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Autore: Iris of Goodbye    04/06/2015    0 recensioni
I don't mind spending everyday out on your corner in the pouring rain. Look for the girl with the broken smile, ask her if she wants to stay awhile. And she will be loved.
Genere: Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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fiction by Iris of Goodbye
 
 
Beauty queen of only eighteen
She had some trouble with herself
He was always there to help her

 
Dai Luke, smettila. – le sue mani si posarono sul petto del ragazzo cercando con forza di spingersi via dal quel maldestro abbraccio. Quando ci si metteva era proprio peggio di un bambino.
- Avanti, dai. Voglio solo dare un bacino alla mia compagna di banco preferita, e so che lo vuoi anche tu! -.
Aleisha roteò gli occhi verso il soffitto della classe e fu salvata in corner dal professore di matematica che fece irruzione in classe con le sopracciglia già aggrottate.
- Hemmings, McDonald alla lavagna.- Tuonò severo. Luke lasciò andare la presa sui fianchi della ragazza immediatamente e si maledisse mentalmente per aver dimenticato di fare i compiti a casa.
Si avvicinò a grandi passi alla cattedra e pregò che il suo sorriso sfacciato gli salvasse il culo ancora una volta.


Aleisha finì di sistemare le foto di classe in un piccolo album per tenere più ordine in quel cassetto. Non le guardava mai, le foto, troppo intenta a seppellire quei ricordi che in qualche modo, a distanza di tanto tempo, le facevano male.
La verità era che non aveva bisogno di guardare quegli scatti, per riportare a galla certi flashback che anche una semplice canzone riusciva a rendere tanto nitidi da farle quasi spavento.
Ricordi impressi nella mente, marchiati sulla pelle.

- Cosa stai facendo?-  domandò curiosa osservando il suo amico intento a sporcare d’inchiostro il suo polso sinistro.
- Ti disegno un cuore. –  rispose frettolosamente il ragazzo biondo; l’espressione concentrata, la lingua stretta fra i denti, tanto che Aleisha non riuscì a non ridere.
- Oh, brava! Ora è tutto storto. – Brontolò puntando quei lapislazzuli azzurri addosso alla ragazza.
Aleisha si portò la mano alla bocca per soffocare ancora un risolino, schiarendosi poi la voce al fine di scusarsi con il ragazzo. – Mi dispiace dai, non volevo rovinarti l’opera d’arte.-
Luke le fece un gesto con la mano, uno di quelli svogliati che ti fanno tacere istantaneamente, e non le rivolse la parola per tutta la giornata.
- Cosa diavolo hai combinato?! – domandò la sera stessa, vedendola rincasare con il polso fasciato.
Era in giardino a giocare con il suo cane, e non poté non notare la macchina della ragazza fermarsi nel vialetto prima che quest’ultima si accingesse ad aprire il cancelletto della propria abitazione.
I genitori li avevano voluti compagni di classe perché si conoscevano da anni. I McDonald si erano trasferiti a Sidney da Perth quando Aleisha aveva solo tre anni e da allora erano sempre stati vicini.
- L’ho tatuato. – rispose lei con un occhiolino, sparendo oltre la porta di legno.
E lo aveva fatto per davvero, lasciando Luke basito e confuso sul vero significato di quel gesto.
Sono bravo a disegnare, si disse e lasciò che la sua coscienza tacesse.
Tap on my window knock on my door
I want to make you feel beautiful
I know I tend to get so insecure
It doesn't matter anymore

Accarezzò i contorni di quel tatuaggio e sorrise. Le follie adolescenziali, infondo, non hanno mai limiti.
Nonostante l’inchiostro fosse leggermente sbiadito con il passare degli anni, quel cuore lo sentiva ancora battere assieme al suo.
Riusciva ancora a sentire le urla dei suoi per quel gesto avventato.
Riusciva ancora a guardare Luke dalla sua finestra con un foglio in mano: ‘Sorry’   
Riusciva ancora a ridere su quell’erba fresca mentre lui le chiedeva perché.
Perché si era innamorata.
Si era innamorata piano piano, a poco a poco, di quel ragazzo dagli occhi più blu dell’oceano di Sidney. Di quel ragazzo con la faccia da schiaffi che copiava sempre i suoi compiti a scuola. Di quel ragazzo che dal primo giorno di liceo si era seduto di fianco a lei e non le aveva mai lasciato la mano ad ogni interrogazione.
Si era innamorata del suono della sua risata ogni volta che finiva dal preside per una nota.
- Mi piace la musica, non posso fare a meno delle note. – diceva quindi con un sorriso paraculo.
E Aleisha lo sapeva, lo aveva sempre saputo che un giorno proprio quella musica che tanto amava glielo avrebbe portato via.
Lo sapeva quando Luke bussava alla sua porta con una nuova canzone da farle ascoltare, lo sapeva quando, mentre osservavano in silenzio le stelle, lui nascondeva un auricolare nell’orecchio destro.
Lo sapeva quando lo sentiva urlare da casa sua, strimpellando quella chitarra, quasi più grande di lui, che i suoi gli avevano comprato per il dodicesimo compleanno.
Esalò un sospiro, rilassando le spalle appesantite da mille emozioni indecifrabili.
Infilò il suo maglione preferito e afferrò il cellulare dalla cassettiera; scorse la lista dei messaggi ma non vi badò più di tanto, chiunque fosse poteva aspettare.
Infondo lei era stata la prima ad aver aspettato: una chiamata, un Sms, un Tweet, ricevendo sempre il nulla più totale.
Trasferirsi a vent’anni non era stato semplice. I suoi genitori avevano cercato di trattenerla in qualsiasi modo, ma nulla contava per lei di più che andar via da quella casa, da quel quartiere, da quella città e persino dall’Australia stessa. Era volata a Los Angeles, quasi come una codarda, alla ricerca di nuovi stimoli per poter ricominciare. Ed ora, dal suo attico, da quella vetrata che dava sulla città degli angeli perfettamente illuminata, Aleisha sapeva di poter chiudere quel capitolo della sua vita nel migliore dei modi.
5 Seconds of Summer live at the Forum.
Afferrò il biglietto poggiato sul divano di casa; poche ore la separavano dal vederlo, dal vederli per la prima volta dopo tanto tempo, live con il loro nuovo CD.

- Ma non siete un po’ troppo grandi per perdere tempo a fare ancora video su Youtube? – domandò prendendoli di proposito in giro. Si avvicinò a biondino, scombinando il suo ciuffo da Justin bieber sempre perfettamente in ordine. Luke si allontanò infastidito, ancora la chitarra imbracciata fra le mani – Sei solo invidiosa, Aly. – La canzonò il più grande dei quattro, sedendosi sul suo Kajon per poter iniziare le riprese.
- Premi Play quando lo diciamo noi. – le ripetè Calum indicando il tastino - a forma di triangolo rovesciato - sulla digitale. Aleisha roteò gli occhi verso il soffitto di casa Hemmings – Ti ricordo che anche io ci ho registrato su questa cosa. – ribatté puntigliosa.

- Ah, allora ammetti che hai perso tempo anche tu. – La canzonò il ragazzo dai capelli colorati del quale dimenticava sempre il nome.
Allora zittì, colta in fallo. E seduta in prima fila sul letto del suo migliore amico si godette lo spettacolo.


Il vento di Los Angeles sferzava sulle sue gote arrossandole più del dovuto, mancava poco più di mezz’ora all’apertura dei cancelli e l’ansia iniziava a mangiarla viva.
Sperava davvero che andasse tutto secondo i suoi piani, sperava davvero che tutto il programma architettato per quella serata non la lasciasse a bocca asciutta.
- Ehi, ma io ti ho già vista. – Una voce dietro di  lei le fece raggelare il sangue. Si voltò, lasciando che i capelli ricci e biondi fluttuassero nel vento e incrociò lo sguardo di una delle tante ragazze schiacciate dentro quell’assurda fila insieme a lei. – Eri in alcune foto con Luke! – riprese quella con voce stridula, catturando la curiosità di chi era intorno. Aleisha aggrottò la fronte, fingendosi indifferente a quelle accuse. Non era mai stata ad un loro concerto ma era sicura che, qualora l’avessero riconosciuta, ne avrebbero fatto pasto da dare ai randagi quella sera. – Sono sicura che ti sbagli. – tagliò corto, spingendo per infilarsi fra la folla e scappare via di là.
Maledisse Luke, e maledisse quella foto ancora presente sul suo profilo di Instagram.
“Holy fuck you are the prettiest person that has ever walked this earth <3”
Un sorriso le sfuggì al ricordo.
I don't mind spending everyday
Out on your corner in the pouring rain
Look for the girl with the broken smile
Ask her if she wants to stay awhile
And she will be loved

Erano appena le sette e mezza del mattino ma Aleisha aveva troppo caldo per dormire ancora. Si lasciò scivolare le coperte di dosso, senza fare rumore, senza svegliare Luke ancora placidamente addormentato accanto a lei.
Abbasso il capo alla ricerca dei suoi vestiti, indossò velocemente gli slip della sera precedente e si coprì con una delle t-shirt del biondo, raggelando alla vista della macchia di sangue che sporcava i suoi skinny jeans. Non poteva decisamente tornare a casa con quelli. Si voltò verso il letto, Luke sembrava non essersi accorto ancora di nulla. Le labbra schiuse le coperte arrotolate attorno al corpo.
Cosa avevano combinato?
Si erano lasciati andare, un po’ troppo forse, e adesso nessuno dei due sarebbe più potuto tornare indietro.
Mille volte gli aveva detto di smetterla, di fermarsi, di non toccarla così, di non baciarla. Ma a nulla era servito perché quelle parole, infondo, erano sembrate bugie un po’ anche a lei.

Strinse le labbra, ancora gonfie per i baci e si guardò intorno. Si vergognava troppo per poter restare lì, probabilmente non sarebbe riuscito a guardarlo in faccia neanche fra una settimana.
Il cellulare di Luke vibrò sulla scrivania e Aleisha pregò con tutta se stessa che il biondino non si destasse dal suo sonno.
- Mila.. – Lo sentì sospirare, e solo allora le sopracciglia della ragazza si aggrottarono. Possibile che dopo quella notte pensasse ancora a quella fantomatica Mila Kunis?
Aleisha scosse il capo indignata e afferrò il cellulare del ragazzo, si sistemò i capelli maldestramente e si scattò un selfie impostandolo come sfondo. Soffocò una risata divertita per quella posa da diva Hollywoodiana degli anni venti che proprio non le competeva e lasciò cadere il telefono accanto al capo del biondino, sgattaiolando i punta di piedi fuori da casa Hemmings.

 
And she will be loved

- Hi, we are 5 Seconds of Summer and this is She Looks so perfect – La voce di Calum tuonò all’interno del forum assieme alle migliaia di fan che invadevano lo stadio. Aleisha si guardò intorno, l’aria assorta, gli occhi meravigliati.
Quand’è che erano diventati così famosi?
Ashton diede due colpi con le bacchette e in poco tempo tutta Los Angeles cantava con loro e per loro.
Le gambe si mossero da sole, su e giù, ancora su e ancora giù, in saltelli ritmici che seguivano le note di quella canzone un po’ rock.
Faceva caldo li dentro, ma era un caldo sopportabile, uno di quelli che anche se sudi riesce comunque a provocarti i brividi sulla pelle.
Ma forse non era il caldo a provargli quei tremori. Era la sua voce, erano le sue mani che scorrevano leggere e sicure sulla chitarra, erano le parole che seppur sussurrate la scuotevano nel profondo, erano quelle ragazze accanto a lei che a momenti rischiavano di strapparsi i capelli per farsi notare, urlando i loro nomi, urlando il suo nome.
E Aleisha giurò a se stessa di sentirsi un po’ gelosa di tutto quello, perché lei quei piccoli dettagli non avrebbe mai voluto condividerli con nessuno.
Le canzoni si susseguirono una ad una in un esplosione di grida, di felicità, di lacrime.
Lacrime che bagnarono anche le sue guance quando tutto attorno a lei prese vita e gli anelli si illuminarono di luci soffuse, luci di telefoni che creavano una strana magia, una magia alimentata dall’amore per la stessa musica che quelle migliaia di persone erano li per condividere.
Aleisha quasi si sentì in colpa per i suoi progetti, ma proprio quando era intenta a rimuginarci sopra la voce di Luke spense il suo cervello.
- Abbiamo bisogno di un nuovo chitarrista, chi di voi viene a sostituire Michael? – Domandò divertito, asciugandosi la fronte con il braccio ancor più bagnato, guardando la platea immensa per scegliere una persona. Una sola fortunata che sarebbe salita lì sul palco assieme a loro.
Aleisha indossò la sua maschera da pinguino e rimase immobile, le aveva comprate ad uno dei tanti compleanni di Luke, forse l’ultimo che avevano passato assieme e l’avevano indossata tutta la sera, cantando strane canzoni attorno al falò.
I ragazzi si guardarono intorno, alla ricerca di qualcuno da poter portare li su, e proprio quando Michael stava per chiamare un ragazzino dai capelli colorati sul palco, Luke lo bloccò, indicando quella ragazza con il volto coperto da una strana maschera.
Aleisha sorrise, seppur nessuno poteva riconoscerla con il volto coperto, e si lasciò scortare dalla sicurezza verso le quinte, per poter salire sul palco assieme ai ragazzi.
- Come ti chiami? – Le venne in contro Michael porgendole immediatamente la sua chitarra. La maschera traballò per qualche secondo lasciandola con il fiato sospeso, lo strumento pesante a bloccarle le mani. Aleisha deglutì senza rispondere e al via di Michael fece finta di strimpellare qualche accordo a casaccio, prima di dare via a quelle tre note che costituivano l’intro di Amnesia.
Michael alzò il labbro in un sorrisino ilare – Ehi, ehi, non vorrai mica rubarmi davvero il posto? Sai per caso anche cantare? – Domandò retorico avvicinandosi per riprendere possesso della sua chitarra. Aleisha a quel punto calò la maschera e riprese a suonare.
Occhi negli occhi, e nulla di più.
Luke fu attraversato da un brivido, la presa sul manico della chitarra vacillò producendo un rumore fastidioso. Lei era lì, sul palco, a suonare una canzone le cui parole, lo sapeva, non le erano per nulla nuove.
“If what we had was real how could you be fine? Please Luke, come back to me.”
“Hey, it’s me again. This is mex n. 30. Im sorry if I did something wrong. There’s no one like you.”

Luke li ricordava benissimo quei messaggi - più di 100 forse - che la memoria del suo telefono si era rifiutato di conservare, troppo piena di tutte quelle frasi disperate, troppo piena di Bugie, troppo piena di addii.
Da quanto tempo non la vedeva? Mesi, forse anni. Anni in cui si era continuato a chiedere perché l’aveva esclusa dalla sua vita, perché l’aveva cancellata come se fosse stata solo un semplice messaggio.
La verità era che aveva avuto paura.
Paura di quel sentimento che cresceva in lui giorno dopo giorno.
Paura di innamorarsi di qualcuno che non fosse la sua Band e il suo lavoro.
Paura di aver fatto l’amore con lei.
Perché quella sera lui lo sapeva, non aveva portato via solo la sua verginità, ma anche il suo cuore. La voce melodiosa di Aleisha lo butto giù da quel soffice letto di pensieri che lo turbavano e quelle parole, ora cantate, ancora esigevano una risposta da lui.
Quelle parole che ora erano il testo di una delle canzoni più amate dalle ragazze di tutto il mondo.
If what we had was real how could you be fine? Cause I’m not fine at all.
Aleisha gli si avvicinò, spingendogli il microfono sul petto.
Luke barcollò appena e ancora una volta non rispose.

And she will be loved

20 chiamate perse.
Nonostante fossero già le tre del mattino Aleisha non era riuscita a chiudere occhio. L’adrenalina scorreva nelle vene scuotendola nel più profondo della sua anima.
Si sentiva soddisfatta.
Guardare quegli occhi azzurri spalancarsi sorpresi, se per lei o per il suo gesto ancora non lo sapeva, l’aveva fatta rinascere. Quello sguardo era qualcosa di cui, in tutti questi anni, aveva dovuto fare a meno – e non per sua volontà – ma da quella sera quei cinque minuti le sarebbero bastati per la vita.
21 chiamate perse.
Ancora lui, ancora il suo telefono a squillare a vuoto.
Luke lo sapeva, Aleisha non avrebbe mai risposto e il tempo stringeva.
3.15 am
Afferrò il cellulare e compose quel numero che conosceva a memoria.
- Luke? Lukey stai bene?- la donna tremante risposte dall’altro capo del telefono
- Ehi mamma, si. Scusa per l’ora. Ho davvero bisogno di sapere l’indirizzo di Aleisha.-
- Lukey è successo qualcosa? – la voce della madre cambiò tonalità, risultando preoccupata e sbalordita.
- Si, solo… Non fare domande mamma, per favore.- Liz sospiro e acconsentì, rivelando al figlio quello che, forse, non avrebbe dovuto dirgli.

 
I drove for miles and miles
And wound up at your door
I've had you so many times but somehow
I want more

22 chiamate perse
Aleisha spense il suo Iphone, troppo stufa del continuo vibrare del telefono sulla superfice di legno del comodino.
Si infilò la maglietta di flanella e si rannicchiò sotto il pesante piumone che la proteggeva dal freddo invernale della città.
Novembre era oramai agli sgoccioli e fra pochi mesi sarebbe tornata a Sidney per festeggiare un afoso Natale.
Non vedeva i suoi genitori da un po’, fra l’università e il lavoro al bar non aveva potuto concedersi il lusso di un viaggio.
Le 3.30 facevano bella mostra sull’orologio appeso alla parete ma gli occhi ancora spalancati della biondina non volevano saperne di chiudersi, aprendosi ancora di più al suono del campanello.
Aleisha esitò, domandandosi chi cavolo poteva bussare a quest’ora di notte alla sua porta e soprattutto perché qualcuno avrebbe dovuto farla risvegliare con tale raccapriccio.
I passi nudi sul parquet furono attutiti ancora dal campanello.
- Ma si può sape.. – Le parole rimasero sospese a mezz’aria, le labbra di Luke premute sulle sue fecero ingresso in casa McDonald senza alcuna spiegazione.
Gli occhi ambrati di lei ancora spalancati, quelli azzurri di lui celati dalle palpebre vibranti.
E poi accadde, senza se e senza ma.
Uno schiaffo, proprio sulla sua guancia destra. Uno di quelli che ti lascia il segno, non solo fuori ma anche dentro. Uno di quelli che fa fermare il mondo per qualche secondo.
- Come osi. – Le parole tuonate, freddamente, da quella voce sempre gentile e sottile. La mano sospesa a mezz’aria e l’orgoglio ferito.
Aleisha trattenne a stento le lacrime quando la sua lingua schizzò per una frazione di secondo a saggiare quel sapore che troppo le era mancato.
Luke era li, le spalle più ampie di quanto ricordasse, i capelli alzati in una simil-cresta perfettamente in ordine, gli occhi azzurri spalancati dallo stupore e quelle labbra schiuse ad attutire il colpo.
E nonostante i mesi, gli anni, i pianti, le cicatrici, Aleisha si rifuggiò nel suo abbraccio. In quel calore che non aveva mai più osato cercare altrove.
Luke le accarezzò i boccoli biondi, sudati e appiccicaticci per il concerto e non se ne curò. Rimase in piedi a crogiolarsi nel silenzio di quelle braccia aggrovigliate, nei mi manchi sussurrati, negli addii cancellati.
E ancora cercò quella bocca che tante volte lo aveva zittito, e pregò che lei gli permettesse di saggiare ancora un po’ di quel sapore d’infanzia, di casa, che non aveva saputo portarsi con se.
Cercò quelle labbra che risposero bramose, attente ad ogni dettaglio, minuziose nella loro esplorazione.
E l’amò, amò quel corpo che a sedici anni lo aveva fatto impazzire, amò quelle curve che con il tempo si erano accentuate, amò quegli occhi che continuavano a bagnarsi per lui, e amò quel tatuaggio sbiadito che dopo tutti quegli anni era ancora lì.
Mentre la notte di Los Angeles scorreva veloce ed impazzita, nell’attico del sesto piano di una palazzina sulla quarantaquattresima il tempo si era fermato, sotto una montagna di soffici coperte e pelli nude.
Aleisha potè giurarlo a se stessa, quando Luke la fece sua quella notte - unendosi in un groviglio di corpi in movimento e grida urlate al cielo – sentì qualcosa dentro i loro petti battere all’unisono.
E allora seppe che proprio quella notte Luke le restituì il cuore.

 
Please don't try so hard to say goodbye
  
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