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Autore: serClizia    15/06/2015    1 recensioni
Raccolta di drabble ambientate in una AU in cui Steve lavora al take-away cinese aperto 24/24, e Tony è uno che ordina davvero, davvero tanti involtini primavera.
Da un prompt ricevuto durante l'event del gruppo We are out for Prompt
Genere: Demenziale, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: MCU
Pairing: Stony
Prompt: reprise dell'AU sopra in cui vanno veramente a cena fuori, e Kevin fa un sacco di domande a Steve.
Note: mi è venuto un po’ meno idiota di quanto pensassi. Inoltre questa storia partecipa alla Screw Prompts, Give Me Points challenge.

 
 
“Stark.”
“Mh?”
Steve sta ascoltando Kevin distrattamente mentre infila i cartoncini in modo preciso dentro i sacchetti. Odia quando si rovesciano, specialmente quelli dei noodles.
“Esci veramente con Tony Stark.”
Continua a lavorare coi cartoncini, avere le mani occupate è un buon modo per non affrontare le conversazioni fastidiose. “Non esco con lui, andiamo fuori a cena.”
“Andare fuori a cena è un appuntamento. Stai uscendo con lui.”
Steve si gratta il naso col dorso della mano, strizzando gli occhi. Il sudore comincia ad imperlargli la fronte, colpa del calore proveniente dalla cucina.
“Uscire insieme implica andare a più di una cena. Non penso succederà.”
“Perché no?”
“Perché non lo conosco!”
“Aw, Steve. Stare in convitto per tutto quel tempo non ti ha fatto bene, sai.”
“Sì, sì, come no.”
“Ti ha reso tutto irrigidito e scostante. Troppo moralista. Non sei più abituato a stare insieme alle persone. Persone che vivono in questo secolo, per lo meno.”
“Guarda che non erano eremiti, solo preti.”
“Appunto.”

**

Il signor Stark irrompe nel ristorante, occhiali da sole nonostante sia oramai sera.
Steve lo stava aspettando da un quarto d’ora buono.
Si siede davanti a lui con un sorriso, con gesti precisi e veloci si sistema il tovagliolo sulle gambe, si versa del vino nel bicchiere. Nessuno ha ancora detto una parola.
Tony prende un bel sorso, poi si sporge in avanti con i gomiti appoggiati sul tavolo, gli avambracci incrociati.
“Allora…”, si fa scendere gli occhiali sul naso con un gesto secco. “Siamo qui. Ciao.”
“Ciao.”
‘Sei in ritardo,’ vorrebbe dirgli, ma non vuole ammettere di essere stato ad aspettarlo né  di essere in effetti arrivato con largo anticipo. Tecnicamente Tony è in ritardo solo di 5 minuti.
E in ogni caso dubita che parlerà molto, lo sguardo fisso negli occhi gli sta facendo aumentare la salivazione.
“Hai già deciso cosa mangiare?”
Steve ha memorizzato tutto il menù. Non sapeva che fare, nell’attesa.
“No, ma visto che hai scelto tu il posto, magari hai dei suggerimenti?”
Tony si sfila gli occhiali e se li mette nel taschino della giacca. È venuto ad un appuntamento in giacca. Steve si è semplicemente messo una camicia azzurra sui jeans scuri.
“A dire il vero, sì, ho dei suggerimenti.”
Figuriamoci.
“Primo, perché non ti sbottoni un po’ la camicia?”
“Come, prego?”
“Hai abbottonato la camicia fino al collo. Sembri un testimone di Geova.”
“Non sembro affatto un testimone di Geova!”
Tony alza le mani. “Suscettibile sull’argomento, per caso?”
Steve si raddrizza un pochino. Non voleva essere scortese, ma Tony l’ha preso su un punto delicato.
“Sono cattolico. Sono suscettibile su tutto.”
Non se lo aspettava, ma Tony sorride. Per davvero, stavolta, non solo di lato, e strizzando anche un po’ gli occhi. Steve sospetta che un giorno avrà delle rughette sottili, in quel punto.
Il sorriso sparisce mentre si prende un altro sorso di vino. “Quindi, cattolico, uh? Avrei dovuto capirlo.”
“Da cosa?”
“Mah, qua e là, pezzi e conversazioni. E quell’aria da fanciulletto sperduto che viene da un’altra epoca.”
Steve riprende a fissare il menù. “Non ho affatto quell’aria.”
“Quindi, studiato dalle suore, suppongo?”
“Uhm, no, preti.”
Tony batte la mano sul tavolo. Steve non è sicuro della piega che sta prendendo la serata. Sono lì solo per prendersi gioco di lui? “Ha! Questa sì che si chiama ironia!”
“Ironia?”
“Preti e omosessuali non vanno molto d’accordo, non credi?”
Oh. Ecco quindi dove era diretta questa linea di domande. Steve ripiega il menù e lo appoggia affianco a sé sul tavolino. Tony sta bevendo ogni suo movimento, lo sente.
Si appoggia coi gomiti al tavolo, mimando la posa di Tony di poco fa – che intanto si è stravaccato sulla sedia, di lato, il braccio destro che penzola dallo schienale della sedia.
Lo fissa intensamente. Non è ancora un uomo ma sicuramente non è più un ragazzino, e vuole che Tony lo capisca bene. “Siamo qui per parlare della mia sessualità, signor Stark?”
“Tony. La sessualità è uno dei miei argomenti preferiti.”
“Non dei miei.”
“No? Pensavo fosse uno degli argomenti preferiti di tutti.”
“Non così presto.”
“Ah, capito. Cattolico, puritano, ricevuto.”
“Non ha niente a che vedere con la fede…”
“No, no, lo capisco. Allora…” si raddrizza, voltandosi completamente verso Steve un’altra volta. Che comincia a capire una cosa, il modo in cui Tony si siede, come si muove, come guarda le cose sono indizi importanti per capirlo. Ne prende nota. “Di cosa vuoi parlare, quindi?”
“Beh, siamo qui per conoscerci. Direi che possiamo cominciare con le domande di rito. Chi sei, cosa fai…”
“Ma io so già tutte queste cose. Sei Steve, lavori dai Tran, blablabla, noioso.”
Steve è piuttosto sicuro ci siano altre persone nella sala, eppure c’è qualcosa di magnetico nel modo in cui si parlano, entrambi protratti in avanti sul tavolino. Come se ci fosse tutta un’altra conversazione da avere occhi negli occhi. Uno studio l’uno dell’altro, parallelo a quello che avviene con le parole.
“Io non le so, invece.”
“Ok. Facile: erede di un miliardario, ingegnere, filantropo, playboy, lavoro nella società di mio padre.”
Ed ecco di nuovo una stoccata, una parola buttata là con non-chalance, un amo per vedere in che modo Steve abboccherà. Difatti Tony sta stringendo gli occhi, studiandolo se possibile ancora di più, aspettando una reazione.
“Bene,” Steve interrompe quel contatto visivo-calamita per riprendere il menù. “Ora che tutto questo è sistemato, vogliamo ordinare?”
Tony sorride, di nuovo, come un bambino. Si mette due dita in bocca e fischia. “Cameriere!”



**

Kevin lo sorprende mentre si infila la giacca di pelle, e in qualche modo sa. Steve lo sente, Kevin sa.
“Quindi… stai andando via?”
“Il mio turno è finito. Sì.”
“Stai andando a casa?”
Steve si siede a cavalcioni sulla moto. Tentenna. Ma solo pochissimo. “Non proprio. Non a casa mia, almeno.”
“Lo sapevo! Stai andando dal signor Stark!”
“Tony. E sì, sto andando lì.”
“Lo sapevo! Com’è andata? Che avete fatto? Che avete detto?”
“Uhm…”, si gratta la testa. Non per imbarazzo, non si è mai sentito in imbarazzo sulle persone che frequenta. Quando si decide a uscire con una persona, quando gli piace una persona, non ha problemi a parlarne. La cosa è che non ha idea di come descrivere come sia andato il loro primo appuntamento.
È stato un po’ uno studio, poi una guerra, elettrizzante, a tratti dolce, altri completamente snervante. Comunque, una montagna russa emotiva, tutta la sera. Quando è uscito di lì, Steve non capiva più nulla.
Si sentiva spettinato. Si era anche specchiato nella vetrina per vedere se dovesse sistemarsi i capelli, rimettersi a posto i vestiti.
“Oh, andiamo, amico. Dimmi qualcosa.”, Kevin si avvicina con fare cospiratorio. “L’avete già fatto?”
Steve perde per un attimo il contatto con il pavimento e deve prendere la moto al volo prima che caschino a terra entrambi. “Cosa – no!”
“Ah, lo sapevo. Puritano.”
Sul serio, dovrebbero smetterla di chiamarlo così. “Non è quello… è un po’ presto, non credi?”
Kevin incrocia le braccia. Un sorrisetto beffardo si fa strada sul viso. “Sei vergine, non è vero?”
“Non sono mai stato… cioè…”
Certo che è vergine. Provate voi a passare da un orfanotrofio gestito dai preti alle scuole gestite dai preti. Ragazze? Certo, a frotte. Ma non gli interessavano. Dopo qualche appuntamento ci aveva dato su. Ragazzi, qualcuno, ma non era facile. Non ne aveva mai trovato uno che rimanesse interessante abbastanza a lungo da diventare intimi. Non era andato oltre la seconda base.
Kevin gli batte una mano sulla spalla. “Sei arrossito. Adorabile. Tranquillo, sono vergine anch’io.”
“Ma non avevi la ragazza?”
“Coreani, amico. Coreani.”
E con questa frase criptica, Kevin si dilegua dentro il negozio. Steve accende la moto. Tony lo sta aspettando con le pizze e una maratona di Star Trek. Il perfetto venerdì sera.
  
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