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Autore: darkrin    13/06/2015    5 recensioni
C'è un processo alle porte dell'Ade.
Hai avuto una buona morte?, chiedono ed è una domanda retorica, ed è un inganno perché hanno già deciso, hanno già, ma -
(Silena/Charlie | death!fic e studio del personaggio di Silena | bonus: un sacco di Clarisse/Silena Brotp)
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Beckendorf, Chris Rodriguez, Clarisse La Rue, Ninfe, Silena Beauregard
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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So many note, so little time (semi-cit.):
- Intanto ringrazio Alexiel Mihawk per essersi sorbita i miei problemi iniziali con questa storia perché "voglio scrivere su Silena sul tema del logos di Creso e Solone, ma non lo so, non me lo ricordo, e  non ho tempo per leggerlo, soffro" e kuma_cla per essersi sorbita quelli durante la stesura tipo: "ma al Campo Mezosangue si possono cogliere i fiori?", "Charlie perché ti fai tutte queste pippe?" e "AIUTO, MI SI E' CAPOVOLTO WORD WINDOWS, COME FACCIO?" (sì, è successo davvero, no, non so cosa ho toccato).
- La storia è scritta in risposta ad un prompt: Percy Jackson: Silena, una buona fine, lasciatomi da kuma_cla per un drabble event su facebook, ma è stata scritta fuori tempo massimo ed è chiaramente non una drabble.
- L'idea iniziale era quella di scrivere un classico 5 + 1 con cinque volte in cui Silena mente e una in cui non lo fa, mettendo quindi solo le parti numerate da 1 a 6. Poi l'idea si è evoluta, le cose mi sono sfuggite di mano e questo è quello che ne è venuto fuori. È, ad oggi, la storia più lunga su PJ che io abbia mai scritto e sono un po' preoccupata. Spero di non essere andata troppo OOC. /o
- L'albero da cui Charlie strappa un ramoscello è il lillà, il cui nome latino è Syringa Vulgaris, da cui il nome della ninfa. Il significato del lillà bianco o crema è la purezza, la fanciullezza, l'innocenza e la giovinezza; quello della lavanda è: "il tuo ricordo è la mia unica felicità", diffidenza o anche devozione (trovati  qui, qui e qui.)
- Non ho letto il racconto con la storia dei fuochi d'artificio e quindi tutti i riferimenti sono frutto della mia fantasia. /o/
- Ho cercato di limitare un po' l'(ab)uso di flusso di pensieri che tendo a fare, quando scrivo, ma ho chiaramente fallito miseramente. Scusate. ;_;
- Sempre NO BETA, quindi segnalatemi qualsiasi svista, stafalcione.
- Ovviamente avevo dimenticato di scrivere delle cose perché ho la memoria di un pesce rosso sbronzo. Per quanto riguarda la caratterizzazione di Charles mi sono basata molto su quello che riporta wikia. Lo stesso sito afferma che Silena possiede l'abilità di cambiare il suo aspetto a suo piacimento. Altrove avevo letto che quest'abilità fosse in realtà frutto solo di supposizioni dei fan, ma ho deciso di darla per buona e quindi in questa storia ci sono diversi riferimenti a questo suo potere.
- La scena con i tre giudici è volutamente molto diversa da quella che viene riportata nel secondo libro degli Eroi dell'Olimpo


 
Storia di un altro eroe
 
 
 

 
«"E in base a quale criterio giudichi Tello l'uomo più felice?" E Solone spiegò: "Tello in un periodo di prosperità per la sua patria ebbe dei figli sani e intelligenti e tutti questi figli gli diedero dei nipoti che crebbero tutti; lui stesso poi, secondo il nostro giudizio già così fortunato in vita, ha avuto la fine più splendida: durante una battaglia combattuta a Eleusi dagli Ateniesi contro una città confinante, accorso in aiuto, mise in fuga i nemici e morì gloriosamente; e gli Ateniesi gli celebrarono un funerale di stato nel punto esatto in cui era caduto e gli resero grandissimi onori".
[…]
Vedo bene che tu sei ricchissimo e re di molte genti, ma ciò che mi hai chiesto io non posso attribuirlo a te prima di aver saputo se hai concluso felicemente la tua vita. Chi è molto ricco non è affatto più felice di chi vive alla giornata, se il suo destino non lo accompagna a morire serenamente ancora nella sua prosperità.»
(Logos di Creso e Solone, Erodoto)
 
 
 
0.
 
Per giudicare la vita di un uomo, spiegano i giudici con le loro maschere d’oro e le vesti di stoffa e polvere, per giudicare la vita di un uomo, continuano sui loro troni d’ombra, devi partire dalla sua fine. Dalla sua morte, dicono. E poi risalire tutta la vita, come fosse un fiume, risalirla fino a vederne le cause. Tutte le cose che hanno portato a quella morte, le spiega uno dei tre giudici che siedono alle porte dell’Ade. Iniziare dalle cose minori, per arrivare a quelle maggiori, aggiunge un altro.
Hai avuto una buona morte?, chiedono ed è una domanda retorica, ed è un inganno perché hanno già deciso, hanno già,  ma -
 
 
 
1.
 
«Charlie… Vedo Charlie» mormora ed era terrorizzata, oh, così spaventata dall’idea che Charlie potrebbe odiarla per quello che ha fatto, che potrebbe rinnegarla, ma Charlie sorride e le tende la mano. Da qualche parte Silena sente ancora il calore di dita che la sfiorano, sente singhiozzi e voci che la chiamano, ma c’è Charlie davanti a lei e Charlie le sorride e non la odia e –
 

2.
 
Le strade del Campo sono vuote, salvo per i vestiti e gli oggetti dimenticati nella fretta di partire per New York (c’è un orso di pezza mollemente appoggiato contro un albero, che la scruta con neri occhi di bottoni come a volerla accusare, a volerle ricordare che tutto questo deserto è solo colpa sua) e le Cabine sono state abbandonate con le porte spalancate come vecchi antri abbandonati e Silena sente un brivido correrle lungo la schiena.
Il Campo sembra già una città fantasma, un presagio di quello che accadrà se la sua missione dovesse fallire e Silena ha la spaventosa e disperata certezza che l’esito di quella guerra si basa sulla sua impresa e di non possedere alcun piano di riserva.
 
«No» afferma Clarisse, quasi con un ringhio, quando Silena finisce di parlare e di supplicarla. «Non ce l’ho con te, ma non m’interessa. Avrebbero dovuto pensarci prima di disonorarci a quel modo. E mandare te… Percy Jackson deve davvero prendermi per un’idiota.» conclude, prima di uscire dalla Cabina sbattendosi la porta alle spalle.
Silena sospira e Chris le lancia uno sguardo che è per metà una richiesta di perdonarla e per metà un: ci penso io, prima di correre dietro alla sua ragazza.
Per un attimo, Silena sente l’istinto di arrendersi, di accasciarsi nella baracca e lasciare la guerra nelle mani di chi è nato per combatterla, ma poi pensa a Charlie – Charlie che è morto per colpa di Crono, che è morto per salvare l’Olimpo e il cui sacrificio sarà vano se lei non riesce a portare la casa di Ares in guerra – e improvvisamente sa cosa deve fare. Non è in grado di combattere, ma sa mutare il suo aspetto perché somigli maggiormente a quello che desidera o a quello che le serve, a quello che vuole vedere il prossimo.
 
«Cabina di Ares» grida e sente il potere scivolarle nella voce, lo sente insinuarsi tra le parole e accarezzare, come le labbra di un’amante, le orecchie dei compagni di casa di Clarisse. Nessuno si chiede perché la sua voce sia così acuta, perché il tono e l’accento siano così diversi e Silena trae un sospiro di sollievo.
Si volta solo un istante prima di lasciarsi il Campo alle spalle – ed è così poco da Clarisse, guardarsi indietro, e spera che nessuno l’abbia visto farlo – e prega perché riescano a perdonarla per quest’ennesima bugia.
 

3.
 
«Mai più» mormora tra i singhiozzi, stringendo il ciondolo tra le dita. «Mai più… avevi promesso e mi hai ingannato e…» scuote il capo, con il corpo scosso da un singulto che sembra nascerle dalle ossa e le arterie e farle tremare il corpo come la terra sotto i piedi di un titano, e no, no, no ed è tutta colpa sua, solo sua, se non avesse parlato, se non avesse detto nulla, ma Luke aveva promesso e-
«Come desideri» mormora una voce che sembra sempre meno quella di Luke e sempre più quella di un serpente strisciante, di un mostro emerso dagli abissi del Tartaro. «Ma se smetterai di essermi utile, sarò costretto a svelare a tutti i tuoi compagni del tuo piccolo segreto e chissà cosa ne penseranno... Chissà quanto tempo impiegheranno ad abbandonarti. A lasciarti sola per sempre.»
Silena si porta le mani al volto, mentre si accartoccia nell’ombra, squassata da singhiozzi che non riesce a trattenere e vorrebbe urlare, vorrebbe mettersi le mani tra i capelli e strapparli e strappare tutta quella bellezza e quell’amore di cui i suoi compagni di casa sono tanto invidiosi e che non sono serviti a niente, che non hanno salvato Charlie, che non possono salvare nessuno.
 

4.
 
«Silena, mia cara, parliamone alla Casa Grande…»
E Silena non capisce, non capisce, non capisce e riesce solo a pensare che è colpa mia, colpa mia, colpa mia e sente il fiato mancarle e il cuore frantumarsi come uno stelo di lavanda.
 

5.
 
«Se mi aiuterai» le ha detto, «se mi aiuterai ti prometto che tu e Beckendorf sarete al sicuro, che quando Crono risorgerà sarete entrambi graziati» e Silena non riesce a smettere di pensare alle sue parole, al tono della sua voce, al peso della mano di Luke sulla sua spalla e allo sguardo che le aveva rivolto.
«Potrai proteggerlo» aveva concluso Luke, con una scrollata di spalle. «Se è quello che desideri» e Silena sa che Luke è  un traditore e che non può fidarsi di chi parla con una voce che somigliava a quella di due serpenti pronti a stringerla tra le loro spire, ma Luke non ha mai smesso di guardare Annabeth in quel modo e –
E lei non può proteggere Charlie in nessun altro modo.
 

6.
 
«È un buon piano» afferma Charlie, scuotendo piano le spalle, come se fosse una cosa da niente, come se lui e Percy non stessero programmando di infiltrarsi nella nave di Crono.
Silena si morde il labbro e gli stringe la mano tra le sue. Sente quelle tre parole che non gli ha mai detto pizzicarle la punta della lingua e per un attimo la sfiora la tentazione di lasciarle scivolare tra le labbra, di dirgliele e baciarlo e chiedergli di rimanere, di non andare, ma sa che Percy - che il Campo intero - ha bisogno di lui.
La sabbia della riva del lago le solletica i piedi e Silena poggia la fronte contro il petto del ragazzo.
«Non farti uccidere» gli chiede soltanto, cercando di infondere nelle parole tutto il potere che Drew possiede, tutto il potere che sua madre le ha dato, cercando di forgiarne uno scudo che lo protegga da qualsiasi male.
«Farò del mio meglio» afferma Charlie, passandole un braccio intorno alle spalle e Silena non ha bisogno di guardarlo per sapere che il ragazzo sta sorridendo.
Si promette di dirgliele al ritorno quelle parole che le pizzicano la punta della lingua con ancor più violenza, quando, tornando verso le cabine, Charlie si china a raccogliere una conchiglia bianca come una perla e glielo porge con un sorriso che gli fa comparire delle fossette agli angoli della bocca. Al suo ritorno, al suo ritorno glielo dirà, si ripromette Silena, ridendo, quando Charlie afferma:
«Niente ninfe, questa volta.»
Al suo ritorno, perché porta male dichiarare il proprio amore all’alba di una battaglia, quindi ingoia quelle tre parole come se fossero solo un altro filtro.
 

7.
 
La seconda volta che escono insieme («Finalmente quell’idiota ha tirato la testa fuori dal culo» afferma Clarisse con un ghigno, quando Silena le annuncia la buona notizia, prima di lanciarsi contro rinnovato vigore e un grido ferino contro l’avversario con cui si stava allenando), è strano ed imbarazzante.
È la giornata ideale per un appuntamento: c’è un cielo terso e una leggera brezza scuote le chiome degli alberi in fiore, Clarisse e i ragazzi della casa di Ares non hanno ancora attaccato briga con la casa di Apollo e anche i satiri sembrano essere meno agitati del solito. Quando mette piede fuori della cabina, dopo aver cambiato il suo aspetto solo una decina di volte, accompagnata da un centinaio di sbuffi di Clarisse e di versi estasiati dei suoi compagni di casa, Silena pensa, sentendo un piacevole formicolio – farfalle? – riempirle lo stomaco che, con un tempo del genere nessun appuntamento con Charles Beckendorf, può andar male. Viene fuori quasi subito che si sbaglia.
Per la prima mezz’ora, Charlie non fa altro che balbettare, guardarla di sottecchi e passarsi la mano sulla nuca e dopo innumerevoli e vani tentativi di portare avanti una conversazione («Quindi sei stato tu a costruire il fuoco d’artificio a forma di drago? Era meraviglioso!» «Era una cosa da niente...» «Oh, ma cosa dici? Era splendido e il modo in cui volava… per un attimo ho temuto che fosse vero» afferma con quello sguardo lì che vuol dire baciami o prendimi per mano o almeno voltati a guardarmi!, ma Charles si limita a grugnire un assenso e a girare il volto dal’altra parte, la parte dove c’è solo il lago che scivola placido accanto a loro e dove non corre il rischio di doverla guardare), Silena inizia a temere che il ragazzo stia cercando le parole per annunciarle che ha commesso un errore, che credeva che lei fosse diversa e non pensa che sia davvero il caso di continuare a vedersi. Che si è divertito a vedere i fuochi d’artificio con lei, ma non così tanto. Non come lei che ha avuto la sensazione di avere una di quelle farfalle di fuoco svolazzarle nello stomaco per giorni, dopo che Charles le aveva preso la mano tra le sue, sotto la pioggia di fiammelle multicolore in cui era esploso il drago.
«Silena» la chiama il ragazzo con voce incerta. «Mi dispiace.»
Silena sa già cosa sta cercando di dirle e solleva una mano, per interromperlo, per risparmiargli la fatica e risparmiarsi l’onta di essere l’unica figlia di Afrodite a non essere in grado neanche di tenersi il ragazzo che le piace.
«Charl…» inizia, ma lui scuote la testa.
«Ho sbagliato. So che avrei dovuto portarti un regalo, dei cioccolatini, dei.. Qualcosa. Non posso portarti fuori, ma almeno…» afferma, portandosi di nuovo la mano sulla nuca e lanciandole un sorriso imbarazzato. «I ragazzi mi hanno detto che avrei dovuto…»
I suoi occhi continuano a rifiutare di posarsi su di lei, preferendo saettare lungo la riva del lago, sui cespugli che la adornano e…
«Aspetta un attimo» esclama il ragazzo, prima di superarla con uno scatto.
Silena lo vede, come se improvvisamente Charlie avesse iniziato a muoversi al rallentatore, dirigersi a grandi falcate verso un albero, allungare il braccio e… oh, no, no, no.
«Charlie, no!» grida, ma Charlie ha già stretto le dita intorno allo stelo della pianta e l’unico effetto che Silena ottiene con il suo richiamo è quello di farlo sobbalzare.
Quando si volta a guardarla con occhi colpevoli e sorpresi, Charlie tiene tra le piante un ramoscello carico di fiorellini bianchi. Oh, no, è l’unica cosa che la ragazza riesce a pensare.
Charlie non fa in tempo a fare un altro passo che la quiete del sentiero su cui stavano passeggiando viene squarciata da un grido oltraggiato e una ninfa, con il volto contornato da ampi boccoli candidi, e il viso deformato da un’espressione di pura rabbia emerge dalle fronde.
«Come osi, sciocco mezzosangue?» strilla la ragazza, puntando le dita sottili come arbusti contro il ragazzo che, nonostante la superi di tutta la testa e qualcosa in più, indietreggia come se si trovasse di fronte ad una gorgone.
«Io…» mormora Charlie, sollevando le mani in un gesto di resa.
«Non potevi almeno chiedere per favore?» lo incalza la ragazzina, seguendolo con ampie falcate. «E non ti azzardare a far cadere i miei fiori per terra!» aggiunge con un grido stridente, quando vede la presa di Charlie farsa meno salda sul ramoscello, come se volesse abbandonarlo e fuggire.
«Io… non ci ho pensato» balbetta il ragazzo, continuando ad indietreggiare fino ad andare quasi a sbattere contro Silena che deve mordersi la lingua per non scoppiare a ridere dell’assurdità della scena e poi a piangere perché dopo una cosa del genere, Charlie sarà ancora più certo di non volerla più rivedere.
«Ma certo che no, perché tanto vi è sempre tutto dovuto, non è così?» sbotta la ninfa.
«Syringa» la richiama Silena, decisa a tentare di salvare il suo quasi (ex?) ragazzo dalle delicate grinfie della ninfa, prima che il rumore possa attirare altri spiriti dei boschi e fauni pronti a fare la festa a Charlie.
«Syringa, ci dispiace. È stato un errore» mormora la figlia di Afrodite, con lo stesso tono che userebbe per placare un bambino o un animale spaventato.
«Silena» quasi ringhia la ninfa, posando su di lei i suoi occhi furiosi. «Credi che io sia una sciocca? Non si staccano rami per sbaglio!»
Silena non indietreggia e non mostra alcun timore di fronte all’ira della ninfa, rimane salda sul posto, con la schiena dritta e la testa alta, e Charlie non può fare a meno di ammirarla ancor più di prima. E di vergognarsi mortalmente perché non sarà mai alla sua altezza.
«È stata colpa mia» afferma Silena e Charlie vorrebbe gridare che no, non è vero, ma la ragazza non gliene dà il tempo. «Voleva mostrarmi la tua fioritura e io l’ho spaventato e… perdonaci, Syringa, è stato solo uno spiacevole incidente. Ti prometto che presteremo più attenzione, la prossima volta.»
Charlie può leggere negli occhi di Syringa che la ninfa non è certa di poter credere a quella parola, che si è resa conto che c’è qualcosa che non combacia con la scena a cui assistito, ma c’è qualcosa nell’aspetto di Silena e nella sua voce che fa sì che la sua ira perda mordente e i suoi tratti si ammorbidiscano in un’espressione solo leggermente scocciata.
«Immagino di non poterci fare niente, se è stato un incidente» afferma. «Ma che non accada più!» conclude con tono minaccioso, sventolando un dito verde sotto al naso di Silena che annuisce con un sorriso.
«E tu…» continua Syringa con tono aspro, voltandosi verso Charlie. «Non voglio mai più vederti vicino al mio albero!»
Charlie è così sorpreso, che per un attimo si dimentica di dare qualsiasi segno di assenso e il volto della ninfa inizia a rabbuiarsi nuovamente. È solo quando sente la leggera pressione delle dita di Silena che si stringono intorno al suo braccio che Charlie inizia ad annuire quasi convulsamente.
E, per Zeus!, quanto è ridicolo.
 
Nel tragitto di ritorno, Charlie è così imbarazzato che si rifiuta di alzare il capo da terra – e, oh, wow! Quanto sono interessanti queste pietre. E guarda, delle formiche! - e non riesce a spiccicare parola se non per vomitare un insieme di scuse sconnesse («Mi dispiace, volevo solo darti dei fiori perché… è così che si fa ad un appuntamento e non ti avevo portato niente e… non ho pensato. Avrei dovuto. Mi dispiace»). Silena si limita a stringere, per un istante, la presa delle dita intorno alla sua mano – e quando si erano dati la mano? Non aveva neanche controllato di non avere la pelle sudata, chissà cos’avrebbe pensato Silena, l’avrebbe sicuramente trovato disgustoso!
È stato sicuramente il primo appuntamento peggiore che si sia mai visto al Campo Mezzosangue ed è stata tutta colpa sua.
Per gran parte del tempo, non era riuscito a spiccicare più di tre parole consecutive perché Silena era così bella e gli sorrideva e lo aveva lodato e Charlie non aveva idea di cosa dovesse fare. Doveva ringraziarla? Dirle quanto fosse bella quel giorno? O sarebbe stato come dirle che di solito non lo era? E lo era, oh, se lo era.
Quasi subito aveva a iniziato a rimpiangere la compagnia della sua fucina, delle presse da forgiatura e dei magli perché erano infinitamente più semplici di Silena e dei suoi sorrisi e delle parole che Charlie non riusciva a trovare da nessuna parte nella sua testa, nonostante le cercasse in ogni modo. L’unica volta che era riuscito a mettere, finalmente, in fila due pensieri, era giunto alla geniale conclusione che staccare un fiore da un albero per farne dono a Silena fosse una buona idea. Come se fosse così stupido da non sapere che certe cose erano concesse solo ai figli di Demetra, che avrebbe almeno dovuto chiedere il permesso.
 
«Nessuno si era mai messo contro una ninfa per me» afferma Silena, con un sorriso, quando si fermano davanti alla soglia della decima casa.
Di fronte alla cabina di Afrodite e al rumore dei compagni di casa di Silena, che filtra attraverso le tende chiare, Charlie abbassa ancor di più lo sguardo sul terreno. Si è coperto ridicolo per tutto il pomeriggio e sicuramente Silena non vorrà più vederlo.
«Nessuno l’aveva mai fatto per me» continua la ragazza, inclinando il volto per poterlo continuare a guardare negli occhi. «È stato molto romantico» conclude, prima di schioccargli un bacio, leggero come il tocco delle ali di una farfalla, sulla guancia.
Charlie rialza il capo di scatto, sorpreso, e il sorriso di Silena è lì ad attenderlo.
Sta ancora cercando le parole per poter iniziare a balbettare una domanda, quando le labbra di Silena si posano sulle sue e Charlie sente il cervello spegnersi come le braci della forgia, quando alla sera lasciano tutti la fucina per tornare nella loro cabina, ed è grato di non dover più pensare, di non dover più parlare.
È grato che Silena lo stia ancora baciando.
 
 
 
0.
 
Hai avuto una buona morte?, chiedono ed è una domanda retorica, è un inganno perché hanno già deciso, hanno già –
ma Silena si trova a rispondere, si trova a parlare prima di potersi fermare.

 
   
 
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