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Autore: Selhen    09/06/2015    0 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Che devi farne del mio sangue?". Velkam aveva la fronte corrugata, la sua era un'espressione di semplice curiosità.
"Ecco io... non lo so", dissi sospirando, "Non è per me, ma ho fatto una promessa a quella fattucchiera che ha liberato Dahnael dalla maledizione, e adesso... devo saldare il mio debito, ma se non vuoi aiutarmi...", mi affrettai ad aggiungere, "posso capire!". Chinai il capo, in realtà se Velkam si fosse rifiutato non sapevo proprio dove andare a sbattere la testa... trovare il sangue di un elisiano innamorato di una di noi non era di certo semplice.
Vidi il cacciatore elisiano  allungarsi a raccogliere la cinghia di cuoio che reggeva le sue armi e estrarre un piccolo pugnale dal proprio fodero. Si incise il palmo con la punta di questo senza aggiungere altro.
"Non so a cosa possa servirti il mio sangue, ma di te mi fido", aveva concluso spiccio osservando il sangue scarlatto che colava lento dalla ferita aperta.
Lo osservai per un momento in ipnosi e fu proprio un momento. Passai la punta della lingua sui miei canini da asmodiana appena più sporgenti del normale. Percepii la mia coda fremere a quella vista e i peli della schiena rizzarsi in un piacevole brivido, poi mi costrinsi a distogliere lo sguardo e ad impegnarmi a rovistare nella mia bisaccia alla ricerca di una boccetta che potesse contenere quel sangue.
Trovai una pozione curativa, tra le cianfrusaglie presenti, e la stappai per svuotarla del contenuto. La sciacquai velocemente nell'acqua del torrente vicino prima di tornare da Velkam e accostare il beccuccio della boccetta alla mano ferita del cacciatore.
Il sangue gocciolò lento, fino a coprire l'intero fondo della boccetta. 
"Credo... che tanto basti", mormorai un po' imbarazzata.
A quelle parole Velkam ritrasse tranquillamente la mano richiudendola a pugno. Ebbi nuovamente un moto di desiderio. Sentii l'impeto di prenderla tra le mie mani e baciarne la ferita.
In me aveva iniziato a farsi largo il perverso desiderio di assaporare il suo sangue, fresco e fragrante.
Velkam rimase a guardarmi interrogativo mentre arricciavo il naso come per scacciar via i cattivi pensieri, tuttavia non ritrasse la mano quando la presi tra le mie. "Cosa c'è, asmodiana?", aveva domandato con un mezzo sorriso nello studiare la mia espressione confusa.
Deglutii, potei quasi sentire il sapore metallico del suo sangue sulla lingua... desideravo assaporarlo.
Forse era proprio questo che ci distingueva dagli elisiani, l'irrefrenabile istinto animale e selvaggio che di tanto in tanto ci coglieva di sorpresa.
Senza rispondere a Velkam lo invitai ad aprire delicatamente le dita e avvicinai il suo palmo inciso e sporco di sangue alle mie labbra scarlatte. Percepii il suo sangue caldo bagnarle, poi schiusi le labbra esponendo timidamente la punta della lingua per sentire il sapore di quel sangue che me le imbrattava.
Baciai il taglio con più decisione mentre Velkam non faceva assolutamente nulla per impedirlo. Inspirai a fondo l'odore familiare ed estivo della sua pelle, quello più acre del suo sangue fresco. Sfiorai con la punta della lingua i bordi del taglio.
"Selhen...", mi chiamò sottovoce. Come se dopotutto non gli dispiacesse, come se in fondo non volesse disturbarmi.
"Velkam", mormorai accarezzando il dorso della sua mano ferita con la mia mentre spostavo le mie labbra a baciargli le dita.
Percepii le dita della sua mano libera giocherellare con una ciocca dei miei capelli, poi il suo pugno si richiuse all'attaccatura di essi, sulla mia nuca, e strattonò delicatamente la mia testa per costringermi a sollevare il viso.
I miei occhi accesi avevano incrociato il suo sguardo limpido, e col respiro un po' agitato avevo baciato con urgenza le sue labbra.
"Asmodiana...", mi aveva sussurrato lui tra un bacio e l'altro.
"Sì, Generale?".
"Ti voglio mia, ancora una volta, prima che tu te ne vada", aveva mormorato scorrendo la punta dell'indice sulla mia spalla nuda, proprio in direzione del tatuaggio asmodiano che me la adornava.
"Sai che ti appartengo, Velkam", avevo sussurrato mentre intrecciavo le mie braccia al suo collo. Le sue mani calde e gentili mi accarezzarono i fianchi causandomi un brivido.
"Quando potrò rivederti?", domandai sfiorandogli il ciuffo con un dito e prendendo la sua testa tra le mani per premere le mie labbra sulla sua fronte.
"Spero presto, asmodiana, spero presto...".
"Fino ad allora?", domandai abbassando lo sguardo per incrociare il suo.
"Fino ad allora...", i suoi occhi sembrarono fissare il vuoto per qualche secondo, poi le sue mani andarono svelte e sicure alle cinghie dei suoi polsini, se ne sfilò uno, raccogliendo poi una delle mie mani per infilarmelo al polso e stringere la cinghia fino all'ultimo foro.
"Fino ad allora avrai qualcosa che ti ricorderà di me...", disse.
Mi sganciò la collana dal collo senza chiedermi neanche il permesso, "ed io avrò qualcosa che mi ricorderà di te".
La pietra, dono di mia madre, sfavillò tra le sue mani rosee, prima di sparire nel suo pugno, e quindi nella tasca del suo giubbino in pelle abbandonato di fianco a noi.
"Mi hai rubato il cuore, asmodiana...", sussurrò mordendomi il labbro inferiore con dolcezza, quando tornò da me.
"Non è il tuo cuore, è un polsino!", scherzai giocando con una ciocca dei suoi capelli mentre intrecciavo le braccia alle sue spalle.
Cademmo sdraiati sull'erba soffice, l'una sopra l'altro, scorsi un artiglio lungo tutto il suo addome e mi soffermai al suo ombelico prima di chinarmi a seguire il tragitto precedentemente tracciato dal mio dito, con una serie di baci umidi.
Sussultai quando una mano di lui mi bloccò, sollevai il viso, guardandolo interrogativa e preoccupata.
"Se... se non dovessi tornare.. se qualcosa dovesse andare storto, Selhen...", stava dicendo all'improvviso.
Aggrottai le ciglia senza capire. "Voglio che tu neghi tutto, hai capito? Voglio che tu ti metta in salvo, asmodiana, qualunque cosa succeda".
"Velkam che stai...?", non capii.
"Promettimelo", il suo sguardo era serio, e il taglio elegante dei suoi occhi ben definito.
Esitai, non potevo promettere che sarei rimasta a guardare.
"Promettimelo...", mi incitò con un tono più autoritario.
"S.... sì", dissi, tutt'altro che convinta.
Velkam tirò il mio viso più vicino al suo e mi fissò con sguardo intenso. "Dì: sì Velkam, te lo prometto".
Ripetei a pappagallo. "Sì Velkam, te lo prometto", sbuffai.
Un sorriso rassicurato e sereno comparve sul suo viso, poi un bacio più intenso  mi colse di sorpresa. Chissà se quello era il suo giorno libero e se semplicemente essere diventato Generale gli comportava più libertà.
Una cosa era certa. Quando eravamo insieme non c'era in Velkam nessuna traccia dell'elisiano antipatico e borioso che dipingevano in giro. E poi sembrava perfettamente sereno, a suo agio, in quell'angolo di paradiso eravamo al sicuro. Niente poteva rompere quel dolce e delicato equilibrio. Nessuno mai, avrebbe potuto distruggere quell'amore clandestino di cui solo noi due eravamo segreti testimoni.
"Ti amo", mi sentii dir con un tono più sicuro della sua voce.
Sorrisi alle sue parole. "Anch'io Generale, ma adesso tocca a te fare una promessa".
Velkam mi baciò ancora prima di sussurrarmi sulle labbra. "Tutto quello che vuoi".
"Promettimi... che non ti dimenticherai mai di me".
Lo scorsi sorridere. "Te lo prometto, bambolina asmodiana!".



"L'hai rivisto?", Saephira, apprensiva, si stava mordendo nervosamente il labbro.
"Sì, Sae... devi star tranquilla è andato tutto bene".
Saephira farfugliò qualcosa di preoccupato che non riuscii a intendere, poi si voltò a sbarazzare la tavola che per l'occasione aveva imbandito con delle marmellate di zeller ad etere. Il dessert era letteralmente sparito dai piattini che lo contenevano.
Quella sera la mia migliore amica mi aveva invitata da lei. A sua detta era da tanto tempo che non passavamo una serata insieme e quindi c'era un po' di aggiornamento in arretrato riguardante i nostri affari di cuore, da scambiare.
Saephira e la sua insaziabile curiosità.
"Siamo stati bene...", avevo detto sognante adagiandomi sul piccolo puff celeste mentre stringevo entrambe le mie mani tra le ginocchia.
La barda grugnì riprendendo il discorso più seria. "Comunque, mi hanno incaricato di farti una comunicazione di servizio... visto che eri... a detta degli altri... introvabile nelle ultime dodici ore".
Ridacchiai. "Chi mi ha cercata?".
"Draven, è venuto a portarmi un'informazione che... non so quanto possa piacerti. Suppongo che prima di incontrarmi ti stesse cercando", protruse le labbra pensierosa.
"Ah...", feci tornando seria e un po' preoccupata. Non osai pensare se uno della mia legione mi avesse trovata in atteggiamenti equivoci con un elisiano. "Qual è il problema?", chiesi scuotendo il capo.
Saephira tornò a torturarsi le labbra. "Il problema è che... che...", rimase in silenzio e porse i piattini alla shugina domestica che era venuta a raccoglierli.
Corrugai la fronte, in attesa che completasse la frase.
"Abbiamo un nuovo capo legione!". 
Sorrisi. "Oh, finalmente, era anche ora!".
Saephira sorrise poco convinta. 
"E chi è? Flamet?", domandai curiosa sbadigliando stancamente mentre mi stiracchiavo.
Sae scosse la testa lasciando che tra di noi scorresse un solenne silenzio, prima di parlare. "E' Araziel".
Rimasi paralizzata, con gli arti ancora stirati e senza battere palpebra per quasi un minuto. Quando il mio corpo si mise nuovamente in moto dalla mia gola uscì solo una vocina flebile che mormorò: "Cosa?". Speravo di non aver capito bene.
"Ti avevo detto che la cosa avrebbe potuto turbarti".
Deglutii. "Non mi turba è che...".
"E' che se Araziel scoprisse che te la fai con gli elisiani...".
"Shhh", dissi rabbrividendo, "Non ricordarmelo ti prego".
"Eh sì sorella, sei fottuta. anche perchè... permettimi di dirlo, ma tra di voi non è mai finita".
"Shhhh!!!", la zittii maggiormente irritata.
"Sono la bocca della verità", annuì lei orgogliosa.
"Sei solo stupida".
"Pensa un po' a cosa potrebbe succedere...", disse con tono oracolare.
La fulminai con lo sguardo. "Non voglio prendere in giro il capo legione... non voglio tradire Araziel...", balbettai affranta.
"E' una questione personale, vero?", disse Saephira deliziata. "Ammettilo che non ti dispiacerebbe passare al grado di first lady di legione", sghignazzò.
"Sae!", la richiamai indignata, "Sono seria!".
La mia amica sospirò scuotendo il capo. "Scusami se ci spero, ma sai che sono solo preoccupata per te... non ti mentirei mai a riguardo!".
Annuii. "Lo so", allargai le braccia in attesa che venisse a stringersi in un abbraccio.
Ad un tratto qualcuno bussò al portoncino in legno dell'appartamento. Calai le braccia tristemente.
"Brerinerk, va' tu ad aprire", urlò Saephira mentre rimetteva al posto con cura maniacale il centro tavola.
"Agli ordini padrona, jang!", si era udita la vocina femminile della shughina domestica.
Un rumore cadenzato e strascicato di tacchi annunciò la comparsa di una figura imponente sulla soglia della porta. Sorrisi alla massiccia ragazza dai capelli blu elegantemente acconciati.
Del pesante trucco le adornava gli occhi, e i vestiti, aderenti e di gran lunga succinti, lasciavano intravedere delle sinuose forme e un seno alquanto prosperoso.
"Uh ciao Lythium! Sei arrivata tardi, non ho più marmellata di zeller ad etere per te", disse la mia amica cinguettando allegramente.
La chierichessa sorrise a Saephira. "Non importa, sono solo passata come mi avevi detto".
"Oh sì, io e Lyth avevamo concordato di andare tutte insieme alla festa".
Corrugai la fronte. "Festa?".
"Ah già, la scomparsa non sa di festeggiamenti?", ironizzò la chierichessa sulla porta appoggiandosi allo stipite. Uno spacco vertiginoso lasciò fuoriuscire una lunga e liscia gamba bianca.
"Glielo stavo appena dicendo", ridacchiò Sae, "ma continua tu, vado a cambiarmi di corsa", si precipitò fuori dalla stanza quasi urtandola.
Mi misi in piedi a braccia conserte. "No ragazze davvero, non sono in tenuta da festa".
"Passeremo da casa tua a prendere i vestiti, devi farti bella per il nuovo capo legione", ghignò la ragazza in un fugace occhiolino.
"Eccone un'altra!", borbottai sollevando gli occhi al cielo. "No ragazze, davvero... io non...".
"TU, vieni con noi!", aveva detto quell'uragano della mia amica spuntando poco dopo con un vestitino altrettanto succinto, perfettamente intonato al colore dei suoi occhi.
Con quel filo di trucco e una tenera coroncina tra i capelli, Saephira era decisamente stupenda.
"E poi sarebbe da malducati non fare ad Araziel i tuoi auguri, non credi?", aveva detto Lythium con nonchalance osservandosi le punte delle unghie.
"D'accordo, d'accordo, ma solo a una condizione... torniamo presto a casa, vi prego!".
"Ma anche no! Stanotte si beve!", stava esultando Sae tutta contenta.
Scossi il capo scoraggiata. 
"E io dovrò aspettare Draven, non posso mica tornarmene prima di lui", aveva detto con un sorrisetto traditore la chierichessa di legione.
Draven era un tiratore di legione che da un po' di tempo faceva coppia con lei. Erano due tipi stravaganti e singolari. Draven minuto e divertente, con la solita aria del giullare di legione. La battuta sciocca sempre pronta, e l'insulto bonario sempre in agguato. Non era mai facile prenderlo sul serio. Sorrisi al pensiero.
Lyhium dal canto suo era una donnona tutta d'un pezzo, bella da mozzare il fiato e conosciuta da mezza Asmodae. Chissà quanti rivali doveva avere Draven!
Mi misi l'anima in pace. Non mi avrebbero mollata tanto facilmente.
"D'accordo, d'accordo andiamo".
Pensai ad Araziel e un moto d'inquietudine mi colse allo stomaco. Sarei stata in grado di sostenere il suo sguardo? Lui, che odiava così tanto gli elisiani. Che sicuramente conosceva e detestava Velkam.
Uno sguardo apprensivo di Saephira mi fece capire che sapeva esattamente a cosa stavo pensando. Mi sorrise rassicurante.
"Allora dove si va?", tentai di non pensarci e stirai un bel sorriso che voleva essere sincero.
"Fiaschi, cibo... Apellbine!", esultò Lythium muovendosi svelta verso la porta.
"Prima dobbiamo passare da casa mia", protestai cominciando ad evocare il portale che mi ci avrebbe condotto. "Van affrei!", citai spiccia. 
Un grande portale dorato, elegante, comparve avanti a noi. Attesi che le mie amiche infrangessero la superficie eterea coi loro corpi e vi sparissero dentro, poi fu il mio turno.
Casa mia mi apparve davanti nelle sue modeste dimensioni. I miei piedi si posarono sul parquet della mia camera, e già Lythiume e Sae stavano rovistando nel baule alla ricerca di un abito che mi si addicesse.
"Ehi, ma che fate?", le richiamai infastidita.
"Io direi che questo sarebbe perfetto, non credi?", stava dicendo Lyhium. Aveva tra le mani un vestito dalla setosa stoffa blu. Le calze, posate al suo fianco erano bianche e decorate.
"No.. ragazze.. scelgo io...".
"Silenzio, vieni qui", mi travolse Sae sfilandomi il cappotto. "Questa sera ti agghindiamo noi!".
"Valorizziamo quelle belle gambe", stava dicendo Lythium osservandomi con occhio esperto.
"Questo vestito e perfetto".
"Ma io non voglio metterlo!", mi lamentai. E in effetti un motivo c'era. Araziel conosceva fin troppo bene quel vestito. Avrebbe potuto pensare che lo avevo messo apposta per attirare la sua attenzione.
"No, dai ragazze, ho così tanti altri bei vestiti corti", dissi tentando di persuaderle.
"Per una volta fai fare a me, mh? Che di moda ne capisco sicuramente più di te", aveva detto Sae col tono che rasentava l'offesa.
Mi zittii, se per quella notte avevano deciso che dovevo essere la loro marionetta, non potevo farci realmente niente.
Mi armai di tanta pazienza, e un po' turbata mi preparai mentalmente a una serata molto, molto, faticosa.

[Ragazzi D: ho esami, non so nemmeno come sia riuscita a tirarlo fuori! No, in realtà lo so, pagherò le conseguenze per avere scritto anzichè studiato ç_ç
Spero almeno che vi piaccia... recensiteeee. Al prossimo capitolo!]
  
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