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Autore: Spiritromba    10/06/2015    2 recensioni
Mi chiamo Kolour, sono innamorata di un ragazzo di nome Cole Weck. Lui non mi ha mai parlato, essendo muto fin dalla nascita, irreparabilmente. E lui voleva soltanto che qualcuno vicino a lui condividesse il suo eterno silenzio.
Tratto dal testo:
{Istintivamente, le strappo dalla bocca l’adesivo. La donna caccia un urlo e prende a contorcersi ancora di piu’ sul tavolo. Ho le mani coperte di sangue. Solo ora mi rendo conto di cosa ho fatto.}
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Scotch

 

Non posso piu’ chiamarlo, da quando mi hanno messo quella roba in bocca...

*

Mi chiamo Kolour, ho sedici anni. Ah, gia’, avevo. Ora potrei anche averne mille dopo quello che mi ha fatto.

I miei erano gente molto indaffarata, tutto nella loro vita aveva sempre fattto da satellite a soldi e lavoro. Perfino noi, i loro figli. Inutile dire che abbiamo sofferto molto per tutto questo. Io li odiavo. E morivo d’attesa aspettando il giorno in cui gliel’avrei fatta pagare. Ma torniamo a noi. Dov’ero rimasta? Ah, si’, i miei genitori. Un giorno, come tanti altri, dovendo partecipare ad un’importante conferenza di lavoro, e, ritrovatisi senza ne’ amici o parenti disponibili per tenerci a bada, chiamarono dei loro vecchi amici. Non li vedevano da anni, certo. E fu in quello il loro errore. 

La villetta era deliziosa, con le tendine ricamate e la facciata color blu pastello. Erano in tre, un uomo, una donna, e loro figlio Cole. Cole era il piu’ bel ragazzo che avessi mai visto in vita mia: alto, capelli scurissimi e lunghi, sempre avvolto in quello strano maglione color cenere, e dal carattere misterioso. Sentivo una sorta di paura penetrarmi da parte a parte ogni volta che lo vedevo, cosa che io intendevo come amore non avendolo mai sperimentato prima, ma successivamente i suoi genitori mi rivelarono che Cole era muto. La spiegazione del suo comportamento tanto scostante. O almeno quella che io credevo.

*

Un giorno, i miei fratelli e i genitori di Cole uscirono di casa per degli acquisti, attivita’ venerata da quasi tutti tranne che da me e Cole. Percio’, ci lsciarono in casa da soli. Ero felice come non ero mai stata in vita mia, finalmente si rivelava la mia occasione per dichiararmi a lui. Ma la mia eccitazione si placo’ subito: Cole non era da nessuna parte. Lo cercai a lungo, ma niente, neanche un minimo segno dalla sua presenza in casa. Poi, un blackout. 

*

“Cole?” grido al vuoto, tremante di paura e avanzando a tentoni nel buio. Non ho idea di dove mi trovi. Inciampo, e cado su qualcosa di duro e freddo: metallo. Sembra la maniglia di una botola, percio’ la apro. Dentro, luce. Mi chiedo come sia possibile con il tempaccio la’ fuori. Ma non ha importanza. Scendo e cado di schiena su un suolo polveroso: mi trovo nella cantina, esattamente a meta’ corridoio. La botola sulla mia testa si e’ appena richiusa in uno scatto. 

Sento un rumore, una specie di mugolare provenire da una delle sei porte adiacenti al corridoio. “Cole, sei qui?”

“Mmmph!! Mmph!!!” il mugolio si fa piu’ forte. Comicio a spaventarmi. Apro la porta. E dentro c’e’ l’inferno.

*

Decine di corpi orrendamente mutilati, lingue insanguinate appese al soffitto, e altri corpi nudi inchiodati in posizioni a dir poco dolorose su pareti e casse di legno. Chi sta mugolando e’ una donna giovane, legata ad un tavolo con delle cinghie e con i vestiti mezzo strappati. Ma c’e’ una cosa in cumune che hanno tutti i corpi, una sola. Tutti hanno dello scotch serrato sulle labbra, con sopra incise a pennarello nero tre “X”. “Mmmph!!!” la donna si sta agitando come un verme, ha gli occhi spaventati e le vene che sporgono dalla fronte. 

Istintivamente, le strappo dalla bocca l’adesivo. La donna caccia un urlo e prende a contorcersi ancora di piu’ sul tavolo. Ho le mani coperte di sangue. Solo ora mi rendo conto di cosa ho fatto.

Le labbra della donna si sono sfracellate non appena ho tolto l’adesivo. La bocca e’ un vortice rosso e sanguinolento che ora stenta ad emettere suoni.

E’ troppo per me. Cado in ginocchio e rovino a terra mettendomi a vomitare. Tremo tutta, sento il pavimento gelato sulla guancia. E, seppur di traverso vedo la porta che si apre.

*

Mi accorgo solo dalle urla della donna che qualcuno e’ entrato nella stanza. “Cole...” sussurro con un filo di voce, mentre lo guardo spezzare in due il corpo della sua vittima.

*

Fuori piove. Sono sdraiata sul divano di casa mia, finalmente. Non riesco neanche ad alzarmi o a parlare per la stanchezza. L’incubo e’ finito, una volta per tutte. Che stupida sono stata. Forse sono stata stupida anche adesso, perche’ l’unica cosa che mi tiene stretta al divano sono delle cinghie dentate che affondano nella mia carne. E il motivo per cui non riesco a parlare e’ solo lo scotch bianco con tre “X” sopra che mi tortura la bocca.

 

  
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