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Autore: cosechenonho    12/06/2015    4 recensioni
Sai, Valeria ha festeggiato il suo compleanno. Io dovevo essere lì a mantenerle il bicchiere. Sono quattro mesi che stiamo insieme. E sono quattro mesi che faccio l’amore pensando a te.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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In vino veritas

 
«Che cosa non rivela l'ebbrezza? Essa mostra le cose nascoste»

 
 


Matteo si schiarì la voce.
Il chiasso dei ragazzi brilli, i clacson premuti incessantemente, le urla delle ragazzine sfrenate, l’odore di erba, il tintinnio di bottiglie che cozzano fra di loro, sorrisi sinceri e alticci, baci di gente che non si vedeva da anni, il ronzio dei telefoni in vibrazione, le lamentele di chi è troppo vecchio e stanco e vuole dormire in santa pace.
Il tipico sabato sera.
Matteo continuò a schiarirsi la voce, cancellando e ricomponendo per l’ennesima volta il numero sulla tastiera del telefono.
Tre, quattro, zero...
Cancella.
Tre, quattro, zero...
Cancella.
 
Chiama.
«Pronto? »
«Pronto. »
«Matteo sei tu? »
«Forse»
«Matteo non voglio scherzare, sto guidando, lasciami stare. »
«Non riattaccare, aspetta. Ho composto questo numero mille volte prima di essere davvero sicuro di volerlo fare.
Ho fumato circa quindici sigarette, e non erano tutte mie. Le ho scroccate, come mi hai insegnato tu. Sai che non ne sono capace, ma la tua assenza e il fatto che non ci fossi più tu a farlo per me mi ha segnato, e sono dovuto crescere. Ho imparato da solo e Dio, ora potresti essere addirittura fiera di me. Non puoi vedermi, ma sto sorridendo come un scemo. E no, non sono le birre che ho bevuto prima, e nemmeno i bicchieri di spumante. Sai, Valeria ha festeggiato il suo compleanno. Io dovevo essere lì a mantenerle il bicchiere. Sono quattro mesi che stiamo insieme. E sono quattro mesi che faccio l’amore pensando a te. Pensando alla tua pelle, a quanto profumasse di quel bagnoschiuma che abbiamo comprato a Venezia. Ricordi, te ne eri completamente innamorata. E abbiamo fatto il bagno in quella schiuma profumata, insieme. Come due bambini che si divertono a riempirsi la faccia di bolle per poi lavarle via con i baci. E ci siamo amati come matti. Come folli. Un amore folle che forse ci ha distrutto.
E ora sono qui, distrutto e decisamente ubriaco. Ho un calice di vino in mano, quello rosso. Quello che piace a te. Dovremmo tornarci, a Firenze, e prendere una bottiglia di Chianti da bere in macchina. Senza bicchieri, senza vergogna, per poi fare l’amore, fra pedali e sedili troppo stretti per noi due.
Valeria è davanti a me e mi sta guardando. Mi sorride e voglio vomitare. Ma non è il vino a farmi girare lo stomaco.
Il vino mi sta facendo parlare, e sapevamo tutti e tre – io, tu ed il vino – che era ormai ora che parlassi.
Non ti amo, o forse non voglio dirtelo adesso. Mi sembrerebbe troppo scontato, banale, inutile ed anche un po’ ridicolo.
Mi manchi. E se ti dico che mi manchi, ti sto dicendo tutto.
Ti sto dicendo che un anno con te mi ha cambiato. Ti sto dicendo che mi hai lasciato un segno indelebile sulla pelle; qualcosa che non lavo via nemmeno col fuoco, nemmeno se strappo le nostre fotografie e poi le riattacco disperatamente. Qualcosa che non va via se continuo a ripensare a te ogni momento, costantemente, come un chiodo fisso al centro della testa.
Ho sbagliato e lo so. Sono stato troppo stupido, ma sono errori da bambini questi.
Perché alla fine so di esserlo, un bambino.
Sono quello stupido, quel Matteo che hai conosciuto al parco, quello che ti ha rotto gli occhiali per colpa del pallone. Lo stesso che ti ha portato a prendere il gelato due minuti dopo.
Lo stesso che era con te la prima volta che hai scoperto l’amore.
Lo stesso di Venezia, Firenze, i bagni a mezzanotte, le scopate al chiaro di luna, in auto, a casa di mia nonna. Lo stesso del vino rosso, delle guance rigate dalla pioggia, dei film strappalacrime e delle litigate eterne. Lo stesso che adesso ha preso questo maledetto telefono e ti sta aspettando, perché so che lo sai.
Sai che io so di appartenerti.
E, ripeto, forse è il vino che mi fa parlare.
Ma in vino veritas, e io sono qui, ad aspettarti come non ho mai fatto prima d’ora.
Sono Matteo, e forse sono un po’ ubriaco»
«Girati. »

   
 
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