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Autore: Arain    11/06/2015    5 recensioni
ATTENZIONE SPOILER 10X23, POST FINALE DI STAGIONE
Dal testo:
“Dean si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva a mille. Si sentiva sudato fradicio, e quando si passò una mano sul viso avvertì la scia umida delle lacrime sulle guance. Scostò con una gamba le coperte e si mise a sedere sul bordo del letto, appoggiò i gomiti sulle cosce e si prese la testa tra le mani.”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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-Dean, papà ti ha mai preso a cavalcioni sulle spalle?-

Il ragazzino interpellato abbassa lo sguardo sul bambino di fianco a lui.

Sono seduti su una panchina, in un parco uguale a tanti altri, davanti ad un motel anonimo, in una piccola cittadina di provincia simile a tutte quelle che hanno visto negli ultimi sette anni; aspettano per l'ennesima volta che il padre torni a casa dopo l'ennesima caccia. Come al solito John si è raccomandato di non uscire dalla stanza, ma Dean ha pensato che la calda giornata primaverile fosse troppo bella per non uscire e far prendere un po' d'aria a Sammy, che secondo lui passa troppo tempo al chiuso.

Come sempre, non può fare a meno di sorridere, vedendo quel visetto reso dolce dall'età sotto la zazzera scomposta dei capelli castani. E non può fare a meno di pensare al bene che sente per il suo fratellino, un bene così grande che a volte gli fa male allo stomaco, come se il suo corpo non riuscisse a contenerlo. Allora, come sempre, nella sua testa si ripromette solennemente che lo proteggerà sempre da tutti i mostri che sta imparando a conoscere e a distruggere. Non ha mai avuto bisogno che suo padre glielo dicesse: Sammy è e sarà una sua responsabilità finché avrà vita. Quel morso che sente nella pancia glielo ricorda costantemente.

Dean viene riportato alla realtà da una mosca che gli ronza vicino all'orecchio. La scaccia con la mano e alzando gli occhi vede una scena che, per un attimo, gli fa riempire il cuore di malinconia: un uomo sta tenendo quello che evidentemente sembra essere suo figlio sulle spalle, mentre rincorre una donna minuta che lui pensa sia la madre. Tutti e tre ridono e si divertono, tranquilli nelle loro vite fatte di fragranti giornate al parco e ritorni sereni ogni sera alla stessa casa per cena.

-Deeeeeean, Dean ci sei? Deeeeean!-

Sam sbuffa, afferrando la mano del fratello per cercare di attirare ancora di più la sua attenzione.

-Che c'è Sammy?- Chiede Dean, che si è totalmente dimenticato della domanda del fratello.

-Ti ho chiesto se papà ti ha mai preso a cavalcioni sulle spalle.-

Il suo tono potrebbe sembrare normale ad una persona qualsiasi, semplicemente un bambino che fa una domanda innocente. Ma Dean riesce a percepire nella sua voce un'invidia trattenuta, quella tipica dei bambini che vedono qualcosa che vorrebbero tanto avere. Il suo cuore si stringe ancora di più, perché sebbene lui abbia solo quattro anni più del fratello ha già capito che loro non potranno mai avere una vita del genere; intuisce che quello che Sammy gli sta davvero chiedendo è se per loro sia sempre stato così, da motel a motel, da città a città, da stato a stato, o se c'è stato un prima in cui il letto dove dormiva la notte era sempre lo stesso. Prova a rispondere, ma deve prendere fiato un paio di volte prima di riuscirci, perché ha la gola secca.

-Mi... mi ricordo una volta, avrò avuto tre o quattro anni, papà era tornato prima da lavoro ... c'era questa fiera in città, con tutte le giostre e gli spettacoli di magia sai... e io volevo tanto andarci, così lui mi ha portato. Solo che ero basso sai, più basso di te ora, nanetto- Ride Dean scompigliando i capelli al fratellino, che cerca giocosamente di allontanarlo -dunque, essendo piccolo non vedevo nulla e mi sono messo a piangere. Così papà mi ha sollevato sulle sue spalle, e io allora potevo osservare tutto quanto e mi sentivo il re del mondo. Ho cominciato a ridere e scossavo talmente forte che per un attimo mamma ha temuto che...-

Dean si blocca, la voce improvvisamente svanita, la gola chiusa.

-Che cosa? Che cos'ha fatto la mamma?-

La voce di Sam è di nuovo accarezzata dall'invidia e dalla bramosia di sapere. Né suo padre né Dean gli parlano mai di sua madre, quello che sa lo ha estrapolato da frammenti di discorsi e dalle poche fotografie che si sono salvate dall'incendio.

Dean vorrebbe raccontargli di quanto bella, dolce, eccezionale fosse la loro madre, ma semplicemente non ci riesce. Le parole si incastrano in gola ogni volta e non riesce in nessun modo a spremerle fuori dalla bocca.

-Non mi ricordo più. Pazienza. Ehi Sammy, perché non vai a vedere se ci sono degli orsetti gommosi in quel chiosco?-

Dice invece, cercando di mantenere un tono neutro. Il bambino afferra un po' scocciato le monete che gli sta tendendo e si mette a correre verso il bar. Lui lo segue con lo sguardo e nota che la famigliola di prima si sta preparando per andare via dal parco. La luce del sole al tramonto scintilla sui capelli biondi della donna, e per un attimo, mentre è girata, Dean immagina che sia sua madre, che ora si volterà e gli sorriderà, mentre suo padre lo prenderà ancora sulle spalle per portarlo a vedere lo spettacolo alla fiera, e il suo cuore si fa di nuovo pesante. Poi i suoi occhi tornano su Sammy che sta parlando con il proprietario del chiosco, e il sorriso torna sulle sue labbra. Sorriso che si trasforma in risata quando il suo fratellino si mette a correre verso di lui sventolando come una bandiera la busta di caramelle...

 

 


La scena cambia e Dean è in piedi, fermo, mentre il suo mondo sta crollando. Sente suo padre e suo fratello che si urlano addosso. Come sempre, potrebbe pensare, ma dentro di sé sa che questa volta sarà diverso, che stanno raggiungendo un punto di non ritorno. Perché Sammy vuole andare al college, anzi sta già praticamente partendo, e in qualsiasi altra casa di qualsiasi città d'America quello sarebbe un motivo di gioia per un padre orgoglioso del proprio figlio. Ma non nella stanza puzzolente di uno squallido motel della California, non quando per vivere falsifichi carte di credito e imbrogli al tavolo da biliardo, non quando tuo padre fa il cacciatore di mostri e fantasmi per vendicare la morte di tua madre e ti ha cresciuto come un soldato ubbidiente. Sia John che Sam hanno i lineamenti stravolti dall'ira, ma il fratello è quello che lo colpisce di più: il suo viso, solitamente dolce e gentile, ora è rosso e pieno di rughe, come se stesse per esplodere, e la sua giovinezza non fa che accentuare questa impressione. Dean sente il suo cuore che si incrina quando suo padre alla fine urla: -Se esci da quella porta, non tornare mai più!- e Sammy esce sbattendo furiosamente la porta. Mentre suo padre va in bagno per cercare di sbollire la rabbia la riapre e nel buio della notte segue la figura sempre più piccola di suo fratello con lo sguardo. Vorrebbe andare con lui, assicurarsi che stia bene, continuare a proteggerlo dal male che sa essere in agguato in ogni angolo. Ma non lo fa. Lui esegue gli ordini di papà, lui è il suo bravo soldatino ubbidiente che non alza mai la testa.

Quella sagoma che si allontana sempre più lontana si sta portando via con sé anche un pezzo di lui, un pezzo del suo futuro, un pezzo della sua vita...

 

 


All'improvviso è adulto, in una macchina, e guarda disperato la stessa persona che era il bambino e poi il ragazzo, mentre ora è un uomo, che in certo qual modo conserva comunque un po' di quella dolcezza nel suo viso. Vede nei suoi occhi la stessa paura che lo sta agitando, ma sa bene, come lui, che deve tenerla a bada. Si volta verso il parabrezza della macchina e vede quello che sembra denso fumo nero farsi sempre più vicino. Sa che la macchina è irrimediabilmente impantanata, sa che non riusciranno mai a scappare. Allora guarda un'ultima volta il fratello, prima che il buio cali su ogni cosa.

 

 

 

 

 

 

Dean si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva a mille. Si sentiva sudato fradicio, e quando si passò una mano sul viso avvertì la scia umida delle lacrime sulle guance. Scostò con una gamba le coperte e si mise a sedere sul bordo del letto, appoggiò i gomiti sulle cosce e si prese la testa tra le mani.

Dalle tapparelle semichiuse filtrava la luce del sole di prima mattina e si potevano già percepire i suoni del mondo che si svegliava: lo stridio dei gabbiani, il trillo del campanello di una bicicletta, qualche voce che passava veloce vicino alla finestra.

Dean non sapeva perché si trovava lì. O meglio, sapeva di aver detto, quando lo avevano dimesso dall'ospedale, che avrebbe preferito andare a vivere vicino al mare.

Si ricordava solo due cose: il suo nome, e che voleva vivere vicino ad una spiaggia.

I dottori avevano detto che soffriva di una grave forma di amnesia retrograda, causata da cosa non lo erano riusciti a determinare. Era stato trovato un giorno da una signora che, portando a spasso il cane, l'aveva visto steso sulla strada, immobile, senza documenti, con gli abiti strappati e diversi graffi sul corpo.

Era stato in ospedale per un paio di mesi ma quando era stato chiaro che l'amnesia riguardava solo i ricordi e non la memoria sensoriale i medici avevano dovuto dimetterlo. Ora abitava da quasi quattro mesi in quella casetta vicino al mare. Gli avevano consigliato di provare a pescare, ma aveva scoperto subito di non esserci portato: le lunghe attese lo snervavano. Era stato quando all'infermiera che veniva due volte a settimana per controllare la sua salute si era rotta la macchina che aveva scoperto di essere un bravo meccanico. Così, in attesa di ricordare qualcosa, si era fatto assumere part-time in un'officina del posto. I pomeriggi li passava in spiaggia, a camminare sulla sabbia, cercando di sforzare la memoria, quasi sempre inutilmente. Solo la notte, a volte, aveva l'impressione che i suoi sogni in realtà fossero ricordi, ma erano così confusi che ormai non ci sperava quasi più.

Dean si alzò dal letto ed andò in bagno. Si guardò allo specchio e due paia di occhi verdi lo fissarono di rimando. L'abbronzatura aveva fatto comparire tante lentiggini su tutto il suo corpo, ed in particolare sulle guance. Aveva tagliato regolarmente i capelli, che erano biondo scuro, da quando era stato dimesso: secondo i medici poteva essere segno di un'educazione di stampo militare, ipotesi avvalorata anche dal fatto che la prima cosa che Dean aveva fatto quando era uscito era stata procurarsi una calibro 38. Diverse rughe di espressione decoravano il suo viso, che era stato stimato sui trentacinque anni. Ed anche abbastanza attraente, a detta delle infermiere.

Il suono improvviso del campanello fece sobbalzare Dean. Non aspettava nessuno, certamente non poteva essere un vecchio conoscente ed era troppo presto per il postino.

Uscì dal bagno e si avvicinò lentamente alla porta, infilandosi la pistola nei pantaloni per sicurezza. Maledisse la porta che non aveva lo spioncino e finalmente si decise ad aprire.

Si trovò davanti un uomo alto, molto alto, incredibilmente alto. Ciò che paralizzo Dean, però, fu il fatto che il viso dell'uomo era esattamente identico a quello che aveva appena visto nei suoi sogni.

Stettero a fissarsi per un po', in silenzio, senza muovere un muscolo.

Poi Dean chiuse di scatto la porta, le si appoggiò contro di schiena e scivolò fino a terra. Emozioni miste a ricordi lo sommersero. Si trovò travolto dal dolore, troppo intenso, troppo per un uomo solo, troppo per una vita sola. Sentì tutte le visioni che aveva avuto in sogno diventare ricordi reali, tangibili. Capì che se avesse aperto di nuovo la porta, se avesse lasciato che quell'uomo tornasse nella sua vita tutta quella sofferenza sarebbe entrata con lui. Quasi non lo sentì gridare, non lo sentì prendere a pugni la porta, implorare di farlo entrare. Il rumore sordo che gli riempiva le orecchie gli impediva anche di pensare.

Ad un certo punto urlò: -Vattene!- e i rumori cessarono.

Il silenzio improvviso lo destabilizzò.

Ora, nel suo cuore, nella sua testa, avvertì anche altro. Sentì tutto l'amore che lo legava a quell'uomo. Osservò di nuovo come da spettatore il pomeriggio al parco, quando erano bambini, e tornò a provare quel senso di malessere fisico al pensiero che accadesse qualcosa all'altro. Il suo cuore si spezzò di nuovo mentre rivedeva la sua figura allontanarsi nella notte.

Sentì che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per lui, anche offrire la sua vita. Sapeva che l'altro avrebbe fatto lo stesso.

Provò di nuovo il terrore che aveva sperimentato nell'auto mentre il buio lo avvolgeva. Si accorse che non era paura per se stesso, ma per lui.

Per il suo fratellino.

Si alzò rapido, seguendo il nuovo impulso che lo percorreva. Spalancò nuovamente la porta e sussurrò:

-Sammy?-

 

 

 

 

 

NOTE DELL'AUTRICE

Questa cosa è principalmente colpa di Betta. Per vostra informazione, sappiate che io ODIO le perdite di memoria, ma per colpa sua questo prosieguo per la prossima stagione mi è entrata in testa e non vuole più uscire. So, blame her.

 

Un ringraziamento speciale alla mia wifey Julia (aka impala_patronus http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=259540 leggete la sua storia che è bella <3)

Ringrazio anche Alice e Vale che sopportano i miei scleri e le ragazze del gruppo Destiel is on! anche se non è una Destiel perché sì.

   
 
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