La Calime Black Production presenta
“ Elsa is the new Cinderella „
«Vostra
Altezza, il cristallo è il più
puro che abbia mai visto e i diamanti i più brillanti mai
estratti! Sono scarpe che soltanto una sovrana di purissimo sangue blu
potrebbe indossare. Con queste – queste – indosso
ogni nobile cadrà ai vostri piedi!»
“… Così poi dovrò
annullare
il ballo per ospiti feriti” pensò Elsa
con uno
sbuffo annoiato. Da quando l’aveva ricevuto nella stanza del
guardaroba – subito dopo aver congedato la sarta reale
–, il Mastro Calzolaio non smetteva più di
cianciare: come se ci fosse stato veramente bisogno di convincerla ad
effettuare l’acquisto! Aveva ordinato abiti e accessori mesi
addietro, pagando il tutto anticipatamente, in vista del ballo che si
sarebbe tenuto il mese successivo per il compleanno della principessa
Anna.
Forse l’uomo voleva soltanto pavoneggiarsi per un lavoro che
considerava il migliore della sua carriera; tuttavia, alla Regina di
Arendelle non interessava certo se le scarpe fossero fatte di volgare
cuoio o puro cristallo: servivano soltanto affinché non
girasse scalza per il castello e il regno.
D’altra parte, l’apparire contava più
dell’essere e in quel caso – odiava ammetterlo
– indossare preziosi abiti intessuti con gemme, gioielli di
alta oreficeria e – sì – scarpette di
cristallo, avrebbe accresciuto la stima e il timore degli alleati nei
confronti di Arendelle.
Come se già non la temessero abbastanza.
Mostro…
Quella parola le causò un brivido lungo la schiena e
null’altro. Percepì il vuoto dentro di
sé, nessun apocalisse in atto, nessun formicolio alle mani
e, abbassando lo sguardo, il pavimento le rimandò la propria
immagine distorta per quanto era stato lucidato. Elsa, allora,
tirò un sospiro, intimamente soddisfatta di come
quell’epiteto non le facesse più alcun effetto:
l’amore era la chiave di tutto e riportare il dolce viso di
Anna alla mente la calmava meglio della famosa tisana rilassante di
Gerda.
«Si narra di una principessa che trovò
l’amore grazie proprio ad un paio di scarpette di cristallo,
sapete? Per questo vengono chiamate le Scarpette
dell’Amore!»
Sbatté le palpebre con aria stralunata: cosa aveva appena
detto il Mastro? Scarpette dell’Amore? Scarpette
dell’Amore?! Per pura volontà divina
riuscì a trattenere le risate, mascherandole appena con un
leggero colpo di tosse.
«Capisco…» riuscì a
rispondergli con un bonario e divertito sorriso. Oh, non vedeva
l’ora di raccontarlo ad Anna! E, affinché
potessero riderci su insieme al più presto, decise di
congedarlo: «La ringrazio di cuore, Mastro
Calzolaio».
L’uomo compì una delle riverenze più
ridicole a cui Elsa avesse mai assistito – seconda, forse, se
comparata a quella del Duca di Weselton – e si
apprestò a lasciare la stanza del guardaroba.
Non appena Kai richiuse la porta, lasciandola sola, non
riuscì più a trattenersi e prese a ridere,
ripensando alle sue parole e alle “Scarpette
dell’Amore” – come il Mastro le aveva
definite. Trovava il tutto così assurdo che le venne
difficile fermarsi nonostante la pancia iniziasse a dolere.
Si accorse tardi della porta aperta e della presenza
dell’amata sorellina, ancora troppo presa
dall’ilarità. Riacquisì così
il regale portamento che la contraddistingueva, sorridendole
apertamente.
«Hai finito!» esclamò Anna, correndole
incontro.
Elsa annuì, prima di irrigidirsi tutta d’un colpo
nel vederla inciampare sul metro distrattamente caduto alla sarta.
Istintivamente si riscosse in tempo per afferrarla dalle braccia,
evitandole così la caduta, e le rivolse un sospiro di
sollievo.
Anna ridacchiò imbarazzata dalla propria goffaggine, ma i
ridenti e dolci occhi della sorella le scaldarono il cuore.
«Scusa» mormorò, rimettendosi in
posizione eretta senza sciogliere il contatto tra le loro mani.
La Regina scosse la testa e strinse la presa, intrecciando insieme le
loro dita, per un attimo, prima di affrettarsi a raccogliere il metro.
«Guarda che disordine». Con un gesto del braccio la
invitò a guardarsi intorno: interi chilometri di stoffa
invadevano la stanza, tagliuzzati, avanzati o scartati; un cuscinetto
pieno di spilli e aghi giaceva dimenticato su un basso tavolino accanto
alla bionda; nastri, pizzi e merletti scendevano da una cassettiera a
cui mancavano cassetti, posti vicino ai muri e pieni di gioielli;
scarpe e stivali, calze e calzini ammucchiati in un angolo vicino la
porta e…
«Ma quelle sono delle scarpette di cristallo!!»
esclamò Anna, avvicinandosi al poggiapiedi su cui erano
state lasciate dal Mastro Calzolaio. «Vere?» chiese
poi per conferma, prendendone una in mano.
Elsa annuì, osservandola studiarle con interesse.
«Non ne avevo mai indossate, a parte di ghiaccio»
disse come se non fosse importante.
«Oh, mio dio! Sono stupende! Sarai bellissima con queste
indosso!» La principessa sembrava a dir poco entusiasta,
mentre continuava a girare e rigirare la scarpetta tra le mani.
«Non è che si vedranno poi molto sotto le gonne
del vestito».
Anna si voltò per guardarla stranita. «Certo che
si vedranno! Ogni volta che volteggerai per la sala… si
vedranno!»
«Anna… Io non ballo, ricordi?» Elsa
detestava distruggere così tutto il suo entusiasmo: voleva
soltanto essere realistica e sincera con chi amava di più al
mondo.
«Oh, certo che balli!» sbuffò la
principessa con un’alzata di spalle. «Con
me» puntualizzò.
«Con te?» La Regina inarcò un
sopracciglio, scettica. «Non posso ballare con te!»
«”Anna, il giorno del tuo compleanno
esaudirò ogni tuo desiderio”» la
scimmiottò con sarcasmo. «Tue testuali parole!
Perciò… Io, principessa Anna di Arendelle, regale
festeggiata del Ballo del Solstizio d’Estate, ordino a te,
Regina Elsa di Arendelle, di danzare con la sottoscritta fino
all’alba!»
Quel tono così altezzoso fece divertire Elsa, che
ridacchiò. «Fino all’alba?»
chiese, anche se già immaginava la risposta.
«Fino all’alba!» ribadì, prima
di sistemare la scarpetta accanto alla gemella.
«Come la regale festeggiata ordina». La bionda le
regalò una perfetta riverenza, non appena tornò a
posare gli occhi su di lei.
Anna rise. «E adesso… possiamo uscire!»
esclamò, battendo le mani.
Elsa le lanciò uno sguardo interrogativo.
«Non dirmi che vorresti trascorrere l’intera serata
del ballo con delle scarpe nuove?! Sai che male ai piedi?» le
rispose.
La Regina alzò gli occhi all’ampio soffitto
dipinto. «Tutti state dando per scontato che le
indosserò a questo ballo, ma-».
«E quando dovresti indossarle?» le chiese Anna, ma
non aspettò la sua risposta – era certa di cosa
avrebbe detto. Si schiarì, quindi, la gola prima di
proclamare: «Io, principessa Anna di Arendel-»,
venne interrotta.
«Aspetta, aspetta! Ho capito!» La Regina
cercò di trattenere le risate, non riuscendosi.
«Bla, bla, bla, bla, bla. Quindi…»
sottolineò in una velata minaccia, ignorandola,
«… indosserai quelle meravigliose scarpette di
cristallo!» concluse, arricciando il naso con
un’aria di sufficienza. «Non si discute!
Né su questo, né sulla passeggiata che io e te
faremo giù in paese per camminarle un
po’». Non aggiunse altro, ma chiarì
l’ordine a gesti: con delicatezza riprese in mano le
calzature incriminate per porgerle ad Elsa, che le accettò
con una smorfia di riluttanza: proprio non riusciva a condividere tutto
quell’entusiasmo per un semplice paio di scarpe…
Di cristallo!!, sembrò urlarle la voce
della sorellina nella
testa – e la severità dei suoi occhi chiari furono
un’ulteriore conferma.
«Non dovresti sottovalutare così il potere di
queste scarpette, sai?»
La voce di Anna arrivò alla propria sinistra e poi alle
spalle, segno che le stava camminando intorno, mentre era intenta a
cambiarsi le scarpe.
«Ah, sì?» mormorò
sovrappensiero, cacciando la prima.
«Sì! Hai mai letto di quella fanciulla
che-». Anna non riuscì a finire la frase che venne
interrotta.
«Oh, no!» Elsa gemette angosciata. «Non
starai per raccontarmi anche tu delle “Scarpette
dell’Amore”!!»
«Conosci la storia?» Gli occhi della principessa
brillarono di aspettativa.
La Regina scosse la testa, scalciando anche la seconda scarpa.
«No, ecco… Il Mastro Calzolaio me l’ha
accennata proprio prima che arrivassi tu, ma…» Si
interruppe per litigare giusto un attimo con quelle che doveva mettere
ai piedi e continuò con uno sbuffo infastidito:
«Oh, andiamo! È ridicolo!»
«Ridicolo? Ridicolo?!» Anna
ridusse gli occhi a due
letali fessure. «Non sai divertirti, Elsa!»
brontolò infine, incrociando le braccia al petto.
«Sai anche tu che non è vero». Elsa
cercò di farla ragionare. «È una
storia, una favola». Sollevò la gonna del vestito
per controllare come stessero le scarpette. Mosse i piedi per guardarle
da ogni angolazione e si ritenne soddisfatta: le stavano perfette ai
piedi – il Mastro Calzolaio era una garanzia, nonostante le
sue infinite e inutili chiacchiere.
«Non c’è nulla di male nel credere alle
favole» mormorò Anna con aria abbattuta.
La Regina lisciò le pieghe del vestito e si
voltò, sorridendole. Con una mano le sollevò
delicatamente il mento per guardarla negli occhi. «No, hai
ragione» sussurrò vicino alle sue labbra.
La principessa chiuse gli occhi con le guance deliziosamente colorate
di rosso, ma il bacio che si aspettava non arrivò: Elsa
sfregò semplicemente il naso contro il suo, ridacchiando, e
si allontanò.
«Forza! Sperimentiamo queste scarpette di
cristallo!» esclamò, prendendola per mano.
Anna fece intrecciare le sue dita con quelle di lei in una presa
ferrea, le sorrise inarcando un sopracciglio con aria furba e la
trascinò fuori dalla stanza del guardaroba.
*
Grazie
ad Anna, Elsa aveva scoperto il piacere di lunghe passeggiate
per le vie principali e secondarie del regno, che un po’
tortuosamente zigzagavano tra gli edifici, e di entrare nelle varie
botteghe di artigianato, uscendone sempre con qualcosa di nuovo: un
sacchetto di biscotti, un prezioso monile, un caldo scialle –
poco importava avere a disposizione cuochi, orefice e sarta reali.
Così, trovandosi nuovamente in giro senza una meta precisa,
pensò a come la sorellina riuscisse ogni volta a
convincerla… Era certa che lei possedesse un grande potere
di persuasione: sapeva come farla capitolare – sempre.
Mano nella mano avevano camminato tranquille tra chiacchiere, risate,
gomitate ammiccanti e sguardi languidi, fino a quando le parole di Anna
non si avverarono: Elsa iniziò ad accusare le prime fitte di
dolore alla pianta dei piedi. Stringendo i denti aveva resistito,
pensando di farcela fino al rientro al castello, ma dovette ben presto
arrendersi, quando rischiò di cadere rovinosamente a terra
se non ci fosse stata la sorellina a tenerla.
«Ci fermiamo un po’, va bene?» le chiese
con un sorriso dolce.
La Regina cercò di protestare, ma poi sospirò
dolorante: «Sì, meglio».
Anna l’accompagnò a sedersi sul ciglio della
strada, dopo aver adocchiato lì vicino una pila di sacchi di
farina e cassette di verdura che potevano nasconderle dagli sguardi
indiscreti dei passanti. L’aiutò poi a togliere le
scarpe e allungare i piedi arrossati sulle proprie gambe.
«Oh, ti potrebbero uscire delle bolle!» Si
preoccupò subito, lanciandole uno sguardo contrito e
toccandole la pelle delicata.
Sentendo il freddo delle sue dita sulla parte lesa, Elsa strinse i
denti per la leggera fitta che la colse impreparata. «Penso
che quella lo sia già…»
rifletté.
Anna la guardò sinceramente dispiaciuta: era stata lei a
insistere per uscire, perciò sua era la colpa
dell’accaduto. Fuggì quindi i suoi occhi,
abbassando lo sguardo sul grembo, dove giaceva la prova del misfatto.
«Anna», si sentì chiamare dolcemente.
«Anna, guardami», il tono di Elsa era fermo e la
carezza sulla guancia leggera.
Quel contatto ebbe l’effetto sperato e la Regina
poté specchiarsi nella limpidezza del suo sguardo lucido.
«Sono stata io a voler camminare troppo. Non sono stata
attenta» le disse con un sorriso.
«Sì, ma-» cercò di protestare
Anna.
Due dita si poggiarono fulminee sulle sue labbra schiuse: Elsa le
intimò così il silenzio e, quando fu certa che la
sorellina non avrebbe completato o ripreso il discorso, le tolse per
cingerle con entrambi i palmi il volto, che inclinò verso il
basso per posarle un caldo bacio sulla fronte.
Anna chiuse gli occhi per non lasciarsi sfuggire quel momento e le
sorrise, quando i loro visi tornarono alla stessa altezza. Le
fermò le mani prima che la lasciassero andare, coprendole
con le proprie e ridendo dell’imbarazzo che colse solo in
quel momento la potente Regina di Arendelle, così insicura
di fronte a quell’intimità e dolcezza.
«Anna. Anna, dai». Elsa cercò di
forzarle la presa. «Chiunque potrebbe vederci!
Anna…» si lamentò con vergogna,
vedendola decisa a rimanere in quella posa.
La principessa le allontanò le mani, sorprendendola, si
guardò poi intorno e le si avvicinò
all’improvviso per schioccarle un bacio sulla guancia,
pericolosamente vicino alle labbra.
«Ecco fatto». Sorrise vittoriosa al rosso vivo che
aveva acceso le guance di Elsa e all’espressione
boccheggiante dipinta sul suo volto.
«A-Anna…» biascicò la Regina,
abbassando gli occhi e tastandosi la guancia un po’ umida
dallo schiocco a labbra aperte che aveva appena ricevuto.
Anna sogghignò divertita e intenerita dal suo imbarazzo:
quel lasciarsi andare completamente alle emozioni era il miracolo che
aveva atteso da sempre e che avrebbe custodito a vita. Quella
era la
vera Elsa.
«Come vanno i piedi?» le chiese, impietosita.
Elsa si riscosse a quelle parole e rifletté sulle proprie
condizioni: aveva ancora forza di camminare ed era certa di riuscire a
sopportare il dolore in caso fosse riapparso. Con un gesto della testa
annuì per conferma.
«Possiamo rientrare. Passami le scarpe» le disse.
Anna aggrottò la fronte, scrutandola con aria scettica.
«Non lo stai dicendo solo per farmi piacere?»
«Come? No, Anna!» sbuffò, intimamente
compiaciuta della sua preoccupazione. «Passami quelle
maledette scarpe», rise del suo sguardo risentito.
«Non sono maledette! Sono-»
«Scarpette dell’Amore, sì»,
annuì con sarcasmo, interrompendola. «Grazie,
Anna», sottolineò la richiesta.
Finalmente la principessa decise di assecondarla e si voltò
con il busto per prendere le scarpe che aveva poggiato accanto a
sé.
Elsa la vide irrigidire le spalle e trattenere il respiro.
«Anna?» tentò, sporgendosi di lato per
vedere cosa fosse successo.
Anna riportò il volto verso la sorella con un sorriso
impacciato. «Va tuuutto bene, Elsa».
La Regina le lanciò uno sguardo confuso, iniziando a pensare
al peggio. «Anna…»
In risposta la vide ridacchiare imbarazzata.
«Anna!» ribadì in un sibilo a denti
stretti.
La principessa deglutì il vuoto, prima di schiarirsi la
gola, e le guance si accesero di colpa. Portò dietro di
sé un braccio per afferrare ciò che –
ne era certa – avrebbe scatenato definitivamente
l’ira della Regina dei Ghiacci.
Lentamente riportò alla vista di Elsa, che non aveva perso
alcun minimo movimento o fremito dei muscoli, la mano con una delle sue
scarpe stretta tra le dita.
«Oh». La bionda strabuzzò gli occhi
più confusa di prima: non capiva tutta quella ritrosia,
visto che le stava porgendo ciò che le aveva chiesto.
Anna comprese subito come non avesse chiaro quale fosse il problema. Si
umettò così le labbra, guardandola con occhi
lacrimosi nella speranza che quella tecnica potesse ancora funzionare,
nonostante la tirasse fuori fin troppo spesso per riuscire a
convincerla.
«Elsa…» sospirò,
sventolandole davanti gli occhi la scarpetta. «Questa
è una scarpa».
«Certo che è una sca-». Elsa non
riuscì a concludere la frase, troppo incredula che
ciò a cui stava pensando – a cui Anna
l’aveva condotta a pensare – potesse essere
accaduto davvero. «Anna…»
«Sì?» La principessa le rivolse un
sorriso forzatamente innocente, sbattendo le ciglia per rendere tutto
più angelico possibile.
«Anna». Addolcì il tono prima di
scoppiare con gelida e letale calma: «Hai perso una delle mie
scarpe?»
«No! Ma ti pare?» Anna mosse la mano libera come a
scacciare una mosca fastidiosa, ma allo sguardo omicida della sorella
si ricompose. «Ecco…
sì…» ammise in un
sussurro
così flebile che Elsa sperò di aver sentito male.
«Principessa Anna di Arendelle, hai sul serio perso
la mia
scarpa?!» Esplose in un grido che fece girare gli
ignari e
sporadici passanti e affacciare dalle finestre delle case gli abitanti.
Accorgendosene, Anna le fece segno di fare silenzio e abbassare il tono
della voce. «Elsa, scusa! Scusa, scusami!»
sussurrava in un vano tentativo di calmarla. «Ti giuro che le
ho poggiate proprio qui accanto, entrambe! E ho trovato solo questa!
Elsa, mi dispiace tanto… Io-».
«Non ci posso credere» mugugnò la
Regina, affondando il volto tra le mani. «Non è
possibile. No, no» continuava a ripetere nella speranza di
svegliarsi da quell’incubo.
«Possiamo provare a cercarla!» propose la sorellina
in un ritrovato impeto di entusiasmo. «Sarà
divertente!»
«Noi non proveremo a cercare proprio un bel niente,
Anna!» Elsa si riscosse e si alzò da terra,
spolverandosi la gonna dell’abito. «Adesso ce ne
torniamo al castello», decise.
«Cosa?!» esclamò la principessa,
scattando in piedi con ancora la scarpa stretta nella mano, incredula.
«Senza scarpe? Senza scarpe di
cristallo? Senza Scarpette
dell-»
«Un’altra parola e dirò a Gerda chi si
è mangiata il dolce per la colazione di ieri!» la
minacciò, puntandole l’indice contro.
«I topi?» rispose in uno squittio Anna.
«Esattamente», annuì. «Un
topolino dal pelo fulvo e gli occhietti azzurri».
La principessa lasciò andare uno sbuffo infastidito.
«Come farai a camminare senza scarpe?» le chiese,
dando voce alla ragione.
Elsa scrollò le spalle con noncuranza. «Come hanno
fatto per secoli i nostri antenati» rispose. «In
marcia adesso!»
Anna sospirò e si affrettò a seguirla, quando lei
mosse i primi passi sulla strada dalla quale erano venute.
«Aspetta! Almeno controlliamo qua in giro, no?»
cercò di farla ragionare e di ottenere il suo perdono.
«Sarà caduta, ne sono certa! Non può
essere scomparsa nel nulla! E a chi interesserebbe mai una scarpetta di
cristallo?»
La Regina le lanciò uno sguardo eloquente.
Anna alzò gli occhi al cielo. «Certo, hai ragione,
ma nessuno ruberebbe sotto il naso della Regina di
Arendelle… no?» La sua convinzione stava pian
piano scemando.
Elsa sospirò, arrendendosi: «Va bene».
La principessa esultò con un’esclamazione e un
piccolo salto sul posto, poi si affrettò a tornare nel punto
in cui si erano fermate. Diede uno sguardo veloce alla strada,
passò a setacciare i sacchi di vivande e le cassette di
frutta e verdura, ma senza risultato.
«Qualcuno si è avvicinato»
esordì Elsa alle sue spalle, accennando con la testa a
ciò che stava osservando. «Sono
diminuiti».
Anna osservò meglio e le diede presto ragione: ricordava
più casse, infatti. «Allora forse è
stata trasportata inconsapevolmente!» dedusse,
complimentandosi con se stessa per l’arguta osservazione, ma
lo sguardo della sorella spense tutta l’euforia. Emise
così un gemito di delusione e frustrazione.
«Non la troveremo più» concluse per lei
Elsa.
«Non essere pessimista!» la rimbeccò.
«Ci sarà sicuramente il modo di trovarla! Non puoi
perdere una scarpetta di cristallo!»
La Regina pensò che proprio non le importava di aver perso
una delle Scarpette della Sfortuna, viste le vesciche che le stavano
uscendo sui piedi proprio per colpa loro; ma non voleva rattristare
Anna che si era entusiasmata tanto per quell’acquisto.
«Potrei sempre riordinarle al Mastro Calzolaio» le
propose con una punta di riluttanza.
«No, non farebbe mai in tempo per il ballo del
Solstizio» rispose Anna, abbattuta.
Elsa si trovò a concordare con lei, ricordando la promessa
che le aveva fatto. Fu proprio questo che le diede la spinta a reagire.
«Ci dev’essere un modo!»
sbottò, non riuscendo a trattenere il fastidio.
La sorellina le sorrise dolcemente. «Sì,
c’è» affermò, risoluta e
pervasa di nuova speranza. «Potremo indire una
caccia».
«Una caccia?» le chiese Elsa.
«Sì! Una caccia al tesoro!»
ripeté la principessa, battendo le mani. «In
questo caso, sarebbe più una caccia alla
scarpetta!»
«Anna… Intendi organizzare una caccia al tesoro
per tutta Arendelle?»
«E con tutta Arendelle!» Anna
rise eccitata da
quell’idea. «Immagina: la Grande Caccia alla
Scarpetta di Cristallo della Regina! Già suona
magnificamente».
Elsa annuì, pensierosa. «Se riuscissimo a
coinvolgere altre e più persone, prima o poi la scarpa
salterebbe fuori… Hai ragione!» Si
illuminò in un sorriso.
«Esatto! E poi… Poi chi la troverà,
avrà una ricompensa!»
«Un centinaio di monete d’oro credo che
basterebbero» completò.
«Come sei venale, Elsa!» Anna ridacchiò.
«La ricompensa sarà un tuo bacio!»
La Regina la guardò esterrefatta. «Stai
scherzando».
«Mai stata più seria in vita mia!» Le
sorrise affabile. «Per un sacchetto di monete si muoverebbero
più persone, è logico; ma per un tuo bacio si
muoverebbero tutte quelle che ti amano» spiegò con
un occhiolino, stringendo le sue mani fredde tra le proprie.
«Non sei curiosa di sapere quanti tengono a te? Quanti ti
rispettano? Quanti ti amano?»
Elsa si strinse nelle spalle, imbarazzata. «Non mi sembra una
buona idea».
«Io sarei curiosa!» Anna insistette, convinta della
genialità della propria trovata.
«Sì, ma…», abbassò
il tono della voce. «Tu vuoi sul serio che io baci uno
sconosciuto?»
«O una sconosciuta» aggiunse la sorellina, prima di
risponderle con uno smagliante sorriso. «Chi ha detto che
debba essere sulla bocca? Un bacetto! Uno minuscolo sulla
guancia!» chiarì, prima di assumere
un’aria infastidita.
Elsa si compiacque della sua gelosia, ma non le parve il caso di
riderne.
«Credo che farebbe bene alla tua autostima»
aggiunse Anna.
«Davvero?» Arcuò un sopracciglio poco
convinta.
«Certo!» Le sorrise con una punta di malizia e
un’aria machiavellica.
La Regina rifletté tra sé e sé per
qualche attimo, prima di prendere la decisione definitiva:
«Va bene, mi hai convinta».
Anna la abbracciò di slancio, facendole perdere un attimo
l’equilibrio, che riconquistò prontamente evitando
così ad entrambe una brutta caduta.
«Contegno, Anna» Rise tra i suoi capelli.
La sorellina le mostrò la lingua per ripicca. Sciolse poi la
presa e si appropriò di una sua mano per trascinarla
nuovamente con sé. Fortunatamente non si erano allontanate
molto dal castello, così avrebbero potuto diffondere subito
la notizia della Caccia alla Scarpetta e, chissà, forse
entro quella stessa sera sarebbero riuscite a trovarla.
*
I cancelli del castello di Arendelle erano più aperti che
mai e pronti ad accogliere chiunque avesse l’ardire di
presentarsi al cospetto della potente Regina. Per consentire libero
accesso era stato dato ordine ai soldati di guardia di allontanarsi e
prestare servizio solo davanti al maestoso portone –
anch’esso ben aperto – o nella sala del trono, data
l’affluenza di persone che Elsa e Anna si aspettavano di
ricevere.
Il banditore aveva dato l’annuncio al regno non appena gli fu
impartito l’ordine e la voce si era diffusa a macchia
d’olio, suscitando la curiosità dei bambini e il
divertimento degli anziani. Le signore ne avevano fatto nuovo
pettegolezzo di bottega, una chiacchiera un po’ maliziosa sul
fatto che la Regina potesse stare cercando marito – poco
importava che la loro sovrana potesse aspirare a più alto
partito. Alcuni baldi giovani avevano insinuato un po’
malignamente sulla sua disperazione, convinti del fatto che, pur di
ricevere un bacio o un qualsiasi tipo di attenzione da un uomo, la loro
sovrana avesse perso di proposito una fantomatica scarpetta; altri,
più benevoli, si erano lanciati subito nella ricerca,
divertiti da quella strana iniziativa e desiderosi di ricevere la
ricompensa promessa loro: un bacio della Regina era pur sempre un bacio
della Regina e solo uno sciocco rinuncerebbe a una tale ghiotta
occasione!
Per la prima volta dal giorno dell’incoronazione Arendelle
era in gioioso fermento, quando – di contro – nella
sala del trono del castello si respirava una pesante e gelida tensione:
Elsa sedeva rigida sullo scranno, scandagliando con gli occhi ogni
più recondito angolo dell’enorme stanza e
lanciando sguardi ansiosi ai soldati.
«Dove si è cacciata Anna?»
soffiò, piano affinché nessun altro potesse
sentirla, in direzione del fedele maggiordomo.
«Non l’ho vista, maestà, ma posso
mandare qualcuno a chiamarla» rispose prontamente Kai senza
battere ciglio.
Elsa tamburellò con le dita sul bracciolo in legno del
trono, irrequieta, e stropicciò la stoffa della gonna del
vestito in un pugno irritato: era mai possibile che, oltra alla Caccia
Alla Scarpetta, dovesse organizzare adesso anche la Caccia Alla
Principessa?
Sbuffò. «No, si farà viva
lei».
E con un cenno della mano diede ordine di procedere.
«Non volevate un nuovo paio di scarpe?»
L’uomo – l'ennesimo che riceveva –, un
po’ malfermo sulle gambe e dal volto segnato
dall’età avanzata, alzò gli occhi al
soffitto con aria stralunata. Picchiettò un dito nodoso sul
mento sporgente, prima di tornare a rivolgerle gli occhi.
Elsa sospirò pesantemente, trattenendo la rabbia: era
evidente come l’unica sua colpa fosse la vecchiaia e non
certo il malevolo intento di giocarla.
«No, ma la ringrazio dell’interessamento»
rispose con un sorriso accondiscendente. «Potete
andare».
Il vecchietto venne scortato da una guardia fuori dalla sala.
«Il prossimo» ordinò stancamente,
passandosi una mano sulla fronte. Non poteva arrendersi! Aveva da
ricevere soltanto… soltanto una fila di persone che arrivava
ad occupare tutto il cortile, da quello che le aveva detto il capitano
delle guardie.
“Non è possibile, pensò
angosciata. Inspirò per darsi forza e non pensare ad ogni
tipo di tortura, consentita per legge in alcuni casi speciali, da poter
infliggere a…
«Elsaaa!»
… Anna, sì. Anna, la sua amata sorellina che
l’aveva appena chiamata con voce squillante e che avrebbe
fatto una pessima – pessima – fine,
perché poteva sopportare tutto per amor suo ma
l’abbandono nel momento del bisogn-Aspetta, che?
«A-Anna!» balbettò, scattando in piedi.
La principessa le regalò una giocosa e poco elegante
riverenza, alzando l’orlo della gonna e scostando la borsa a
tracolla che indossava, prima di salire i due gradini che la separavano
da lei. «Eccomi!» Rise, prendendola a braccetto.
«Giovanna mi ha trattenuta e istruita su come riconoscere la
verità soltanto guardando l’atteggiamento delle
persone. Sai che gli occhi sono lo specchio dell’anima? E
poi, più guardi negli occhi una persona, più la
metti in soggezione! E se suda vuol dire che mente! E se-».
Elsa conosceva un più che valido e ben collaudato metodo per
zittirla, ma per ragioni di pubblico e decoro decise di mostrarsi tanto
pratica quanto poco regale: le tappò la bocca con una mano,
soffocando così le sue ultime parole.
«Avanti il prossimo, grazie» comandò in
tono mellifluo, lasciando andare Anna che sbuffò infastidita
per l’interruzione.
Mentre i soldati alla porta si voltavano verso la folla per eseguire
l’ordine, si sedette nuovamente sul trono in maniera
composta, come niente fosse appena successo, e invitò la
sorellina a prendere posto alla sua destra.
«Maestà,» esordì il nuovo
arrivato, l’uomo con le spalle più larghe che Elsa
avesse mai visto, «credo che la scarpetta che state cercando
sia finita tra i miei cavoli».
Elsa non volle credere alle proprio orecchie. Stava ascoltando parole
su parole, bugie su bugie, scusanti su scusanti, da… quanto?
Ore? Giorni? Mesi? Si sporse verso la sua voce roca e profonda,
tendendo le orecchie e sgranando gli occhi per la sorpresa. Forse,
dopotutto, poteva risparmiare Anna e riempirla di baci per la grandiosa
idea che aveva avuto! Le avrebbe conferito un riconoscimento ufficiale!
Una medaglia al valore!
«Oh, ma è fantastico!» Fu proprio la
sorellina a dare voce ai suoi pensieri.
Tutto combaciava! Le casse e i sacchi, che avevano visto vicino a dove
si erano fermate, sicuramente dovevano appartenere a lui e
perciò…
L’uomo aggrottò appena la fronte, pensieroso.
«… È caduta»
sussurrò, trovando più interessante il tappeto
rosso, che attraversava la sala da sotto il trono fino alla soglia
della porta, che la sua interlocutrice.
Elsa e Anna si guardarono confuse da quell’accozzaglia di
suoni appena sfuggiti alle labbra di lui.
«Può ripetere?» si arrischiò
a chiedere la Regina, cercando di mantenere un tono severo. Il dubbio
stava iniziando ad insinuarsi subdolamente, perché lui aveva
entrambe le mani libere e nessuna borsa o contenitore e…
Dov’era quella dannata scarpetta?!
«È caduta, maestà»
affermò l’uomo, rialzando lo sguardo, rassegnato.
«Volevo solo dirvi questo, nel caso non l’aveste
trovata prima che arrivasse il mio turno, ma…»
Elsa scosse la testa, tornando alla solita e più composta
posizione di prima. «Grazie» mormorò con
le mani in grembo a torturare il povero tessuto di uno dei nuovi
vestiti che le erano stati consegnati proprio quella mattina.
«Può spiegarmi come è potuto succedere?
È caduta e…? Non è riuscito a
riprenderla?»
«Esattamente», annuì l’uomo
con un cenno del capo. «Stavo trasportando tre
casse,» – fletté i muscoli delle braccia
come conferma della propria forza – «quando
l’ho vista cadere a terra. Purtroppo non sono riuscito a
capire subito cosa fosse, altrimenti l’avrei recuperata, e
quando sono tornato a cercarla… Non l’ho
più trovata». Scrollò le spalle con
noncuranza.
La Regina trattenne uno sbuffo frustrato e con un movimento della mano
lo congedò.
«Grazie dell’informazione!» lo
salutò, al contrario, Anna.
Quando l’uomo uscì dalla sala, Elsa si prese la
testa tra le mani, affondando le dita tra le ciocche
dell’acconciatura ormai rovinata. Lasciò libera la
treccia dalla crocchia in cui era stata costretta per tutto il tempo e
così lei stessa si sentì più leggera:
non tutto era ancora perduto, ma sapeva bene che avrebbe affrontato
altre situazioni simili e perciò doveva mantenere i nervi
saldi.
Anna le appoggiò una mano sulla spalla per darle forza e,
quando lei alzò lo sguardo, si specchiò in quegli
occhi che tanto amava, puri come il cristallo di cui erano fatte quelle
scarpette che tanto la stavano facendo penare. Le sorrise.
«Hai visto che avevo ragione io? Ognuno ne ha approfittato
per avvicinarsi a te».
Elsa non era del suo stesso parere e scosse la testa. «Non
credo di aver mai ricevuto così tanta gente in un solo
pomeriggio».
«Be’… Potresti rimanere
sorpresa». Anna ridacchiò gioviale.
«D’altro canto, stiamo parlando delle Scarpette
dell’Amore e non di volgari scarpette di
cristallo!» Drizzò un indice davanti ai suoi occhi
per sottolinearne l’importanza.
La Regina non ebbe il coraggio di contestarla, rassegnandosi ai suoi
sogni ad occhi aperti. Dove stava la differenza tra Scarpette
dell’Amore e scarpette di cristallo, non lo sapeva e non ci
teneva ad indagare: Anna era l’esperta.
«Prego». Sventolò una mano in direzione
della porta, pensando a quando l’abbraccio morbido e soffice
del proprio letto l’avrebbe accolta.
«Eccola, Vostra maestà!»
La forte esclamazione la colse così impreparata che
impiegò una manciata di attimi per focalizzare
l’attenzione su ciò che il tagliatore di ghiaccio
– riconobbe il vestiario – teneva bene in vista:
una scarpetta. Una scarpetta di cristallo! La sua scarpetta di
cristallo!
«Eh?»
La diffidenza di Anna la sorprese, ma ne capì il motivo: era
ciò che provava lei stessa, dopo tutto quello a cui avevano
assistito. Si alzò dal trono per avvicinarsi
all’uomo e prendere l’oggetto del malaugurio, che
l’aveva portata a tanto così da una crisi di nervi
– fortunatamente l’incubo era appena finito.
«Grazie», gli sorrise riconoscente.
La scarpetta era leggera e fredda al tatto, scivolosa… Pensò che fosse andata a
finire in
qualche fiume: poverina che avventura doveva aver passato! Ma adesso
era lì e lei avrebbe potuto esaudire il desiderio di Anna.
Strinse le dita attorno alla calzatura per evitare che le sfuggisse
via, aiutandosi anche con l’altra mano. Stranamente il
cristallo non era duro come doveva essere, ma… cedevole? Il
tacco si era appena incrinato? Le sue mani si erano appena…
bagnate?!
La rabbia la colse senza avvertire: la sentì prendere
possesso delle sue membra, irrigidendola in una posa di
superiorità, i tratti dolci del viso si deformarono in una
smorfia di irato sgomento, la presa sull’oggetto si strinse
fino a quando rivoletti di potere non ruppero del tutto ciò
che stava tenendo in mano.
Sentì il respiro trattenuto di Anna, ma la fermò
prima che potesse chiedere spiegazioni.
«Adesso… Basta» decretò con
letale calma e tono gelido come l’aria che si stava iniziando
a respirare nella sala. «Questo è un
FALSO!!» urlò, scoppiando e lasciando uscire tutto
lo stress e la stanchezza che aveva accumulato fino a quel momento.
Poteva tollerare chi non aveva recepito bene il messaggio, chi le aveva
dato solo indizi, chi ne aveva approfittato per chiedere una
benedizione o altro… ma truffarla in modo tanto
palese… No. No!
Era la Regina, non la scema del villaggio soltanto per aver organizzato
quella caccia al tesoro!
Con la sua rabbia esplose anche il potere: non si scherzava con lei
senza pagarne le dovute conseguenze. I cristalli di ghiaccio
– poiché questo era il vero materiale di cui era
fatta la scarpetta –, caduti ai suoi piedi, si alzarono per
effetto di un piccolo vortice di gelo e neve generato dalle sue mani
protese in avanti e con i palmi rivolti al soffitto. Impose una maggior
concentrazione di potere che provocò un mulinare
più forte e più ampio, si alzò e si
allargò; i fiocchi di neve aumentarono di numero,
attaccandosi gli uni agli altri fino a formare una figura che Anna
riconobbe subito.
La creatura – il gemello del mostro di guardia al castello di
Elsa – ruggì, scatenando la paura nel tagliatore
di ghiaccio e il panico tra i soldati che non sapevano come reagire.
«Brownie, accompagna il signore fuori». Con un
braccio Elsa disegnò un arco in direzione della porta e si
riaccomodò al proprio posto di comando: aveva la situazione
sotto controllo.
Il nuovo amico della Regina avanzò verso il malcapitato
– ogni passo suscitava un lieve sussultare del pavimento e
delle sala – e lo afferrò con una mano acuminata.
Il poveretto non ebbe forza di protestare né verbalmente
né fisicamente, ormai rassegnatosi
all’inevitabile, ma riuscì a non svenire per la
paura con silenziosa ammirazione da parte dei presenti. La mancanza
della terra sotto i piedi e i sobbalzi a cui veniva malamente
sottoposto, gli fecero contorcere lo stomaco in un nodo fastidioso, la
testa si svuotò tutta d’un colpo e…
Quell’incubo si concluse con un lancio da parte del mostro,
che lui percepì come il più alto salto mai
compiuto – peggio di quando scivolò durante
un’azzardata arrampicata. La caduta avvenne senza gravi
danni, ma si ritrovò così pieno di lividi che il
dolore l’avrebbe tormentato per almeno una settimana
– poco rispetto a quanto male avrebbe potuto farsi realmente.
Quel lasso di tempo era però abbastanza lungo da
consentirgli di meditare sulla clemenza della Regina e tornare a
prostrarsi ai suoi piedi come la peggiore feccia di Arendelle,
implorando il suo perdono.
La scena si svolse davanti gli occhi terrorizzati di soldati e popolo,
immobilizzati da quella nuova dimostrazione di potere e forza di Elsa.
Il primo – dopo Anna e Kai che non avevano battuto ciglio per
tutto il tempo – a reagire fu il capitano delle guardie che
ebbe il coraggio di avvicinarsi al trono, ma non alla Regina, e
perciò scambiò parola con la principessa.
«Non c’è da preoccuparsi: Elsa vuole
soltanto farsi rispettare» rispose lei alla sua muta domanda
per rassicurarlo delle buone intenzioni della sorella.
Le sue parole vennero udite da tutti a causa del teso silenzio in cui
era caduta la sala e riportarono la quiete, fino a quando non
tornò la creatura di neve che si avvicinò a passo
pesante alla Regina.
Elsa protese una mano con un sorriso gentile e lui si
accucciò ai piedi del trono lasciandosi grattare sotto il
mento come il più docile dei gattini.
«Bravo, Brownie» sussurrò divertita
dalle sue fusa e dai gorgoglii di apprezzamento che si lasciava
sfuggire.
Puntò poi gli occhi, resi due letali fessure, sulla folla
terrorizzata che attendeva. «Qualcun’altro ha
l’ardire di presentarmi un falso?» tuonò
per farsi sentire e temere.
I presenti si irrigidirono per la paura e fu a quel punto che con una
mano chiusa a pugno fece sparire in un mucchio di neve il nuovo amico,
dopo averlo ringraziato ancora.
Dei mormorii si levarono allora dalla folla tremante che chiedeva
spiegazioni ai soldati.
«Avete sentito la Regina?» La voce del capitano
delle guardie si levò alla sua sinistra, dove stava Kai.
«Chiunque non sia qui con la chiara intenzione di essere di
aiuto nella ricerca, è pregato di tornarsene a
casa!»
A poco a poco, la gente si allontanò disordinatamente dalla
porta, raggiungendo coloro che erano rimasti in cortile, in attesa del
proprio turno. Borbottii di irritazione si levarono così
forti da arrivare anche alle orecchie di chi ne era stato fautore:
alcuni iniziavano ad inveire per il modo poco rispettoso in cui erano
stati trattati, altri giudicavano l’atto della Regina troppo
eccesivo – anche se comprendevano il motivo scatenante
–, altri ancora si vergognavano della loro sfrontatezza nel
voler essere ricevuti ad ogni costo.
Ben presto la sala ritornò silenziosa come lo era stata
prima e, quando una delle guardie tornò a fare rapporto
sulla situazione fuori, Elsa si rilassò.
«Bisogna imporsi ogni tanto» rispose alla
silenziosa domanda che le stavano rivolgendo i soldati. Con noncuranza
scrollò le spalle e le labbra si distesero in un piccolo
sorriso furbo.
«Oh, Elsa, è stato semplicemente
spaventoso!» Anna le saltellò davanti, divertita.
«Li hai fatti scappare tutti, quegli imbroglioni! Certo,
potevi dare un altro aspetto al tuo cucciolotto ma… Va bene
così! Non pensavo seriamente che potesse esserci tutta
questa confusione per una semplice caccia al tesoro, e
invece!» Le prese le mani tra le proprie, dondolandole su e
giù insieme.
Elsa non riuscì a trattenersi e rise con lei.
«Spero di non aver spaventato il vero trovatore della
scarpetta».
L’occhiolino scaltro di Anna la confuse. «Non darti
per vinta così facilmente! Sono certa che se ci fosse
davvero stato, sarebbe rimasto».
La Regina scosse la testa, divertita, e ordinò ai presenti:
«Potete andare. Vi ringrazio per l’aiuto».
Quando tutti furono usciti e la porta venne chiusa, non rimasero che
loro due nella sala del trono. Elsa osservò
l’ambiente: gli arazzi appesi, lo stendardo di Arendelle che
si sollevava appena dal muro a causa del refolo di vento che entrava
dalle finestre aperte, le armi e gli scudi antichi –
appartenuti a generazioni di nobili antenati –, le torce
spente, il tappeto che attraversava tutta la sala. Si beò di
quel silenzio rilassante per tornare a respirare e lasciar scivolare
via il nervosismo.
Decise di prendere in parola il suo stesso ordine, alzandosi in piedi e
rivolgendo uno sguardo fugace ad Anna.
La principessa la fermò afferrandole dolcemente un braccio.
«Dove scappi?» Rise con segreta soddisfazione.
Elsa le lanciò un’occhiata confusa.
«Nelle mie stanze?» tentò, non
conoscendo le sue intenzioni. «Non penso si
presenterà qualcuno adesso e, in caso contrario, ne sarei
subito informata» spiegò.
Anna sospirò. «Elsa, Elsa…»
cantilenò. «C’è qualcuno che
sta aspettando di essere ricevuto».
«Sono andati via tutti, Anna» le rispose, cauta.
La principessa rivolse gli occhi al soffitto: possibile che la sua
amata fosse così lenta a capire?
«Ci siamo solo tu e io» continuò Elsa,
cercando di pensare velocemente a cosa lei stesse alludendo.
«Sì, esatto! Solo tu e io!» Anna
sottolineò il concetto, indicando prima lei e poi se stessa.
La Regina aggrottò la fronte, le sopracciglia si inarcarono
per formare un’espressione accigliata e riflessiva, quasi
indagatrice per quanto intensamente la stesse guardando.
Anna si mordicchiò il labbro inferiore per evitare di
ridere. Lentamente aprì la borsa a tracolla che aveva
indosso e…
«Non ci credo…» soffiò Elsa,
incredula.
«Ma se ancora non ho fatto niente!»
Scoppiò a ridere, mostrandole ciò che le aveva
nascosto: la perduta – ma appena ritrovata –
scarpetta di cristallo, perfettamente intonsa, perfettamente
trasparente, perfettamente lucida, perfettamente preziosa ed elegante
come lo era stata al piede di Elsa.
La Regina boccheggiò a corto di parole, mentre Anna
continuava a trovare la scena troppo divertente.
«… Tu… Io… ANNA!»
Scoppiò alla fine, non riuscendo ad articolare una frase di
senso compiuto. «Ti rendi conto di quanto mi hai fatta
penare?! Nessuna di quelle persone poteva averla, perché ce
l’avevi tu! E io, sciocca, che-». Si interruppe per
l’abbraccio improvviso che ricevette.
«A-Anna… Sono arrabbiata!»
Tentò di mostrarsi irritata almeno nel tono fermo della
voce, dato che non voleva allontanarsi da quella stretta, da quel
calore, da quel respiro che le solleticava dolcemente
l’orecchio.
«Mi dispiace» sussurrò divertita Anna,
suscitandole un brivido. «Davvero, non avevo previsto tutto
questo ma… È stato divertente».
Passò le labbra su tutta la conchiglia del suo orecchio in
una carezza dolce.
«Non ti farai perdonare così»
borbottò Elsa, ormai irrimediabilmente rossa e in tremendo
imbarazzo.
«No, certo», sorrise contro la sua guancia,
lasciandole un leggero bacio. Si allontanò per guardarla
negli occhi. «Più tardi».
Elsa sentì andare a fuoco tutto il corpo per un breve
attimo, prima di ricomporsi. Si schiarì la gola,
allontanandosi da lei e dalle sue moine, intenzionata ad ostentare
quanto fosse arrabbiata con lei – e, in fondo, ancora lo era.
Ritornò a sedersi sul trono e invitò Anna ad
avvicinarsi. Quando le fu davanti, la prese dai fianchi per imporle di
sedersi sulle proprie gambe.
Anna obbedì, ignara, e subito si ritrovò a
soccombere al suo attacco di solletico sui fianchi. Cercò di
sfuggirle, ma Elsa era come impazzita: non accennava minimamente a
darle tregua.
«Brutta disgraziata! Volevi uccidermi di ansia!! Stavo
impazzendo a trovare la maledetta scarpetta e invece ce
l’avevi tuuu!»
La principessa continuò a dibattersi, scusandosi tra le
risate. «Mi dispiace! Lascia-Lascia che… ti
spieghi, Elsaahahahah».
A quella resa, la bionda si placò. Con le braccia conserte e
l’aria di soddisfatta vittoria la osservò
ricomporsi, in attesa di chiarimenti su cosa le passasse in quella
testolina rossiccia che tanto amava.
Anna prese un respiro per calmare i tremiti del petto, ancora un
po’ scosso, si asciugò le lacrime agli occhi e
portò una mano a massaggiarsi la pancia.
«Sei terribile» biascicò.
«Se non ti muovi, riprendo» la minacciò
Elsa, intimamente divertita.
«Ecco, sì. Posso spiegare!» Anna
unì le mani in preghiera, chiedendo silenziosamente il suo
perdono. «Tu… Tu scherzavi sulle Scarpette
dell’Amore! E io… io…»
«Hai pensato di darmi una lezione»
sospirò la Regina, iniziando a capire. «Anna,
è-».
«Infantile, lo so!» la interruppe, supplichevole.
«Sono una sciocca principessa che ti ama troppo».
Elsa le regalò un sorriso tenero. «Sì,
ma avrei dovuto scherzarci su di meno. Non sei sciocca, sono io che non
riesco a stare al tuo passo».
«Cosa dici?» Anna le prese il viso tre le mani,
spostandole le chiare ciocche ribelli dietro le orecchie. «Ci
completiamo a vicenda così come siamo. È
bellissimo e lo sai che vorrei essere più come
te… Più principessa e meno Anna».
«Non smettere di essere Anna, no». Scosse la testa,
guardandola con amore. «La mia principessa Anna va benissimo
così com’è, anche se mi ha fatto
invecchiare di dieci anni in un solo pomeriggio». Rise.
«Be’, ho organizzato tutto questo perché
volevo soltanto mostrarti che le scarpette di cristallo sono vere
Scarpette dell’Amore!»
«Sì, ma…» Elsa
sospirò senza completare il pensiero che Anna aveva
già colto. «Ah, non ho bisogno di uno stupido paio
di scarpe per capire che sei l’unica per me».
Anna si impuntò sull’aggettivo che aveva
affiancato all’oggetto del loro piccolo diverbio.
«Non-».
«… È uno stupido paio di
scarpe!» la scimmiottò, interrompendola e al tempo
stesso completando la sua battuta – pur con la sempre
presente intenzione di smentirla.
La principessa emise uno sbuffo divertito. «Non ne verremo
mai a capo, eh?» Le sorrise con furbizia, avvolgendole le
braccia al collo.
«Mai», annuì Elsa, avvicinandosi alle
sue labbra schiuse.
Anna si scostò subito come scottata. «Ma tu le
indosserai al Ballo del Solstizio!»
La Regina rise di quel suo allarmismo, quasi ne andasse della sua
stessa vita. «Sì, per te».
Anna si crogiolò in quelle semplici parole, in quella resa
incondizionata che Elsa mostrava sempre e solo a lei, ma non
accennò a continuare e completare l’atto che
entrambe bramavano – in particolare dopo quei momenti di
attrito e pace ritrovata.
Elsa le lanciò un’occhiata confusa e infastidita
al tempo stesso. Cercò risposta negli occhi di lei, luminosi
e giocosi, occhi da cerbiatta e bambina cresciuta più nel
corpo che nello spirito: Anna era in… attesa? Di cosa? Che-?
«Oh!» esclamò semplicemente, sgranando
gli occhi. Rise.
Anna posò l’indice sulle sue labbra aperte a
formare una piccola “o” per calmarla e indurla
all’ascolto. «Ho riportato la vostra scarpetta, mia
Regina!» esordì con solennità.
«Sei stata brava, mia principessa»
affermò Elsa stando al suo gioco.
«Sono qui, alla Vostra regale presenza, per riscuotere la
ricompensa dovutami: ho svolto un più che ottimo
lavoro!»
La Regina storse appena la bocca in una smorfia scettica.
«Dovrei essere ancora arrabbiata con te per questo».
«Ma non lo sei». Anna sventolò una mano
davanti alla faccia come a scacciare una mosca.
«Non lo sono» ripeté, alzando gli occhi
al cielo, divertita.
«E…?»
Elsa fu audace nell’afferrarla dalle spalle per avvicinarla a
sé e stupirla con un bacio veloce. «La ricompensa,
mia coraggiosa principessa», le sorrise senza accennare ad
allontanarsi. Ricordò le sue parole –
“Un bacetto! Uno minuscolo sulla guancia!”
– e dovette ammettere quanto fosse stata brava, furba e
fortunata nel non farsi scoprire fino a quel momento.
Anna si umettò le labbra, gustando il sapore della vittoria
– Elsa –, e si avventò su di lei per
reclamare ancora ciò che le spettava di diritto e per bando
reale della Grande Caccia alla Scarpetta di Cristallo della Regina, la
cui parola era legge.
Con passione si assaggiarono prima lentamente, come a chiedersi scusa a
vicenda, e poi il bisogno prese il sopravvento, iniziando una danza che
entrambe condussero magistralmente nel cercare di prendere il
sopravvento l’una sull’altra. Finirono avvinghiate,
ansanti, quando si separarono per necessità.
Si sorrisero complici, ridacchiarono insieme ed Elsa si
sentì molto sciocca – ma Anna era il suo tesoro e
voleva sentirsi così per sempre.
Ripresero a baciarsi, come se entrambe avessero davanti solo un buffet
di dolci al cioccolato e nessun limite a servirsene.
Eeeee *rullo di tamburi*… Eccoci qui, popolo di EFP, frequentatori della
sezione di Frozen, shippatori incalliti dell’Elsanna, amanti del nonsense, lettori capitati per
caso o semplici curiosi!
Siamo Jane Black, la mente che ha avuto l’idea, e Calime, la penna/tastiera che l’ha messa nero
su bianco, unite in questa one-shot. Speriamo vi sia piaciuta e vi invitiamo calorosamente a
lasciare una recensione per dirci le vostre opinioni!
Intanto noi due vi salutiamo, e chissà, magari questa nostra "fusione" ricomparirà con un'altra
one-shot! ;)
Calime Black