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Autore: thepowercouple    17/06/2015    1 recensioni
Nina e Chiara sono amiche da sempre, e si definiscono una power couple. Alessandro e Lorenzo sono la bromance per eccellenza; Alberto è innamorato di Chiara e lei è l'unica che non lo ha capito, Jack vorrebbe uscire con Nina ma non sa come farglielo capire e in più è amico di Edoardo, che è troppo bello e troppo poco sicuro di sé. I professori sono uno più strambo dell'altro, Uomo Sabbia e Sandalo sono gli studenti del quinto più assurdi che potresti trovare sulla tua via. Quattro giorni ad Amsterdam per una gita in cui tutti gli equilibri si stravolgeranno, e nulla sarà più come prima. Quattro giorno ed un ritorno a casa pieno di cose inaspettate. Storia scritta a quattro mani da due ragazze che amano sognare su ciò che le circonda.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome | Contesto: Scolastico
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Gli aeroporti sono luoghi affascinanti, questo è un dato di fatto. 
C'è chi parte per qualche giorno con qualche amico, chi parte per necessità esterne come il lavoro, e chi parte semplicemente perché vuole cambiare vita. C'è persino chi va in aeroporto solo per passare il tempo, per guardare le persone correre tra un Gate e l'altro, con euforia o ansia, e magari immaginare le loro storie. Per quest'ultima categoria di persone, gli osservatori, il 14 aprile sarebbe stata la giornata ideale per presentarsi al Leonardo Da Vinci e immaginarle, queste storie. Alle 6.30 del mattino, una cinquantina di persone erano raggruppate proprio sotto la scultura de L'uomo di Vitruvio; i viaggiatori più esperti lo sanno che il periodo tra marzo e aprile è il periodo delle scolaresche, quindi nessuno era poi tanto turbato dalla presenza di giovani ragazzi in fibrillazione. Anche perché, per quanta possa essere l'eccitazione di un viaggio, le 6.30 del mattino sono pur sempre le dannate seietrenta del mattino. L'appuntamento era stato anticipato di un quarto d'ora perché si sa che solo così si riesce a far arrivare i ritardatari all'orario giusto, e infatti la maggior parte delle persone si erano presentate alle 6.45. Compreso uno dei professori, ma senza troppa sorpresa: il professore di Latino e Greco, Zagato, era rinomato per il suo fascino da uomo brizzolato che non riesce ad abbandonare il suo spirito giovanile e per il suo ritardo cronico. E il professor Cinti, quello di Arte, non era di certo uno che riusciva a nascondere la sua irritazione al riguardo, neppure di fronte agli studenti, che zitti zitti si divertivano a vedere l'astio tra i due.

« Scusate il ritardo! »
Aveva esordito Zagato con quel suo modo di fare sempre un po' svogliato, sempre un po' troppo cool per la sua età.
« Ma figurati Vito, stiamo aspettando ancora due ragazzi » ,
rispose pacato De Carolis, quello di Filosofia, che l'anno dopo sarebbe andato in pensione. Era l'incubo della maggior parte degli studenti, tranne per un gruppo ristretto di persone – che, per inciso, erano quelle più fastidiose di tutti. In primis, quello che tutti chiamavano Sandalo; il vero nome non se lo ricordava nessuno, neanche quelli del suo stesso anno. Del resto cosa ti aspetti quando decidi di indossare dei sandali per tutto l'anno? Inoltre era di un'antipatia unica, quindi quel nomignolo se l'era un po' andato a cercare. Nella classifica dei “lecchini di quello di filosofia” rientravano a pari merito l'Insopportabile Clarissa e il sempre fuori luogo Antonio. Qualcuno diceva che i due avevano avuto una storia, ma era un pettegolezzo nato e morto nel giro di una settimana. Quello che nessuno aveva avuto il coraggio di commentare era che non si sa chi dei due fosse stato più sfortunato a capitare tra le braccia dell'altro. L'ultimo posto, invece, spettava di diritto a Carlo, non tanto perché lo adorasse o cose simili, più che altro perché si divertiva a parlare di cose scabrose in sua presenza e, a quanto lui millantava, anche il professore sembrava divertirsi. 
« Scusate, facciamo un appello per capire chi manca? »
La voce graffiata dal fumo della professoressa Stefani risuonò nelle orecchie stanche degli alunni, che fecero del loro meglio per risultare abbastanza svegli da dire “presente” dopo aver ascoltato il proprio nome. Se c'era una cosa che Chiara odiava era aspettare che arrivasse il suo nome durante l'appello. Zucchero: era destinata ad essere chiamata per ultima alle interrogazioni e anche a sorbirsi tutti i nomi prima di lei.
« Capirai, se chiama i nomi così velocemente io posso anche mettermi a dormire qua 
», aveva commentato sarcasticamente. Caterina – detta affettuosamente Nina -  la guardò sorridendo:
« Anche perché tanto lo sappiamo già chi manca »
Non ebbe neanche il tempo di finire la frase che da lontano si sentirono due voci dire  « ECCOCI! SCUSATE, ECCOCI! » Alessandro e Lorenzo si erano finalmente materializzati dove avrebbero dovuto essere venti minuti prima, creando un po' di scompiglio e confusione. Con la loro solita faccia tosta e la loro incomprensibile ironia riuscirono a giustificarsi egregiamente con i professori, e questo sarebbe stato solo il primo dei motivi per cui Chiara e Nina avrebbero sospirato in quei quattro lunghissimi giorni. I quattro giorni in cui laPower Couple sarebbe stata più powerful che mai, questo lo sapevano entrambe – un po' confuse, un po' divertite. A guardarle da fuori sembravano proprio il tipo di coppia d'amiche che semplicemente coesiste armonicamente grazie alle loro differenze fisiche, collaudate ulteriormente dalla loro somiglianza a livello emotivo. Nessuna delle due, infatti, si sentì sorpresa nel rendersi conto che l'altra non aveva intenzione di salutare i due appena arrivati, tanto meno sapendo che c'erano altre persone compromettenti nei paraggi.
« Sono solo le 6.50 del mattino e io sono già stressata, Chia' », sentenziò teatralmente Nina, come era solita fare.
« Non dirlo a me »,
fu il commento di Chiara.

Dopo aver lasciato le valige e aver fatto la fila per i controlli, durante la quale Salvatore aveva sputato una battuta velenosa che aveva fatto ridere tutto il gruppo di cui Nina e Chiara facevano parte (la battuta era su Marzia, precisamente Salvatore si chiedeva sarcasticamente se lei occupasse tre posti da sola perché altrimenti si sarebbe creata una pendenza troppo pericolosa per il volo - Salvatore non era cattivo gratuitamente, è solo che Marzia se lo meritava perché parlava male di chiunque con chiunque), finalmente tutti salirono in aereo. Fortunatamente la power couple non era stata divisa dai diabolici numeri sul biglietto, ma questo sarebbe stato l'unico sollievo di quelle due ore e mezza. Già, perché proprio accanto a Chiara, che aveva il posto 2B, quindi quello centrale, si sedette Uomo Sabbia. Da buon Uomo Sabbia quale era, non riuscì a fare altro se non abbozzare un sorriso sbilenco accompagnato da un altrettanto sbilenco salutino con la mano. Chiara, un po' perplessa, gli rispose con un secco «ciao
». Non si voltò neanche verso Nina, ché tanto lo sapeva già cosa stava pensando: CHE TRISTEZZA. Come se Uomo Sabbia non fosse già stato abbastanza, nella fila opposta alla loro c'erano Carlo – che per tutto il viaggio non avrebbe fatto altro che dire cose inappropriate alla ricerca del consenso di Chiara e Nina -, Donato – della cui presenza si sarebbero chiesti in molti, visto che non andava a scuola con loro -, e una ragazza di cui il nome era sconosciuto, ma che era famosa per essere stata bocciata ripetutamente all'esame di maturità. Un sogno, insomma. Mentre Nina stava sistemando la borsa sotto il sedile di fronte, incrociò lo sguardo di tutti e tre i componenti del trittico letale che stava entrando in aereo e che aveva accuratamente tentato di evitare fino ad allora. Tutti molto gentili la salutarono con un “ciao” e un sorriso, ma ognuno di loro in modo diverso: Leonardo, come sempre misterioso; Edoardo, come sempre bello; Giacomo o più semplicemente Jack, come sempre Jack. E proprio perché era Jack, le disse a bassa voce, incrociando le dita:
« Oh, speriamo che va tutto bene »
Niente poteva essere più Jack di questo. Eppure la fece sorridere un po', ma era meglio non pensarci.
« Certo che Jack sempre positivo eh », commentò Chiara.
Aveva effettivamente ragione. Dopo qualche minuto in cui tutto sembrava finalmente tranquillo, il cataclisma. La power couple maschile che prima si era palesata in ritardo, ora si era palesata dietro ai posti di Chiara e Nina.
« Non ci credo. Non ci voglio credere. Non è vero. »
« E te pareva » ,
furono le uniche frasi che uscirono dalla bocca delle due sciagurate, che a quel punto non capivano più quale fosse il problema del destino. Fecero alzare malvolentieri il povero Uber, che fino a qualche istante prima stava fissando maniacalmente Chiara senza che lei se ne accorgesse. « Scuuuuusa » , gli disse Alessandro, sempre con tono ironico.
« Oh, chi si vede! Siete pronte? Oh Amsterdam eh, è una ficata » e niente, Alessandro aveva iniziato a parlare a manetta.
« Zì, zì... Sono le 7.30. Piano. »
Lorenzo gli disse queste parole con una calma disarmante, poggiandogli una mano sulla spalla. Sembravano una coppia di neo sposini.
« Hai ragione, giusto, scusate, vi ho disturbato? Giuro che smetto di parlare, eh, muto come un pesce. »
Nina e Chiara risero, e anche Lorenzo. Ma qualche minuto una voce ruppe il silenzio.
Di nuovo.
« Che puzza che si sente qua, vero Lo’? Mi sa che è Chiara... »
 Sarebbero state due ore lunghe e quattro giorni infiniti.


Le due ore di viaggio non furono poi così male, probabilmente perché si erano addormentati subito dopo il decollo, con qualche minuto di chiacchiericcio solamente nel momento degli snack. Anche in quel frangente, ovviamente, qualcosa di vagamente assurdo doveva capitare: la hostess, fortemente irritata dopo essere stata tampinata di domande e complimenti inutili da Giuliano, uno del quinto che sembrava troppo adulto per essere ancora a scuola, si era completamente dimenticata di servire Chiara, che era rimasta affamata e senza merenda. Così, lamentandosi, tornò a sonnecchiare. Quando qualche minuto dopo aprì gli occhi per cambiare posizione, trovò uno dei due sandwich al formaggio che si trovavano nelle scatole preconfezionate. Si guardò intorno, ma Nina non era al suo posto, e Uomo Sabbia stava guardando un film al computer. Il sandwich era poggiato sopra a un fazzoletto di carta, sul quale Chiara notò una piccola scritta: “Buon appetito! Alb.”. Non ebbe bisogno di altre spiegazioni. Il ragazzo seduto qualche posto davanti a lei, Alberto, quello con la voce impostata che alla lunga strideva con la sua personalità inizialmente troppo costruita, quello che Nina aveva inizialmente guardato con occhio scettico, proprio lui aveva rinunciato a uno dei suoi piccoli panini per darlo a Chiara. Lei lo interpretò come un gesto carino, sì, ma carino come potrebbe esserlo un qualsiasi gesto fatto in amicizia. Lui, invece, mentre scriveva quel biglietto, sperava di mandare un messaggio più chiaro. Ma forse scrivere “Ehi, ciao, ti sto cedendo il mio panino perché mi piaci e quindi ci tengo al fatto che tu non muoia di fame” sarebbe stato un po' eccessivo. La verità è che una volta, qualche settimana prima, mentre fingeva di ascoltare la musica in autobus, si era ritrovato ad ascoltare una conversazione tra Nina e Chiara: parlavano di leggere i segnali e di quanto spesso fosse difficile farlo. Si rese conto che avevano ragione, in effetti, ma non stavano tenendo conto di quanto sia difficile mandarli, i segnali. Del resto, aveva pensato lui dopo averle ascoltate, loro non mandavano quasi mai segnali a nessuno, tant'è che spesso si era ritrovato a credere che a loro neanche serviva mandarli, tanto c'era sempre qualcuno che faceva il lavoro al posto loro. Perché Alberto era apparentemente uno sulle sue, ma in realtà vedeva e capiva tutte le dinamiche. Anche quelle che avrebbe voluto non vedere mai, tipo il suo amico Bianchini che stava per avere una relazione omosessuale con Bonelli. Ma a quello era meglio non pensarci.
Nel frattempo, Caterina era andata in bagno. Strano. Camminando per il corridoietto tra un posto e l'altro, aveva visto cose che avrebbe tranquillamente voluto evitare di vedere: Marzia e il suo ragazzo dormire semi abbracciati, ad esempio. O anche Sandalo dormire con la bocca aperta e la bavetta malvagia colare sull'angolo. Per non parlare poi di Sigariello che si era tolto le scarpe senza alcun tipo di remora. Era sempre così tutto strano e sbagliato. Tranne Tommaso, che la salutò e la fermò per scambiare qualche battuta. “Com'è bello, accidenti”, era l'unico pensiero che balenava nella testolina bionda della ragazza, ed era vero: lo sguardo assonnato e i capelli arruffati gli conferivano un'aria ancora più affascinante, e Nina non credeva potesse essere vero. Le persone così non sono mai vere. Ma del resto non lo era neppure Donato. Dopo aver fatto finalmente pipì, Caterina tentò rumorosamente di uscire dal bagno, visto e considerato che la porta si era bloccata. “Ottimo, ti pareva. Sono la povera sfigata come sempr...” e con una spinta un po' più forte riuscì ad aprire la porta, inciampando rovinosamente tra le braccia di qualcuno. E qual qualcuno, in effetti, non poteva che essere Edoardo. Imbarazzata e turbata, Nina emise una risatina stupida, ciancicando un altrettanto stupido
« Scusa »
 Edoardo, sempre utilizzando quel suo modo un po' burbero, le chiese se si era fatta male e le sorrise.
« Sì, no, sto bene, nel senso... La porta, è difettosa, credo. O forse io non so aprire le porte, chissà. Grazie, comunque. »
Lui rise, e Nina si sentì subito un pagliaccio. Poi Edoardo fece una cosa inaspettata sia per lei che per lui, probabilmente: le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Un momento così intimo, che visto da fuori magari sarebbe potuto sembrare romantico, era stato brutalmente interrotto dall'Insopportabile Clarissa, che, poverina, in realtà doveva solo andare in bagno. Scossa come non era mai stata prima, Caterina tornò al suo posto, facendo alzare nuovamente l'infastidito Uomo Sabbia e l'altrettanto confusa Chiara. Una volta vicine, le due si guardarono e, senza preavviso, dissero in coro:
« E' tutto sbagliato. »
 
Arrivati finalmente in hotel, che si trovava vicino a Rembrandtplein, i professori diedero libero arbitrio ai ragazzi di scegliere come organizzare le camere. Per qualche strana ragione, il trittico era stato diviso, e Leonardo era finito in camera con Tommaso e Marco, mentre l'unica doppia disponibile era stata prontamente occupata da Chiara e Nina.
« Siamo al terzo piano, stanza 10 », disse Chiara guardando la chiave.
« Anche noi siamo al terzo! » , rispose dal nulla Alessandro, « Stanza 12 
»
Chiara annuì, cercando di restare impassibile. Arrivati al terzo piano, Nina vide Marco entrare nella stanza 11, e semplicemente iniziò a ridere. Chiara, non capendo, le chiese cosa fosse accaduto:
« Chia, nella stanza 11 ci sono Tommaso, Marco e Leonardo... »
Arianna le lanciò quello sguardo complice che solo loro due potevano interpretare.
« Io non so se ce la faccio per quattro giorni consecutivi. »
 
Il sole era alto, la luce rifletteva nell'acqua dei canali, e il vento era freddo, ma non di quella freddezza che ti immobilizza le ossa. Chiara indossava un paio di skinny neri, le sue immancabili Creepers, una maglia bianca a righe nere con uno scollo a barca, il giacchetto di pelle con la pelliccia sul collo che tanto piaceva alla sua amica e un capellino di lana rosso dal quale scendevano morbidi i capelli sulle spalle; sulle labbra un rossetto rosso, che su di lei non risultava mai “troppo”. Non si sa come, ma Chiara sembrava uscita sempre da un film dolce amaro in cui il protagonista si innamora perdutamente della ragazza che non riesce mai ad avere del tutto. Un film degli anni Sessanta, un film che andresti a vedere solo per l'attrice principale. Nina, invece, indossava un paio di pantaloni grigi a vita alta, una canottiera aderente nera, un cardigan nero lungo, i suoi immancabili stivaletti con il tacco – perché “non è vero che la comodità è al di sopra di tutto” - e il suo cappotto di pelliccia. I capelli, come sempre, legati un po' alla rinfusa, in contrasto con l'eye linerperfettamente applicato. Una volta Salvatore le disse che era appariscente come Kim Kardashian, e qualcun altro avrebbe potuto prendersela, forse, ma lei no. I professori, essendo il primo giorno e volendo far ambientare un po' i ragazzi, gli diedero del tempo libero per andare un po' dove volevano, l'appuntamento sarebbe stato per le 19 davanti all'albergo. Chiara, Nina, Azzurra, Gaia e Lavinia si girarono tutti i negozi vintage del Jordan, motivo per cui dopo un po' Daniele, Salvatore e gli altri ragazzi decisero di andare a fare cose più virili per conto loro.
« Scusate, vi sembra normale che siano tutti così belli qui? » , chiese Lavinia alla vista di un bellissimo olandese in bicicletta.
« Se pensi che a noi ci tocca Carletti... » , rispose sconsolata Azzurra, rimembrando amaramente il giorno in cui il suddetto le aveva inviato una canzone d'amore per cui Chiara l'aveva preso in giro continuamente. La giornata era passata piacevolmente, finché, ovviamente, non si erano imbattute, davanti ad un coffee shop, in tutto il gruppo di persone potenzialmente compromettenti delle loro vite. Il caso vuole che proprio in quel momento Chiara stava per dire una cosa come:
« Amsterdam è una città veramente romantica, mi piacerebbe andarci con qualcuno in futuro. »
Boom. Ecco davanti a lei il buon Alberto e Alessandro che chiacchieravano amabilmente, per poi girarsi verso di lei sorridendole in simultanea. Certe volte non si tratta di segnali, certe volte si tratta della vita che è uno scherzo crudele.
 
Alle 22.30, dopo la cena e dopo il soliloquio di De Carolis sulle nuove generazioni, finalmente tutti poterono tornare in camera propria. O quasi. Già dalla cena si erano sentite voci dire “Ci vediamo alle 23 in camera nostra” e cose simili; Nina e Chiara, dal canto loro, volevano solo andare a dormire dopo la giornata bella ma stressante. Erano state ingenue anche solo a pensare una cosa simile. Una volta entrate in camera, indossarono placidamente il pigiama, e si infilarono sotto le coperte. Iniziarono a fare il resoconto della giornata quando qualcuno iniziò a bussare alla porta.
« Ma chi accidenti è adesso?! »,
Chiara si alzò e andò ad aprire con indosso i suoi splendidi calzini con le paperelle.
« Bei calzini. Dove li hai comprati così non ci vado? » , Alberto si era palesato a sorpresa.
« Ma come sei simpatico! » , gli rispose ironicamente Chiara.
« Dai, che oggi ti ho anche ceduto galantemente il mio panino! »
Detta questa frase, Alberto avrebbe voluto prendersi a sberle da solo: era appena riuscito a sminuire un suo stesso gesto.
« A proposito, ti ringrazio! Mi hai salvata da morte certa, considera. »
Nina guardò l'espressione di Alberto cambiare drasticamente, ma tanto era inutile: ogni volta che diceva a Chiara che secondo lei Alberto era stracotto di lei, lei dissimulava.
« Ma veramente volete andare a dormire? Dai, non fate le morte e venite in camera nostra! », propose lui con un impeto di goliardia. Le due ragazze si guardarono: nessuna delle due ne aveva effettivamente voglia.
« In realtà siamo parecchio stanche... Domani però giuro di sì! » , gli disse Chiara nel modo più carino possibile. Alberto sospirò e prima di chiudere la porta dietro di sé, ribadì – probabilmente più a se stesso che a loro due:
« Domani, eh ». 
Dopo qualche minuto di pace, in cui finalmente Chiara e Nina si erano rilassate abbastanza, qualcun altro bussò alla porta.
« ANCORA? NON VENIAMO TANTO, ABBIAMO SONNO! », Chiara aprì nuovamente la porta, ma stavolta non c'era Alberto, c'era Alessandro.
« Oh, calmina ciccia, o sarò costretto a rapirti » Nina rise.
« Sì, certo come no. Solo un'idiota si farebbe rapire da te. »
Pronunciata questa frase, Alessandro la prese per un braccio e la trascinò via con sé, correndo e urlando « TE LA RIPORTO ENTRO UN'ORA! »
 
« Ora grazie a te siamo chiusi fuori dalle nostre stanze. Lo vedi? Lo vedi perché io non volevo venire? », Chiara sbuffò, seduta sulla moquette color burgundi del corridoio.
« Non è colpa mia. Cioè, sì, avevo detto un'ora e poi ne sono passate quattro, ma non è colpa mia! »
Non ce la faceva proprio ad arrabbiarsi con lui, proprio no. Sì, erano rimasti chiusi fuori dalle loro rispettive camere, e sì, lo voleva uccidere, ma era anche vero che in quelle quattro ore non c'era stato un minuto di noia, né di silenzio o d'imbarazzo. L'aveva portata in giro per l'albergo fingendo di essere il proprietario, inventandosi storie di clienti assurdi, alternando canzoncine idiote a canzoni serie. E a lei piaceva più di quanto avrebbe mai ammesso a se stessa. Ora erano seduti l'uno davanti all'altra con le rispettive schiene poggiate sul muro. Alessandro non distolse mai lo sguardo dal viso di Chiara, mentre lei lo abbassava, in modo tale da non mostrargli cosa stava realmente pensando.
« Ho un'idea! », disse improvvisamente lui.
« Un'altra? », rispose sarcasticamente lei. Lui le fece la linguaccia.
« Sì, un' altra. Ma è meglio di qualsiasi altra io abbia mai avuto. »
« Vai, allora. Spara, genio. »
Lui si alzò in piedi, si schiarì la voce in modo teatrale e le porse la sua mano:
« Balliamo. »
Chiara lo guardò interdetta, poi scoppiò a ridere.
« Cosa, scusa? Non pensarci nemmeno. »
Alessandro roteò gli occhi.
« Dai, non fare la tristona. Alzati. »
Le prese la mano e la tirò su, le cinse la vita con le braccia e lei portò le sue attorno al collo di lui, impacciata.
« Ma non c'è neanche la musica. »
Alessandro posò la fronte su quella di Chiara, iniziando a muoversi lentamente. La guardava negli occhi e lei non poteva più trovare scampo altrove, era costretta a ricambiare lo sguardo. Lui le sorrise ancora.
« Ma come non c'è musica? Non la riesci a sentire? Io la sento forte e chiaro... »
Con quelle parole Chiara si lasciò trasportare dal calore di Alessandro, era il suo corpo che lo chiedeva e a volte bisogna dare retta al corpo più che alla testa. L'unica cosa che le venne in mente era che non vedeva di raccontarlo a Nina, l'indomani.
 
Ma neanche Nina stava dormendo in quel momento. Anche nel suo caso, tutto era iniziato qualche ora prima, quando squillò il telefono della sua camera. Sapeva già che si trattava di qualche stupido scherzo, ma decise di stare al gioco. 


« Pronto? »
« Salve, vorrei leggerle la Bibbia. »
« ...Jack? »
« ...Nina? »
« Sì. »
« Oddio, scusami! Non volevo disturbare te, stavi dormendo? »
« Non mi disturbi, stavo facendo zapping nella speranza di imparare l'olandese. Chi volevi chiamare? »
« Non te, volevo chiamare Leo. Scusa. »
« La smetti di scusarti? Tranquillo. Però magari evita di leggermi la Bibbia. »


E così avevano iniziato a chiacchierare al telefono, a una camera di distanza l'uno dall'altra. Dopo circa un'ora e mezza di conversazione, Caterina gli chiese se non era ora di attaccare. Jack prese coraggio e le propose di incontrarsi sulle scale antincendio. Lei rispose di sì e cinque minuti dopo erano entrambi lì, seduti a chiacchierare e ridere come facevano ogni volta che si vedevano.
« Sai, non vorrei risultare stucchevole, ma mi piace molto parlare con te. Sento di poterti dire qualsiasi cosa. »
Jack non era uno che si sbilanciava, e questa era una novità per lui. Dire alla ragazza che gli piace da un anno e passa questa cosa, come se fosse normalissimo. Lei lo ringraziò e rispose che era reciproco. Gli sorrise. In realtà non sapeva se gli piaceva. Era vero, parlare con lui la faceva sentire a suo agio, cosa non da poco per una persona che la fobia dei giudizi, eppure qualcosa non le tornava. Quindi neanche lei si sentiva di sbilanciarsi più di tanto.
« E' strano, sai, pensare a quante persone esistono al mondo e scoprire che certe volte te ne basta solo una. A te è mai capitato? » Nina ci rifletté su.
« No, in effetti non mi è mai capitato. Credo che i sentimenti non siano cosa per me. Quelli veri, intendo. Quelli ideali invece li sento fin troppo. »
Avrebbe voluto chiederle di più, capire se c'era spazio per lui anche solamente in quei sentimenti ideali, ma non lo fece.
« Credo che andrò a dormire ora, altrimenti domani chi si sveglia. » , disse lei alzandosi.
« Buonanotte » , si abbassò verso di lui baciandogli una guancia. Per una frazione di secondo le loro mani si sfiorarono, era l'occasione perfetta, il momento opportuno, il dannato tempo cairologico di cui tanto parlava De Carolis durante le lezioni di filosofia. Ma non accadde nulla. Nina aprì la porta e si avviò nella sua stanza. Jack rimase seduto lì ancora qualche minuto immaginandosi quello che sarebbe potuto essere, poi si stiracchiò e andò a dormire anche lui.
 
Quando Caterina arrivò davanti alla sua stanza vide Chiara a terra e Alessandro, in lontananza, che entrava nella sua, di stanza. Si guardarono interrogative, lasciando tante cose non dette ma che entrambe potevano immaginare. Era veramente ora di andare a dormire e domani, beh: domani sarebbe stato un altro giorno.

   
 
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