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Autore: avalon9    10/01/2009    1 recensioni
Nella notte di Jòl, l’antico natale nordico, Hilda ripercorre i ricordi innevati della sua vita: l’infanzia, la giovinezza e l’adolescenza. Con malinconia e una punta di nostalgia. E Orion sullo sfondo, come una luce tenue.
[Contest di Natale]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Järnek från snö

Järnek från snö

Agrifoglio di neve

 

 

 

 

 

 

Notte straordinaria.

S’infrange l’eternità

nel nostro presente.

 

M.K. Rubri

 

 

 

 

Prima drupa

 

 

C’è un suono, nei ricordi di Hilda.

La porta gira sui cardini; qualcosa rotola e una corsa nella notte. Nei ricordi di Hilda un cuore (il suo) batte forte e la candela è troppo scura.

Perché Hilda avrebbe voluto vedere; ma la luce non glielo permetteva. Perché la candela (scura) la luce se la mangia e della notte resta solo rumore: una corsa e un cuore.

Nei ricordi di Hilda, c’è l’attesa.

Di quella corsa e di quel cuore che batte (troppo forte). Il labbro masticato e la coperta calda e pesante e stretta. Perché a letto, lei, ci doveva restare. Perché la prinsessa non le deve fare, di notte, le corse. Può solo aspettare.

E c’è il dopo, nei ricordi di Hilda.

Il silenzio che sorride e il buio, perché la luce non c’è – no, la candela non è finita. Hilda la spegne sempre, dopo la corsa (e non si dovrebbe). Ma a Hilda dell’ordine non importa; c’è qualcosa sul pavimento e la candela (che mangia la luce) mangerebbe anche quello.

Hilda spegne sempre la candela, dopo la corsa (perché non mangi qualcosa), e la coperta (pesante e stretta) la libera. E Hilda è rannicchiata sotto la finestra, con un qualcosa in mano e un sorriso (di bambina).

Perché Hilda (una prinsessa) vuole solo leggere un bigliettino; il regalo lo dimentica, ma il bigliettino no. Il bigliettino Hilda lo vuole leggere subito. Perché Hilda è curiosa (e una prinsessa non dovrebbe esserlo), e il bigliettino (qualcosa) lo legge subito. Sotto la finestra con la candela spenta (e il rituale la vorrebbe accesa). Ma Hilda lo sa: la luce mangerebbe il biglietto e lei non vuole. Perché è suo.

C’è sempre una frase, sul bigliettino. Una bella frase che scherza; ma non fa male (anche se un po’, forse, dovrebbe farne). Ma la frase per Hilda è sempre bella (anche se scherza).

Perché Orion frasi cattive non le sa scrivere (anche se dovrebbe).

 

 

 

Seconda drupa

 

 

Nei ricordi di Hilda, c’è un rituale.

Perché il vischio bisogna raccoglierlo con la prima neve; e il vischio (che va raccolto) si taglia quando il freddo inizia. E l’aria punge la pelle; e il vischio punge le mani. Ma Hilda, al freddo e al vischio, non ci pensa.

Perché quel giorno (anche se è un rituale) Hilda non è più prinsessa; e si dimentica di essere sacerdotessa. E le bacche (bianche) sono fredde e suonano con il falcetto (d’oro). Perché sentono gli spiriti, le bacche, e vanno raccolte con la prima neve. Quando gli spiriti (che suonano il vischio) vagano.

Prima c’è un rituale.

Il vischio cade ramo per ramo (il falcetto cala) e bacche (fredde) salutano la luce. C’è il legno inciso, prima. Lasciato a seccare sull’altare, con un disegno di resina nella corteccia. Mentre il vecchio re si prepara a morire; mentre Hilda fa cadere bianco (le bacche) e l’uomo verde (che invecchia) si trascina nelle ombre di rami secchi e foglie vecchie.

E Orion aspetta in silenzio la neve bianca e verde.

Perché Hilda deve eseguire il rituale e Orion (in silenzio) può solo aspettare. E tiene la luce lontana, Orion; perché non mangi il buio e Hilda non se ne vada.

Hilda deve farlo di notte, il rituale.

E la luce (della notte) è azzurra e fredda e strana. La luce di Orion no; la sua luce è rossa e calda e conosciuta. Hilda la ricorda, la luce del prima. Quando del bosco (di notte) non aveva paura.

Perché il bosco è cattivo di notte; anche con una sacerdotessa (perché quella notte Hilda prinsessa non lo è più).

Prima il rituale (di notte) nel bosco (che fa paura) era bello.

Quando Orion raccoglieva il vischio (freddo) nelle mani (calde). E le bacche (bianche) sono perle e la luce di Orion se la mangia la notte. E a Hilda il bosco, di notte, non fa paura.

Perché Orion (la luce) ha il vischio in mano e la aspetta.

 

 

 

Terza drupa

 

 

L’horgr è nero.

Nel le pietre sono fumo e sangue. E Hilda ricorda una cosa brutta. Quando aveva quindici anni e un dolk tremava (nella mano). Perché sei grande, a quindi anni e il rituale Hilda lo doveva eseguire.

E c’era tanta gente, nel (quando Hilda di anni ne aveva quindici e il rituale no, non lo voleva fare). C’erano gli jalrar e gli hersir, e Hilda li sentiva, i loro occhi. Sul dolk (che tremava), sulla veste rituale, sull’horgr rosso (di sangue).

E c’era un maiale sull’altare; ogni anno con il vischio e la ciotola sporca. E Hilda ricorda una cosa brutta, perché non era più prinsessa e la lama (sul maiale) una mano l’ha fatta passare. La mano (che tremava) Hilda l’ha passata (nej, non voleva. Qualcuno l’ha fatto con lei) e il dolk era nero. Anche se Hilda non voleva farlo (ma aveva quindici anni).

Ma il maiale (vicino alla scodella sporca) il dolk doveva sentirlo; perché Yngvi-Freyr lo chiede. E vuole bocköl, Freyr; perché il Vecchio muore e la quercia è bella e forte e viva.

Hilda ricorda una cosa brutta (e aveva quindici anni): il sangue (del maiale) lo hanno raccolto e l’horgr è nero e appiccicoso; la statua (appiccicosa) e le mani (le sue) Hilda non le sente. Perché gocciolano a terra e l’odore è cattivo.

Ma til árs ok friðar lo dice lo stesso Hilda (anche se il blòt, a quindici anni, non lo voleva fare). Perché non è più prinsessa (non lo ritornerà) e ha fatto una cosa brutta. Ma Orion le mani (che gocciolano) le stringe (appiccicose) lo stesso.

Perché hjul gira e gira, ma per Orion Hilda (che pinsessa non lo è più) è solo Hilda. E delle mani (appiccicose e che gocciolano) Orion si dimentica.

 

 

 

Quarta drupa

 

 

La skaldskap Orion l’ha imparata da bambino.

Mentre Hilda (prinsessa) a blòt e brutti ricordi non pensava; mentre di notte lo skaldo le skaldskap le creava e le storie e i racconti si consumano con il fuoco.

Orion l’ha imparata, la skaldskap, e al banchetto deve sempre iniziare. Perché Orion è bravo (Hilda lo sa), anche se frasi cattive non ne sa fare (quelle che scherzano oh sì – ma quelle cattive no).

Hilda la ricorda, la skaldskap di Orion; e le parole sono tante e belle nella notte di Jòl. Perché Orion la prima caccia l’ha fatta ed è un uomo (e di anni ne fa dodici).

Orion (che è bravo) inizia sempre, e il corno gira e gira e il glögg è caldo. E il glögg (caldo) Orion lo beve, prima. Quando a Jòl i versi (belli) li componeva e la danza la ballava.

E nei ricordi di Hilda Orion canta e la danza la balla; e ride (Orion che il riso lo ha perso). Perché a Jòl si riposa e la notte è lunga e viva.

E a Jòl Orion (che ride) dal ceppo che brucia raccoglie due pezzettini (da conservare). Perché Hilda (una bambina) del fuoco ha paura, ma il legno lo vuole conservare. E Orion nej alla prinsessa (a Hilda) non lo sa dire; perché Orion (che frasi cattive non le dice) ride mentre il corno gira (come l’anno) e il ceppo brucia e al tavolo ci sono kamrat.

E Hilda (una bambina) lo guarda e stringe (per conservarlo) un pezzettino di legno.

 

 

 

Quinta drupa

 

 

C’è tanto, nei ricordi di Hilda.

E Jòl è pieno e vivo. Perché c’è il vischio e un rumore e qualcosa e un brutto blòt in quei ricordi. E Hilda (drottning) ricorda Orion (che ride).

Adesso Orion non ride più; e la notte Hilda la candela (che non si deve spegnere) non l’accende.

E non aspetta più qualcosa, Hilda, sotto le coperte pesanti e strette. Perché Orion non c’è e il bigliettino (con la frase bella) non tornerà.

Hilda ha tanti ricordi, di Jòl. Ma la mano (bianca) non la sente. C’è una cicatrice, sulla mano; ma Orion non la può coprire (Hilda lo sa).

Perché Orion la notte (cattiva) lo ha preso; e Hilda lo ha spinto e la mano (con la cicatrice) non vuole che Orion la tocchi. La mano (sporca) che è bianca.

Ma il vischio (di notte) nel bosco (che fa paura), Hilda lo raccoglie sempre. Ma una luce (che non è Orion) non la vuole più. Perché Orion (che era caldo) adesso è freddo e la luce (cattiva) non lo deve mangiare.

La frasi Hilda però le deve scrivere; perché qualcuno aspetta un rumore, sotto le coperte (piccole e innocenti); perché drottning (Hilda) adesso le frasi le può (deve) scrivere. Anche se Orion non c’è.

Ma Hilda ha tanti ricordi di Jòl.

E adesso c’è anche un profumo. Perché Hilda (di notte) un rumore non lo aspetta più; ma la resina e le bacche (rosse) e il vischio (bianco) bruciano e la luce (Orion) le dice: til árs ok friðar.

 

 

 

 

 

 

[Annotations]

 

 

 

Nota al titolo:

Järnek från snö in moderno svedese significa Agrifoglio di neve, dove från [di] forma il complemento di origine. L’agrifoglio è invece una pianta che nella cultura nordica simboleggia per tradizione la rinascita, l’eternità e la determinazione. Fuor di metafora, il titolo vorrebbe significare: la deterninazione [di Hilda] che proviene dal suo mondo, in questo caso espresso dalla neve e inteso al mondo interiore, basato sui ricordi in primo luogo.

 

 

 

De verbis

Di seguito riporto divise nelle cinque sezioni in cui si suddivide il testo le note relative in forma più discorsiva che in modalità elenco.

 

Prima drupa

  1. Tutto la stralcio si basa sulla tradizione svedese della sera della vigilia di Natale, in cui chi faceva il regalo si avvicinava di soppiatto alla camera del ricevente, bussava forte alla porta, buttava dentro il dono e scompariva nel buio, senza farsi riconoscere. Il regalo era poi accompagnato da una dedica in versi salace, se non feroce.
  2. La candela cui si fa riferimento e che dovrebbe restare sempre accesa è quella dell’antico rituale norreno, che veniva lasciata dai sacerdoti sugli altari per propiziarsi il giorno di Natale (Jòl in antico norreno)
  3. Prinsessa, in svedese principessa

 

Seconda drupa

  1. Il rituale cui Hilda fa riferimento è quello previsto dalla mitologia nordica per procurarsi il vischio. La sera di Shamhain (Halloween) i sacerdoti e le sacerdotesse recidono con un falcetto d’oro e con apposite formule il vischio che verrà poi utilizzato a Jòl per decorare l’altare del sacrificio. Il vischio stesso assolve funzione apotropaica, in quanto cattura gli spiriti maligni e li allontana, oltre a contribuire alla rinascita del sole nel giorno del solstizio d’inverno
  2. Il tronco messo a seccare è il tradizionale tronchetto con inciso un simbolo magico propiziatorio che va fatto bruciare la sera del solstizio, tranne un pezzettino che va conservato per l’anno che viene.
  3. Il vecchio re è il Re Agrifoglio, che nelle leggende nordiche e poi nella Wicca rappresenta il vecchio anno che sta declinando e per questo muore ingaggiando battaglia con il Re Quercia che rappresenta l’anno nuovo.

4.       L’uomo verde è uno dei tradizionali consorti della Grande Dea, e un doppio del Re Agrifoglio. Già dalle più antiche testimonianze lasciate dai Celti, è chiaro che Cernunno governa la foresta, e porta le corna ramificate di un cervo. La sua immagine è forte e potente, e assicura la fertilità della natura nella vita umana. In modo non dissimile, in un'incisione rinvenuta in Germania nota come la colonna di san Goar, la vegetazione cresce dalla testa dell'Uomo Verde e forma la sua barba. Sul bacile di GundeStrup, la testa di un uomo è coperta di capelli stilizzati formati da foglie intrecciate. Come in moltissime altre immagini celtiche, il potere risiede nella testa. Nelle rappresentazioni dell'Uomo Verde, che adornano le chiese e le cattedrali europee, la sua testa e soprattutto i suoi capelli, la sua barba e i suoi baffi sono formati da un insieme di foglie, rami e rampicanti. Talvolta dalla bocca gli spuntano lunghe foglie, fino a formare enormi baffi o una lunghissima barba; oppure viticci, a volte con grappoli d'uva, gli germogliano dagli angoli della bocca e ne incorniciano la testa amo di capelli e barba stilizzati. Una folta massa di foglie gli circonda il capo.

 

Terza drupa

  1. L’horgr più che un luogo di culto vero e proprio è un altare. Una pila di pietre su cui poteva essere posto un oggetto come una statuetta rappresentante un dio. L’horgr era utilizzato anche per i sacrifici, i blòt, e vi era posta la ciotola in cui veniva raccolto il sangue dell’animale sacrificato, che veniva poi spruzzato sui presenti per benedirli e sulla statua della divinità.
  2. purtroppo è un luogo di cui non si sa molto; è noto comunque che fosse considerato sacro e per questo motivo era sede di rituali.
  3. Dolk in svedese significa pugnale
  4. Quindici anni è l’età massima in cui, per tradizione antica, si raggiungeva la maggior età. Il termine varia per luogo e tempo; nella storia ho posto ha quindici anni l’età necessaria a che Hilda compia il suo primo rituale come sacerdotessa, mentre più avanti (quarta drupa) ho fissato a dodici anni per Orion la maggior età, in quanto di solito era attorno a quell’età che il ragazzo doveva iniziare a pensare al proprio futuro.
  5. Jarlar e Hersir designano in antico norreno due cariche fondiarie locali
  6. Nej è no in svedese
  7. Yngvi-Freyr sembra essere il nome completo di Freyr, dove il primo termine indicherebbe il dio primordiale, mentre il secondo sarebbe un epiteto poi divenuto onomastico che significa Signore. Secondo la tradizione a Jòl si era soliti sacrificare un cinghiale o un maiale al dio, e con il suo sangue aspargere i fedeli e la statua con lo scopo di propiziarsi un anno felice.
  8. Bocköl in svedese è la birra forte e scura della tradizione nordica, uno dei liquori usati durante le libagioni tradizionali
  9. Til árs ok friðar letteralmente “per un anno fausto e pacifico”, antica formula con cui si concludevano le cerimonie e i sacrifici religiosi (blòt)
  10. Blòt in antico norreno è il sacrificio religioso
  11. Hjul in antico norreno designa la ruota e in particolare è il termine da cui poi derivò Jòl, e indica l’avvicendarsi ciclico delle stagioni

 

Quarta drupa

  1. Skaldskap è la capacità di comporre versi e di apprezzare la poesia detta skaldica e rientra fra le competenze di un nobile ed è presente nella sua educazione.
  2. Skaldo nome nordico che indica il cantastorie o comunque il detentore della memoria orale
  3. Glögg bevanda svedese invernale tipica delle festività; simile al nostro vin brulè, è fortemente speziata e va bevuta ancora calda
  4. La danza non meglio precisata assomma in sé i particolari balli che la tradizione nordica voleva che si eseguissero nei giorni di festa di Jòl
  5. Il bere assieme è un importante elemento di aggregazione per la realtà norrena. In particolare, durante il periodo del solstizio, erano formate tavolate rotonde cui di solito sedevano gli uomini per gruppi della stessa età, bevendo da un solo corno (secondo l’uso nordico) e cantando a turno.
  6. Kamrat indica i compagni, cioè le persone cui un uomo è legato sia per condivisione di esperienze belliche sia per profonda amicizia

 

Quinta drupa

  1. Drottning in svedese significa regina
  2. Jòl è il termine norreno che indica Yule, la festa celebrata in concomitanza col solstizio d’inverno e confluita poi nel Natale cristiano.

 

  
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