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Autore: Selhin    08/01/2009    2 recensioni
...Lei era Earth, e aveva sette anni. Aveva lunghi capelli castani e due occhi verdi come smeraldi. O almeno così le dicevano. Aveva un potere strano, lo sapeva, anche se ancora non riusciva a dargli un nome. Sentiva delle cose a volte, ma non riusciva bene a spiegare cosa. La madre diceva che sentiva il pianeta piangere, ma lei non ci credeva. Cosa voleva dire sentire il pianeta?
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Altro Personaggio, Cloud Strife
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Dirge of Cerberus
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The same Soul

La stessa Anima

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non aveva affatto paura. Sapeva a cosa stava andando incontro: il suo destino.

Eppure, nonostante l’aspettasse solo la morte, non aveva affatto paura.

Stava rinunciando ad ogni cosa per il bene di tutti, e questo le dava coraggio.

Si era ripetuta più volte che il suo sacrificio non sarebbe stato nulla al confronto della salvezza del pianeta.

Il Lifestream la chiamava, e già da molti giorni ormai. Lei sapeva che era giusto così. Che era nata per questo. Doveva farlo e sperava che la capissero in qualche modo.

Ma a cosa stava rinunciando realmente?

Alla sua vita? Solo a questo?

No, lei lasciava molto di più.

Aprì gli occhi e lo vide davanti a se, come in un’illusione.

La osservava confuso, catturandola con quello sguardo intenso. Con quei suoi occhi blu metallici che le avevano rubato il cuore fin dal primo istante. Quel colore così intenso che sembrava sempre chiederle qualcosa silenziosamente, come un bimbo bisognoso d’affetto e protezione. E lei aveva cercato con tutta se stessa di confortarlo, di amarlo, di donargli ciò di cui aveva bisogno. Ci era riuscita e finalmente poteva vedere la serenità riflessa in quegli occhi chiari e trasparenti come cristalli. Poteva leggerci l’amore che provavano per lei, e questo era ciò che più la rendeva felice.

Ma era anche quello che in quel momento le faceva più male.

Come poteva lasciarlo così, dopo avergli dato la magia di un’illusione della loro vita insieme?

Come poteva alla fine, rivelarsi così crudele?

Abbandonarlo dopo averlo fatto tornare alla vita. Sarebbe piombato nuovamente nella solitudine e nell’oscurità per causa sua?

Avrebbe davvero smesso di vivere come lei immaginava, oppure era solo ciò che sperava in fondo al cuore?

Sperava che la amasse a tal punto da rinunciare alla vita dopo la sua morte?

Era davvero così egoista e crudele?

No, questo non se lo sarebbe mai aspettato da se stessa.

Lo amava, come poteva desiderare che gli accadesse davvero questo. Che il suo non fosse amore, ma qualcos’altro?

Tornò a guardarlo, riflettendosi in quello sguardo d’acqua. Lui le sorrideva, senza sapere che quello fosse il suo ultimo regalo.

E lei cancellò tutti i pensieri, tutti i dubbi, perché non poteva più chiederselo. Lo amava, ed era solo questa la verità.

Lo amava e ora lo avrebbe lasciato per sempre.

A fatica rispose al sorriso, trattenendo le lacrime e quello fu il suo ultimo gesto d’amore per lui.

Sentì la lama fredda attraversarle il corpo, stringendola in una morsa d’acciaio. E la vita lentamente l’abbandonò, trascinandola verso l’origine. Verso il pianeta.

Ma prima riuscì ad esprimere un ultimo desiderio.

“Vorrei vedere ancora una volta il suo sorriso. Solo per me…”

 

 

 

 

  Si era svegliata presto quella mattina, come se qualcuno l’avesse chiamata da lontano. Eppure non c’era nessuno in casa quel giorno.

Viveva sola con sua madre, e questa era uscita presto per aprire il negozio di fiori che gestiva sin da ragazza.

Si alzò dal letto e andò alla finestra. Il cielo era grigio cupo, nascosto dalle nuvole cariche di pioggia.

“Proprio una bella giornata” pensò fra sé.

Lei era Earth,e aveva sette anni. Aveva lunghi capelli castani e due occhi verdi come smeraldi. O almeno così le dicevano.

Aveva un potere strano, lo sapeva, anche se ancora non riusciva a dargli un nome. Sentiva delle cose a volte, ma non riusciva bene a spiegare cosa.

La madre diceva che sentiva il pianeta piangere, ma lei non ci credeva. Cosa voleva dire sentire il pianeta?

Andò all’armadio a scegliere il vestito da indossare. Non ci pensò molto, e indossò quello rosa pastello. Il suo preferito.

Ma era strano, solitamente le ci voleva un bel po’ prima di decidere. Eppure si era svegliata con quel vestito nella testa. Come quella voce che dolcemente la chiamava.

Mentre scendeva per prepararsi la colazione cercò di ricordare quella voce. La conosceva, nonostante non sapesse dire a chi appartenesse. Come se fosse sempre stata dentro di lei.

Era dolce e gentile, e le ricordava un po’ sua madre.

Aveva sognato assieme a quella voce. Aveva sognato una luce verde pallido che l’avvolgeva.

Una luce calda. E lei si sentiva protetta dentro di essa.

Si scaldò una tazza di latte, e il liquido caldo le ricordò altri particolari del sogno. Era così che veniva fuori il suo potere, tramite i sogni. E non sempre li ricordava nitidi, per alcuni faceva più fatica come quello della notte precedente.

Il colore del liquido dolce le ricordò la pelle di una donna. Nivea, come il colore della luna. Ma quando pensava al suo viso tutto si cancellava, trovandosi a pensare al proprio.

Ma non poteva essere lei la donna del sogno.

Finita la colazione tornò in camera per acconciarsi i capelli.

Li aveva lunghi fin sotto la schiena e mossi come le onde del mare, di un castano con riflessi ramati al sole. Se li acconciò in una treccia sulla schiena, poi soddisfatta del risultato si preparò ad uscire di casa.

Doveva raggiungere la madre al negozio per darle una mano. Ormai era da un anno che la aiutava, era solo una bambina ma si rendeva utile.

La strada non era lontana, e mentre camminava notò che Midgar non cambiava mai. Sempre così grigia e cupa, nonostante fossero passati sette anni dalla caduta di Meteor.

Eh si, perché lei era nata proprio la notte della fatidica caduta.

La mamma le raccontava spesso degli eventi che precedettero la sua nascita. La incuriosivano ma allo stesso tempo le facevano paura.

E si ricordò all’improvviso di un altro particolare. La luce verde del suo sogno, che fosse la stessa che avvolse sua madre quella notte, mentre la metteva al mondo?

Chi poteva saperlo se non lei, e poi ormai era arrivata nel negozio.

Aprì veloce la porta con un sorriso. Portava allegria, sua madre non faceva che ripeterglielo.

  - Eccomi mamma!- la raggiunse al banco dove la donna stava riponendo con cura dei boccioli di tulipano rosso.

  - Ben arrivata tesoro! Oh, oggi il vestito rosa? Sicura di riuscire a non rovinarlo?- le diede un bacio sulla fronte mentre scherzando si alzava per sistemare delle rose più in alto.

  - Si, si tranquilla…allora oggi che faccio?- chiese la piccola guardandola interrogativa.

La donna si sistemò la cuffia sui capelli, poi afferrò un piccolo cesto di vimini dallo scaffale alto, iniziando a metterci dentro vari fiori appena sbocciati.

  - Oggi andrai qua in giro a vendere questi fiori…- le porse il cestino sistemandoglielo al braccio minuto -…ma sta attenta, capito?-

Earth spalancò i grandi occhi verdi per la sorpresa. Era raro che sua madre le desse un compito tanto importante. - Davvero? Sei sicura?-

  - Si, mi fido di te…ma non fermarti troppo a giocare per la strada, va bene?-

Nemmeno il tempo di rispondere un - Certo, non preoccuparti!- che la bimba era già uscita dal locale, diretta per le vie della periferia di Midgar.

Chissà quali avventure la aspettavano...

 

 

 

 

 

 

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Salve a tutti…sono tornata con un’altra fic su FF VII,

Questo è il primo capitolo - un po’ cortino lo so - , ma non la prevedo lunga…forse arriverò a 3…

Intanto fatemi sapere se per voi vale la pena continuarla…

Aspetto i vostri giudizi, come al solito…ricordate che sono il cibo di noi poveri scrittori…

 

Saluti, Selhin

 

 

 

 

 

 

   
 
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