Cristalli di Boemia
E’ più di
mezz’ora che ti fissa senza ritegno e adesso stai seriamente iniziando a
pensare che in quell’orribile ed eterno rimando di riflessi, in quel
labirintico ed estenuante ripetersi all’infinito di specchi deformi, in
quel claustrofobico ricordo di cristallo di Boemia intento
a bearsi di quelle due trasparenti dita di vodka che custodisce, ci siano
davvero un paio di occhi fissi su te, incollati come incantati dalle tue dite,
troppo prese a far l’amore con le corde tese d’un contrabbasso.
Non sono di certo occhi azzurri che raccontano di amori meno puri di
quanto non credano, né iridi verdi che parlano dolcemente di una
speranza a loro insaputa già morta da tempo, tantomeno lo sguardo che su
di te insistentemente indugia possiede i toni caldi e passionali, ma veloci a
stiepiedirsi e a spegnersi, del marrone.
E’ nero ciò
che ti scruta silenziosamente, assorbe tutti i raggi di luce presenti nella
stanza, ma non si muta né in bianco né in colore alcuno e rimane
là a guardarti, immobile nel cristallo, come se non avesse proprio
niente di meglio da fare.
E’ insopportabile quello che ti ricorda, ciò che
risveglia da una morte che non è solo fisica e davvero non riesci
più a sopportarlo quel suo indagarti interrogativo che sembra sottoporti
ad un muto interrogatorio; non ne puoi davvero più di domande poste
senza pudore e senza vergogna, ma ancora confuse in quel senso di colpa che
sembra dividerti in due come quando il suo corpo era entrato per la prima volta
nel tuo.
E di scatto afferri il bicchiere
per ingoiarne il contenuto tutto d’un fiato, mentre la gola secca s’incendia
a contatto con l’acquavite che tira i lineamenti del tuo volto in un’evidente
espressione di disgusto.
La tua mano destra trema nel riconoscere, una
volta per tutte, gli occhi neri che ti fissano dal bicchiere e, prima
ancora che tu possa accorgerti di aver lasciato la presa, frammenti di
cristallo giacciono già sul pavimento, sparpagliati ai tuoi piedi come i
brandelli di un nemico fatto a pezzi, come le carcasse al mattatoio, come dei morti,
senza nome e senza volto, pigiati in una fossa.
In pezzi, come la tua vita da quando lui non c’è
più.
Ed i tuoi occhi neri ti fissano moltiplicati a dismisura nelle membra disfatte
del cristallo.
La sensazione di deja-vu è
esasperante.
Né tu né
lui, in fondo, avete certo fatto una fine migliore di questo cristallo di Boemia.