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Autore: _malikseyes    12/06/2015    8 recensioni
“Fallo per me. E' il calciatore più forte della squadra e la sua immagine deve essere perfetta. Alla società non vanno bene le foto con una ragazza diversa ogni sera e i suoi comportamenti. Dobbiamo trovargli una ragazza che sappia tenergli testa almeno per un po'. Si tratta di qualche mese, il tempo di far capire che è cambiato e poi finirà tutto”
In che guaio mi stavo cacciando?
Sarei stata la fidanzata di Jonathan Filippi, il calciatore più forte del momento e la persona più arrogante al mondo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“Voglio ascoltare un po’ di musica” dissi d’un tratto.
“Che vuoi ascoltare?” chiese Jonathan che era steso affianco a me.
“Vasco Rossi” dissi guardandolo.
“Hai le cuffie?” chiese prendendo il suo telefono.
Presi la mia borsa e le cercai. Erano nascoste dietro un pacco di fazzoletti ed erano tutte intrecciate.
“Le ho ma devi scioglierle” dissi lanciandogli le cuffie. Lui sbuffò e le prese.
Mentre Jonathan cercava di farle ritornare normali mi guardai attorno. Era maggio ed era una giornata bellissima. Jonathan mi aveva portato in un parco di un paesino vicino Napoli di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Era bello, molto bello. C’erano fiori ovunque e c’era pace e tranquillità. Jonathan aveva portato una coperta, l’avevamo messa per terra e ci eravamo distesi.
“Ecco fatto! Che canzone vuoi ascoltare?” chiese passandomi un auricolare.
“Basta che sia di Vasco” dissi chiudendo gli occhi.
Albachiara. La mia canzone preferita.
“E quando guardi con quegli occhi grandi, forse un po’ troppo sinceri sinceri, si vede quello pensi, quello che sogni..” Jonathan tolse l’auricolare e cantò lui questa parte.
“Ogni volta che ascolto questa canzone ti penso” disse sorridendomi.
“Amore mio” dissi prima di baciarlo.
Ascoltammo Vasco Rossi per mezz’ora, mano nella mano, e cantavamo come i pazzi tutte le canzoni. Le persone ci guardavano male ma non ci importava. Mentre stavamo andando via una signora ci fermò.
“Beata gioventù, sempre a fare l’amore, sempre” disse sorridendo. “Quando io ero giovane mica potevo stare tutto il giorno con il mio fidanzato! Dovevo lavorare, mentre mo sempre a fare l’amore” disse andando via.
Io e Jonathan scoppiammo a ridere e ci baciammo.
 
 
 
“Jonathan te l’ho detto quaranta volte, ci sarò!” sbuffai.
“Te lo richiedo per esserne sicuro” disse alzando gli occhi al cielo. “Quindi sicuro che stasera ti vedo allo stadio?” chiese speranzoso.
“Oddio Jonathan, sì! Ci sarò” dissi alzando gli occhi al cielo.
“Bene, allora dammi un bacio così puoi andare a scuola” disse guardandomi sorridente.
“Niente bacio per lo stress” dissi facendogli la linguaccia.
“Non ti faccio uscire finchè non mi dai il bacio” disse mettendo le sicure alla macchina.
“Ti sto odiando” dissi alzando gli occhi al cielo.
“Sto aspettando” disse ridendo. Mi avvicinai abbastanza scocciata e gli lasciai un semplice bacio a stampo.
“Mi prometti che stasera ci sarai?” chiese bloccandomi.
“Jonathan, è la semifinale di Champions Leauge, non posso mancare! Te lo prometto” disse per poi sorridere. Si avvicinò e mi baciò, un vero bacio.
“Ora vai in classe che sei in ritardo” disse ridacchiando.
“Chissà per quale motivo” dissi facendogli la linguaccia e uscendo.
 
“Buongiorno prof, scusi per il ritardo!” dissi entrando in classe e andando verso il mio posto.
“Sei fortunata che ancora non cominciamo!” disse il professore di filosofia.
“La prossima volta entri prima invece che startene fuori con il tuo fidanzatino” disse la voce fastidiosa di Sofia.
“Mmh, qualcosa mi dice che qualcuno è geloso” dissi guardandola.
“Gelosa di te e lui?” disse alzando un sopracciglio.
“Comincia a farti gli affari tuoi allora” dissi sedendomi finalmente.
“Bene, finito lo spettacolino, possiamo cominciare ad interrogare” disse il professore facendo sbuffare tutta la classe.
 
“Allora stasera andiamo allo stadio?” chiese Niki mentre il professore di matematica interrogava due sfortunati.
“Si” risposi disegnando sul diario.
“Sicurissima?” chiese di nuovo.
“Ma che avete tutti? Anche Jonathan me lo ha chiesto quaranta volte” dissi sbuffando.
“Chiedevo solo” disse semplicemente Nicole ma sapevo che c’era qualcosa sotto.
“Sono sicurissima!” affermai per poi guardare il capolavoro che c’era sul mio banco. Avevo disegnato un fiore davvero bello.
“Manchi da parecchio al San Paolo” disse Nicole guardandomi.
Mi girai verso di lei.
“Lo so.”
“Come stai?” chiese facendo un mezzo sorriso.
“Bene” dissi riprendendo il mio disegno.
“Davvero bene?”
“Ci sto lavorando!” dissi girandomi verso di lei e sorridendo.
Avevo capito che allontanando le persone a me care, chiudendomi in camera, piangendo, non avrei risolto nulla. Se volevo stare meglio dovevo alzarmi, fare qualcosa e sentirmi in pace con me stessa. Cercai di uscire il più possibile. Alternavo le giornate con Jonathan e le giornate con Niki. C’erano momenti in cui volevo solo piangere ma cercavo di non farlo. Non volevo essere ancora debole, volevo cambiare ed essere forte. C’erano sempre momenti in cui piangevo ma c’era sempre qualcuno con me e questo mi aiutava tanto. Alternavo giorni in cui ero normale con giorni in cui ero triste ma la situazione era migliorata e mi sentivo meglio. C’era una nuova Aurora che stava piano piano uscendo fuori.
 
“Non vedo l’ora di arrivare allo stadio!” disse Nicole tutta sorridente.
“Da quando hai tutta questa voglia di guardare il Napoli?” chiesi abbastanza confusa.
“E’ la finale di Champions” disse titubante.
“Semifinale” dissi alzando gli occhi al cielo.
“Oh andiamo, è la stessa cosa” disse ridendo.
“Resta il fatto che non hai mai avuto tanta voglia di andare allo stadio” dissi sospettosa.
“Non apprezzi i miei progressi?”
“Mi nascondi qualcosa” risposi.
Lei sorrise e cominciò a parlare con mio padre.
 
L’atmosfera che c’era al San Paolo era unica, da brividi. I tifosi avevano realizzato una coreografia bellissima. L’andata era finita 0-0, quindi dovevamo vincere e non prendere nessun goal. Potevamo farcela. Dovevamo affrontare il PSG. All’andata entrambe le squadre avevano fatto una bella partita e nessuna delle due era riuscita a dominare sull’altra. Ora eravamo a Napoli e i nostri giocatori dovevano comportarsi da LEONI.
 
Dopo qualche minuto del primo tempo il PSG passò in vantaggio. Un bellissimo goal di Cavani al limite dell’aria. E dopo qualche minuto ci fu il raddoppio del PSG sempre con Cavani. Allo stadio eravamo tutti sconvolti. Nel giro di dieci minuti avevamo preso due goal. Vedevo il presidente che un altro po’ sveniva e il San Paolo che era diventato un casino assurdo. I tifosi cominciarono ad urlare di più per incitare i calciatori. Io ero sconvolta. Avevamo fatto degli errori, o meglio orrori, in difesa che non erano soliti del Napoli.
Dopo circa un quarto d’ora Mertens segnò il goal che riaccese la speranza in tutti. Aveva fatto un goal davvero spettacolare di testa. Il primo tempo finì così, 2-1. Jonathan aveva giocato abbastanza bene solo che non riusciva a segnare ed era abbastanza nervoso.
 
“Allora come hanno giocato?” chiese Nicole per avere dei chiarimenti.
“Dopo i due goal bene, prima malissimo. Non riescono a segnare però” disse passandomi una mano tra i capelli.
“Quindi cosa dobbiamo fare per andare in finale?”
“Fare altri due goal e cercare di non subirne altri” spiegai velocemente.
“Quanto è complicato il calcio” disse prendendo il suo cellulare e cominciando a mandare messaggi.
 
Quindici minuti dopo l’inizio del primo tempo il Napoli pareggiò la partita con un goal di Callejon. Abbracciai Nicole per la felicità. Avevamo ancora una possibilità e dovevamo sfruttarla.
Durante gli altri trenta minuti il Napoli dominò ma non riuscì a trovare il goal. Avevamo ormai perso le speranze quando Jonathan al 45esimo fece un goal bellissimo che lasciò tutto lo stadio senza parole. Lo stadio rimase in silenzio per qualche secondo ma poi ci fu un boato incredibile. Non si capiva più nulla. Tutti i giocatori, compreso il portiere, andarono ad abbracciare Jonathan. Jonathan dopo un po’ sciolse il mega abbraccio e si avvicinò correndo verso la tribuna. Alzò la maglia del Napoli e sotto aveva un’altra maglia con scritto “TI AMO”. Indicò prima la maglia e dopo me. Sorrise e ritornò a centrocampo per ricominciare la partita.
Ero immobile, non riuscivo a capire nulla.
Sentivo tutti gli occhi delle persone nella tribuna addosso e affianco avevo Nicole che sorrideva emozionata. I miei occhi si riempirono di lacrime e sorrisi. Mi amava. Jonathan Filippi mi amava. Ed io amavo lui. Ne ero sicurissima.
“Ecco perché stasera dovevi esserci” disse sorridendomi.
“Tu sapevi tutto! Stronza” dissi ridendo e abbracciandola.
Quando il Napoli finì non riuscì ad incrociare lo sguardo di Jonathan, tutti stavano festeggiando e non riuscivo a vederlo. Il Napoli era in FINALE! Ero forse la ragazza più felice dell’intero universo.
Andai fuori gli spogliatoi e dovetti aspettare mezz’ora prima di vedere finalmente il volto di Jonathan. Si era fatto la doccia e indossava la tuta del Napoli. Era sorridente e c’era qualcosa di fantastico nel suo sguardo.
“Devo dirti una cosa” dissi avvicinandomi.
“Cosa?” chiese sorridendo.
Stavo per parlare ma un signore dello staff si avvicinò e mi interruppe.
“Jonathan sei stato fortissimo! Un goal meraviglioso che ci ha portato in finale. Sei il migliore” disse dandogli una pacca sulla spalla.
“Grazie Mimmo!” disse Jonathan sorridendo. “Allora cosa devi dirmi?” chiese riferendosi a me.
Mi avvicinai piano al suo orecchio.
“Ti amo” sussurrai prima di baciarlo.
“Ti amo tanto anche io” disse dopo il bacio.
 
Festeggiammo tutti insieme la vittoria del Napoli in una sala che il presidente aveva prenotato per la vittoria. Mezza squadra  si ubriacò e io risi fino alle lacrime. Erano troppo divertenti. Hamsik approfittava dei giocatori che non sapevano bene il Napoletano e gli faceva dire degli insulti. Mertens era diventato un piccolo capo ultras, dava via ai cori e tutti lo seguivano cantando.
Verso le due e mezza la maggior parte dei calciatori si buttarono in piscina e ricominciarono a cantare inni da ultras.
 
“Ho detto a tua madre  che dormi da me così che tu possa andare a dormire da Jonathan, ti ho coperta io!” disse facendomi l’occhiolino.
“Hai fatto tutto tu” dissi ridendo.
“Sono o non sono l’amica migliore del mondo?” disse sorridendo.
“Non lo sei!”
“Ti odio” disse sbuffando e alzando gli occhi al cielo. La guardai e scoppiai a ridere. 
“Au, io sono stanchissimo, andiamo a casa?” disse Jonathan avvicinandosi.
Annuii.
Salutammo tutti con un saluto generale e andammo via.
“Oggi credo che sia stata la giornata più stancante da quando gioco a calcio” disse mettendo in moto la macchina.
“Ma anche una delle più belle” aggiunse subito dopo.
“Il Napoli in finale di Champions, sembra un sogno” dissi felice.
“Cioè hai parlato solo del Napoli e non della mia dichiarazione d’amore?”  disse alzando un sopracciglio e poi scoppiando a ridere.
“Mmh si?” dissi ridendo.
“Ho scelto la ragazza sbagliata!” disse sbuffando.
“Stronzo!” dissi dandogli un colpetto sul braccio.
 
“Voglio dormire” disse buttandosi sul suo lettone.
“Sono le quattro, penso che sia normale” dissi ridacchiando.
“Non ho le forze di spogliarmi” disse sbuffando.
“Muoviti, intanto io prendo una tuta e vado a cambiarmi” dissi avvicina domi al suo armadio.
“Basta che non te la porti a casa! Ti sei già presa due tute e non so quante maglie” disse alzandosi.
“Mi piacciono i tuoi vestiti” dissi facendo spallucce e avviandomi verso il bagno.
 
Quando tornai in camera Jonathan doveva ancora spogliarsi e si era ributtato sul letto.
“Oh andiamo Jonathan, mettiti il pigiama così possiamo dormire in santa pace” dissi dandogli colpetti sul petto.
Sbuffando si alzò e si spogliò. Davanti ai miei occhi. Non era la prima volta che vedevo il suo fisico ma aveva sempre un certo effetto su di me. Non riuscivo a capire come riusciva a spogliarsi davanti a me senza provare imbarazzo o altro.
“Sembra che tu non mi abbia mai visto così” disse ridendo.
Diventai rossa e mi buttai sotto le coperte. Jonathan mise un pantaloncino e mi raggiunse.
“Quando la smetterai di imbarazzarti per ogni minima cosa?” chiese avvicinandosi a me.
“Probabilmente mai” dissi girandomi verso di lui. Mi ritrovai il suo viso davvero vicino.
“Aurora io non so cosa ho ma quando ti guardo non capisco più nulla, davvero. Sei qualcosa di incredibile” disse guardandomi dritto negli occhi. “E sono follemente innamorato di te. Non ho mai amato nessuno così tanto e in questo modo. E mi sembra così strano, mai e poi mai avrei detto che mi sarei ritrovato ad amare una ragazzina irritante che preferisce Mertens a me” disse sorridendomi.
“E’ la prima volta che mi trovo a provare qualcosa di tanto forte per qualcuno. Ne so davvero poco dell’amore ma credo davvero di amarti” dissi guardandolo. Lui sorrise e mi baciò.
Ci addormentammo abbracciati, felici e innamorati.
 
Il mattino seguente mi alzai prima di Jonathan, verso le undici. Cercai di fare il meno rumore possibile e andai a preparargli la colazione. Preparai il latte caldo, gocciole e pan di stelle. 
“Buongiorno idiota” dissi per poi cominciarlo a baciare. Lui si svegliò e sorrise.
“Magari tutti i risvegli fossero così” disse con una voce ancora impastata dal sonno.
“Ti aspetto di là con la colazione” dissi andando in cucina. 
Mi raggiunse poco dopo con un volto assonnatto e i capelli tutti scompigliati. 

“Ma tra una settimana compi diciotto anni!” esclamò Jonathan mentre facevamo colazione.
“Non ricordarmelo” dissi sbuffando.
“Perché?” chiese confuso.
“Mamma già mi stava organizzando la festa! Non voglio festeggiare, assolutamente no. Al massimo andiamo a mangiare una pizza con la mia famiglia e Nicole, ma niente feste. Mi rifiuto di fare una festa” dissi sbuffando.
“Sei l’unica ragazza che non vuole festeggiare i suoi diciotto anni” disse incredulo.
“Sarà un giorno come gli altri, non mi cambierà nulla” dissi facendo spallucce.
“Sarai finalmente legale” disse facendomi l’occhiolino.
Alzai gli occhi al cielo e ridacchiai.
 
Dopo la colazione ci ributtammo nel letto, eravamo entrambi stanchissimi e volevamo ancora dormire.
“Ho troppo sonno” disse Jonathan sbadigliando.
“Anche io.”
“Dormiamo?” chiese con la faccia da cucciolo.
“Ma è mezzogiorno e mezza.”
“Mettiamo la sveglia alle due e poi ce ne andiamo a mangiare da qualche parte, ti prego” disse rifacendo la faccia da cucciolo.
“Solo se ce ne andiamo al Mc Donald’s” proposi.
“Ecco perché ti amo! Buonanotte amore mio” disse baciandomi la fronte.



Ciao ragazze!
Non sono mortaa, sono tornata! Per un mese non ho aggiornato e mi dispiace davvero tanto ma per il mese di maggio ho pensato solo a me e non me la sentivo di scrivere! Spero che possiate capirmi! Sono rinata, davvero. Il mese di maggio mi ha portato un po' di serenità e felicità, proprio nel momento giusto. Ho superato gli ostacoli che mi impedivano di essere serena e ho chiesto aiuto ai miei amici che mi sono stati vicini e mi hanno tirato fuori dal labirinto "della tristezza". Ora sono felice, serena e tranquilla. Mi dispiace davvero tanto non aver aggiornato durante il mese di maggio e per questo aggiornerò il prima possibile! Spero che voi mi possiate perdonare. Ora avrò anche più tempo per scrivere visto che la scuola è finita e cercherò di dedicarmi a queste storia di più. Mi è mancato davvero tanto aggiornare e scrivere.
Ringrazio TUTTE le ragazze che mi sono state vicine, ho letto le vostre recensioni e i vostri messaggi privato e ho pianto! Mi avete fatto sentire davvero speciale ed è anche GRAZIE A VOI se sono riuscita a riprendermi. Vi voglio bene e ormai siete come una famiglia per me! Siete le migliori, davvero.

Un grazie immenso va alle ragazze che hanno aggiunto la storia tra i preferiti\seguiti e ricordati. Un grazie ancora più immenso alle ragazze che recensiscono ogni capitolo e che mi danno ogni volta una gioia immensa. Ancora grazie alla lettrici silenziose, nella speranza che un giorno lascino una recensione.
Spero che questo capitolo vi piaccia, nonostante tutto.
Un bacio e alla prossima, I xx
Ps. Scusate gli orrori.

   
  
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