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Autore: hyena_    07/01/2009    3 recensioni
E' un flash, niente di più. Ho voluto semplicemente raccontare poche ore della vita di una ragazza trascorse insieme a Tom Kaulitz. Ho cercato di descrivere i vari momenti in modo tale che possano sembrare delle istantanee. Lascio alla vostra immaginazione un possibile antefatto ed una altrettanto probabile continuazione.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. I Tokio Hotel non mi appartengono e non pretendo di dare una rappresentazione veritiera della realtà.
 
 
 
 
MY DAYDREAM AND YOUR SCARLET WORDS
 
 
 
 
 
“In you I see dirty
in you I count stars
in you I feel so pretty
in you I taste god
in you I feel so hungry
in you I crash cars.”
 
 
 
 
 
 
 
Era presto. Era decisamente presto e la brezza fresca mattutina invadeva placidamente la stanza perché la finestra era rimasta aperta.I primi raggi del sole penetravano timidi, ma decisi le accarezzavano la candida pelle.
Fu disturbata da quel tocco leggero e si vide costretta ad aprire gli occhi: scrutò ogni minimo particolare di quella camera, la moquette scura, le pareti chiare e la carta da parati con i ricami dorati, il tavolino in vetro e i bicchieri colorati, il divanetto di pelle marrone e l’enorme poltrona su cui erano stati abbandonati distrattamente larghi vestiti e un paio di shorts.
Solo allora avvertì sul petto nudo un sospiro ritmico e rilassato e si rese conto che la testa di lui giaceva sulle sue costole.
 
E lo guardò.
 
Lo guardò a lungo e si perse, sentì scivolare via tra le dita tutto il suo equilibrio e avvertì lo stesso desiderio della sera precedente, palpabile, serpeggiarle dentro e prendere campo. Avvertì la sua pelle bruciante ardere sotto le lenzuola.
Ma non voleva rovinare quel momento infinito e prese ad accarezzargli la testa, facendo in modo che non si svegliasse.
Notò quanto perfetto fosse il suo profilo, quanto lunghe fossero le sue ciglia; il piercing che portava al labbro inferiore scintillava, colpito dalla luce del sole sempre più intensa, ma ancora di più brillavano i suoi dreadlocks color miele quasi dorati.
 
L’imposta della finestra scricchiolava un po’ a causa del vento e dall’esterno si sentiva qualche macchina passare a gran velocità; si udivano dei passi dal corridoio, segno che il personale dell’hotel era già a lavoro, ma per lei c’era solo quel respiro e nient’altro.
 
La vita, fuori da quel piccolo universo tutto lenzuola profumate e tende infiorettate, doveva essere ripresa ma per lei il tempo si era fermato e non aveva alcuna voglia, per il momento, di sottomettersi alle lancette dell’orologio.
 
 
 
 
Estrasse una sigaretta dal pacchetto sul comodino e trovò fastidioso ed irritante il fragore dell’accendino che per un attimo aveva disturbato quella pace.
 
Mentre aspirava lo scrutava, sorrideva e continuava ad accarezzarlo.
 
Le gambe erano bloccate nel groviglio di lenzuola bianche mentre il torace e il capo erano divenuti, già da parecchio tempo, oggetto di studio da parte della ragazza. Provò ad appoggiargli una mano gelida sulla schiena ma lo vide lievemente sussultare e la ritrasse spaventata; il suo corpo era caldo, quasi bollente ma per nessun motivo al mondo avrebbe voluto che si fosse allontanato; non aveva indosso del profumo quindi dedusse che, ciò che le stava dando ebbrezza, doveva essere l’odore naturale della sua pelle liscia ed olivastra. Aveva un neo sulla guancia ed altri due sul collo; le sembrava un bambino ma, allo stesso tempo, riconosceva che emanava piacere, desiderio, libidine ed altre sensazioni che non avrebbe saputo classificare. Non aveva tatuaggi ma il suo corpo raccontava lo stesso; ad impreziosire il volto solo un piercing al labbro; aveva labbra rosee, labbra carnose ed esperte, labbra tentatrici.
Non riusciva a trovare parole adatte a definirlo in qualche modo perché le sembravano tutte troppo banali e troppo scontate. Lo trovava semplicemente una tentazione a cui aveva deciso di cedere un po’ per curiosità e un po’ per genuina e naturale voglia.
 
Alla fine, decise di mettere a bada quei pensieri e di continuare a godere di quella visione.
In cuor suo, però, sapeva anche che quegli attimi sarebbero stati presto sostituiti dalla solita routine e quell’eternità dalla tanto odiata precarietà e provvisorietà.
Affinchè questo, almeno nella sua memoria, non accadesse ed il ricordo restasse inattaccabile, spense la cicca nel posacenere e sgattaiolò fuori dal letto, divincolandosi tra le lenzuola e preoccupandosi di non svegliarlo, evitando, così, di mandare in frantumi quella magia che si era creata.
 
Si rifugiò nell’enorme bagno dove puntò la doccia ma optò per la vasca che riempì fino all’orlo con acqua e bagnoschiuma che sapeva di lavanda e provò sollievo e benessere quando vi si immerse.
Chiuse gli occhi ma subito li riaprì: adesso un senso di irrequietezza la stava quasi angosciando e capì, allora, che il suo tempo in quella camera era scaduto, doveva andare via di lì.
 
Si asciugò velocemente e andò alla ricerca dei suoi vestiti fino a che infilò le sue gambe lunghe ed affusolate in un paio di shorts neri e fece scivolare lungo la schiena una maglia bianca un po’ larga e un po’ lunga. Recuperò le ballerine, si aggiustò il suo caschetto corvino e dalla grande borsa di pelle bianca tirò fuori un rossetto che non utilizzò per tingere le labbra.
Andò alla ricerca di un pezzo di carta e, trovatolo, ci scarabocchiò su delle parole; infine lo adagiò su quello che era stato il suo cuscino.
 
 
Lo osservò per l’ultima volta e lo trovò magnetico perché non riusciva a voltarsi e a scappare.
Quando sentì gli occhi bruciare si decise e, nella stanza, si sentì solo lo schiocco della maniglia della porta.
 
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Forse era tempismo, forse telepatia, ma Tom si svegliò qualche minuto dopo e si sentiva terribilmente strano.
La sua attenzione fu rapita da una scritta rossa come il fuoco che ardeva accanto a lui; raccolse il biglietto che recitava:
 
Disarm you with a smile.
 
Sgranò gli occhi: era la prima volta che Tom Kaulitz riusciva ancora a gustare l’odore di chi gli aveva tenuto compagnia durante la notte e, quella mattina, quella fragranza alla vaniglia lo stava inebriando.
Ma soprattutto, era la prima volta che Tom Kaulitz avvertiva di essere stato “incastrato”: di solito lui sceglieva la preda ma quella volta era stato scelto.
 
Le parole scarlatte erano sacrosante; lei e quel sorriso disarmante lo avevano letteralmente catturato. Non provava fastidio, anzi. Non poteva, né voleva dimenticare.
 
Tom Kaulitz era stato sconfitto.
Tom Kaulitz era stato smascherato.
 
 
 
 
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Note: E’ la mia prima ff e spero possa piacere ^__^
I versi iniziali – che, tra l’altro, esprimono a pieno ciò che suscita in me quell’ ”esserino” di nome Tom e di cognome Kaulitz – sono tratti da una meravigliosa canzone degli Smashing Pumpkins dal titolo Ava Adore.
Anche la frase scritta sul bigliettino (che, tradotta, significa “ti disarmo con un sorriso”) appartiene ad un’altra canzone altrettanto favolosa degli Smashing e si intitola Disarm.
Ringrazio anticipatamente chi ha deciso di leggere la mia one-shot e mi auguro che sia stata di vostro gradimento. ^__^
 
 
hyena_
  
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