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Autore: Dayeneers    09/06/2015    1 recensioni
Non so bene come si inizi una pagina di diario ne cosa scriverci al suo interno ma ci proverò…
Credo che ognuno usi il proprio metodo, dopotutto è una di quelle cose personali no?
Ho deciso di scrivere un diario per ricordare…
So che può sembrare assurdo ma per me è molto importante che tutte le persone venute dopo, leggendo, ricordino…
Cosa di preciso? Bhe, la mia storia e quella di tutti quelli che mi sono stati affianco, perché dopo il suo arrivo tutto cambiò nella mia vita!
Mi chiamo Dafne e sono figlia del Re Fergus e della Regina Elinor del regno di Ancaria, non troppo distante dall’leggendario regno di Camelot.
Perché dico questo? Semplice, quando ero ancora piccina mi madre mi raccontava spesso storie legate a quella terra intrisa di magia e di leggende.
Conoscevo Camelot solo grazie a quei racconti, non credevo che un giorno avrei visto quel regno con i miei stessi occhi e soprattutto non credevo di avermi fatto un idea sbagliata su di esso.
Ora a distanza di lunghi anni sono qui a scrivere, su questo libro dalla rilegatura argentata e dalle pagine un po’ ingiallite, come tutto ebbe inizio.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti, Uther | Coppie: Gwen/Artù
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
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Ciao a tutti ^^
Sono nuovissima di qui, era da tanto che cercavo qualcosa dove poter scrivere delle storie e finalmente ho scoperto questo sito.
Bhe spero vi piaccia e buona lettura. Ah, ultima cosa, siate clementi se vorrete lasciare dei commenti :)
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Il sole era ormai tramontato da ore sul grande regno di Ancaria, però qualcuno ostinava a non volersi svegliare e, infatti, era avvolto tra le soffici coperte del grande letto che padroneggiava nel mezzo della stanza.
Qualcuno sapeva che quel giorno sarebbe stata la fine, quel giorno qualcuno doveva convolare a nozze
La sua libertà sarebbe scomparsa, come portata via dal vento, la sua autorità svanita e, soprattutto, la cosa che di più al mondo amava sarebbe divenuta solo un sogno: la spada.
Qualcuno bussò alla porta e, poco dopo, entrò una donna sulla cinquantina, sul viso erano impresse alcune rughe,segno della sua imminente vecchiaia, era vestita con un abito molto semplice dal colorito azzurro, sopra, portava un corpetto di cuoio chiaro che le sosteneva il seno prosperoso.
I capelli castani erano raccolti con una piccola spilla e qualche ciuffo ribelle le ricadeva dolce sull'ampia fronte e vicino alle tempie.
Tra le mani reggeva un piccolo vassoio argentato con, sopra, qualcosa da mangiare: pane e marmellata, una tazza di latte fumante, dei biscotti e qualche dolciume, vi era anche un piccolo vaso con, all’interno, alcuni fiori di stagione.
La donna appoggiò il vassoio con la colazione in un piccolo tavolino ai piedi dell’letto e si avvicinò a quest’ultimo scuotendo di poco le lenzuola


-Miley, forza è ora di svegliarsi, fuori è una giornata incantevole-

La donna ne ottenne solo un piccolo lamento, gli angoli della sua bocca si andarono ad immedesimare in un piccolo sorriso e, piano, iniziò ad accarezzare le lenzuola

-Forza, vostro padre si arrabbierà moltissimo se lo farete aspettare-

Finalmente da sotto le coperte ne emerse un groviglio di capelli castano scuro e due meravigliosi occhi verdi, sebbene ancora, impasticciati dal sonno.
La ragazza si sedette sull’letto sbadigliando, poi guardò la donna seduta vicino a lei e ne accennò un sorriso di saluto.


-N’giorno Annabhet-
-Buongiorno Dafne- disse accarezzandole il capo

Poi gli occhi della giovane ragazza si fecero tristi e non passò molto tempo prima che quelli grigi della donna l’imitarono. Pensavano entrambe la stessa cosa, oggi Dafne se ne sarebbe andata, data IB sposa ad un principe, Arthur Pendragon e Annabhet non avrebbe più potuto rivederla
L'ormai vecchia serva, che aveva praticamente cresciuto la giovane, si alzò cercando di ricacciare indietro le lacrime e si diresse verso le grandi finestre che ricoprivano l’intera parete nord, aprì le enormi tende rosse facendo entrare nella stanza i primi raggi di luce, poi aprì le finestre arieggiando l’ambiente.
La brezza della mattina, entrando, mise i brividi a Dafne, tanto era fredda.


-Miledy, vi ho portato la colazione, e qui…- disse dirigendosi dietro un separé in quercia con alcuni decori intagliati nel legno
-Qui, c’è una tinozza con dell’acqua calda… e appoggiato a quella sedia c’è il vestito che dovrete indossare-
Dafne seguì con lo sguardo tutto quello che la donna le indicava con un cenno della mano e trasalì quando vide quello che avrebbe dovuto indossare per “il grande giorno”
-Va bene, grazie Annabhet… puoi andare…-
-Non volete un mano con il bagno o con il vestito?-
-No grazie, faccio io-

La donna fece un lieve inchino
-Con permesso-
Uscì dalla stanza chiudendosi la porta in mogano scuro dietro di lei.
La ragazza, rimasta sola, si alzò dal letto e camminò verso le finestre, il pavimento freddo fece gelarle i piedi ma non ci diede molta importanza.
Sbirciò fuori e vide le guardie di suo padre preparare i cavalli e le scorte per il viaggio che l’avrebbero portata a Camelot, da Re Uther, alleato non che grande amico di suo padre, Fergus.
Dai racconti di sua madre, la Regina Elinor, Camelot, assumeva le sembianze di un luogo magico, pacifico e perché no… tranquillo e selvaggio, lei desiderava vederlo, almeno una volta, con i suoi occhi, ma oggi che l’occasione era alle porte sentiva entro di se qualcuno o qualcosa che la trascinava e la costringeva a rimanere ad Ancaria.
-per forza che voglio starmene qui, la prima volta che vedo Camelot lo faccio perché mi devo sposare e per di piu con un uomo che neanche conosco!
Mangiucchiò qualcosa dal vassoio argentato e bevve un sorso di latte, ormai freddo, poi si svestì della sua camicia da notte e si osservò allo specchio.
Ogni singola fibra del suo corpo reclamava la spada. Ogni giorno fin da piccola Dafne si allenava con essa e con tutte le altre armi usate in battaglia. Suo padre la lasciò fare fino all’età di quattordici anni poi le fu impedito di avvicinarsi al campo di addestramento così fu costretta ad allenarsi all’oscuro di suo padre, ormai questo continuava da ben tre anni, ma ora, all’età di quasi diciotto anni anche l’ultima possibilità di poter impugnare un spada e usarla stava scomparendo.
Osservò il suo corpo, tonico e allenato, la pancia piatta con un piccolo inizio di addominali, braccia e gambe forti.
Poi si soffermò sul seno e sulle sue parti intime, le uniche cose che le dicevano di essere donna, ogni volta era come una doccia fredda o uno schiaffo, se fosse nata maschio non ci sarebbero stati problemi ma l’essere donna comportava altri comportamenti e altri obblighi di un uomo, uno tra tanti era il non combattere ma lo stare a casa a badare a casa e figli.
Dafne arricciò il naso, non si vedeva proprio alle prese di una madre con il compito di badare a tre o quattro mostriciattoli in miniatura.
Si passò una mano tra i capelli come a voler scacciare quei pensieri e si immerse dentro un enorme vasca in ferro e argento fino al collo mentre si bagnava i capelli il suo sguardo cadde, di nuovo, su quella sedia che sembrava accogliere quel vestito azzurro e verde, i colori del suo casato.
Si lasciò come scivolare fino ad immergersi completamente nell’acqua.
Una volta uscita dalla vasca, si raccolse i capelli ancora bagnati e con molta riluttanza si vestì, a opera terminata si specchiò.
Il tessuto era molto sottile ma morbido, cadeva quasi accarezzando le sue forme da guerriero e da donna.
Aveva il corsetto di un verde acqua molto aderente, poi, la gonna di un colore azzurro, cadeva morbida dai fianchi fino alle caviglie. Dietro lasciava scoperta la schiena, le maniche arrivavano fino a metà braccio, erano azzurre ricamate con un tessuto verde.
Aveva una scollatura abbastanza contenuta, avvolgeva il seno ma al contempo ne lasciava trasparire la sua forma.
Appena sotto di esso Dafne ci avvolse un piccolo nastrino con tonalità verdi che via via andavano scurendosi, ai piedi delle scarpette azzurre, quasi bianche.
Si asciugò i capelli, li spazzolò e li raccolse in una treccia che fece scendere lungo la spalla destra.
Osò per una piccola collanina con un pietra rigorosamente verde e per un piccolo diadema che le cadeva dolce sulla fronte.
Si specchiò e non si riconobbe, i suoi occhi si rattristarono ulteriormente, fece per togliersi tutto con la forza ma qualcuno bussò alla porta


-Avanti-
Nella stanza entrò suo padre, alla vista della figlia quasi si commosse
-Dafne, sei bella oltre ogni dire-
Si avvicinò alla ragazza e le baciò la fronte
-Io e tua madre ti aspettiamo fuori, non fare tardi. Camelot è a tre giorni di cammino e prima partiamo prima arriviamo-
Dafne ricambiò con un sorriso e, rimasta sola si girò vero lo stemma della sua casata. Un enorme dragone verde senza zampe anteriori che, con le sue spire, si avvolgeva attorno ad una spada argentata in uno sfondo azzurro.
Lei era Dafne Petrova, una guerriera, non certo una di quelle donne che si sottomettevano all’autorità degli uomini, non si sarebbe piegata facilmente.
 
 

 
   
 
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