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Autore: Floryana    17/06/2015    1 recensioni
Sulla Terra sta arrivando il capo della Quarta Flotta degli Harusame, l'ex amante di Housen: la temibile Imperatrice!
Il suo obiettivo? Distruggere la Mimawarigumi e la Shinsengumi.
Sasaki si ritrova a dover fronteggiare la minaccia da solo: la Shinsengumi è troppo occupata a proteggere lo Shogun nella convinzione che sia un qualche Amanto che voglia rovesciare il Bakufu, mentre Kamui, l'inviato di Takasugi sulla Terra per avvertirlo del pericolo imminente, non ha intenzione di alzare un dito per aiutarlo...
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Imai Nobume (Mukuro), Kamui, Kotaro Katsura, Nuovo personaggio, Sasaki Isaburo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                      Mimawarigumi vs Harusame


Edo. Prima mattinata. Il sole stava  sorgendo sulla città rischiarando poco a poco i tetti delle case e le facciate degli imponenti grattacieli.
Alla baldoria notturna si sotituiva l'attività diurna.
Proprio nel centro nevralgico della metropoli sorgeva il quartier generale della Mimawarigumi, la polizia speciale formata esclusivamente dagli appartenenti alle famiglie più influenti del Bakufu. Il suo capo, Sasaki, aveva richiesto la sua costruzione in quel punto per poter essere - a suo dire - più vicino al palazzo dello Shogun e intervenire prontamente in caso di pericolo.
Non aveva certo badato a spese per la sua realizzazione: con i migliori sistemi di sicurezza e la sua mole esagerata, entrava di diritto tra le più moderne roccaforti dell'intera città.
Sasaki se ne stava sdraiato su una delle poltrone nella grande sala d'aspetto che dava al suo ufficio, intento come ogni giorno a messaggiare al cellulare.   
In tutta la struttura regnavano una calma e un silenzio innaturali, tanto da potersi tranquillamente credere di trovarsi in un qualche tempio sperduto sulle montagne anzichè in un edificio della polizia.
Il grande orologio posizionato sopra la porta dell'ufficio di Isaburo segnava lentamente i minuti e il ticchettìo della lancetta era interroto solo da quello del rumore dei tasti che venivano premuti. All'improvviso un urlo ruppe il silenzio e lo sguardo di Sasaki si sollevò svogliatamente dal display del cellulare.
Di malavoglia aprì la porta che dava sul corridoio per dare un'occhiata.
"Non potete arrestarmi!" si sentì urlare "Sono un pacifico attivista politico!"
"La smetta di gridare, Signor Katsura, interrompe la pace del luogo" disse Sasaki facendo capolino dalla porta e squadrando il samurai con i suoi soliti occhi da pesce lesso.
"I suoi uomini mi hanno arrestato!" gli gridò contro Zura.
"Lo vedo, altrimenti non sareste in manette e soprattutto non sareste qui a interrompere la calma ascetica del luogo"
Il samurai sbuffò e girò la testa, visibilmente irritato.
"Sasaki, lo posso fare a fettine?" chiese una giovane ragazza accostandosi al capo.
"Mia cara Nobume, prima bisogna interrogarlo e poi potrai anche scuoiarlo, basta che non rovini la tappezzeria, che mi è costata un occhio della testa"
"Tranquillo, non troverai neanche una goccia di sangue" disse con tono sicuro la ragazza.
"Quando avrete finito di discutere sul miglior modo per uccidermi, potreste gentilmente degnarmi di un po' d'attenzione?" chiese il samurai in tono stoico.
"Mi scuserà per la scortesia, Signor Katsura" poi, rivolgendosi ai suoi uomini "Portatelo nella stanza degli interrogatori, io arriverò tra qualche secondo..."
Una volta entrati nella piccola stanzetta gli agenti lo buttarono scortesemente su una sedia, come si farebbe con un panno vecchio, e se ne andarono facendo battutte sconce.
'Che posto!' pensò Katsura 'Alla Shinsengumi mi trattano sempre meglio...'
Dopo aver aspettato invano qualche minuto, perso così nei suoi pensieri, finalmente la porta dello stanzino stridette e fece la sua comparsa sulla soglia Sasaki; entrato con noncuranza, andò a sedersi svogliatamente sulla sedia davanti al samurai.
Rimase così per qualche minuto a guardarlo fisso negli occhi, poi finalmente prese parola rompendo l'inquietante silenzio instauratosi fra i due.
"Bene Signor Katsura" esordì Sasaki estraendo alcuni fogli da una cartelletta che aveva portato con se "A quanto sembra..."
"Voi non avete il diritto di arrestarmi!" lo interruppe Zura.
"Ah, e perchè di grazia?" chiese con falso interesse l'altro.
"Gli unici che hanno il diritto di arrestarmi sono la Shinsengumi!"
"Parlando così mi ferite..."
"Mi trattano anche meglio, come si addice a un samurai del mio lignaggio"
"Interessante... avete anche altre osservazioni o posso cominciare con l'interrogatorio?"
"Faccia pure, si vanta tanto di essere nell'élite ma di élite non ha niente..." non riuscì a finire la frase che venne interrotto da un concitato frastuono nei corridoi.
All'improvviso la porta della stanza si aprì e fece la sua comparsa un uomo bassino e rosso in faccia che tutto trafelato si scusò frettolosamente col comandante.
"Capo! Venite, presto!" lo richiamò l'agente.
"E ora cosa c'è?" chiese di malavoglia il capo dirigendosi verso la porta con aria infastidita.
"Signore, c'è una persona nel suo ufficio che desidera conferire con voi urgentemente!"
"Chi sarà ora?" chiese più a sè stesso, sbuffando per essere stato interrotto e massagiandosi una spalla con aria sofferente. Quindi si diresse annoiato nel suo ufficio, come se ogni passo fosse portatore di supplizio.
Aperta la porta si ritrovò davanti il suo non tanto gradito ospite: era in piedi al centro dell'ufficio e stava guardando sorridendo alcune foto posate su una libreria vicino all'elegante scrivania in mogano.
Al rumore della porta che si apriva girò la testa in direzione del samurai, non perdendo il suo gioviale sorriso.
Sasaki lo squadrò per bene: era ancora un ragazzino e poteva avere si e no diciasette anni, forse diciotto, indossava un changshan nero e aveva i capelli rossi raccolti in una treccia che gli scendeva sulla spalla.
"Posso aiutarla, Signor...?"
"Kamui" disse questi "Sono Kamui, senza 'signore', chiamatemi direttamente 'Ammiraglio'"
"Va bene..."
"Su, diamoci del 'tu'"
Il samurai fece spallucce e andò a sedersi alla sua scrivania.
"Allora Kamui, posso sapere perchè sei venuto? Sai, stavo conducendo un interrogatorio..."
"Porto un messaggio urgente dal nostro 'amico comune'" disse senza troppi preamboli il ragazzo, interrompendo il suo discorso sul nascere.
Sasaki inarcò un sopracciglio, facendo finta di non capire.
"Andiamo, sai bene di chi sto parlando: Takasugi!"
Il samurai incrociò le braccia sul petto, in attesa che Kamui continuasse.
"Mi manda per dirti una cosa urgente: 'Lei' sta arrivando, ed è davvero arrabbiata"
"A chi ti riferisci per l'esattezza?"
"Andiamo, ma è chiaro che mi riferisco agli Harusame, e per esser precisi al capitano della quarta flotta"
"Cosa?" chiese secco Sasaki,con una leggera punta di inquetudine nella voce e abbandonando il suo solito fare calmo.
"Non fare quella faccia sorpresa. Era chiaro che sarebbe successo un giorno di questi. Sia tu che la Shinsengumi avete messo troppe volte il vostro muso tra i suoi affari; non si è certo scordata di tutte le volte che avete interrotto i suoi traffici di droga!"
"Continuo a non capire..."
"Il fatto è - parole testuali di Takasugi - se non vi tutelate, allora si può dire addio a degli alleati preziosi. Che dire? Takasugi si preccupa per te e i tuoi uomini..."
"Semplice interesse, mio caro Kamui, solo questo"
"Sarà, intanto mi ha mandato ad avvertirvi per fare in modo che vi tutelaste"
"Come ho detto prima, semplice interesse, nè più nè meno"
"Fareste bene a seguire il suo consiglio" disse Kamui sporgendosi sulla scrivania per farsi più vicino "Interessato o no, nè più nè meno"
"Devo sapere altro?" chiese Sasaki, riprendendo il suo solito tono pacato e sporgendosi anche lui sulla scrivania.
"Si, Lei è intenzionata a distruggere sia la Shinsengumi che la Mimawarigumi, e quando arriverà sulla Terra ha intenzione di attaccare prima voi, poi i vostri amichetti in nero; si vede che le avrete creato più fastidio, o magari non le piace il vostro look..."
"E tu e Takasugi come fate a sapere tutto questo...?" chiese Sasaki leggermente sospettoso.
"Sappi che mentre a lui piace di più sparpagliare in giro per la Galassia le sue spie, io preferisco combattere e, preso il controllo della stazione spaziale e ammazzati tutti i capitani degli Harusame, li ho sostituiti con uomini di mia fiducia, tuttavia Lei mi è sfuggita..." disse con leggero rammarico kamui.
"E posso sapere di grazia come si chiama?"
"Boh?"
"Bel nome, non c'è che dire..."
"E' solo che nessuno osa pronunciare il suo nome, porta sfortuna e la si preferisce chiamare 'Imperatrice' poichè era la precedente amante di Housen prima che si trasferisse sulla Terra" disse Kamui facendo spallucce.
"Non credevo che fossi un tipo superstizioso..." commentò il samurai con troppa poca convinzione.
"E ti dirò di più: mi piace anche l'arte! Infatti fino a domani mi troverai nella galleria d'arte moderna vicino alla stazione, stanno esponendo le opere di un artista che mi piace davvero molto..."

Andato finalmente via il sempre non-tanto-gradito-ospite, Sasaki si sistemò ben bene sulla sedia, poi mise le mani dietro la testa e socchiuse gli occhi, perdendosi così nei suoi pensieri.
Rimase fermo in quella posizione qualche minuto, continuando a rimuginare alle parole di Kamui, quando sentì provenire dal corridoio un vociare fastidioso. Aperto di soppiatto un occhio rimase a fissare la porta, attendendo l'arrivo di un altro scocciatore; attesa che non durò a lungo poichè dopo poco la porta si spalancò e ricomparve lo stesso uomo di prima che, con la stessa aria trafelata, si scusò frettolosamente.
"Allora" esordì Sasaki non facendogli finire le scuse "Questa volta chi altri è venuto a trovarmi?"
"Comandante, è per il terrorista nella stanza degli interrogatori!"
"Non mi dire che Nobume lo sta già facendo a fettine?"
"No, però ha intenzione di farlo! Il prigioniero si è mangiato tutte le scorte di ciambelle del Vice Comandante e ora è andata su tutte le furie e ha intenzione di scuiarlo! Abbiamo provato a dirle di stare attenta alla tappezzeria ma non ne vuole sapere e ora la stiamo trattenendo ma non riusciremo per molto..."
"Ehi, stai calmo e respira! Rassicurala e dille che ora vado a prendere le ciambelle! E libera il prigioniero, che se la veda la Shinsengumi con lui! Non ho tempo per occuparmi di un altro mangia ciambelle a tradimento..." sbuffò irritato Sasaki.
Si - si ritrovò a pensare - decisamente quella giornata era iniziata col piede sbagliato.
E mentre il nostro capo si spremeva le meningi pensando alle parole di Kamui, all'esterno dell'edificio finalmente Zura veniva rilasciato, o per meglio dire, buttato via a calci.
"...e non farti mai più rivedere!" gli gridò contro uno degli uomini.
"Già, la prossima volta fatti catturare dalla Shinsengumi! Per un attimo avevo pensato che la tua presenza fastidiosa avrebbe impregnato la tappezzeria per gli anni a venire..."
"Che modi!" gli rinfacciò Katsura "Poliziotti da quattro soldi..." quindi se ne andò sbruffando e imprecando.
 
Nel frattempo ai confini del Sistema Solare, vicinanze di Nettuno.
Lo spazio iniziò a deformarsi, prima lentamente, con un movimento ondulatorio che ricordava vagamente quello delle onde, poi via via sempre più veloce, come la superficie frastagliata di un mare in tempesta; dopo qualche secondo di incessante movimento lo spazio iniziò a piegarsi e contorcersi fino a formare delle conche dalle quali scaturivano strane fasce di luce bianca. Poi, all'improvviso, l'intera area iniziò a collassare su sè stessa e la luce a raccogliersi in un agglomerato al centro infine il tutto esplose in un'ondata di luce bianca dalla quale ne uscì fuori un'imponente astronave.
Aveva uno sgradevole colorito grigiastro e la forma ricordava vagamente quella di un sottomarino se non fosse stato per delle lunghe strutture di metallo che si divergevano dai lati, andando via via restringendo più si allontanavano dalla base e muovendosi nello spazio circostante a intervalli regolari.
L'interno della nave era un dedalo di stanze e corridoi nei quali i membri dell'equipaggio, composto dalle più svariate razze della Galassia, correva imprecando e dando ordini, esercitandosi in vista di futuri abbordaggi o semplicemente ritirandosi in luoghi più appartati in buona compagnia.
Proprio al centro dell'astronave, in concomitanza col grande radar che svettava sullo scafo, era situata la sala di comando.
Seduta su una potrona bianca e circondata da uomini armata vi era la tanto temuta Imperatrice.
Il suo aspetto ricordava quello degli umani, anche se non era originaria ne della Terra ne del pianeta Yato. Indossava un lungo vestito blu che le arrivava fino alle caviglie arricchito al collo e alla cintura da pietre preziose, le maniche finivano in uno sbuffo che le copriva parte delle mani lasciando scoperte le dita affusolate e ricche di gioielli, le quali erano appoggiate pacatamente sui braccioli. I capelli, di un castano scuro, erano raccolti in un'elegante crocchia sulla nuca mentre alcune ciocche erano puntellate da perle bianche.
Al collo portava una preziosa collana di zaffiri che le ricadeva nella scollatura del vestito.
Osservava con aria sufficiente lo schermo di fronte ove passavano alcune immagini della Terra mentre con una mano cercava di aggiustarsi una ciocca ribelle che le ricadeva sugli occhi.
"Allora" esordì rivolgendosi a un uomo al suo fianco "E così siamo giunti nel Sistema Solare?"
"Si mia signora" le rispose questi "Ci stiamo dirigendo verso la Terra"
"Terra dici?" gli chiese con una punta di sarcasmo nella voce "Che nome stupido! Un po' di fantasia non avrebbe guastato. Ad ogni modo, quanto ci vuole ancora?"
"Considerate che siamo ai confini di questo Sistema e il pianeta è il terzo a partire dal Sole"
"E come l'hanno chiamato il loro Sole?"
"Semplicemente 'Sole', allo stesso modo anche l'unica luna che hanno viene indicata semplicemente con la dicitura 'Luna'"
"Accidenti, questi umani mi sorprendono sempre in fatto di originalità, non c'è che dire..."
"Capitano" la richiamò una voce robotica "L'arrivo è previsto fra due ore"
"Bene computer. Finalmente mi libererò di quegli impicci, hanno messo il muso nei miei affari per troppo tempo..."

E mentre l'Imperatrice viaggiava verso la Terra, in una delle sedi dei Joi a Edo vigeva il caos più assoluto: gente che andava, gente che usciva, gente che correva per i corridoi come ossessa, gente che se ne stava impalata in mezzo ai suddetti corridoi non sapendo cosa fare...
"Chiamate il capo!" urlò un tipo uscito da non si sa bene dove.
"Si giusto, che qualcuno lo chiami!" fece eco un altro.
"Qualcuno ha il suo numero di telefono?" chiese il primo.
"Io ce l'avevo tempo fa ma purtroppo in uno scontro contro uno Shinsengumi ho rotto il cellulare e ho perso tutti i numeri... maledetto piedi piatti, se mi capita a tiro mi compro un cellulare con i suoi soldi!" disse un altro.
"Io ti consiglio di prendere un iPear, sono ottimi!" gli rispose quello di prima.
"Ma che iPear!" si sentì dire da un altro "Meglio un Tony"
"No no, ve lo assicuro" disse un quinto aggiungendosi alla comitiva "Vi consiglio un Sungsam..."
E mentre gli Joi stavano discutendo delle sorti del Paese, un grande edificio vicino la stazione stava accogliendo la tanto agognata mostra d'arte di Kamui.
Lo Yato era seduto su una delle tante panchine all'interno della galleria, con le braccia appoggiate allo schienale e le gambe accavallate.
Stava guardando il quadro davanti a sè con aria sufficiente, come uno che se ne intende di queste cose: era un'enorme opera che occupava tutta la parete di fronte, composta prevalentemente da linee e vortici verdi e gialli.
L'opera era firmata da un certo 'Damned', come del resto tutti i quadri della galleria.
A fianco c'era una piccola targhetta che recitava: 'A Duny, con affetto'.
'Chi sarà questo Duny?' pensò Kamui, più interessato alla dedica che al quadro.
All'improvviso lo squillo di una suoneria lo strappò dai suoi pensieri e un uomo alle sue spalle rispose al cellulare.
Kamui si girò per vedere meglio chi era: aveva i capelli lunghi neri che gli arrivavano alle spalle, indossava un kimono azzurro e un haori del medesimo colore.
'Alle mostre dovrebbe esser vietato tenere accesse quelle diavolerie' pensò tra sè e sè l'alieno.
L'uomo stava annuendo pensieroso mentre continuava ad ascoltare, quando ad un tratto cambiò repentinamente atteggiamento e una faccia sorpresa si dipinse sul suo volto.
Qualche secondo dopo era già che correva verso l'uscita, spintonando e fecendo cadere i visitatori.
'Mi sembra di averlo già visto...' pensò Kamui.
Per qualche istante continuò a fissare l'uscita assorto nei suoi pensieri, poi all'improvviso ebbe come un'illuminazione.
"Ma certo!"gridò il ragazzo sbattendo il pugno della mano nel palmo dell'altra "Era in una delle foto che tiene Takasugi nel suo ufficio, quella insieme al samurai cui va dietro mia sorella e a quel tizio sorridente!"

"State attenti!" era questo quello che si sentiva dire da giorni, troppi per i suoi gusti.
Va bene credere nel suo socio in affari, va bene avvertirli sul pericolo imminente, ma non tutti i santi giorni!
Ok, Sasaki certe volte era peggio di una suocera ma ora era diventato una suocera con le sue cose.
Lui era adulto, tutti li erano adulti; lavoravano onestamente e poco importava se il loro capo aveva contatti con alcuni ribelli: pazienza, si ripeteva sempre, aveva una famiglia di cui prendersi cura.
Si chiamava Taka Ryozuke, aveva quarant'anni, una moglie bellissima che lo stava aspettando a casa insieme alle sue due bambine che avevano preso tutto dalla madre e solo gli occhi da lui.
'Un attimo!' pensò 'Ma ho due figlie o una sola?'
Ci pensò su qualche secondo. Niente, non riusciva a ricordare.
Buio. E freddo. Troppo freddo per i suoi gusti.
Sentiva delle voci ovattate ma non riusciva a capire bene le loro parole.
"Lascialo stare, è morto" disse una.
'Morto? Stanno parlando di me?' si chiese.
Ancora freddo. Intorno a lui solo buio, nient'altro che oscurità e quelle voci che continuavano a parlare.
Provò a muoversi. Niente, si sentiva vuoto, senza un corpo a cui dare comandi.
Esattamente cos'era successo quel giorno?
Dopo le consuete raccomandazioni di Sasaki, aveva telefonato al fratello e insieme alla sua squadra era andato in pattuglia per la città... o forse aveva chiamato la moglie?
Un attimo! Ma aveva davvero una moglie?
Non se lo ricordava.
Poi cos'era successo? Ah ecco, poi c'è stato un grido, loro che accorrevano, arrivavano nel piccolo vicolo dal quale provenivano le urla e allora c'era stato l'agguato: dieci uomini li avevano accerchiati, loro avevano combattutto, resistito finchè potevano ma erano morti tutti. Aveva visto i suoi compagni cadere uno dopo l'altro sotto i colpi degli uomini armati, aveva cercato di chiedere aiuto, chiamare il capo, ma niente. Anche lui era caduto. Erano stati uccisi tutti. Tutti, nessuno escluso. Tranne lui. Lui non era morto, ne era sicuro! Riusciva a sentire le loro voci, no?
Di nuovo cercò di comandare un corpo che non sentiva, di dire qualcosa, di fare qualcosa. Niente. E continuava a sentire freddo.
Due esseri dalla pelle verde e coperti da pesanti armature bianche giravano intorno al corpo inerme di uno della squadra della Mimawarigumi che avevano appena massacrato.
C'erano tanti corpi a terra, ad alcuni mancavano gli arti, ad altri ancora la testa, altri invece erano ridotti a dei semplici monconi.
Il sangue dei poliziotti imbarattava tutto il vicolo e tutta l'aria intorno era impregnata di una sgradevole puzza di polvere da sparo mista a sudore e sangue.
"Lascialo stare, è morto!" disse uno dei due uomini che stavano vicini a Taka.
"A me sembra che respiri..." rispose l'altro.
"Fa vedere" il primo avvicinò una mano al corpo inerme del poliziotto e, preso dal bavero, lo sollevò per osservarlo meglio.
"Hai ragione, respira ancora..." mormorò questi.
"Uomini, sull'attenti!" si senti gridare da uno dei soldati "L'imperatrice è arrivata!"
A quelle parole tutti abbandonarono ciò che stavano facendo - anche i due di prima che lasciarono cadere malamente il corpo a terra - e si misero l'uno di fronte all'altro, a formare due ali ai lati del vicolo.
L'imperatrice non si fece attendere a lungo: arrivò sul luogo seguita da una scorta di cinque uomini, vestita col medesimo abito azzurro di quando era giunta nel Sistema Solare e ingioiellata da capo a piedi.
Teneva nella mano destra un ventaglio dello stesso colore del vestito, intessuto con rubini e zaffiri.
L'uomo che aveva gridato prima, abbandonata una delle file, andò davanti a lei, si inginocchiò e le baciò la mano.
"Avete fatto in fretta..." disse la donna con noncuranza, guardandosi intorno con aria indifferente.
Il soldato non rispose e attese che l'Imperatrice continuasse il discorso.
"Voglio che tale fatto abbia il massimo clamore, voglio che attacchiate non una, non due, non tre, ma tutte le squadriglie della Mimawarigumi che trovate, anche di giorno, ogni giorno, ogni notte, in ogni luogo! Voglio che Sasaki e quel Kondo si facciano addosso non appena sentano il mio nome! Voglio anche che questa mia guerra personale abbia risalto in tutta la Galassia! Voglio che tutti, amici o nemici che siano, abbiano paura di me! Voglio che Kamui abbia paura di me! Voglio che Takasugi abbia paura di me! Voglio che il Tendoshu abbia paura di me! Voglio che capiscano CHI è la vera 'Massacratrice'! Io lo sono! Kamui e Takasugi mi hanno costretta a fuggire, quel samurai dai capelli bianchi ha ammazzatto Housen quando volevo ammazzarlo io, la Shinsengumi e la Mimawarigumi hanno bloccato i miei traffici a Edo... Ma ora farò vedere io di cosa sono capace! Mi vendicherò su tutti!" disse stringendo a pugno la mano libera e gridando come un'ossessa.
I soldati presenti rimasero fermi ad ascoltare tutto il monolgo senza osare interromperla in alcun modo poichè sapevano che, in quel caso, ci sarebbero state altre teste - oltre a quelle citate - che sarebbero cadute.
Finito il suo sfogo e data un'occhiata all'area della strage con un sorriso sinistro sulle labbra, se ne andò insieme alla sua scorta.
I soldati rimasti, accertatisi che fosse abbastanza lontana, tirarono un sospiro di sollievo e ruppero le fila, riprendendo le attività precedenti.
I due di prima quindi ritornarono da Taka.
"Che ne facciamo di lui? E' ancora vivo..." disse il primo.
"Direi di ammazzarlo!"
L'altro scrollò le spalle e, afferrato il coltello che aveva legato alla cintura, lo avvicinò al collo del poliziotto.
Ah, finalmente se la ricordava! Aveva una moglie e tre figli piccoli che lo spettavano a casa: due femminucce e un maschietto.
Doveva farcela per loro! Doveva vivere per ritornare!
All'improvviso sentì ancora più freddo di prima.
'Che strano pensò'
Poi smise di pensare.
I due se ne andarono fischiettando, lasciando altro sangue ad unirsi a quello già versato.

Nei giorni a seguire le morti aumentarono sempre di più.
Nonostante Sasaki mettesse nelle squadre più uomini, nonostante gli desse più armi, nonostante tutto, i suoi ragazzi morivano.
E in che modo! Dei veri e proprio massacri che avrebbero potuto metere a dura prova anche lo stomaco dei guerrieri più anziani.
Le sue spie erano sempre in allerta, sempre pronte ma mai a dirgli qualcosa di nuovo.
Il nemico era forte, troppo forte!
E se avesse chiesto aiuto alla Shinsegumi?
Niente da fare, gli avevano detto le sue spie: erano troppo intenti a preparsi e a proteggere lo Shogun.
Ma possibile che non sapessero chi fosse il vero responsabile?
Si, effettivamente era possibile, arrivò alla conclusione Sasaki.
Nessuno, a parte la Mimawarigumi, ne era a conoscenza.
Perso così nei suoi pensieri non si accorse dell'arrivo di Nobume.
Entrò nell'ufficio silenziosa, come un felino, e si posizionò davanti a lui non proferendo parola.
Quando Sasaki finalmente si accorse della sua presenza non riusciva a capacitarsi di quanto tempo fosse passato da quando lei era li.
Solitamente, quando era nel suo ufficio a pensare e non se ne stava nella sala d'aspetto a messaggiare, allora c'era di che preoccuparsi e, in quelle rare situazioni, era meglio tenersi alla larga dal comandante e dalle sue sfuriate.
Ma non Nobume. Il Vice Comandante della polizia d'élite. La ragazza mite e misteriosa che, per misteriosi motivi, stava vicino al loro comandante da... più o meno sempre!
Solo lei lo disturbava in quei rari momenti e solo a lei Sasaki non regalava le sue grida; si limitava a guardarla con la coda dell'occhio aspettando che lei dicesse qualcosa.
Ed effettivamente quella volta qualcosa disse.
"Oggi andrò anche io in pattuglia" disse con la sua solita voce monotona e il viso che non esprimeva alcuna emozione.
Sasaki inarcò un sopracciglio.
"Ho detto che voglio andare" ripetè la ragazza senza mutare voce o espressione.
"Perchè?" le chiese secco Sasaki.
"Perchè sono stanca di vedere i nostri uccisi, sono stanca di andare a parlare con le famiglie, sono stanca di sentire i pianti, le grida dei loro cari, sono stanca di sognare il loro volto la notte e sono stanca di aspettare un nemico che continua a massacrare senza pietà i nostri senza farsi vedere mentre noi ce ne stiamo qua ad aspettare!"
"E cosa credi di fare? Ucciderli? Magari arrivare al loro capo?"
"E' un'idea"
"Fa come credi, basta che poi non mi riportino il tuo corpo..."
"Non darmi raccomandazioni" disse in modo brusco Nobume, voltandoli le spalle e dirigendosi verso la porta "Quelle non hanno salvato nessuno fino ad ora"

                                                                                                                                      Continua...                                             

 

Allora, parto col dire che all'inizio avevo previsto un solo capitolo per questa storiella ma, vista l'eccessiva lunghezza, ho optato per suddividere il tutto in due parti.
In questa prima parte (che è anche abbastanza scialba) non succede quasi niente, quindi immagino che non piaccia più di tanto. Nella seconda parte invece inizieranno i combattimenti (che spero mi riescano perchè è la prima volta che li descrivo xD).
Comunque il secondo capitolo è già scritto, ma restano le ultime cose da sistemare e, visti gli impegni, credo di poterlo pubblicare fra domenica e lunedì.
Ad ogni modo ringrazio tutti i lettori che avranno il coraggio di arrivare alla fine di questo capitoletto xD
Quindi, alla prossima!
Baci, Flory <3

  
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