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Autore: BuonaNotteLuna    07/01/2009    8 recensioni
Amélie Mureau è una ragazza incredibilmente viziata. Cosa ci si può aspettare, d'altronde, dall'ereditiera di una famosa catena di Hotel che sta per prendere in mano le redini di un'importante società di prodotti di cosmetica? Forse solo l'arrivo di tre famosi fratelli può farla cambiare radicalmente. E se ci mettessimo in mezzo un segreto da proteggere a tutti i costi, un Joe romantico, un Nick dispettoso e un Kevin incredibilmente simpatico? Galeotto fu quel giorno di neve...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Un segreto conta quanto coloro
da cui dobbiamo proteggerlo"

L'ombra del vento, Carlos Ruiz Zafòn

*

Una striscia di fioca luce solare s'insinuò lentamente tra le tende candide, giungendo ad illuminarla in pieno.
Le tendine del letto a baldacchino erano come sempre completamente tirate, in modo da lasciare direttamente al sole mattutino il piacere di svegliare Amélie.
Quella mattina nella suite quasi imperiale dell'Hotel Mureau la calma e il silenzio erano quasi palpabili. Tutto rimase immobile per un paio di lunghi, placidi minuti, finchè non si udì il regolare respiro di Amélie interrompersi dolcemente, accompagnato da un flebile sospiro.
La ragazza si rigirò qualche altro istante nelle lenzuola di seta, stringendosi gli ultimi istanti nel caldo pigiama di flanella, prima di scoprirsi lentamente e alzarsi dal letto.
Quella mattina, come tutte le altre, iniziava fantasticamente. La colazione sarebbe stata portata a momenti e già poteva sentire l'odore della fragrante brioches al cioccolato che tanto amava.
Sorrise, stropicciandosi dolcemente gli occhi e avviandosi a piedi nudi nel salotto della Suite. Il tailleur di Coco Chanel la aspettava perfettamente piegato e stirato sul divano, accompagnato dalle decolté nere di Prada che qualcun altro aveva scelto per lei.
D'altronde, quella stessa mattina suo padre le avrebbe presentato i pezzi grossi della cosmetica e suoi futuri colleghi di lavoro, non poteva certo presentarsi mal vestita!
Con estrema lentezza infilò i piedi nelle ciabatte e si avviò stiracchiandosi alla finestra, la quale ovviamente offriva una vista spettacolare e unica di Londra, da far invidia alle inquadrature di certi cult cinematografici.
Gradualmente alzò le palpebre in modo da abituare gli occhi alla debole luce e guardò aldilà del vetro.
La sua espressione inorridì di colpo: gli occhi si spalancarono, le sopracciglia si aggrottarono, mentre il volto corrucciato si contraeva per ciò che aveva appena visto...
Neve! La città era sommersa in uno strato di inutile, disgustosa, sciagurata neve!

*

- Adoro la neve! - esclamò Nicholas Jonas, chiudendosi la porta della camera alle spalle.
La loro suite non era certo ciclopica come quella di Amélie, ma aveva comunque il suo perchè. In particolare l'enorme frigobar e l'esagerato televisore al plasma che se ne stava appeso al salotto, riflettendo la luce del mattino.
Nicholas scrollò appena l'ombrello, da cui piovvero candidi fiocchi di neve sul pavimento.
Buttò giacca e scarpe in un punto imprecisato della sala, dirigendosi verso la camera da letto dei fratelli. Nel tragitto dovette accuratamente evitare di incappare in un paio di chitarre, dei boxer, una lacca per capelli, un paio di bottiglie vuote di birra e una lattina di red bull ancora piena sparse al suolo.
Giunto sulla soglia della camera inquadrò immediatamente Joseph. Se ne stava beatamente sdraiato tra le coperte disfatte, esibendo una sottospecie di pigiama formato da un paio di boxer e una t-shirt macchiata di birra, sebbene il Natale fosse ormai alla soglia e la temperatura non fosse ovviamente delle più calde.
Nicholas scosse il capo, avvicinandosi all'elaborato impianto stereo. Bastò premere un tasto, per azionare le cuffie che il fratello maggiore si era dimenticato di togliere dalle orecchie.
Burnin' up partì a tutto volume e rischiò di assordare Joseph, mentre Nicholas si allontanava ridacchiando.
Il povero malcapitato si divincolò tra le coperte, sfilandosi le cuffie dalle orecchie e contraendo il volto in un'espressione decisamente infastidita.
- Nick... - mugugnò con la voce impastata, alzandosi un attimo a sedere.
Si passò una mano tra i capelli corvini spettinati sulla fronte a aprì gli occhi, trovandosi di fronte il sorriso birbantesco del fratello minore.
- Buongiorno, bello addormentato! - esclamò Nicholas, estasiato come sempre dai suoi dispetti.
La neve lo metteva decisamente di buon umore. La luce aranciata nell'aria, gli alberi spogli colorati di bianco, i pupazzi di neve per le strade... tutto ciò era alquanto adorabile!
E più qualcosa lo rallegrava, più lui diventava dispettoso, non c'era verso!
Joseph si stropicciò gli occhi con forza, per poi tornare a spalmare la faccia contro il cuscino.
- Che fofe shono? - domandò, con la voce biascicante ovattata dal guanciale.
Nick diede uno sguardo all'orologio al polso, mentre si dirigeva verso il letto di Kevin, sorpassando un paio di calzini abbandonati al suolo.
- Sono le sette e fuori è una giornata splendida - rispose entusiasto, chinandosi verso il fratello maggiore.
Kevin si era addormentato con la testa infilata sotto al cuscino, come sempre. Sarà perchè lo infastidiva parecchio il respiro pesante e regolare di Nicholas.
Questo comunque rendeva difficile fargli uno scherzo ben riuscito.
- Le feffe? Ma è preftiffimo! - cercò di esclamare Joe, raccogliendo le poche forze che si ritrovava, visto che era stato svegliato così bruscamente.
Nicholas osservò la sagoma di Kevin imbacuccata nelle coperte, massaggiandosi il mento e pensando a qualche maligno trucco per farlo svegliare con un sobbalzo degno dei suoi soliti scherzi.
- Non oggi... nevica! - commentò il minore, abbassando la voce per non svegliare il fratello.
- Nevica? E quefto di davebbe il dibitto di sbegliarmi quando ti pafe? -
Joseph si rigirò nuovamente tra le coperte, stiracchiandosi e sbadigliando rumorosamente. Ormai era stato svegliato, non c'era verso di tornare a dormire serenamente con Nicholas in casa e nel pieno delle sue birbanterie.
Nick, dal canto suo, stava osservando il cumulo di coperte che nascondeva Kevin da qualche minuto. Il suo cervello probabilmente stava macchinando sul modo di spaventare a morte il ragazzo.
- Mi sembra quasi di sentire il rumore di rotelle che cigolano, non ti starai sforzando troppo? - domandò Joe con un sorrisetto, alzandosi a sedere, questa volta con la faccia più sveglia.
Nick gli lanciò un'occhiataccia in fralice, per poi chinarsi a raccogliere un calzino particolarmente sporco.
Lo lasciò penzolare sopra l'orecchio di Kevin, unica parte del corpo scoperta, sfiorandone dolcemente il lobo.
- E' ora della colazione, Kev! Svegliati! - gli sussurrò, sforzandosi di assumere il tono più amorevole possibile.
D'altronde, stupidi scherzi a parte, tra i tre fratelli c'era un rapporto speciale. Compreso quello più piccolo, ovviamente, anche se non li aveva seguiti a Londra in tour.
Specialmente, i tre non sapevano il significato della parola "competizione", anzi, andavano fin troppo d'amore e d'accordo, costruendo una barriera insormontabile nei confronti di chi voleva mettergli i bastoni tra le ruote.
- Mhhh -
Kevin mugugnò appena, lasciando che il volto facesse capolino dal cuscino. Mantenne gli occhi chiusi, mentre Nicholas continuava a far penzolare il calzino a pochi centimetri dalla punta del suo naso.
Il fratello maggiore schiuse appena le labbra, mentre Joseph dall'altra parte della camera scuoteva il capo divertito. Il calzinò cadde proprio nella bocca del fratello che, come si poteva immaginare, spalancò gli occhi di colpo.
- Nick! Sparisci! -
Kevin si alzò a sedere di colpo, sputando il calzino sul letto.
Nicholas corse via sghignazzando, e Joseph sorrise compiacuto di non esser stato lui la vittima di uno scherzo tanto disgustoso.

*

Amélie si scaraventò in camera da letto, agguantando la borsa. Ravanò al suo interno e finalmente estrasse il suo cellulare di ultimissima generazione, con cumputer, stampante, scanner e tra un po' macchina del caffè incorporati.
Lo aprì e cominciò a premere nervosamente sulla tastiera, mandando messaggi a destra e a manca ad almeno dieci dei suoi maggiordomi.
- Non può nevicare! No, non può succedere! - esclamò disperata, ributtando il cellulare sul letto e catapultandosi verso la scarpiera.
Ecco, era saltato tutto! Non avrebbe potuto mettere il tailleur e di conseguenza anche le decolté dovevano essere sostituite!
Si buttò quasi addosso alla scarpiera, mentre scivolava a terra sul pavimento perfettamente pulito.
Aprì il primo cassetto, rivelando una fila di ordinatissimi tacchi tutti rigorosamente firmati. Li analizzò uno a uno.
- Sandaletti di Louis Vuitton, ovviamente no, se non voglio ritrovarmi due lastre di giacchio attaccate ai piedi - commentò, lanciandosi i sandaletti alle spalle.
- Stivali Burberry in camoscio... mhh, troppo delicati, li rovinerei -
Ed ecco che gli stivaletti vennero malamente lanciati anch'essi alle sue spalle.
- Ballerine Coco Chanel, tacchi Dior, sandaletti Manolo Blahnik... - continuò a ravanare disperata, mentre una serie di sfortunate calzature volavano alle sue spalle.
La camera, di solito perfettamente ordinata, si ritrovò ben presto nel caos più assoluto. Ed ecco che Amélie si rese conto di una triste cosa: aveva ogni genere di vestito, scarpe o accessorio esistente, ma... non aveva mai tenuto in considerazione la possibilità di una nevicata come quella.
Abbandonando ormai tutte le sue speranze si alzò, infilandosi le mani nei lunghi capelli castani, che ricadevano sulle spalle perfettamente mossi.
- E ora cosa faccio? Non posso uscire... inventerò un'improvvisa influenza, un raffreddore... un embolo... qualsiasi cosa! - cogitò afflitta, mentre girava per la stanza aprendo armadi e armadietti, alla ricerca di qualsiasi cosa da poter indossare.
All'improvviso il cellulare, abbandonato sul letto, vibrò. George, il nome del suo maggiordomo fidato per eccellenza, comparve sul display.
Amélie agguantò il cellulare e se lo portò all'orecchio, improvvisamente sollevata da quella chiamata.
- George! Grazie a Dio mi hai chiamata, sto impazzendo! - esclamò, mentre un barlume di speranza pareva accendersi in quella crisi così nera.
- Signorina Mureau, c'è qualcosa che non va? La colazione non è ancora arrivata? - domandò una voce premurosa dall'altra parte della cornetta.
Amélie sorrise dell'ingenuità dell'uomo e di tutta quella premura, che apprezzava molto.
- No, no. Ho bisogno che tu faccia un salto da Burberry, o Chanel, o dove caspita ti pare e mi compri qualcosa da indossare! -
Dall'altra parte della cornetta ci fu un attimo di silenzio.
Amélie, il cellulare premuto saldamente sull'orecchio, si avvicinò nuovamente alla finestra con gesti riluttanti, come se aldilà del vetro ci fosse un mostro o qualcosa di estremamente ripugnante.
Londra, completamente bianca di neve, tornò visibile davanti ai suoi occhi.
- Posso domandarle, signorina, perchè desidera avere degli abiti nuovi a quest'ora del mattino? Le ricordo che più tardi ha la riunione con suo padre, rischierebbe di arrivare in ritardo. Sa quanto tiene alla puntualità... - disse l'uomo dall'altra parte della cornetta.
La voce di George apparve questa volta piuttosto preoccupata. Se Amélie avesse fatto tardi, di sicuro il signor Mureau se la sarebbe presa con lui.
- Sì, lo so benissimo. Non voglio di certo farlo aspettare, ma ne ho davvero bisogno... non ho niente da mettermi - gesticolò la ragazza, lasciando scorrere lo sguardo inorridito lungo le strade completamente innevate.
Sentì un brivido lungo la schiena: avrebbe preferito un pugno nello stomaco, piuttosto di avvicinarsi solamente a quelle strade.
George sospirò quasi impercettibilmente.
- Farò il possibile, signorina. Ma lei si ricordi che sua nonna le aveva regalato un paio di jeans e una giacca per le sue vacanze sul Monte Bianco - disse sbrigativo, ma cercando di mantenere una certa calma e professionalità.
- Certo, darò loro un'occhiata. Grazie George sei un angelo! - concluse Amélie, riattaccando il telefono.
Ovviamente, non avrebbe mai messo i vestiti che le aveva dato sua nonna. Oltre ad essere terribilmente fuori moda, aveva il sospetto che li avesse presi in una misera bancarella al mercato.
Per amor di precisione, comunque, andò lo stesso a vederli.
Si abbassò su una delle numerose valigie, andando a ravanare nel fondo più nascosto di essa. Erano un paio di comunissimi jeans, una giacca grigia terribilmente larga e sciatta e degli inguardabili stivaletti neri per la pioggia con un'orribile suola di gomma al posto del suo amato tacco a spillo.
Ad Amélie venne voglia di scoppiare a piangere, mentre si rigirava tra le mani quegli stivali.
Ma confidò in George, di sicuro non l'avrebbe delusa. Lo diceva per l'incolumità del maggiordomo, ovviamente.

* * *



Note dell'autrice:

Un paio di piccole avvertenze:

- I Jonas Brothers purtroppo non mi appartengono e con questo mio scritto, privo di alcuno scopo di lucro, non intendo dare una rappresentazione veritiera del carattere o delle vite dei componenti della band, né desidero offenderli in alcun modo.

- Il resto dei personaggi di questa storia, in particolare Amélie Mureau, mi appartengono. Sono particolarmente affezionata ad Amélie, sebbene lei non rispecchi nulla di me stessa (se non la passione per la moda), quindi trattatemela bene XD

- Buona lettura!
  
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