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Autore: BdbzB    05/06/2015    2 recensioni
Eccomi con una nuova traduzione. Questa volta è una raccolta di one-shots, quindi non sono collegate le une con le altre. In queste storie vedremo Oliver e Felicity alle prese con diverse situazioni.
Dal secondo capitolo:
"[...]Rannicchiandosi contro di lui permise alla sua mente si spegnersi. [...] Tutto ciò che riusciva a vedere era l’immagine sfocata della barbetta di un giorno di Oliver, e il bordo del colletto della sua camicia.
Sentiva delle voci ora, non solo quella di Oliver. Lentamente si rese conto che la musica nel club era stata spenta, e lo spazio intorno a loro era più luminoso.
'Perché non la porti nel tuo ufficio, capo? Aspetto io la polizia' sentì dire da Roy con attenzione, come se avesse paura di spaventarla solo con la sua voce.
La testa di Oliver si posò sulla sua. 'Ti porto sopra. Sei al sicuro.'"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen, Thea Queen
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TROPES

Era stato uno dei loro piani più semplici. Oliver aveva già l’invito per l’asta di beneficenza, quindi non avrebbero nemmeno avuto bisogno di introdursi lì. Tutto ciò che Felicity doveva fare era sgattaiolare via per qualche minuto e scaricare il principale hard disk del computer del padrone di casa mentre Oliver si assicurava che nessuno la interrompesse.
 
Semplice.
 
Ovviamente non lo fu. Affinché Felicity riuscisse ad accedere allo studio dove c’era il computer era dovuta andare all’asta come accompagnatrice di Oliver. Come fidanzata.
 
Oliver sembrava non essere in difficoltà per questo. Felicity era contraria alla sua nonchalance, ma dentro di sé era un macello di emozioni. 
 
Aveva discusso con lui, dicendogli che non era una buona idea. Che in questo modo avrebbero attirato ancora di più l’attenzione su di sé, specialmente perché lui si faceva vedere con una donna sconosciuta. Oliver mise semplicemente fine al suo sproloquio dicendo che era sicuro che lei avrebbe potuto “mettere in atto la sua magia” sui siti web se necessario.
 
La vera ragione per la quale lei non voleva farlo era che ciò era troppo vicino a quello che avrebbe davvero voluto. Era rimasta affascinata da Oliver dal momento in cui per la prima volta lui era entrato nel suo ufficio con quel suo sorrisino e la storia poco convincente che le raccontò. Ora che lavorava al suo fianco da più di un anno e che aveva fatto alcune delle più intense esperienze della sua vita con lui, era totalmente innamorata di quell’uomo, ed era incapace di fermare questo sentimento.
 
Non aveva mai fatto capire nulla a lui. Per quanto ne sapeva lei, però, Oliver sospettava solo una cotta, se avesse sospettato qualcosa.
 
Ma ora, in piedi avanti allo specchio del suo bagno mentre si lisciava il vestito verde scuro sui suoi fianchi e si sistemava le bretelline non sapeva se avesse potuto reggere questa asta di beneficenza a lungo.
 
Trovò i suoi occhi nel riflesso dello specchio e sapeva che in quel momento sembrava un libro aperto. Felicity serrò i suoi occhi per un lungo momento. “Seppellisci questo sentimento, Smoak” pensò tra sé, concentrandosi sui suoi sentimenti d’amicizia nei confronti di Oliver.
 
Con un sospiro si diede un’ultima occhiata allo specchio e prese la piccola borsetta dal tavolo. Prese il telefono, una penna USB e il suo lucidalabbra, tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.
 
La lucente BMW nera la stava aspettando all’angolo, Diggle in piedi vicino alla portiera posteriore, le mani giunte avanti a lui sembrando in tutto e per tutto un autista professionista.
 
Felicity gli rivolse un sorriso nervoso. “Sarai bravissima.” La rassicurò lui aprendole la portiera.
 
Felicity doveva ammettere di essere rimasta un po’ sorpresa che Oliver non fosse venuto in persona alla porta del suo appartamento o non l’avesse aspettata fuori l’auto, ma forse voleva immedesimarsi nel personaggio ‘playboy’ quella sera. Non si aspettava di trovare l’interno dell’auto vuoto mentre si sedeva sui morbidi sedili di pelle.
 
“C’era…del lavoro” disse Digg discretamente, “Ora lo passiamo a prendere al club.”
 
Felicity annuì distrattamente mentre il suo cervello viaggiava attraverso le possibilità di ciò che avrebbe potuto attirare l’attenzione di Oliver. Che lei sapesse non c’era nient’altro su cui avrebbero dovuto lavorare quella sera oltre l’asta. Non ci sarebbe stato bisogno, quindi, del Giustiziere. Erano passati tre lunghi mesi da quando il congegno di Merlyn era stato attivato. C’era stato un momento in cui pensava che Oliver avrebbe abbandonato la sua missione di Giustiziere. Ma lentamente, era ritornato da loro.
 
L’uomo che cercavano di abbattere quella sera aveva legami con Merlyn che Oliver pensava dovessero essere portati alla luce; e lei concordava.
 
Prese il telefono mentre Digg guidava per le strade del Glades. Non c’era molto che poteva fare su quel piccolo apparecchio, ma era almeno in grado di accedere ai suoi dispositivi di base. Sembrava non esserci nulla di importante che lei potesse trovare. Un freddo pensiero le passò alla mente, pensando che Oliver e Digg forse le stessero nascondendo qualcosa.
 
Era così persa nei suoi pensieri che non si accorse che la macchina aveva rallentato, frenando all’entrata posteriore del club, o che la porta opposta alla sua si era aperta, permettendo a Oliver di entrarvi.
 
Fu una mano sul suo braccio che finalmente la riportò al presente. Sussultò quando, guardandolo, si rese conto che era a soli pochi centimetri da lei. Lo smoking nero gli calzava a pennello e lei poteva vedere ancora delle tracce d’acqua vicino l’attaccatura  dei capelli, segno che avesse fatto una doccia.
 
“Oliver! Scusami, ero…solo, stavo solo pensando…ehm stasera, sai” disse in fretta, rimettendo il suo cellulare nella borsa, armeggiando con la chiusura.
 
“Non devi essere nervosa. Dovrebbe essere facile” le disse lui con un mezzo sorriso.
 
“Certo. Facile” fece una piccola risata, prendendo un respiro profondo.
 
“Allora, dov’eri?” mimò il gesto di mettere un cappuccio sulla testa e lui inarcò un sopracciglio, prima di guardarsi le mani. “Perché non mi sembra che avevamo lasciato qualcosa in sospeso” continuò lei, cercando di non usare un tono sospettoso, ma credeva di non esserci riuscita.
 
“Ho…ho sentito dal canale della polizia di una rapina in atto. Distava solo un paio di isolati, quindi…” il suo tono si affievolì e lei non poté fermare il sorriso che le si distese sul viso.
 
Questa era la prima attività che faceva l’Incappucciato che non fosse sulla lista e ciò le riempì il cuore.
 
“Bè, allora credo di poterti perdonare per non essermi venuto a prendere alla porta” non poteva nascondere il suo orgoglio e il sorriso che aveva sul viso ne era un segno.
 
I fari di una macchina in movimento illuminarono il suo viso per un breve secondo e lei vide tracce di pittura verde vicino al suo orecchio che lui non aveva visto. Prima che potesse fermarsi, aveva già leccato il pollice e raggiunto quella parte di pelle, cominciando a togliergliela.
 
“Hai mancato della…” non riuscì ad andare avanti, una volta essersi resa conto di ciò che aveva appena fatto. “Oh Dio. Ho appena leccato il mio dito e pulito il tuo viso come se fossi un bambino. Oh Dio.” La sua mano era ancora alzata, il suo pollice ancora immobile vicino alla sua tempia mentre il resto della sua mano era avvolta intorno la sua mascella.
 
Gli occhi di lui erano fissi sui suoi e Felicity non riuscì a interpretare la sua espressione.
 
Si lasciò sfuggire un piccolo sussulto quando la mano di Oliver avvolse la sua e la abbassò lentamente.
 
“Grazie per prenderti cura di me” disse lui delicatamente, e lei riuscì a rilassarsi.
 
Mentre si riposizionava sul sedile, si accorse che lui non aveva ancora lasciato la sua mano. Cercò di riportarla sul suo grembo, ma Oliver rafforzò la presa.
 
“Credo che dovrei abituarmi a tenere la mano della mia fidanzata” disse lui con un sorrisino, enfatizzando la parola ‘fidanzata’.
 
Lo stomaco di Felicity si capovolse così tanto che le si bloccò il respiro. Felicity guardò fuori dalla finestra cercando di mantenere il controllo. Lui non poteva sapere quanto le sue parole l’avessero influenzata.
 
“Sei sicura di essere d’accordo con questo?” chiese lui piano e lei non sapeva se lui si riferisse alle loro mani o all’intera serata che si prospettava loro davanti.
 
“Sì” riuscì a dire con voce rauca, odiando quanto incerta fosse  risultata, “Facile, no?” ripeté le sue parole più a se stessa.
 
Improvvisamente la macchina era completamente illuminata, mentre si fermavano avanti una grande villa. Oliver aveva uno sguardo che lei non riusciva a definire, ma prima che potesse fargli domande, Digg aprì la portiera.
 
Oliver la lasciò andare velocemente, uscendo dalla vettura e sistemandosi la cravatta e la giacca. Felicity prese la mano che lui le stava tendendo e uscì con attenzione dall’auto con gambe tremolanti.
 
La mano di Oliver scivolò sulla parte bassa della sua schiena, il suo pollice tracciava una scia di fuoco sulla sua pelle nuda. Chinandosi verso di lei, Oliver le era vicino abbastanza che Felicity poté sentire la sua barbetta pungerla sulla guancia.
 
“Devi rilassarti o non arriverai alla fine.” Le disse a bassa voce, non facendo nulla per rallentare il suo battito o rilassarla del tutto. “E sei bellissima. Il verde ti dona.”
 
La sua ultima affermazione le fece bloccare il respiro e mentre lui tornava dritto Felicity poté vedere che gliel’aveva detto di proposito. Il doppio senso doveva scioccarla, forse anche farla ridere un po’ visto che lei ne diceva tanti senza accorgerne. E funzionò. Mentre lui la spingeva leggermente sulla schiena lei riuscì a riprendere a respirare normalmente e gli rivolse un sorriso leggermente civettuolo, immedesimandosi nel ruolo della nuova conquista di Oliver Queen.
 
Oliver le rivolse il suo più brillante sorriso da playboy, ma invece di farle tremare le ginocchia le fece roteare gli occhi. Si avvicinò maggiormente a lui, la sua spalla che sfregava contro il suo smoking mentre salivano le scale.
 
Ci furono le normali presentazioni e dopo si mescolarono con altre persone che lei non conosceva. Oliver fece dei giri e lei imparò la disposizione della casa, notando il corridoio in penombra che, capì, portava allo studio.  Felicity bevve un bicchiere di champagne velocemente per controllare ulteriormente i suoi nervi. Forse non era più un completo disastro, ma il costante tocco di Oliver era abbastanza da farla impazzire.
 
I due concordarono di squagliarsela dopo l’ora dell’aperitivo, prima che la cena fosse servita. Tuttavia, le persone vagavano dappertutto e non c’era mai una buona opportunità per loro per raggiungere il corridoio. Col passare del tempo si avvicinava il momento della cena e Felicity cominciava a diventare sempre più nervosa.
 
La coppia anziana con cui Oliver stava parlando si allontanò e loro ebbero un momento di tranquillità. Lui la strinse ancora più vicino e si sporse verso di lei, spostando leggermente i capelli sul suo collo mentre le sue mani si aprivano sui suoi fianchi. “Dobbiamo procedere con il piano B” le sussurrò nell’orecchio, facendola rabbrividire.
 
Lei annuì velocemente nel tentativo di mascherare la sua reazione. Il piano B prevedeva che lei si scusasse durante la cena, alzandosi dal tavolo e dirigendosi verso lo studio per avviare il download. Non era il piano migliore perché significava per lei non avere qualcuno che la coprisse, ma sembrava essere l’unica cosa da fare.
 
La cena fu orribile. Erano al tavolo con altre tre coppie, tutte più vecchie di loro e che conoscevano il padre di Oliver. Una donna in particolare non smetteva di fissarla con completo disdegno e non si tratteneva dal fare commenti aggressivi. Dovette fare uso di tutto il suo autocontrollo per non risponderle seccamente, dicendole della sua laurea a Stanford e di come avrebbe potuto rovinare la sua confortante vita se fosse rimasta da sola con il conto bancario di suo marito per cinque minuti. Oliver doveva aver notato la stretta del suo pugno sulla forchetta, che rendeva le sue nocche bianche, perché abbassò una mano sul suo ginocchio, posando quelli che lui pensava fossero cerchi rilassanti sulla sua pelle sensibile.
 
Un leggero calore si espanse nel suo petto al suo tocco e lei bevve avidamente il suo bicchiere d’acqua per cercare di calmarsi. Quello sembrava il momento perfetto per fare quello per cui erano a quella cena.
 
Felicity si schiarì la gola e prese la sua borsetta. “Se mi scusate un attimo, vado a cercare il bagno delle signore” disse con quanta più calma potesse.
 
Oliver si alzò con lei e spinse indietro la sua sedia. I suoi occhi catturarono quelli di lei mentre si alzava dalla sedia e gli passava affianco. Si alzò sulle punte dei suoi piedi e gli lasciò un bacio sulla guancia, perché tutti se lo aspettavano e perché lei poteva. “Andrà bene” gli disse in modo che solo lui potesse sentire.
 
Il cuore ora le batteva per un motivo totalmente diverso mentre scivolò silenziosamente fuori dalla sala da pranzo.
 
L’ingresso principale era rotondo e aveva numerosi corridoi che partivano da esso come i raggi di una ruota. Lei già sapeva dai progetti che aveva consultato all’inizio della settimana che il corridoio adiacente a quello dov’era lo studio aveva una piccola stanza impolverata. Non sembrava improbabile che avesse leggermente perso la strada.
 
Il bar che era stato allestito durante l’ora dell’aperitivo era già stato rimosso e ogni traccia della sua precedente presenza era stata ripulita da quello che sembrava essere uno staff invisibile. C’era un uomo della sicurezza all’ingresso ma era in piedi fuori, con la schiena rivolta all’entrata.
 
Dopo due passi lungo il buio corridoio, Felicity trasalì ai forti rumori che facevano i suoi tacchi sul marmo lucido. Si abbassò e si tolse le scarpe, proseguendo silenziosamente il resto del tragitto.
 
Quando raggiunse la porta si accorse del problema. Era chiusa a chiave.
 
Sospirò mentre la sua testa si appoggiava contro il legno scuro. Oliver le aveva assicurato che la porta sarebbe stata aperta.
 
Il panico cominciò a crescere in lei, mentre cercava di trovare una soluzione a quell’imprevisto. Se non avessero ottenuto quell’informazione durante quella serata avrebbero dovuto tornare nuovamente, organizzando un piano più elaborato e qualcosa le diceva che avrebbe implicato frecce e sangue e persone ferite.
 
Felicity si accucciò e guardò la maniglia della porta. Sembrava una serratura classica, non aveva mai sbloccato una serratura prima, in realtà, ma forse non era così difficile.
 
Prese due forcine dai suoi capelli, che tenevano ferma la sua elaborata acconciatura.
 
La luce era solo di poco migliore qui, perché c’era un candeliere da parete affianco a lei, ma era ancora fioca.
 
Si concentrò mentre inseriva una delle forcine nella serratura cercando di sbloccarla. Pensò che potesse c’entrarci un interruttore che doveva essere premuto mentre si faceva qualcos’altro, ma dopo qualche minuto, con il sudore freddo che cominciava a scivolarle sulla schiena, si rese conto di non aver idea di cosa stesse facendo.
 
“Hai bisogno di una mano?” una voce profonda le disse proprio dietro di lei, e il suo urlo sorpreso fu soppresso dalla mano che fu premuta proprio sulla sua bocca.
 
Cominciò ad avere paura, tirò una gomitata dietro di sé, le sue gambe che cercavano di calciare mentre lei sperava di indossare ancora i suoi tacchi.
 
Fu spinta con fermezza contro il corpo del suo aggressore, “Felicity, sono io!”. Un sospiro rigido finalmente sfuggì dalle sue labbra mentre si lasciava andare, rendendosi conto che fosse Oliver.
 
La sua mano cadde dalla bocca di lei. Felicity sospirò sfinita e si girò nelle sue braccia. “Non mi spaventare più così” gli disse.
 
“Ci stavi impiegando molto tempo. Ho cominciato a preoccuparmi” le rispose lui.
 
Felicity si sforzò di allontanarsi. “La porta è bloccata!” sibilò lei, indicando la porta in questione.
 
“Tutto qui?” chiese lui con calma, afferrando la maniglia prima di abbassarla con un movimento netto. Felicity sentì un rumoroso scatto, seguito dalla porta che si apriva.
 
“Esibizionista” mormorò verso di lui, mentre lo sorpassava, la sua attenzione ora rivolta a ciò che doveva fare.
 
Oliver stava in piedi vicino alla porta, i tacchi che Felicity aveva tolto in una mano. Felicity si sistemò nella poltrona di pelle e avviò il computer.
 
Non ci impiegò molto a trovare i file di cui avevano bisogno e cominciare a scaricarli. I suoi nervi stavano tornando alla normalità quando Oliver improvvisamente scattò sull’attenti e si mosse quanto più vicino possibile alla porta senza uscire.
 
“Qualcuno sta arrivando, sbrigati!” le disse, mentre lei azionava una serie di tasti prima di togliere la penna USB e spegnere il computer.
 
Era appena riuscita a portarsi al fianco di Oliver quando lui si portò i tacchi nell’altra mano e la prese dalla vita. “Mi dispiace” le disse, con tanta sincerità che lei si fermò di colpo.
 
E dopo la sua bocca era su quella morbida di lei.
 
All’inizio Felicity era talmente scioccata che non riusciva a rispondere.
 
Fu un bacio caldo e umido e bello, dannatamente bello. Non poté evitare di gemere quando la lingua di Oliver travolse la sua bocca. Poteva dire che Oliver li stava muovendo verso l’uscita della stanza, ma era così presa da quello che la bocca di lui stava facendo alla sua che non riuscì nemmeno ad accorgersi di quello che stava accadendo fin quando la sua schiena non entrò in contatto con qualcosa di solido.
 
I suoi occhi si aprirono di scatto quando la bocca di Oliver cominciò a muoversi sulla sua mascella e giù verso il collo e si accorse che erano tornati nel corridoio, appoggiati contro il muro opposto allo studio.
 
La mano di Oliver prese la sua gamba, portandosela attorno la sua, il caldo che le colpì il basso ventre rendendo il suo respiro affannoso, o forse era il modo in cui lui le stava succhiando la pelle morbida della clavicola.
 
Finalmente anche lei cominciò a partecipare, infilando una mano sotto la sua camicia, che le permetteva di scorrere facilmente verso la sua schiena dove vi passò le unghie, udendo un ringhio proveniente da lui.
 
Un brivido la percorse completamente, causato dalla consapevolezza di aver avuto un tale effetto su di lui. Lui riportò la sua bocca sulle sue labbra. I piccoli gemiti che lei non era riuscita a trattenere sembravano influenzare anche lui, visto il modo in cui lui la attirò ancora di più contro di sé.
 
La mano di lui era rimasta immobile sul suo ginocchio, ma ora stava percorrendo la sua gamba, scomparendo sotto la gonna. Sembrava come se la scottasse in ogni punto la toccasse e lei afferrò la sua camicia quando Oliver le massaggiò la pelle vicino il fianco.
 
Qualcuno si schiarì la gola e ciò li fece separare. Felicity si bloccò immediatamente quando vide la guardia di sicurezza in piedi proprio dietro Oliver.
 
“Mi dispiace, Signor Queen, ma in questa zona è vietato l’accesso agli ospiti.”
 
Felicity era a conoscenza di ogni centimetro di pelle, mentre la mano di Oliver scivolava fuori da sotto il suo vestito, portando gentilmente la sua gamba nuovamente a terra.
 
Portò una mano intorno la sua vita e si girò verso l’uomo. “Mi dispiace, cercavamo solo un po’ di privacy” disse lascivamente e lei non poté trattenere il sussulto che la attraversò.
 
La guardia mosse una mano in un chiaro invito per loro a uscire. Quando tornarono all’ingresso Felicity fermò Oliver con una mano sul suo petto. “Vado un attimo a…rinfrescarmi” la sua voce risuonava strana alle sue stesse orecchie, e non riuscì a guardarlo negli occhi.
 
“Fa presto, tesoro” disse lui, la sua voce sembrava del tutto normale.
 
Quando lei fu dentro le sicure mura del bagno si sedette senza tante cerimonie sul coperchio chiuso della toilette e fece cadere la testa sulle sue mani. Cosa era appena successo?!
 
Sapeva che era solo una copertura. Sapeva che lui l’aveva fatto solo per salvarsi, ma sicuramente anche Oliver non poteva fingere così bene. Non aveva mai mostrato di provare qualcosa per lei al di là dell’amicizia. Le lacrime cominciarono a riempire i suoi occhi mentre ricordava quello che era appena accaduto. Era stato meraviglioso, più di quanto avesse potuto sognare, ma se per lui fosse stato solo una finzione lei si sarebbe sentita mortificata.
 
Felicity indossò nuovamente le scarpe e si rimise in piedi. Il suo riflesso allo specchio sembrava quello di una donna sconvolta. I suoi capelli erano riusciti a restare immobili, ma la sua pelle era arrossata, il suo vestito sgualcito e il suo lucidalabbra quasi del tutto scomparso.
 
Si passò dell’acqua fredda sulle mano e cercò di sistemare il trucco quanto meglio riusciva. Quando si aggiustò le spalline del vestito poteva vedere il segno di un succhiotto che si stava formando e il suo stomaco fece una capriola. Non lasci un succhiotto involontariamente.
 
Uscì dal bagno ancora leggermente in confusione. Possibile che anche Oliver provasse qualcosa per lei?
 
La guardia di sicurezza era in piedi all’ingresso. Poteva sentire i suoi occhi su di lei mentre ritornava nella sala da pranzo.
 
Oliver finse di essere sorpreso quando lei tornò al tavolo. La donna che non era stata capace di nascondere la sua disapprovazione nei confronti di Felicity per tutta la serata disse qualcosa al marito con un tono non proprio sussurrato riguardo il decoro e le buone maniere e Felicity sentì le sue guance arrossarsi.
 
Oliver le spostò nuovamente la sedia e lei si sedette con sollievo. “Pensavo di averti persa” disse lui.
“Stavo solo dando un’occhiata in giro” rispose lei con calma, raccogliendo quanto più coraggio per alzare lo sguardo e fissarlo nei suoi occhi.
 
Le sue pupille erano ancora scure e dilatate e l’emozione che avevano provato era così forte che anche per lui era difficile nasconderla.
 
Il suo respiro si bloccò, ma fu salvata da qualsiasi cosa stesse provando a dirgli quando il padrone di casa prese il microfono e cominciò l’asta.
 
Per non destare sospetti furono costretti a rimanere fino alla fine della serata. Anche Oliver dovette fare delle offerte senza davvero curarsene.
 
Non l’aveva toccata per tutto il resto del tempo che erano rimasti seduti al tavolo, cosa per la quale gli era grata ma anche dispiaciuta.
 
Quando, al termine della serata, stavano salutando, la mano di Oliver si poggiò nuovamente sulla parte bassa della sua schiena, e la sorpresa che provò a questo nuovo contatto le sembrava ancora più forte di prima.
 
Diggle li fece salire in macchina e lei si accucciò contro il lato del sedile.
 
Oliver si sedette normalmente, fingendo di non essersi accorto delle sue azioni.
 
“Missione compiuta?” Digg chiese dopo aver fatto manovra ed essersi messo in coda alle altre macchine che uscivano dalla proprietà.
“Sì” disse fermamente Oliver.
 
“Qualche problema?” c’era preoccupazione nella sua voce, avendo percepito il tono di voce di Oliver.
 
“No. E’ andato tutto bene” replicò Oliver, e Digg capì che era meglio non chiedere altro.
 
Il silenzio calò tra di loro mentre il nervosismo di Felicity aumentava.
 
Digg parcheggiò sul retro del Verdant e lei era uscita dalla macchina e aveva attraversato già metà parcheggio quando Digg spense la macchina.
 
Inserì il codice quanto più veloce possibile e non si preoccupò nemmeno di mantenere loro la porta, cominciando subito a scendere le scale e mantenendosi alla ringhiera per evitare di cadere.
 
Quando anche Oliver e Digg la raggiunsero con un passo più lento, lei aveva già preso la penna USB e connessa al computer.
 
“Adesso comincio a lavorarci. Non è necessario che voi restiate qui, ragazzi” disse lei facendo un gesto sbrigativo da sopra la sua spalle, come se davvero pensasse che a Oliver sarebbe bastato questo per andarsene.
 
Sforzò le sue dita tremanti a fare quello che dovevano, mentre sentì Digg dare la buonanotte e uscire. Sapeva, però, che Oliver non era ancora uscito.
 
“Felicity…” cominciò lui, lentamente “dobbiamo parlarne”
“Perché?” disse lei immediatamente, “Era solo una copertura, no? E’ questo quello che vuoi dire. Che era solo una copertura per non farci scoprire e che non ha significato nulla, e che abbiamo preso ciò che ci serviva, quindi un urrà per noi e ora potresti semplicemente lasciarmi tornare a ciò che stavo facendo, così che non dovrò rimanere qui fino alle prime ore del mattino” riprese a respirare una volta finito.
 
Le sue mani battevano sulla tastiera, quando lui girò la sua sedia lentamente, costringendola a fronteggiarlo.
 
“Sì,” le rispose e il cuore di Felicity si sgretolò, qualsiasi rimanente speranza che lui potesse nutrire qualcosa per lei scomparve e cercò di non far riempire i suoi occhi di lacrime.
 
“E no” continuò lui. “Sì, ti ho baciato per copertura, ma ha significato qualcosa.”
 
Il suo cuore doveva essersi fermato. Sapeva di aver smesso di respirare.
 
Sempre molto lentamente alzò il suo sguardo fino a incontrare i suoi occhi, e guardandolo capì che non stava mentendo.
 
“Non ti aspettavo, Felicity Smoak. E sei molto pericolosa”. Felicity sapeva quanto contorta dovesse essere la sua faccia, perché non capiva del tutto cosa lui stesse dicendo.
 
La sua mano raggiunse quella calda di lei per intrecciare le loro dita e la fece alzare. “Sei pericolosa perché mi fai provare emozioni, e con tutto questo…” disse, guardando intorno a loro, “Non so se i sentimenti siano una cosa buona.”
 
“Lo sono sempre” disse lei immediatamente, sentendosi arrossire.
 
La mano di Oliver accarezzò la sua guancia e lei si lasciò andare al suo tocco.
 
“Ho bisogno di un po’ di tempo” disse dolcemente. Quando lei alzò lo sguardo su di lui capì cosa voleva dire, lui voleva provarci.
 
“Ok” rispose lei, e lo voleva anche lei. Poteva essere paziente, voleva solo essere sicura che non fosse un sentimento a senso unico, e lui gliel’aveva appena provato.
 
Lei portò una sua mano sul suo petto, lisciando la sua giacca. “Dovresti andare, davvero, scarico solo questi file e assemblo alcuni parametri di ricerca” lo rassicurò.
 
“Sei sicura?” le chiese.
 
“Sì, sono sicura” di proposito si staccò da lui e tornò a sedersi sulla sedia.
 
“Va bene. Buonanotte.”
 
Oliver era a metà rampa di scale, quando si fermò e si girò verso di lei, guardandola. “Oh, e Felicity? Non era una bugia quella di prima” un sorrisetto si andò a disegnare sulle labbra di lui mentre la guardava “Il verde davvero di dona.”
 
Felicity lo guardò con la bocca aperta per un lungo momento, prima che un pensiero malizioso entrasse nella sua mente “Mi fido, allora!”

 
  
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