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Autore: Kokky    09/01/2009    10 recensioni
[Shadowhunters, Spoiler per chi non ha letto Città di Cenere]
Ambientata alla fine del secondo libro. Scritta qualche mese fa.
"Il rosso dei capelli di Clary veniva offuscato dal nero, i suoi occhi verdi scomparivano diventando pozzi, il suo volto asfissiava in quella oscurità.
Jace serrò le palpebre ancora di più. Fino a non pensare più a nulla se non al nero della notte.
Si addormentò, finalmente. La Clary che amava era stata sepolta dalla sua volontà inflessibile.
Doveva fare così, solamente.
Ma la sofferenza che sarebbe scaturita da quella decisione... sarebbe stata minore di provare un amore proibito, no?"
Genere: Triste, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« D’ora in poi per te sarò solo un fratello » continuò Jace, e intanto la guardava sperando di

vederla contenta, il che le fece venire voglia di gridare

 che le stava mandando in pezzi il cuore. « È quello che volevi, non è vero? »

Clary impiegò un bel po’ a rispondere, e quando lo fece la sua voce le sembrò un’eco che

proveniva da molto lontano. « Sì » disse, e sentì risuonare le onde nelle orecchie, e gli occhi

bruciarle, come per effetto della sabbia o della schiuma salata. « È quello che volevo. »

 

Epilogo ~ Shadowhunters; Città di Cenere

 

 

 

 

Just a Brother

[Jace e Clary]

 

 

 

 

Jace si rigirò nel letto, nervoso. Non riusciva a chiudere occhio, così si alzò e si mise seduto, le gambe piegate elegantemente vicino al petto.

Che cosa doveva fare?

Clary non gli rispondeva al telefono; Luke ripeteva che lei stava male, ma chi avrebbe potuto dire che non lo stava nuovamente evitando... per tutto quello?

Per i suoi sentimenti.

Serrò le mani a pugno, corrucciò le sopracciglia e si strinse alle gambe, poggiando la testa sulle ginocchia.

Non poteva di certo negare; lui era una di quelle persone che, per quanto fosse scomoda crudele ingiusta, diceva sempre la verità. Così era cresciuto ed era troppo tardi per cambiare.

Troppo tardi anche solo per smettere di sentire.

A cosa gli sarebbe servito mentire? A edulcorare la verità? A fingere con se stesso che tutto si sarebbe sistemato?

Tanto non si sarebbe aggiustato nulla.

Jace borbottò qualcosa e chiuse gli occhi d’oro per non vedere più la sua stanza meticolosamente ordinata. Sfregò il naso su un braccio.

Ciò che era peggiore... era il fatto che Clary non voleva tutto quello. Lei desiderava che tutti fossero felici, che la sua vita fosse normale; non poteva di certo amare suo... fratello. Jace lo sapeva fin troppo bene e, dentro di sé, era già pronto a decidere.

Avrebbe mentito solo un po’, a fin di bene.

Aveva capito che a volte si deve fingere. Per chi e a chi si tiene di più.

 

Si alzò dal letto e si spostò sulla poltrona. Quel luogo, tutta quella stanza, in qualche modo gli ricordava Clary.

Non c’era nullo di suo, questo era vero, ma proprio lì, sul suo letto, si era addormentata poco tempo prima. Con tutta la tranquillità del mondo, quasi come se averlo accanto la facesse sentire sicura... a casa.

Sei suo fratello, si disse, è ovvio che sia tranquilla.

Jace sospirò flebilmente. Ripensò ancora una volta al volto sorridente di Clary, alle ciocche rosse che le scivolavano sul viso, alle sue parole... avrebbero fatto male a chi gli voleva bene. E non sarebbe stato giusto.

Dovevano cancellare a poco a poco quel sentimento così forte, riuscire a tramutarlo in affetto fra fratelli; era così che doveva andare. Jace si disse che ce la poteva fare, che sarebbe andato almeno quello per il verso giusto.

Clary non si sarebbe più sentita in imbarazzo. Non avrebbe più dovuto soffrire.

Sarebbe stato la sua casa, e lei la sua; ma soltanto quello, solo fratelli.

Quella parola che ancora non riusciva a pronunciare con serietà. Che lo assillava.

Se avesse potuto cambiare il sangue... se solo fossero stati di due famiglie differenti...

Ma la vita non può andare avanti con i se; Jace sapeva che la realtà era dura, faticosa, ma altrettanto liberatoria.

Clary sarebbe stata sua sorella, si ripeté un’altra volta solo per essere un po’ più certo.

Con dolore, con la sofferenza che pareva pulsare al posto del cuore violentemente, chiuse di nuovo gli occhi di oro, con in mente impresso il vuoto più nero.

Ci sarebbe stato quello, per molto tempo.

Il rosso dei capelli di Clary veniva offuscato dal nero, i suoi occhi verdi scomparivano diventando pozzi, il suo volto asfissiava in quella oscurità.

Jace serrò le palpebre ancora di più. Fino a non pensare più a nulla se non al nero della notte.

Si addormentò, finalmente. La Clary che amava era stata sepolta dalla sua volontà inflessibile.

Doveva fare così, solamente.

Ma la sofferenza che sarebbe scaturita da quella decisione... sarebbe stata minore di provare un amore proibito, no?

 

 

 

Non si aspettava di trovarsi Clary di fronte. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe venuta lì, all’Istituto.

E invece stava dinnanzi a lui, con gli occhi verdi ancora più luminosi del solito. Chissà perché più sai che hai perso qualcosa, più la desideri.

Ma Jace distolse facilmente quell’idea dalla mente, e si concentrò sulle parole di Clary (e non sul suo volto, sul suo corpo, sul suo profumo...), risoluto a informarla della sua decisione.

Chiacchierarono per la strada senza alcun problema. Anche Clary sembrava accesa da una nuova luce, si era ristabilita del tutto dal combattimento.

Voleva dirgli qualcosa...

No, non quello; pensò. Bastava lui a dirlo, non voleva sentirlo di nuovo con la sua voce, con le sue parole, dalle sue labbra.

Avrebbe parlato prima lui.

Clary lo lasciò fare, un sorriso le illuminava ancora il volto. Ascoltò tutto quanto, Jace parlò e si liberò di quel peso e quasi si sentì meglio.

Aveva detto ad alta voce che lei sarebbe stata solo una sorella. Lo aveva fatto!

Clary disse che andava bene.

Jace sorrise. Finalmente era tutto risolto.

Le bugie le ripeti fino a un certo punto. Le pronunci per crederle reali finché non diventano tangibili anche per chi le ha create. Una dolce sicurezza, una protezione di illusioni.

Le bugie hanno le gambe corte, ma Jace non lo sapeva ancora. Non pensava che tutto ciò che avesse detto fosse finzione, lui voleva davvero che Clary fosse felice, e se non voleva l’amore passionale... avrebbe avuto ciò che desiderava.

Jace non sapeva che era solo per convincersi che tutto quello non andasse bene, e che l’amore fraterno fosse l’unica via... lui aveva sempre e solo detto la verità.

Non immaginava. Non conosceva l’essenza stessa del fingere.

 

 

L’aveva abbracciata. Tanto per dimostrare che sarebbero riusciti ad essere fratelli.

Era stato strano. Non si era riuscito a convincere, eppure aveva detto proprio quelle parole davanti a lei. Le aveva pronunciate.

L’abbraccio era stato pieno di agitazione. Jace la poteva sentire ancora scorrere sotto le vene. La sofferenza sembrava essere attutita dall’oblio della sua mente, dalla ferma e cieca convinzione che sarebbe andato come aveva detto lui.

Però l’agitazione dell’abbraccio la sentiva ancora. Come il profumo di Clary, lo ricordava perfettamente con la sua sfumatura fruttata.

Si diede dello stupido.

Guardò il suo letto con il tessuto teso e perfetto, il cuscino sistemato, l’assenza di qualsiasi cosa di disordinato. Ripensò all’abbraccio; ne era quasi ossessionato perché non riusciva a capirlo.

A comprendere quella sensazione che aveva provato e che ancora ribolliva.

Non voleva vedere, né capire. Perché lui aveva detto proprio quelle parole, quindi non poteva essere altrimenti.

Così, osservando lo stilo poggiato sul comodino accanto alla testata del letto, si disse che doveva essere stato qualcosa di futile. Di ininfluente. Qualcosa da dimenticare facilmente.

Questo avrebbe reso loro felici; avrebbe reso loro felici.

Distolse lo sguardo dallo stilo, chiudendo le palpebre con stizza. Non poteva più guardarlo.

La sensazione di quell’abbraccio con Clary, il primo di molte effusioni tipicamente fraterne, era fin troppo simile alle rune tracciate dallo stilo.

Erano come fuoco sulla pelle, e non potevano far altro che esistere nella loro elegante forma nera. Indelebili; lasciavano cicatrici bianche incancellabili.

 

E bruciavano troppo per essere dimenticate.

   
 
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