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Autore: Ink_    13/06/2015    1 recensioni
Incastrato nel ruolo del Profeta, Chuck Shurley tenta di dirottare le sorti dell'umanità verso un finale definitivo diviso tra il desiderio di mettere un punto fermo ad una storia vecchia quanto il mondo e i propri demoni.
I fratelli Winchester potrebbero - per una volta - non opporsi al volere divino.
"Per quanto ne sapeva avrebbe potuto essere anche pieno giorno e le ombre che si rincorrevano lungo le pareti filtrando attraverso le persiane sbilenche avrebbero potuto essere minacciose nubi temporalesche smosse da un forte vento;
piacevole illusione considerando che le ombre che sfumavano i simboli di protezione frettolosamente scarabocchiati sulla carta da parati erano il via vai burrascoso di mille demoni – incazzati, tra l’altro, cosa a cui Dean non riusciva a dare un senso visto che parevano divertirsi come bambini allo zoo – che si agitavano nel cielo come un’unica enorme – incazzata – nuvola nera [...]"
Genere: Angst, Horror, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chuck Shurley, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Quinta stagione
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“L’ultimo distante eco di un soldato steso sul campo di battaglia, con le gambe spezzate e ancora troppe guerre da combattere; una sommessa preghiera recitata con occhi gonfi di pianto tra le mura della cappella di un ospedale: prenditi cura di Sammy, ti prego”
 
 
Si fermò a rileggere l’ultimo paragrafo complimentandosi per le suggestive similitudini che aveva descritto mentre versava due dita di Jim nel bicchiere.

Tra tutte le invenzioni degli esseri umani le cappelle colorate incastrate fra le mura immacolate degli ospedali erano tra quelle che meno apprezzava: se non riusciva a percepire con già troppa chiarezza sulla propria pelle le vicende che quelle strutture ospitavano quotidianamente – vita, morte e miracoli sarebbe stato il caso di dire – quelle piccole alcove illuminate dalla flebile fiamma dei lumini fungevano da amplificatori: per ogni anima travagliata costretta a letto ve n’era almeno una seconda che con sguardo implorante si rivolgeva a Lui.
Ogni piccola candela, ogni macchia di cera sul pavimento, ogni cerino consumato, una vita. E Lui, impotente, veniva quotidianamente investito da suppliche e preghiere, maledizioni e ringraziamenti.

Quella volta però, l’unica preghiera che Dean Winchester avesse mai lasciato varcare la soglia delle sue labbra (escludendo una lunga serie di precedenti ed invane invocazioni) non era rivolta a Lui.

Chuck ne era rimasto vagamente colpito, Dean Winchester avrebbe pregato altre volte dopo quel giorno, già lo sapeva, ma sapeva anche che tutte le sue successive suppliche sarebbero state velate da un leggero strato di minaccia, ma non quella, no quella fu l’unica – sacra, limpida, sincera – preghiera che Dean Winchester avrebbe mai pregato e ancora gli veniva da sorridere ripensando che non era nemmeno indirizzata a Lui stesso, ma a Dean stesso. Non aveva mai avuto una gran fede Dean Winchester, fede che si sarebbe definitivamente estinta insieme alla voglia di vivere e ad una cassa di whiskey dopo che Sam l’avrebbe abbandonato per inseguire l’utopia di una vita normale, ma aveva fiducia.

Perché Dean Winchester l’aveva capito da un pezzo che la “fede” è solo per ciò che non si conosce – ragionamento controverso sapendo che per natura la razza umana teme ciò che è a lei sconosciuto – mentre la “fiducia” è per ciò di cui si ha la certezza e per Dean Winchester poche cose erano una certezza, ma Sam, era la prima.

Pertanto Dean Winchester aveva avuto fede in Sam, perché Sammy con la sua testardaggine e la sua determinazione ce l’avrebbe fatta e aveva avuto fede in se stesso, si era ripromesso che avrebbe vegliato sul fratello, gli aveva tenuto la mano e gli aveva scostato i capelli dalla fronte quando il sudore dovuto  a fervidi incubi li aveva appiccicati; aveva assistito impotente a quello spettacolo vittima lui stesso di un orribile sogno ad occhi aperti, intrappolato in una realtà dove John era chissà dove e Sam era in coma tormentato da incubi di qualcosa da cui Dean non era stato capace di proteggerlo. Si era detto che mai e poi mai avrebbe permesso che qualcosa accadesse nuovamente a Sam, promessa vana, ma Dean Winchester questo non poteva saperlo.

Guardando indietro nella sua pressoché eterna esistenza, Chuck si fermo su quel particolare frangente dove, in un atto di malsano altruismo aveva dato una spintarella a Sam Winchester, facendolo tornare alla realtà del Mary Lanning Memorial Hospital di Hasting, Nebraska. Chissà poi per quale ragione si era convinto che in quel modo – con un piccolo miracolo – Dean Winchester avrebbe riacquistato un po’ di fede, invece, con quella peculiarità che l’aveva sempre distinto, Dean Winchester si era incazzato e aveva maledetto se stesso e chiunque l’avesse indotto a rifugiarsi in quella cappella per mettersi a parlare ad un crocifisso vuoto, perché quando era tornato nella stanza di Sam invece di gridare al miracolo aveva gridato e basta.

Quasi gli veniva da ridere nel ricordare come l’espressione di Dean Winchester si era spenta fino a sembrare infastidito dal fatto che Sam fosse sveglio, era l’esatto contrario ovviamente, ma Chuck aveva impiegato qualche secondo per comprendere cosa avesse scatenato quella furia gelida; poi aveva realizzato che Dean Winchester ce l’aveva a morte con se stesso per non essere stato quando Sam aveva aperto gli occhi, per non essere stato lui la prima cosa che avesse visto dopo i neon ronzanti, per non essere stata la sua di voce quella che aveva sentito ma quella dell’infermiera che l’aveva accolto con un’ automatico “Buongiorno dormiglione” primo di affetto e umore, perché semplicemente non era lì con lui.

Tornò con lo sguardo sullo schermo del laptop tornando al contempo alla realtà e si chiese se forse non avrebbe dovuto lasciar morire Sam Winchester lì, quando Crossroad Blues era una canzone strimpellata alla chitarra e nient’altro.

«Gli avresti fatto un favore» disse ad alta voce, spezzando il silenzio della cabina fino a poco fa interrotto solo dal ticchettio dei stati del computer.“Forse sì, forse no, comunque sia è troppo tardi per tornare indietro”

Esalò un respiro tremante, premendo gli indici sulle tempie: “E allora? ”

“E allora vai avanti”

“Come? ”

“Lo sai come. E’ già stato deciso, il tuo compito è solo quello di trascriverlo. L’hai detto tu, ambasciator non porta pena”

“Ma se lo meritano davvero?”

“Cosa? Un punto e a capo definitivo? Anelano a mettere fine a questa storia quasi quanto te”

“Io non volevo che finisse così”

“Non sei tu a decidere, Chuck Shurley”

“Questo lo so bene, è solo che dopo tutto quello che a cui li hai costretti … Meritano di meglio”

“Credevo non ti importasse”

Sentì nuovamente l’eco di una risata, divertita questa volta: “Si chiama empatia, stronzo”

“Andiamo Chuck, cosa c’è di meglio della fine?”

“Ma non così! ”

“Così come?”

“Tutta una vita succubi di qualcosa più grande di loro, non hanno mai avuto una scelta, capisci! Tutto era già stato scritto, l’incontro tra i genitori, Michael e Lucifer, l’Apocalisse … Non hanno mai vissuto davvero”

Dall’altro capo ci fu un breve attimo di silenzio.

“Se davvero sei empatico come ti descrivi allora lo saprai che sono esausti. Cosa vuoi? Che si ritirino? Non accadrà mai Chuck, non si fermeranno mai, combatteranno fino alla fine, moriranno da eroi, sacrificandosi per salvare un mondo che non li ha mai voluti. E’ questo che meritano secondo te? L’ennesimo sacrificio? E poi? Ne arriveranno altri e tu lo sai. Non finirà mai se non così. ”

“Così come?! ”

“Così come vogliono loro”

“Loro non vogliono un bel niente! Non possono volere, non possono avere pretese su una vita che non hanno mai vissuto davvero! Sei tu a decidere, sei sempre stato tu … Sono marionette e nient’altro”

“Chuck, ti prego, mettiti nei loro panni e – “

“Ho vissuto tutta la loro vita! Conosco la storia di ogni cicatrice, di ogni bicchiere svuotato, conosco ogni parola non detta, non dirmi di mettermi nei loro panni!”

L’eco di un sospiro stanco.

“Lo capisco Chuck ma- “

“No! Tu non capisci nulla – “

“Io! Io ho scritto quella storia! Tu potrai anche aver sanguinato con loro ma io! Io ho dovuto scegliere di farli sanguinare. Ora, io decido che ne hanno avuto abbastanza”

“Allora finirà così? Nell’anonimato? E’ giusto? “

“E quello che avrebbero voluto. Soli, insieme “

E allora?

Allora è finita.







 
   
 
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