La stessa Anima
Non aveva affatto
paura. Sapeva a cosa stava andando incontro: il suo destino.
Eppure, nonostante l’aspettasse solo la morte, non aveva affatto
paura.
Stava rinunciando ad
ogni cosa per il bene di tutti, e questo le dava coraggio.
Si era ripetuta più
volte che il suo sacrificio non sarebbe stato nulla al confronto della salvezza
del pianeta.
Il Lifestream la
chiamava, e già da molti giorni ormai. Lei sapeva che era giusto così. Che era nata per questo. Doveva farlo e sperava che la
capissero in qualche modo.
Ma a cosa stava rinunciando realmente?
Alla sua vita? Solo a
questo?
No, lei lasciava molto
di più.
Aprì gli occhi e lo
vide davanti a se, come in un’illusione.
La osservava confuso,
catturandola con quello sguardo intenso. Con quei suoi occhi blu metallici che
le avevano rubato il cuore fin dal primo istante. Quel colore così intenso che sembrava sempre chiederle qualcosa
silenziosamente, come un bimbo bisognoso d’affetto e protezione. E lei aveva cercato con tutta se stessa di confortarlo, di
amarlo, di donargli ciò di cui aveva bisogno. Ci era
riuscita e finalmente poteva vedere la serenità riflessa in quegli occhi chiari
e trasparenti come cristalli. Poteva leggerci l’amore che provavano per lei, e
questo era ciò che più la rendeva felice.
Ma era anche quello che in quel momento le faceva più male.
Come poteva lasciarlo
così, dopo avergli dato la magia di un’illusione della loro vita insieme?
Come poteva alla fine,
rivelarsi così crudele?
Abbandonarlo dopo
averlo fatto tornare alla vita. Sarebbe piombato nuovamente nella solitudine e
nell’oscurità per causa sua?
Avrebbe davvero smesso
di vivere come lei immaginava, oppure era solo ciò che
sperava in fondo al cuore?
Sperava che la amasse
a tal punto da rinunciare alla vita dopo la sua morte?
Era davvero così
egoista e crudele?
No, questo non se lo
sarebbe mai aspettato da se stessa.
Lo amava, come poteva
desiderare che gli accadesse davvero questo. Che il
suo non fosse amore, ma qualcos’altro?
Tornò a guardarlo,
riflettendosi in quello sguardo d’acqua. Lui le sorrideva, senza sapere che
quello fosse il suo ultimo regalo.
E lei cancellò tutti i
pensieri, tutti i dubbi, perché non poteva più
chiederselo. Lo amava, ed era solo questa la verità.
Lo amava e ora lo avrebbe lasciato per sempre.
A fatica rispose al
sorriso, trattenendo le lacrime e quello fu il suo ultimo gesto d’amore per
lui.
Sentì la lama fredda
attraversarle il corpo, stringendola in una morsa d’acciaio. E
la vita lentamente l’abbandonò, trascinandola verso l’origine. Verso il
pianeta.
Ma prima riuscì ad esprimere un ultimo desiderio.
“Vorrei vedere ancora
una volta il suo sorriso. Solo per me…”
Si era svegliata presto quella mattina, come
se qualcuno l’avesse chiamata da lontano. Eppure non
c’era nessuno in casa quel giorno.
Viveva sola con sua
madre, e questa era uscita presto per aprire il negozio di fiori che gestiva
sin da ragazza.
Si alzò dal letto e
andò alla finestra. Il cielo era grigio cupo, nascosto dalle nuvole cariche di
pioggia.
“Proprio una bella
giornata” pensò fra sé.
Lei era Earth,e aveva sette anni. Aveva lunghi capelli castani e due
occhi verdi come smeraldi. O almeno così le dicevano.
Aveva un potere
strano, lo sapeva, anche se ancora non riusciva a dargli un nome. Sentiva delle
cose a volte, ma non riusciva bene a spiegare cosa.
La madre diceva che
sentiva il pianeta piangere, ma lei non ci credeva. Cosa
voleva dire sentire il pianeta?
Andò all’armadio a
scegliere il vestito da indossare. Non ci pensò molto, e indossò quello rosa
pastello. Il suo preferito.
Ma era strano, solitamente le ci voleva un bel po’ prima di
decidere. Eppure si era svegliata con quel vestito
nella testa. Come quella voce che dolcemente la chiamava.
Mentre scendeva per
prepararsi la colazione cercò di ricordare quella
voce. La conosceva, nonostante non sapesse dire a chi appartenesse. Come se
fosse sempre stata dentro di lei.
Era dolce e gentile, e
le ricordava un po’ sua madre.
Aveva sognato assieme
a quella voce. Aveva sognato una luce verde pallido che l’avvolgeva.
Una luce calda. E lei
si sentiva protetta dentro di essa.
Si scaldò una tazza di
latte, e il liquido caldo le ricordò altri particolari del sogno. Era così che
veniva fuori il suo potere, tramite i sogni. E non
sempre li ricordava nitidi, per alcuni faceva più fatica come quello della
notte precedente.
Il colore del liquido
dolce le ricordò la pelle di una donna. Nivea, come il colore della luna. Ma
quando pensava al suo viso tutto si cancellava,
trovandosi a pensare al proprio.
Ma non poteva essere lei la donna del sogno.
Finita la colazione
tornò in camera per acconciarsi i capelli.
Li aveva lunghi fin
sotto la schiena e mossi come le onde del mare, di un castano con riflessi
ramati al sole. Se li acconciò in una treccia sulla
schiena, poi soddisfatta del risultato si preparò ad uscire di casa.
Doveva raggiungere la
madre al negozio per darle una mano. Ormai era da un anno che la aiutava, era
solo una bambina ma si rendeva utile.
La strada non era
lontana, e mentre camminava notò che Midgar non cambiava mai. Sempre così
grigia e cupa, nonostante fossero passati sette anni dalla caduta di Meteor.
Eh si, perché lei era nata proprio la notte della fatidica caduta.
La mamma le raccontava
spesso degli eventi che precedettero la sua nascita. La incuriosivano ma allo
stesso tempo le facevano paura.
E si ricordò all’improvviso di un altro particolare. La
luce verde del suo sogno, che fosse la stessa che avvolse sua madre quella
notte, mentre la metteva al mondo?
Chi poteva saperlo se
non lei, e poi ormai era arrivata nel negozio.
Aprì veloce la porta
con un sorriso. Portava allegria, sua madre non faceva
che ripeterglielo.
- Eccomi mamma!- la raggiunse al banco dove
la donna stava riponendo con cura dei boccioli di tulipano rosso.
- Ben arrivata tesoro! Oh, oggi il vestito
rosa? Sicura di riuscire a non rovinarlo?- le diede un bacio sulla fronte
mentre scherzando si alzava per sistemare delle rose più in alto.
- Si, si
tranquilla…allora oggi che faccio?- chiese la piccola guardandola
interrogativa.
La donna si sistemò la cuffia sui capelli, poi afferrò un piccolo cesto
di vimini dallo scaffale alto, iniziando a metterci dentro vari fiori appena
sbocciati.
- Oggi andrai qua in giro a vendere questi
fiori…- le porse il cestino sistemandoglielo al braccio minuto -…ma sta attenta, capito?-
Earth spalancò i
grandi occhi verdi per la sorpresa. Era raro che sua madre le desse un compito
tanto importante. - Davvero? Sei sicura?-
- Si, mi fido di te…ma non fermarti troppo a
giocare per la strada, va bene?-
Nemmeno il tempo di
rispondere un - Certo, non preoccuparti!- che la bimba era già uscita dal
locale, diretta per le vie della periferia di Midgar.
Chissà quali avventure
la aspettavano...
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Salve a tutti…sono tornata con un’altra
fic su FF VII,…
Questo è il primo capitolo - un po’
cortino lo so - , ma non la prevedo lunga…forse
arriverò a 3…
Intanto fatemi sapere se per voi
vale la pena continuarla…
Aspetto i vostri giudizi, come al solito…ricordate che sono il cibo di noi poveri
scrittori…
Saluti, Selhin