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Autore: Yumeji    04/06/2015    1 recensioni
Sconvolto, il povero Italia si trova ad affrontare una verità sconcertante, orribile, che potrebbe segnare per sempre la fine del suo rapporto con il fratello Romano. Il quale non possiede neppure una chiara idea di cosa abbia fatto.
Toccherà a Giappone, colpevole di aver suscitato nei minore dei Vargas, simili dubbi angosciosi, tentare di sistemare il rapporto fra i due fratelli Italia.
[Demenziale, nata da un vaneggio sul termine Tsundere] [Presenza: GerIta / Accenni: ItaJap; Itaincest e altri]
E' una ff di massimo 3 capitoli, se susciterà interesse vedrò di pubblicare gli altri due cap al più presto.
Godetevela!
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Giappone/Kiku Honda, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Nonsense, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La teoria del Caos - Tsundere's reveletion -
Atto I : Come Giappone finì per inguagliarsi o di come Svizzera vendette il proprio fucile


- Vhe’..! Guarda Kiku, questo personaggio mi ricorda mio fratello Romano! – se ne uscì ingenuamente Feliciano in quella tiepida e piacevole giornata di sole, interrompendo all'improvviso il nostalgico e allegro motivetto che aveva preso a canticchiare sommessamente, mentre se ne stava a leggere un manga a casa della nazione amica. Tranquillamente disteso a pancia in giù sul pavimento in legno della veranda, la quale si affacciava su un ampio giardino in stile giapponese (come lo era d’altronde l'intera l'abitazione), perfettamente curato, circondato da un bianco muretto di pietra.
L'ambiente pacifico e la temperatura ottimale rendevano, quella specifica data, perfetta per passare il tempo a poltrire. In più il the e i dolci forniti da Kiku, non invogliavano di certo l'italico ad abbandonare quella lunga e "meritata" pausa, per tornare ad un noioso ed estenuante lavoro.
"Lo sto forse viziando?.." ebbe un moto di dubbio Giappone nel risvegliarsi da quella sorta di torpore che la situazione, e la presenza stessa di Italia, il quale sembrava avere la particolarità di propagare attorno a se un’aura serena e rilassante, lo avevano portato. Successivamente, fu veloce il senso di colpa a risalirgli da un punto imprecisato infondo al suo stomaco, si era appena accorto di star stringendo tra le mani una light novel. Ancora una volta, aveva finito con il farsi influenzare da Feliciano, e non era un bene.
Quella sorta d’idilliaco momento di nulla facenza, in realtà, sarebbe dovuta essere una riunione di lavoro, ma l'assenza di Ludwig, provocata da "cause di forza maggiore", aveva portato le altre due Nazioni a perdere di vista il motivo di quell'incontro.

E mentre Italia e Giappone si godevano un'inaspettata giornata di riposo, Germania era costretto ad affrontare un’emergenza non da poco, dovendo rispondere alla minaccia da parte di Svizzera di rinunciare alla propria neutralità e di dichiarare guerra al tedesco (iniziando con il chiudere tutti i conti che aveva aperto nelle sue banche). Ciò avrebbe provocato di conseguenza una crisi europea di come non se ne vedevano dai tempi del primo dopoguerra, ben peggiore di quella che già attualmente si trovavano ad affrontare, senza contare gli ulteriori sprechi di forze e di denaro, e il rischio di arrivare ad una terza guerra mondiale.
Se fosse iniziato davvero uno scontro, Ludwig dubitava che sarebbe riuscito a tenere America a casa propria (l'eroe era un impiccione in proporzione alla sua mole), e con la sua entrata in scena, di certo, Russia non si sarebbe fatto attendere.
L'unico modo in cui Vash acconsentiva all'altra Nazione di evitare di ricorrere agli armamenti era che gli consegnasse, entro sei ore, quel megalomane arrogante dai capelli bianchi di suo fratello... (?)
Sì, tutto quel guaio era colpa di Prussia.
La furia di Svizzera si era riversata sulla Germania per un'unica, semplice, ragione: quel gran bel pezzo d'imbecille di Gilbert si era fatto beccare mentre, secondo la ricostruzione di Vash, "attentava all'innocenza di Lily" e ciò, in Svizzera, veniva considerato come un atto criminoso tanto grave da meritare una sentenza di morte immediata, senza processo e senza possibilità d'appello. Poco importava che la pena capitale fosse stata abolita da un pezzo e, sempre allo svizzero, sembrava importar ancora di meno (o più probabilmente cercava di ignorare il fatto), che Liechtenstein non fosse apparsa per nulla contrariata quando il prussiano aveva "attentato" alla sua innocenza, e anzi, ora stesse cercando di convincere il fratello a lasciar perdere la questione.

Al momento Ludwig era quindi impegnato a risolvere l'ennesimo problema internazionale e, evento altrettanto consueto, a salvare il "magnifico" deretano di Gilbert. Per questo motivo gli altri due ex-componenti dell'asse, si erano trovati da soli a tenere l'incontro, cui obiettivo primario era la discussione di quelle importantissime riforme economiche alle quali Germania sembrava tenere tanto, avendo la tendenza al quanto logorroica di nominarle in ogni momento che ritenesse opportuno.
Superfluo aggiungere che la riunione non era neppure iniziata, tramutasi in una semplice visita di Feliciano all'asiatico, il quale, se anche avesse avuto la minima intenzione di portar avanti gli obiettivi indicatigli da Ludwig, da solo, non avrebbe potuto comunque concludere nulla. Kiku non aveva nulla da rimproverarsi se, seguendo la propria indole remissiva e cortese, si era aggregato all'italiano.  
- Di chi parli, Italia? –  gli domandò, ancora esitante a chiamarlo per nome nonostante i loro decenni di amicizia, mentre riponeva sul grembo la light novel che stava sfogliando. Per quanto si stesse godendo un momento di pausa, di dolce far niente, era pur sempre in presenza di un ospite e ciò gli impediva di rilassarsi del tutto, di prendersi quelle libertà che ognuno è solito tenere quando è da solo. Difatti, se ne stava seduto in ginocchio, in una posa rigida e studiata, ostentando un’assoluta impassibilità per quanto, avendo già una certa età come Nazione, almeno da una ventina di minuti le sue giunture e, soprattutto, le ginocchia, gli dolessero con fitte sempre più lancinanti man mano che il tempo passava. Internamente, ringraziò Feliciano per aver interrotto quel momento di perfetta armonia, cosa che, a causa del suo senso estetico, Giappone non avrebbe mai avuto il coraggio di spezzare, troppo amante della bellezza naturale e del silenzio. Almeno ora aveva una scusa per distendere le gambe, fingendo fosse per avvicinarsi all’altro.
- Questa ragazza qui…- gli indicò Feli mettendosi seduto, gattonando verso di lui per arrivargli affianco, colmando quella breve distanza che li separava per mostrargli la figura alla quale si riferiva. Il corvino sussultò trovandosi spalla contro spalla con l'amico, non credeva gli sarebbe venuto COSì vicino.
Il contatto fisico, di qualunque tipo, metteva a disagio Kiku, non ne era abituato. Non disse però nulla per non offendere Italia, aveva notato che, da quando gli aveva fatto presente di non amare chi invadesse i suoi spazi (e dopo l'incidente in cui, a seguito di un abbraccio di Feliciano aveva preteso di essere sposato dallo stesso), il castano aveva cercato di limitare, nei suoi confronti, le proprie calorose manifestazioni d'affetto.
In compenso aveva rincarando la dose a Ludwig.
Era quindi da qualche tempo che Giappone non aveva un contatto "intimo" (come lo definiva lui) con l'altro e, doveva ammetterlo, dopo un primo momento di disagio, non avvertì quel senso di repulsione e soffocamento che solitamente lo spingeva ad allontanarsi da una persona, anzi, trovava piacevole la presenza di Feliciano lì, e non solo, amava averlo in casa propria. In lui non avvertiva quella minaccia o sospetto che, diversamente, gli incutevano gli altri "estranei" - e trovandosi ad avere simili pensieri, Kiku si domandò quanto di se fosse ancora legato a quei duecento anni di buio in cui aveva vissuto da recluso nel proprio arcipelago, in cui aveva guardato al mondo usando come unica distinzione "io" e "loro". Probabilmente, se era arrivato a fare simili distinzioni, non era ancora maturato abbastanza.
- Kiku?..- interruppe il suo esame di coscienza Feliciano, insistendo sulla questione che gli premeva, e al corvino bastò un millisecondo perché, la parte più nerd e ossessiva di lui, prendesse il sopravvento, un'unica occhiata alla figura che l'altro gli mostrava per ricordare personaggio, autore e storia a cui faceva riferimento.
- Effettivamente, ci possono essere delle similitudini tra Sud Italia e Taiga di Toradora… però, a cosa ti riferisci di preciso Italia? – in realtà, vi era un'unica cosa in cui quei due erano simili, ma Giappone non era il tipo da evidenziare certe sottigliezze, soprattutto trattandosi di Feliciano, cui ragionamenti mentali erano un mistero per molti (Kiku compreso), e non sapendo esattamente quali termini avesse usato per fare il paragone.
- Bhé... - sembrò esitare per un momento l'italiano, titubante nel cominciare a guardarsi attorno, arrivando persino a spalancare lo sguardo castano dorato, quasi temesse vi fosse qualcuno al di fuori di loro due ad udirne il discorso. - Entrambi sono insopportabili, dispotici violenti e pigri (come quando c'è da ripulire), urlano per maggior parte del tempo, usano improperi, agiscono sempre di testa loro e risultano antipatici... - elencò quelle che erano le maggiori pecche di suo fratello e della protagonista femminile della serie a fumetti, usando le dita per assicurarsi di non dimenticare nulla. Ed infine s’interruppe di colpo, abbassando la voce nell'aggiungere, a conclusione del discorso, - ... anche se poi non lo sono - e lì, uno strano luccichio si accese negli occhi del nipponico. Ora ne aveva la conferma.
Sì, Italia aveva capito!
E dal nulla, in lontananza, si udirono delle campane inneggiare al miracolo (in Giappone?).
- E' esatto, bravo Italia - esclamò lasciandosi sfuggire un sorriso più aperto della cordiale espressione che gli riservava normalmente. Era inutile negare come, quando si faceva prendere da una delle sue passioni, poi gli risultasse difficile mantenere un controllo sulle proprie emozioni e pulsioni (bastava pensare a come si era ridotto quando una volta, per caso, aveva cominciato a parlare di yaoi con Ungheria... No, meglio se non lo ricordava). - Qui, a casa mia, esiste anche un nome per definire le persone come tuo fratello e Taiga (e chiunque sia come loro) -
- Vhe'.. E come? - fece Italia incuriosito, felice di aver ricevuto i complimenti dall'altro, anche se non capiva tutto quel suo entusiasmo. Però era raro che Kiku gli sorridesse in quel modo, quindi, anche se il suo atteggiamento lo confondeva, non poteva essere un male, giusto?
- Tsundere - affermò Kiku, secco e diretto, un modo raro di esprimersi per lui, le cui risposte solitamente erano precedute da un eccessivo prolungamento di convenevoli e giri di parole del tutto inutili, le quali alla fine non approdavano a nulla. - E nelle opere di fantasia è ritenuto tsudere quel personaggio che non è in grado di esporre i propri veri sentimenti, di essere sincero con se stesso e/o con gli altri. Questa mancanza o negazione, lo porta inevitabilmente ad atteggiamenti violenti e scostanti nei confronti delle persone per lui/lei importanti, coloro, insomma, che gli suscitano un certo tipo di sentimento - spiegò con le parole più chiare possibili la definizione di quel termine a Feliciano, la quale espressione sorridente e allegra gli rivelava che non aveva capito nulla del discorso.
- Tuo fratello ti tratta male perché, in realtà, ti vuole bene. Questo è quello che fa uno tsundere - semplificò ulteriormente il concetto, usando l'unico elemento reale a cui potesse fare riferimento,
- Vhee'..! Capito! - affermò il castano, annuendo energicamente con la testa, ma Giappone dubitò che avesse chiaro il concetto, - Però che Romano mi volesse bene lo sapevo!- appunto. Sicuramente stava confondendo qualcosa ma, non essendo un sapere di vitale importanza, Kiku decise di lasciar correre, al momento poteva anche andar bene così.
- Ma allora... - qualcosa nel cervello di Feliciano cominciò ad elaborarsi, piccole, piccole congetture a cui era giunto grazie alla spiegazione del giapponese, - Se Romano è tsundere, significa che tratta Antonio in quel modo terribile perché gli vuole bene? - per lo meno la sintesi sembrava essergli chiara.
- Sì... - confermò certo Kiku, un altro scintillio strano negli occhi (residuo della chiacchierata con Ungheria), poiché il legame tra il meridione italiano e la Spagna non era un segreto per nessuno, - Gli tsundere, non essendo capaci di esporre in maniera sana il loro affetto, tendono a comportarsi malamente con le persone a cui tengono di più -
- Ooh..- apparve stupito dalla cosa Feliciano, probabilmente, prima della spiegazione del giapponese, non gli era mai stato troppo chiaro l'atteggiamento che aveva sempre tenuto con lui il fratello maggiore, ma ora pareva cominciare ad intuirlo.
- Solitamente, più la persona a cui si rivolgono gli causa un sentimento forte, più si rivelano aggressivi nei suoi confronti - ormai il nipponico si sentiva lanciato, era partito in quarta, deciso che avrebbe chiarito il concetto ad Italia, - Normalmente, chi riceve il trattamento peggiore, è proprio la persona di cui lo tsundere è innamorato - ma forse, toccare un simile argomento, rendeva la questione troppo complicata.
- Ma davvero ci si può comportare malamente con qualcuno che ci piace? - divenne dubbioso l'italiano, per lui era inconcepibile un atteggiamento simile, troppo ingenuo e sincero per afferrarlo, in più con tutte quelle parole, cominciava a perdere il filo del discorso.
- Sì - affermò l'altro, sempre più animato dalla discussione, - Prendiamo ad esempio il signor Inghilterra..-
- E perché Inghilterra? -
- Anche il signor Inghilterra è uno tsundere - non si perse in altre spiegazioni, -... comunque, riprendendo, come lo definiresti il legame che c'è tra il signor Inghilterra e il signor Francia? -
- Pessimo - non ebbe bisogno di rifletterci, - Inghilterra non fa che insultare il fratellone Francia e lui gli risponde per le rime a sua volta - fece, non perdendo il suo solito sorriso un po' beota nel parlare.
- Eppure, è noto a tutti che loro due abbiano una relazione - nuovamente, non ebbe mezzi termini Giappone, totalmente immerso, preso da quel discorso,
- Vhee'... Fratellone Francia mi ha raccontato fin troppo - ammise Feli, voltando leggermente il viso verso il giardino, come a voler allontanare un ricordo non molto piacevole, il sorriso a ad assottigliarsi per un momento sulle labbra.
- Bene, allora, senza entrare in dettagli imbarazzanti, questo ti può dare un'idea del comportamento di uno Tsundere nei confronti di chi gli piace "particolarmente" -
E dopo quell'ultima affermazione del corvino, calò un leggero silenzio trai due, il volto di Italia fatto di colpo pensieroso, riflessivo. Pur non essendo una cima, aveva notato da un pezzo come a Giappone risultasse imbarazzante pronunciare parole come “amore”, “amanti” o “innamorato”; un tempo, udendolo sempre sfruttare dei termini di ripiego come “piace” o “affetto”, aveva persino cominciato a credere che, la sua lingua d’origine, non possedesse simili vocaboli, e gli era parso un fatto molto triste.
- Ah, ma allora Taiga si è innamorata di...!-
- Niente spoiler, prego! - bloccò le sue parole sul nascere Kiku, fermandolo anche con un gesto plateale della mano.
- Eh?.. Non hai ancora letto il finale? - piagnucolò un po' Feliciano sconvolto, arrovellandosi sulla storia d'amore di quel piccolo demonietto di un metro e uno sputo.
 
Così si concludeva la discussione sul termine "tsundere" nata tra Italia e Giappone.
Purtroppo, la questione non si sarebbe chiusa lì... ma avrebbe bussato alle porte del corvino, poco più avanti, con conseguenze catastrofiche.


[2 GIORNI DOPO, Casa di Giappone]
- Oh... Buona sera, Italia Romano, a cosa devo la sua visita? - era straordinario l'autocontrollo dell'asiatico, il quale riusciva a mantenersi cortese ed accogliente anche nei confronti di un ospite che gli puntasse contro un’ arma da fuoco. - Scusi se glielo chiedo, ma quello non è il fucile del signor Svizzera? - trovò familiare la canna lucida che l'italiano gli puntava al petto.
- Sì, me l'ha venduto quell’avaraccio amante dei monti - confessò Lovino, sempre mantenendo l'altro sotto mira, - ... mi ha anche dato un paio di munizioni, e non certo in omaggio - aggiunse e per Kiku fu facile immaginare la scena dell'italiano, furente, che penetrava a casa di Svizzera. Non appena questi si era presentato armato di tutto punto, aveva pronunciato le tre paroline magiche che avevano trasformato Vash da potenziale omicida ad avaro uomo d’affari: “Te lo compro”.
- Posso sapere per quale motivo me lo punta contro? - gli chiese cordialmente, consono che l'umore di Romano era più nero della pece, e ciò aveva alzato il suo livello di pericolosità da -3 a 9 (in una scala da 1 a 10).
- Che cazzo sei andato a dire a mio fratello, nano fissato?! -
Ooh... Il commento sull'altezza lo aveva un po' irritato, sopratutto perché arrivato da una Nazione che, in molti fatti, di certo non era un gigante.
- Non capisco, a cosa si riferisce di preciso? - vi fu un impercettibile crepa sul suo viso, un moto di fastidio a fargli rizzare i peli sulle braccia, LUI almeno si stava sforzando di essere gentile.
E, strano a dirsi, per chissà quale congiunzione astrale o, forse, per un incredibile istinto di sopravvivenza - il quale lo aveva reso in grado di percepire quando qualcuno si stava per tramutarsi in una vera minaccia per lui -, Romano calò l'arma e con un'espressione a metà tra il seccato e il mortificato, gli chiese:
- Davvero non ne sai nulla? -
- Se prova a spiegarmelo, potrei anche capire a cosa si riferisce - riprese il controllo Kiku, vedendo sparire l'irritazione in una nuvola di fumo, sostituita da un sincero interesse per la faccenda, allora era per Feliciano che Romano era corso a casa sua armato?
- Im... impossibile! - negò con enfasi Lovino, il volto fattosi di colpo rosso dall'imbarazzo, - N-non potrei mai ripetere una stronzata simile, cazzo! - cominciò con i soliti improperi e, a vedere un perfetto tsundere agire sotto i propri occhi, Giappone si sentì in pace con se stesso, proprio come quando discuteva di "certe faccende" con Ungheria.
- Allora, non credo di poterla aiutare - confessò Kiku, stuzzicando la propria vena sadica, per quanto non provasse alcun interesse nei confronti di Sud Italia, mettere alle strette un personaggio simile, gli provocava sempre insano un piacere (sopratutto essendo un’amante dei giochi di simulazione di appuntamenti).
- Bhé... - fu costretto "in parte" a cedere, - Feliciano si è chiuso in camera sua e ha.. e ha cominciato a dire cose assurde! Minaccia di non uscire più da lì... E, per quanto gli parli, non mi vuole ascoltare...- girava intorno al fulcro del problema per non essere costretto a rivelargli il motivo per cui gli aveva puntato un fucile, ma forse Kiku stava per ottenere qualcosa in più. - ... quindi, non è che. Insomma, potresti - Lovino si grattò nervoso dietro al collo, probabilmente non aveva previsto un simile sviluppo di eventi e, ora, si trovava a chiedere un favore a qualcuno che voleva ammazzare neppure una decina di secondi prima.
- ... - Giappone non gli andò in aiuto, nonostante avesse già intuito cosa volesse chiedergli, ma si godette la scena, e le gote sempre più porpora dell'italiano, c'era qualcosa da potersi definire carino in lui, in quel momento.
- Potresti provare a parlarci tu? - riuscì infine a proporgli, ma no, per Kiku non era ancora abbastanza. Gli aveva pur sempre dato del nano! E di nuovo, questo Lovino sembrò intuirlo, - P..per favore? - ora andava meglio, in più temeva Lovino potesse incorrere in un'autocombustione spontanea, visto il colorito eccessivamente acceso del suo viso.
- Certo, volete che passi domani o preferisce che venga con voi? - il sorriso del nipponico si allargò impercettibilmente, divertito dall’atteggiamento di Romano,
- Meglio domani - optò, fissando un punto opposto a quello dove si trovava il nipponico nel tentativo di nascondere il rossore, sin troppo visibile, e di smorzare l'imbarazzo, - Tsk... Se mio fratello divento un hikikomori e scopro che è colpa tua... - lasciò a meta la minaccia pronunciata a mezza voce, senza una reale intenzione di essere udito dal proprio interlocutore. Kiku finse di non averlo sentito, trovando che quelle parole fossero provocate più da un moto di preoccupazione per l'atteggiamento strano del fratello, piuttosto di una vera accusa nei suoi confronti. Un aspetto inaspettatamente tenero di Romano.
- Allora passerò nel primo pomeriggio - gli diede appuntamento e congedò così l'italiano, il quale non pareva avere alcuna intenzione di fermarsi oltre.
Per tutto il tempo aveva discusso nell'ingresso della casa del giapponese e fu, con un moto di sollievo, che il corvino non dovette accogliere l'ospite in casa. Se Lovino, entrando, si fosse accorto, passando per il soggiorno, di quale fosse l'ultimo lavoro, doujishin, a cui si stava dedicando, sicuramente avrebbe imbracciato nuovamente il fucile (e sta volta senza esitare a sparargli), perché si trattava di una Spamano R18.


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MA SAAAALVEEEEeee!
Approdo nuovamente in questo fandom dopo una vita z.z , cmq se volete una qualche spiegazione su questa FF è molto semplice: "divagazioni sull'etimologia degli tsundere"; Ed è partita questa breve long (che dovrebbe concludersi con il prossimo o il terzo capitolo). Comunque, se volete sapere quale vaneggio mentale abbia fatto esplodere il cervello del piccolo Italia, bhé, seguitemi ^^
alla prossima (^3^)/
  
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