Dopo averlo visto a teatro in lingua originale, anche se io di inglese so ben poco, ho deciso di rielaborarlo e dare una mia personale visione. Se volete lasciare un commento ne sarò ben felice, ma ringrazio anche solo chi legge.
Atto primo
E’ sera. Nel vicolo dietro il teatro
si trova Elaisa, la venditrice di fiori. E’ una
serata un po’ nebbiosa inglese. Il vicolo non è esattamente un luogo da
sogno, ma lo splendido tramonto lo rende magico. La ragazza sta morendo di
freddo. Solo prima è piovuto e lei si è riparata alla bene e meglio con il
coperchio di un bidone della spazzatura. Una tristezza non ben definita le
aleggia sul cuore. Sa che se non riuscirà a vendere i fiori, suo padre non la
farà nemmeno entrare nella catapecchia che chiamano casa. Sua madre è morta
quando era molto piccola e nemmeno la ricorda. In quel momento le porte del
teatro si spalancano. Ne escono eleganti signori con la tuba e in frac e donne
pompose, ingioiellate, con stupendi vestiti e pellicce. Una fitta di gelosia si
fa sentire nel cuore della ragazza. Vorrebbe anche lei appartenere a quel mondo
di sfarzo. Si riprende e comincia a fare quello che ha sempre fatto sin da
bambina. “Fiori. Vendo fiori. Chi vuole fiori?”. La cesta è piena
di splendidi fiori, che il freddo però sta rovinando. Come al solito nessuno le
da retta. Sono tutti troppo presi dalla frenesia. La ragazza spazientita
comincia a urlare con tutta la sua forza. Il commento di una riccona cicciona
arriva fino alle sue orecchie. “Urla come una lavandaia è il suo accento
è il tipico di una “popolana””. Elaisa
avvampa. Sa che è vero, ma non è colpa sua. Ha imparato la lingua da sola e
nessuno le ha insegnato a leggere. Uno di quei ricchi signori, preso dalla sua
corsa frenetica, le arriva addosso. Questi nemmeno si volta per chiedere scusa.
Lei, cade a terra, ma prontamente si rialza. Mette le mani sui fianchi e
comincia a urlargli addosso. “Maleducato! Lo sai quanto ci metto per coghiere sti fiori? Tutti i
scassasti!”. L’uomo non si ferma nemmeno ad ascoltarla. Lei, decisa
più che mai, lo insegue. Alzando un po’ la grande gonna, tutta
rattoppata, con le mani gli corre dietro. Una volta raggiunto, gli si piazza
davanti. “Ora tu me li ripaghi. Capisciti? O te lo spiego
altrimenti!”urla, mimando delle tecniche di box. L’uomo spaventato
da quella furia, si decide a comprare 34 della merce. Soddisfatta torna alla
sua postazione originaria, tornando a vendere fiori. Guarda i soldi e si rende
conto che ne ha guadagnati abbastanza non solo perché suo padre sia contento.
Li conta e riconta più volte per essere sicura. Ne ha racimolati abbastanza
perché possa comprarsi una barretta di cioccolata. Per la ragazza è una cosa
meravigliosa. Ama il sapore dolce-amaro del cioccolato, ma non se lo può
permettere. Gli occhi le se illuminano, già pregusta quel dolce sapore e ripete
quella magica parola a bassa voce. Quando la sua attenzione è catturata da uno
sconosciuto. Sta ridendo, ridendo di lei. Elaisa non
ama essere presa in giro, ma preferisce non discutere con quel tipo. Ha
un’aria decisamente losca. Ha un impermeabile che lo copre quasi
totalmente, mentre il viso è coperto da un capello. Accanto a lui c’è un
altro uomo, deve essere suo amico. E’ più alto, occhialuto e con un
aspetto non molto sveglio. “Deve essere il suo socio”pensò
preoccupata la ragazza. Anche Elaisa non è molto
alta, ma quello strano tipo che la prende in giro, è poco più basso di lei.
“Certo che saresti un ottimo studio”disse l’uomo smettendo di
ridere e rivolgendosi a lei. La prima cosa che la ragazza nota è la voce dura
che possiede. E’ una voce calda, ma con una nota pericolosa. Poi si
accorge del significato delle parole e si spaventa. “Che state a dì? Io
sono una signorina perbene”dice cercando di darsi un contegno. “Non
mi fraintende. Sono un professore di fonetica…”. Il suo amico lo
interruppe:”Il signor. Henry Higghins è uno tra
i più stimati professori. Ha un importante cattedra a Oxford ed è un
personaggio in vista”disse pomposo. “Smettila, così la spaventi.
Stavo dicendo che lei ha un modo di esprimersi molto “particolare”
e io…”. “Che sta incucchiando!”interviene,
stavolta Elaisa, alterata. Higghins
sbuffa. Per colpa del cappello che gli fa ombra sul viso, non si può vedere la
sua espressione. Però era veramente seccato da tutte quelle interruzioni.
“Pregherei ad entrambi di smettere di interrompermi. Riprendendo, io e Pickering abbiamo fatto una scommessa. Io sono fermamente
convinto che basti qualche lezione di fonetica per farla parlare come una
signorina dell’alta società. Riuscirei a trasformarla in una contessa
.Termini come: coghiere sti;
i scassasti; incucchiando (Li aveva segnati sul suo
taccuino NDA) non sono corretti sintatticamente parlando”dice usando un
tono formale. Elaisa lo guarda sconcertata.
“Per prendere ste lezioni devo ire a casa
vostra?”chiede preoccupata. “Vi stavo giusto chiedendo di seguirmi
nella mia dimora”. “Voi folle siete. Figurati se una bella ragazza
come me, vò con uno sconosciuto. Son per bene,
io!”. “Vi consiglio di accettare. Vi offrirei vitto e alloggio,
inoltre vi insegnerei un po’ di educazione”. La ragazza è
combattuta. Come può fidarsi del primo venuto, chissà che strane idee può avere
in mente. Però l’idea di un tetto e un po’ di cibo non è tanto
male. Solo fino a un attimo prima aveva sperato in un occasione simile. Per di
più anche se non farà di lei una contessa come ha promesso, almeno potrebbe
insegnarle a parlare come una commessa di fiori. “Mi sta bene, ma dovete
convincere mio padre”dice abbattuta. Suo padre non acconsentirà mai. Pickering si rivolge all’amico cercando di
dissuaderlo. “Non ne vale la pena. Lascia perdere, non ci riuscirai. Si è
fatto tardi,”. “Il solito uccellaccio del malaugurio. Lo sai che io
non mi arrendo mai. Comunque hai ragione, si è fatto tardi. Non c’è
nessun motivo per cui tu mi debba seguire perciò vai a casa, ci rivediamo
domani”risponde Henry come sempre sicuro di se. I due amici si salutano e
Higghins segue la ragazza. Elaisa
fa strada al nuovo conosciuto, anche se ancora non si fida. Se almeno riuscisse
a vederlo in faccia potrebbe capire meglio se ha cattive intenzioni. Pian piano
che procedono i vicoli si fanno sempre più sporchi, luridi e bui. Dal quartiere
più chic dove si trova il teatro, si passa alle slums.
L’uomo si ferma per dare dei soldi a un bambino. Questo colpisce
positivamente la ragazza. “Non conviene farlo. Se mostra soldi, arrivano
i ladri qui”dice lei preoccupata. “Non si preoccupi, mi so
difendere”. Per ogni evenienza non mostra il portafogli, gli dà solo
qualche moneta. Il volto del bambino si illumina e la ragazza comincia a
provare un moto di simpatia per il signor. Higghins.
Superano anche quei luoghi scuri. Camminano ancora a lungo. Arrivano a una
catapecchia in un pezzo di terra fangosa. La casa è circondata da cani
malaticci e dall’aspetto non molto sano. Quando vedono l’intruso
cominciano a ringhiare, ma smettono vedendo Elaisa.
La ragazza ha preso l’abitudine di sfamare i cani randagi e questi, dai
più pulciosi ai più belli, adesso vivono stabili davanti alla sua
“dimora”. La ragazza spinge la porta, che non è mai chiusa. Non
hanno niente che può essere rubato e quei cani fanno un ottima guardia.
L’odore di alcool e di fumo è pungente e aggredisce le narici, ma ormai
la ragazza ci ha fatto l’abitudine. Higghins,
abituato a ben altri ambienti, è a disagio, ma per educazione non ne fa parola.
Nell’oscurità, buttato su un vecchio divano sfondato, c’è un uomo.
Intorno a lui una gran quantità di bottiglie vuote e in bocca un mozzicone di
sigaretta. Ha la pancia grossa anche se il resto del corpo è magro, sicuramente
per cirrosi epatica. Lo sguardo non molto amichevole è marcato da delle folti
sopracciglia grigiastre. Non è molto grande di età, ma sembra un vecchio. Ha
pochi capelli bianchi in testa; il volto rugoso con macchie nere un po’
ovunque; una folta barba; i denti gialli in un silente ringhio; le mani che
tremano leggermente e dei vestiti sudici. Elaisa si
vergogna per suo padre, ma almeno non è completamente ubriaco. “Suppongo
che lei sia il padre di Elaisa”cerca di
iniziare un discorso Henry. L’altro non risponde, anzi fa finta di non
averlo sentito. Prendendolo per un buon segno, più che altro sperando che lo
sia, il professore continua. “Ho conosciuto vostra figlia questa sera. Mi
sono reso conto che presenta diverse lacune
linguistiche. Io sono un professore è potrei insegnarle a esprimersi
correttamente. Ovviamente offrirei alla ragazza vitto e alloggio…”
Quando, con voce gutturale e impastata di alcool, il padre di lei si insinua nel
discorso:”Se va portate chi porta i piccioli?”. Il suo tono è
visibilmente seccato e il suo modo di parlare è terribile più di quello della
ragazza. “Se è per i soldi, posso darveli io giornalmente. Però è un
occasione unica per vostra figlia…”risponde Henry, ma viene
nuovamente interrotto. Il padre di lei si è alzato per parlare. E’
visibilmente arrabbiato, la sigaretta gli è caduta di bocca e il suo sguardo è
furente. “Lei mia è, non me frega del suo futuro. Lei resta, è
mia”urla alterato. “Parlate di vostra figlia come se fosse un
oggetto. La ragazza forse merita di più di “questo””risponde Higghins, con un tono più duro rispetto a prima. “Lei
è mia”urla nuovamente. “Elaisa non è un oggetto. Ho intenzione di darle un
educazione che voi lo vogliate o no”risponde Henry cominciando a urlare
anche lui. “Io sono Alfred Doolittle un
"povero inutile" e voglio esserlo. Tenetevi quella stupida, tanto
stupida è per sempre”ringhia l’uomo. Poi, dopo aver fatto una
linguaccia alla figlia, cerca di picchiarla. Henry lo ferma. L’uomo ha la
forza di un animale, ma il professore dimostra di non essere solo un topo da
biblioteca. Dopo un po’ l’uomo si calma e Higghins
ed Elaisa si affrettano ad allontanarsi.