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Autore: Cara_Sconosciuta    09/01/2009    16 recensioni
“Nome.”
“Kevin Jonas. Dove sono i miei fratelli?”
“Età.”
“Ventisei. Mi dice dove cazzo sono finiti i miei fratelli?”
“Non si agiti, il suo braccio è fratturato.”
“Me ne fotto del mio braccio! Voglio vedere i miei fratelli!”
“Potrà vederlo quando arriveremo in ospedale.”
“Vederlo?”
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stasera sono euforica senza motivo alcuno, per cui, appena finito il capitolo diciotto, ho deciso di postare questo... anche se ho appena aggiornato. Mi perdonate per l’anticipo? Sì, vero? Brave!

 

La Socia: lui respira dell’aria cosmica, è un miracolo di elettronica ma un cuore umano haaaaaa! Ma chi èèèèè? Maaaa chi èèèèèè????

 

Tutte le altre:  scusatemi, ma stasera non sono in grado di rispondere in modo serio... è da un’ora che rido senza motivo, quindi... do solo il benvenuto alle nuove lettrici, vi ringrazierò quando avrò recuperato le mie già limitate capacità mentali. Un bacioneeeee

Tempe

-Capitolo Sedici-

 

Some days I feel broke inside

But I won’t admit

Sometimes I just want to hide

‘cause it’s you I miss

You know, it’s so hard to say goodbye...

(Christina Aguilera, Hurt)

 

Quando vidi Kevin varcare da solo, senza Joe od Eliza a trascinarlo per mano, la cancellata grigia del cimitero, credetti di sognare. Già...solo che i morti non sognano...

Con passo un po’incerto e gli occhi bassi, si avvicinò pian piano alla mia lapide, grigia come tutto il resto, in quel posto orrendo e si fece il segno di croce, concludendolo con l’usuale bacio all’indice della mano destra ripiegato.

Un gesto che non gli vedevo compiere dall’ultima messa a cui siamo andati insieme, la mattina del mio ventunesimo compleanno.

Dire che si inginocchiò probabilmente non rispetterebbe la realtà dei fatti: sarebbe più corretto dire che si lasciò semplicemente cadere, ma, ad un certo punto, è davvero poi così importante essere sempre corretti allo sfinimento?

Lo è, in un momento come questo?

“Ciao, Nicky...” sussurrò alla pietra scura, senza trovare il coraggio di alzare gli occhi su quello stupido pezzo di ceramica stampata, sentendosi un codardo, senza sapere che il solo essersi recato lì, dopo anni di rifiuto, lo rendeva ai miei occhi l’uomo più forte del mondo.

Quindi... ciao, fratellone, bentornato.

“Io ti ho... portato questo. Lo so che è stupido, che non lo puoi vedere, ma...è per te, ecco.” Balbettò, posando sulla ghiaia bianca una microscopica chitarra in bagno d’argento.

Certo che ti vedo, scemo... e mi sta pure venendo da piangere.

“Vorrei...vorrei...dirti un sacco di cose... solo che...sono confuso. E solo. Dannatamente solo, Nick. Non so più aprirmi, non so più parlare... erano secoli che non ammettevo a me stesso che mi manchi, figuriamoci a qualcun altro. Però ora... ora non lo so cosa è successo. Mi sento diverso, mi sento più forte, più... me... per una donna, fratellino...tutto questo per una donna che nemmeno è ancora donna sul serio. Ho tanto sentito parlare dell’amore, ho Eliza e i suoi sentimenti sott’occhio da trent’anni...eppure non immaginavo che fosse così... non lo so... dirompente.”

È amore, Kevin, una delle forze che mandano avanti l’universo...come volevi che fosse?

“Ho sempre solo cercato di nascondermi dal mondo... ho una maschera, una maschera che mi ha sempre dato la forza di andare avanti, di nascondermi dietro alla strafottenza per non ammettere che io non ero più io senza di te, ma ora vorrei solo strapparmela di dosso, vorrei...”

“Kevin Jonas, alzati da quella tomba e smettila di parlare al vento.”

Kevin si voltò di scatto, senza alzarsi, ma rischiando, al contrario, di finire lungo tirato in mezzo ai sassolini candidi. La donna che si trovò davanti, sottile e nervosa, non più alta di un metro e quaranta, stringeva tra le piccole mani un mazzo di fiori di stoffa rosa e viola e portava una cuffia di lana azzurra a coprire i corti ricci bianchi.

 

Una cuffia azzurra come i suoi occhi. Familiari...

 

“Lei chi...”

“Jean Sheperd, signorino. Lo sai che parlar d’amore ai morti serve proprio a poco?”

“Sheperd...?”

“Sì, non sei sordo. Forza, da tuo fratello ci puoi venire quando vuoi, mia nipote è fuori in macchina senza niente da fare. Ci è già venuta a casa tua?”

A dir poco stupito, mio fratello si limitò a scuotere impercettibilmente il capo, mentre la signora Sheperd lo afferrava saldamente per un braccio, costringendolo ad alzarsi in piedi per non cadere.

“Signora, io non...”

“Vuoi lasciarla?”

“Ma non stiamo insieme!”

“Stavi dicendo a Nicholas che ti ha cambiato la vita.”

“Non parlavo di...”

“Una donna non ancora donna.” Ripeté lei, inarcando un sopracciglio.

“Lo sa che è violazione della privacy?”

“Perfettamente. E tu lo sai che è reato circuire una minorenne?”

“Io... sì.” Si arrese Kevin, passandosi una mano tra i capelli, gli occhi rivolti al cielo.

“E perché allora lo hai fatto? Non credo che tu voglia rischiare la prigione per una ragazzina.” Continuò la donnina, la voce un po’più dolce, posandogli una mano sulla spalla. “Kevin... perché lo fai?”

“Perché...perché l’amo.” Sussurrò, appena udibile.

“E allora vai da...”

“Ma ho paura.”

Jean sorrise, alzandosi quasi in punta di piedi per accarezzargli gli scombinati ricci scuri.

“Solo gli stupidi non hanno paura.”

“Ma io... io non sono capace di amare.”

“E come lo sai? Non ci hai mai provato.”

“Non...”

“Non lo sai, appunto. Fidati, Nicholas sarebbe d’accordo con me.”

“Ma...”

“Basta ma. Fila.”

“Signora, io...”

“Marsch!”

“Ma...”

“Sei ancora qui?”

 

Quando i giorni sono musica

Fermiamoci a sentire

Se sono muri salta di là

Se sono amori abbracciali

(i Pooh, Giorni Infiniti)

 

“Ciao.”

Martha rischiò seriamente di sbattere la testa contro il tettuccio della macchina al sentirsi salutare così all’improvviso e il cellulare verde sul quale stava componendo un sms cadde rovinosamente a terra. Poi i suoi occhi si posarono su Kevin che, un’espressione da adorabile mascalzone dipinta in volto, era appoggiato all’auto e le faceva cenno di abbassare il finestrino.

“Kevin...” Esalò, premendo sul pulsantino che apriva il vetro. “Che ci fai qui?” Riuscì a domandare, prima che lui si sporgesse all’interno a stamparle un sonoro bacio sulla guancia.

“Ti rapisco, no?”

“Che?...” Non fece in tempo a prolungare oltre la domanda, perché lui, in un lampo, aveva aperto la portiera, slacciato la cintura e le aveva passato un braccio dietro alla schiena e l’altro sotto alle gambe, portandosela al petto.

“Ho detto.” Bacio. “Che.” Bacio. “Ti rapisco.”

Bacio, ovviamente.

“Ma sei impazzito?”

Kevin annuì, convinto.

“Nel modo più assoluto.”

“Ma mia nonna...”

“Tua nonna sa di noi molto più di quanto ne sappia io. Ci vieni a casa mia? Mio fratello è fuori...”

“Io...”

“Ok, lo prenderò per un sì.”

Che ci volete fare, Kevin non è mai stato un talento nell’ascoltare.

 

Vivere

Per amare

Amare

Quasi da morire

Morire

Dalla voglia di vivere

(da Notre Dame, Vivere per amare)

 

“Accomodati pure.” Disse Kevin, chiudendosi alle spalle la porta dell’appartamento, mentre Martha si guardava intorno, stupita dalla semplicità dimessa di quella casa che si era aspettata essere molto più grande. “Vuoi bere qualcosa?”

“Un bicchiere d’acqua, se ce l’hai...”

“Un bicchiere d’acqua in arrivo per la bella signora!” Esclamò mio fratello, praticamente saltellando verso la cucina, facendo sorridere la ragazza con quella sua improvvisa allegria. Non le importava sapere che gli fosse successo quella mattina a scuola, perché le avesse mentito, facendola fuggire. Glielo avrebbe chiesto in un altro momento.

Forse.

Con un sospiro, si lasciò cadere sul divano, ignorando volutamente il preoccupante rumore di molle al limite della sopportazione che quell’operazione produsse, e ripose la borsa sul tavolino davanti a sé.

Un tavolino tondo di cristallo decorato che, in mezzo a quella totale miseria, faceva la stessa figura di un diamante in una stalla.

Nell’appoggiare la sacca multicolore, però, urtò un flacone che inizialmente non aveva notato, e lo fece finire rovinosamente in terra, spargendo pillole un po’ovunque.

A velocità razzo, si fiondò sul pavimento e raccolse tutte quelle che le riuscì di trovare, riinfilandole nella bottiglietta in fretta e furia, pregando che Kevin non tornasse dalla cucina proprio in quel momento. Fu solo quando il tappo di plastica bianca fu tornato al suo posto che la giovane si permise di fermarsi un istante a leggere l’etichetta.

E il suo cuore mancò un battito.

“Ecco qui!” Esclamò Kevin, sgommando sul pavimento liscio ed evitando per un pelo di rovesciare l’acqua. Martha sobbalzò, riponendo velocemente il flacone sul tavolo.

“Grazie!” Rispose, con un sorriso esagerato, prendendo il contenitore e buttandone giù il contenuto in un sol sorso, mentre lui la guardava, perplesso.

“Avevi...sete?”

“Eh già... tu... non bevi niente?”

Kevin si sporse un po’verso di lei, il mento appoggiato sulla mano destra, gli occhi verdi ridotti a due fessure e più penetranti che mai.

“C’è qualcosa che non va, Martha?”

“Ehm..no...niente, perché?”

“Perché hai la stessa espressione di Derek quando non ha studiato. Allora?”

“Non mi interrogare! Non sono una tua alunna, ora.”

“No, ma sei strana. Dai, non ti mangio... non ancora, per lo meno.” Aggiunse con tono appena più malizioso.

“Kevin, dai...” Ribattè lei, arrossendo violentemente ed arretrando un poco. “Non c’è niente che non va...”

In quel momento esatto, il flacone di medicinali, che era rimasto in bilico sulla stoffa della borsa, decise che cadere di nuovo fosse un’idea assolutamente brillante e rovinò sul pavimento, questa volta, fortunatamente, senza aprirsi.

“Oh.” Si limitò a commentare Kevin, rabbuiandosi un poco. “Allora è per quelle.”

Martha sospirò, lasciando che la propria schiena si appoggiasse del tutto al divano, e si ravviò i ricci biondi.

“Non ho fatto apposta... ho appoggiato la borsa e le ho fatte cadere. Sono quello che penso, Kevin? No, perché mia nonna a volte mette le caramelle nelle scatole dei medicinali e...”

“Mio fratello è morto. Quattro anni fa.”

“Ma...hai detto che era fuori casa...”

Kevin ridacchiò, pur senza un minimo di gioia. Dopotutto, io non ero e non sono esattamente un argomento facile da trattare...

“Joe è fuori, probabilmente ad affogarsi nell’alcool in qualche bar. L’altro mio fratello invece è in una tomba al cimitero centrale di Princeton.”

“Per... per questo eri lì, prima?”

Lui annuì, puntando lo sguardo in direzione di qualcosa di invisibile sul parquet.

“Sì, e per questo prendo gli antidepressivi. Non sono pazzo, Martha, ti prego, non ti spaventare.”

“Sai che la depressione è... è la prima causa di suicidi?” Chiese la ragazza, maledicendosi subito dopo per la stupidità delle proprie parole. Chissà perché le erano sembrate brillanti, prima di pronunciarle...

“Joe ci ha provato, quasi tre mesi fa. Io mai e credo...credo di aver passato il peggio. Grazie alla scuola...a te, ci penso sempre meno ogni giorno.”

“A... me?”

“Soprattutto a te.” Rispose Kevin, passandole un braccio intorno alle spalle ed attirandola a sé.

“Ma io non ho fatto...”

“Già il fatto che tu non sia scappata a gambe levate lasciandomi con i miei antidepressivi è qualcosa. E pensare che ti ho anche messo tre...”

“Non fa niente... i miei non considerano la musica esattamente una materia indispensabile...”

Kevin sorrise, posandole un bacio sui capelli chiari.

“A volte sembri Nick in un modo incredibile...”

“Nick?”

“Il mio fratellino.” Rispose Kevin, allentando un po’la presa su di lei e lasciando che fosse la mano di lei ad affondare nei suo ricci, attirandolo verso il basso.

“Mi parli di lui?”

“Non...non lo so, non credo di...”

“Fai quello che ti senti, giuro che non  mi offendo.”

Kevin annuì, rilassandosi nell’abbraccio di lei e posandole delicatamente il capo sul seno.

“Aveva cinque anni meno di me, suonavamo insieme. Nick era...semplicemente meraviglioso. Aveva una voce straordinaria e sapeva suonare qualsiasi strumento gli capitasse per le mani. Per lui la musica era...tutto, penso, l’essenza della vita stessa, in un certo senso. E ha avuto un destino...” L’accenno di un singhiozzo fece sì che le parole gli morissero in gola. Non aveva mai parlato di me con nessuno, prima... Martha lo strinse più forte, donandogli con quel semplice gesto il coraggio di continuare, di non aver più paura del dolore. “Ha avuto un destino per lo meno beffardo: anni e anni a lottare contro il diabete... per poi morire in un incidente.”

“Dio...” Mormorò la ragazza con un fil di voce. E lei che aveva pensato a qualche strano squilibrio mentale...

“Già, Dio... non ho creduto in lui per parecchio tempo, sai? Piuttosto insolito, per il figlio di un pastore, eppure avevo perso ogni motivo per farlo. Fino ad oggi.”

“Perché proprio oggi?”

A quella domanda, mio fratello si alzò quasi di scatto, tornando a sedere e prendendo le mani di Martha tra le proprie.

“Oggi ho capito che...”

“Bro, sono a casa.” La voce di Joe, stranamente non impastata di alcool, interruppe il discorso del fratello, costringendolo a spostare lo sguardo verso il basso per non urlargli addosso. Lo sapeva o no quanto gli era costato arrivare fin lì? Dire quelle parole?

“Ciao, Joe...” Soffiò, mentre questi si avvicinava al divano e squadrava Martha con aria critica.

“Vedo che te le scegli sempre più giovani, Kev... da dove viene questa? No, perché sai, sto pensando seriamente di provare anche io. Dopotutto, questo stupido voto non ha nessuna ragione d’esiste...”

“Joe, vattene.”

“Oh, dai, quante storie, come se le tue puttanelle avessero qualcosa di...”

Joe non fece nemmeno in tempo a realizzare che Kevin si era alzato che si ritrovò seduto sul pavimento, una mano a tamponarsi il labbro sanguinante, mentre Martha, ancora seduta sul divano, sgranava gli occhi, senza capire cosa fosse successo.

“Ma sei impazzito?” Sibilò Joe, appoggiandosi al muro per alzarsi in piedi.

“Non provare mai più a dire una cosa del genere di lei, è chiaro? Vuoi darmi del puttaniere? Bene, fallo, è la verità. Ma lei non la devi toccare nemmeno per scherzo. E sono serio.”

“Che fossi serio l’avevo capito dal pugno.”

“Vai via, Joe.”

“Me ne vado, me ne vado. E tu” Continuò, rivolgendosi a Martha. “Non so che diavolo gli hai fatto, ma se deve diventare così violento ogni volta, ti conviene stare fuori dalle...”

“Joe...”

“Va bene, ciao. Ma sappi che dopo dobbiamo parlare.”

Kevin annuì appena e aspettò che Joe uscisse dalla stanza, prima di tornare a parlare con Martha.

“Ti presento il mio caro fratellino Joe. Scusalo, è abituato a tutt’altro tipo di presenza femminile, qui.”

Martha annuì, sforzandosi di sorridere, ma fallendo miseramente.

“Sei gelosa.” Dichiarò allora Kevin, notando l’espressione di lei e lasciando che le sue labbra si distendessero in un sorriso che, malgrado la scena non proprio piacevole a cui aveva appena assistito, la fece sciogliere totalmente.

“Non è vero...”

“Oh sì che lo è. Sei gelosa.” Ripetè, pizzicandole una guancia tra indice e pollice della mano destra. “La mia bambina gelosa.”

“Dai, non sono una...” Le labbra di Kevin la interruppero, posandosi sulle sue. “...bambina.”

“Se lo dici tu...”

A quel punto, litigare su chi fosse una bambina e chi no, non era esattamente l’attività al primo posto nella lista di Martha, che si lasciò sospingere dolcemente verso il basso dalla mano di Kevin, posata all’altezza della sua spalla sinistra, tornando a baciarla in modo assolutamente non infantile. Un bacio diverso da quelli che aveva fino ad allora ricevuto da lui.

Più dolce.

Più adulto.

Più innamorato, se solo avesse osato arrivare a pensare una cosa del genere.

Che poi non sarebbe stata per niente lontano dalla verità.

Lasciandosi sfuggire un sospiro sorpreso e soddisfatto al tempo stesso, gli allacciò le braccia dietro al collo, stringendolo un po’di più a sé, senza lasciarlo finché non furono i suoi stessi polmoni a costringerla.

“Wow...” Esalò lui, sorridendo e posandole sulle labbra un piccolo bacio a stampo. “Forse davvero non sei una bambina.”

“Io te l’avevo detto.” Replicò lei, le guance adorabilmente colorate di rosso. “Senti... ora me lo dici, che hai capito oggi?”

“Come?”

“Prima mi stavi dicendo” Spiegò, accarezzandogli distrattamente i capelli. “che oggi è cambiato qualcosa...che hai capito qualcosa...”

“Oh...sai cosa? Penso che te lo dirò un’altra volta.” Affermò, senza lasciarle il tempo di protestare oltre, chiudendole la bocca con l’ennesimo bacio.

 

Continua...

 

 

   
 
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