 14 anni!” mi dice lei.

“16 terrestri” rispondo io automatico, lei mi guarda incerta e spaventata, per poi scoppiare in una risata, “Lo sai! Che sei un tipo strano?” mi dice.

Mi dice che sono un tipo strano, e per fortuna che pensa che io sono umano; perché altrimenti, se sapesse il contrario…

Ad un certo punto mi domanda: “Allora non puoi prendere da bere, visto che sei anche tu minorenne”

Lei crede che io sia umano, e mi sembra inutile soggiogare il barista, per farmi versare dell’alcool nei bicchieri, lei potrebbe insospettirsi ed accorgersi che io ho dei poteri.
 
 
 
 
 

Lei:

Mi sorride imbarazzato, ma quant’è carino, questi pochi minuti con lui, mi sono sentita a mio agio, e mi sono divertita molto; chissà se io gli piaccio.

Guardo l’orologio appeso alla parete, sono le 24:00 passate. “Michael” gli dico, “Ora si è fatto tardi, devo proprio andare”. Lui mi guarda un, po’ triste, ma mi saluta dicendomi: “Ciao Deborah!”.

“Ciao Michael!” gli rispondo io, mi faccio dare una penna dal barista, prendo il suo braccio, ci appoggio la punta della penna ed inizio a scrivere il mio numero. Posso toccare i suoi muscoli, e scoprire che sono belli sodi.  “Chiamami!” gli dico mentre sto per andarmene.
 
 
 
 
 

Lui:

Lei ad un certo punto, guarda l’orologio e mi saluta, dicendo che si è fatto tardi e deve andarsene.

Prima di andarsene, si fa dare una penna del barista, prende il mio braccio e ci scrive sopra un numero per poi scoccarmi un bacio sulla guancia. È stato il gesto più naturale e spontaneo che io abbia mai visto.

“Chiamami!” mi urla mentre se ne sta andando.

Rimango un altro po’ seduto sullo sgabello di fronte al bancone, facendo mente locale su quanto accaduto. Il suo bacio così senza malizia e spontaneo, mi ha spiazzato, mi ha lasciato senza parole. Penso mentre guardo quello che lei ha scritto sul mio arto superiore.
 
 
“Salve Mikail” sento dire ad una voce. La riconosco senza voltarmi.

“Zatanna, figlia di John Zatara; uno dei maghi del diciannovesimo secolo” dico, “Che piacere incontrarti qui!”. Le dico ironico; in realtà non l’ho mai sopportata.

“Tra un po’ mi devo esibire io, sono un’illusionista” mi dice lei in modo confidenziale. Mi giro a guardarla, e noto che indossa la giacca di uno smoking, canottiera e guanti bianchi, un cappello a cilindro, un body e calze a rete, con tanto di bacchetta.

“Lo sai Mikail, che posso esaudire i desideri delle persone”, mi dice con voce mielosa

“Cosa vuoi Zatanna!” gli rispondo brusco io, “Niente! Voglio solo esaudire il tuo desiderio più intimo” mi dice con voce calda  e sdolcinata; come un diavolo tentatore.

“No Zatanna, ti sbagli, sto bene così come sono” gli rispondo io di rimando con tono acido.

Lei mi  si avvicina in modo provocante, mi guarda negli occhi; i suoi occhi si fanno intensi e luminosi, ed io ho un impulso irrefrenabile di saltarle addosso.

Il mio corpo si muove da solo. Le mie braccia afferrano le sue, le mie labbra si posano sulle sue, e la bacio in modo passionale e frenetico; con tanto di lingua.
 
 
 
 
 

Lei:

Prima di andarmene, mi giro indietro, nella sua direzione, e non riesco a credere ai miei occhi.

Lui, il ragazzo di cui mi stavo innamorando, si bacia in modo passionale con quella gatta morta, tutta ossigenata! Come una sciocca, pensavo che anche lui si stesse innamorando di me.

Prima fa tutto il carino con me, e mi illude ed ora è affinghiato a quella! Lui, non è diverso dagli altri ragazzi!
Non doveva farmi questo, io mi fidavo di lui!. Ma in fin dei conti mi sono solo illusa; noi non siamo niente, e non saremo mai niente!.
 
 
 
 
 

Lui:

Finalmente, facendo ricorso a tutta la mia forza e a tutto il mio autocontrollo; riesco a liberarmi dal suo incantesimo.

“Brutta stronza” le grido, “Come ti sei permessa di soggiogarmi?”. Lei mi sorride maliziosa, e se ne va.

Mi pulisco le labbra disgustato, forse è meglio che me ne vado anche io, il mio bracciale sta iniziando ad illuminarsi, e i miei compagni mi staranno già aspettando al posto stabilito.

Giuro che questa me la paghi Zatanna! O non mi chiamo più Michael.
   
  
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