AVVERTENZE: Questa
fic è ad alto contenuto demenziale.
Se ne consiglia la lettura solo a persone
che abbiano una sana voglia di schiaffeggiarsi e riempire fogli con scritte
simili a “Hope è un’idiota”.
Tra gli effetti collaterali, fino
ad ora, è riscontrato un basso tasso di stima nei confronti dell’autrice e nei
confronti di se stessi per aver, nonostante le avvertenze, letto la fic.
Per quanto l’autrice apprezzi che
tutti si avvicinino alle sue storie, si riserba di avvertire che, in quanto
contenente dei riferimenti alla fic “Somebody”, la lettura di questa storia è indicata per tutti
coloro che abbiano letto e/o stiano continuando a leggere suddetta storia.
Happy Birthday, Capricorn!
Giunse
al Santuario in un batter d’occhio, trattenendo una risata al pensiero della
“velocità della luce” che possedevano loro,
e cominciò a guardarsi intorno, sistemandosi poi la tracolla che si era
trascinata da casa e prendendo ad addentrarsi in quel
luogo misterioso e pieno di fascino… trovandosi subito di fronte la casa
dell’ariete.
Un
sorriso ebete le si dipinse in viso al pensiero del
cavaliere che presiedeva quella casa e presto degli angioletti cominciarono a
girarle attorno, suonando una dolce sinfonia, facendole diventare le iridi
simili a due cuoricini.
L’incanto
si dissolse quando udì un rumore provenire dalla casa.
Qualcuno aveva aperto la porta… ma riuscì solo a
intravederne la sagoma, poiché l’oscurità della notte non permetteva una
visuale migliore.
Lei
sorrise nel riconoscere il bambino, cominciando ad agitare animatamente la mano
in segno di saluto, sotto lo sguardo perplesso e incredulo di Kiki, che si limitò a risponderle con un lungo e sonoro
sbadiglio, stropicciandosi poi un occhio.
Incurante
della reazione del ragazzino, decise di salire gli ultimi gradini che la
separavano dall’uscio.
-
Che ci fai
qui? – le chiese il ragazzino, con la voce roca per via della bocca ancora
impastata dal sonno.
-
Shhh!!! – lo ammonì lei, avvicinandosi di soppiatto
di più a lui, ricevendo in risposta un suo allontanamento. – Vieni qui! Fatti dare un bacio! – disse al ragazzino, allungando
entrambe le braccia verso di lui per invitarlo a fare quello che gli aveva
chiesto.
-
No – fu la
risposta secca di Kiki, che si mise a guardarla con
sufficienza, mentre una gocciolina di sudore cominciò a scendere lungo la
tempia di lei. – Devi finirla di farmi trattare come un moccioso. Sono un
guerriero anch’io, ho visto combattimenti e spargimenti di sangue a
sufficienza… sono stufo di essere baciato e abbracciato in continuazione… va a
sfogare le tue voglie represse su mio fratello! - .
Rimase
a dir poco scioccata per l’inaspettata reazione del bambino che aveva sempre considerato
ingenuo e adorabilmente – a sua detta - paffottoloso, ma lo sguardo le si illuminò non appena
riportò l’attenzione sull’ultima parola uscita dalla bocca di quell’adorabile
creatura.
-
Dov’è tuo
fratello? – gli chiese quindi, ignorando il rimprovero e prendendo a sorridere
a trentadue denti nuovamente.
Il
ragazzino fece un passo indietro, inarcando un sopracciglio, prendendo a
guardarla dalla testa ai piedi come se fosse uno strano esemplare animale.
-
Sei senza
speranze… - le disse infine, aprendo tutto l’uscio e scostandosi di lato per
farla passare, per poi richiudersi la porta alle spalle.
-
Kiki, chi è? - . Una voce si levò dalla fine del
corridoio, facendo voltarla con occhi lucidi.
Una
ragazza dai capelli ricci scuri avanzò lungo il corridoio, fermandosi poi di
fronte a lei, con uno sguardo di pura seccatura dipinta sul volto.
-
Tu… -
pronunciò la ragazza, cercando di celare la rabbia come suo solito e prendendo
a guardarla come l’aveva guardata prima Kiki.
Lei
si portò entrambe le mani alla bocca, trattenendo un grido di sorpresa,
cercando di frenare le lacrime che le si erano
accumulate ai lati degli occhi.
-
Reiko… - la
chiamò, non nascondendo il tremolìo della voce.
-
Eh… - si
limitò a risponderle Reiko, mentre cercava di non perdere la pazienza.
-
Reiko
Nonomura… - la chiamò nuovamente, mentre allungava una mano verso la ragazza
che aveva di fronte, volendo verificare che fosse realmente in carne ed ossa,
sotto lo sguardo sbigottito della ragazza.
-
Che diavolo ci
fai qui, Hope… - .
-
REEEEEEEEEIKOOOOOOO…!
– esclamò Hope, lanciandosi direttamente addosso a
lei, agendo come in una classica scena a rallentatore, venendo poi sbattuta
contro il muro alle sue spalle, creando una crepa.
-
Non-provare-a-toccarmi! – le sibilò Reiko, non appena fu certa di
aver guadagnato distanza dall’autrice.
-
Su Reiko… non
essere timida… abbraccia tua madre! – esclamò Hope,
incurante della minaccia che rappresentava la ragazza in quelle condizioni.
-
Che io ricordi sono orfana… e l’unico appiglio che poteva
rappresentare per me un legame di parentela mi è stato fatto trovare morto
senza troppi complimenti da un’autrice sadica… - rispose velenosa la ragazza,
indietreggiando di un passo non appena vide l’autrice staccarsi un po’ dalla
sagoma che aveva creato all’impatto col muro.
-
Dettagli –
rispose infine Hope, dopo aver soppesato a lungo le
parole e lo sguardo omicida della ragazza. – Ti ho creata io! Quindi puoi
considerarmi una mamma! – aggiunse, vedendo Reiko chiudere una mano a pugno e
avventarsi pericolosamente su di lei, ma prima che potesse realmente colpirla,
una voce armoniosa distrasse entrambe.
-
Cosa sta
succedendo? – sentì chiedere dalla voce celestiale Hope,
staccandosi definitivamente e velocemente dalla sagoma che aveva creato nel
muro e prendendo ad avanzare estasiata verso la fonte.
-
Non ci
provare… - le ringhiò Reiko, paratasi davanti, creando una sorta di limite tra
lei e il cavaliere della prima casa.
-
Oh… -
pronunciò appena Mu non appena si accorse dell’autrice. – Che sorpresa… -
aggiunse coi suoi soliti modi garbati e diplomatici di sempre, senza riuscire a
far comprendere bene se per lui si fosse trattata di una piacevole o spiacevole
sorpresa.
-
Ciao Mu… -
cantilenò, completamente andata, l’autrice, prendendo a fargli gli occhi dolci,
sotto lo sguardo omicida di Reiko.
Il
Grande Mu si limitò a sorriderle, imbarazzato, prendendo poi velocemente a
sbarazzarsi di lei.
-
Sei qui per Shura, vero? – le chiese il cavaliere, facendola riavere
dallo stato di trance/coglionaggine, riferendosi al
compagno della decima casa, per distrarla – parzialmente – dall’osservazione
accurata che stava facendo al suo corpo.
Hope annuì, trattenendo il fiato quando il
ragazzo le si avvicinò, appoggiandole una mano sulla spalla per condurla
all’uscita del tempio.
-
Prosegui pure,
sono certo che Aldaberan non vede l’ora di vederti –
le disse con la sua voce dolce e conciliante, ricevendo in
risposta uno sguardo tra il tonto e il sognante.
Prima
di proseguire, Hope sollevò la manina, prendendo a
salutare il cavaliere della prima casa.
-
Ciao figliola!!! A presto! – urlò in direzione di Reiko, chiedendosi,
quando fu a circa metà della scalinata che la separava dalla casa del toro, se
la ragazza le avesse alzato il medio in risposta,
anziché il pollice, come aveva cercato di convincersi.
- AAAAAAAAAL! – urlò, arrivata alla
sommità del secondo tempio.
Un borbottìo indistinto le giunse dall’altra parte
della porta, poi il silenzio avvolse il luogo.
- Dai Al, lo so che sei in casa!!!
Apri!!! – insistette Hope, portandosi le mani ai lati
della bocca per amplificare la voce a mò di microfono.
-
AAAAAAAAAL! – urlò nuovamente.
- E PIANTALA!!! – sentì urlare dalla
quarta casa, udendo paroline poco ripetibili di sottofondo.
Come
chiunque avrebbe immaginato, la porta della seconda casa si aprì, rivelando un
cavaliere del toro piuttosto seccato e assonnato, dalla cera amichevole poco
promettente.
-
Ciao!! –
esclamò Hope, facendosi largo attraverso la massa di
muscoli del cavaliere, riuscendo – quasi al costo di morire soffocata – a
passare e a intrufolarsi in casa.
La
porta si richiuse alle sue spalle con un cigolìo
sinistro, convincendola a chiedere a Saori – quando,
e soprattutto SE fosse arrivata da lei - a rimediare un po’ d’olio per i
cardini, oltre che spendere tutta la sua eredità per comprare stupidi vestiti
di cattivo gusto i cui colori spaziavano dal rosa al viola.
-
Ciao! – ripetè
con poca convinzione al cavaliere del toro, quando vide il suo sguardo farsi
funereo. Non ricevendo nessun suono in risposta,
l’autrice decise d’indagare:
-
C’è qualche
problema, Aldebaran…? - .
-
…ena. – sentì a stento mugugnare al cavaliere.
-
Che? – gli
chiese quindi, avvicinandosi di un po’ a lui, portandosi una mano all’orecchio,
fungendone da amplificatore.
-
La mia cena… -
rispose infine il cavaliere, senza mutare la sua espressione funerea.
“Oh,
cavolo” pensò l’autrice, prendendo ad arretrare, con una nonchalance
pessima.
-
Capisco… - si
limitò a rispondergli, rivolgendogli un sorriso forzato. – Allora… ci vediamo!
– esclamò, poco prima di mettersi a correre a più non posso verso l’uscita, e
solo prima di riuscire a toccare le scale che conducevano alla terza casa, lo
sentì urlare.
-
CI AVEVO MESSO
TANTO AMORE! E POI NON POTEVI OMETTERE IL DETTAGLIO DEL GREMBIULE??? - .
L’eco
prodotto dalla voce di Aldebaran svegliò l’intero Santuario, tanto che Hope trovò Kanon e Saga ad
“accoglierla” all’esterno della terza casa, senza che lei ricorresse a subdoli
modi persuasivi molto vicini all’inquinamento acustico, di cui si era servita
col cavaliere precedente.
-
Sbrigati – le
rivolse la parola Saga, indicandole la terza casa alle sue spalle, cercando di
dissimulare il sonno incombente che cercava ogni secondo di calargli le
palpebre, mentre Kanon sbadigliava come un orso e si
passava continuamente una mano sulla faccia, senza degnare di
attenzione entrambi.
Hope si fermò un istante, incurante dello pseudo
consiglio di Saga e delle minacce riguardanti un certo “modo per fargliela
pagare non appena avesse concluso la storia” proveniente da Aldebaran,
prendendo a guardare i gemelli con soddisfazione.
Sotto
quegli sguardi languidi, Kanon sollevò lo sguardo,
cominciando a riflettere sul modo migliore per disfarsene, ovvero se rimandarla
giù, avvertendo Al e Mu di tenere le porte di entrata e uscita aperte, in modo
da farla rotolare per tutte le scale fino a farla uscire completamente dal
Santuario, o farle fare un volo fino al tredicesimo tempio.
-
Certo che
siete spettacolari anche in pigiama! – urlò infine Hope,
soddisfatta della conclusione scontata a cui era
giunta, vedendo comparire due enormi goccioloni ai
lati della testa di entrambi i ragazzi.
-
CHE MINCHIA
URLATEEEEEEE!!! – si sentì dalla quarta casa, mentre
un gruppo di inservienti, con addosso solo pigiami, scappava terrorizzato,
disperdendosi e chiedendo asilo ai colleghi delle case vicine.
-
ANGELOOOOOOOO
– si sentì urlare, in rimprovero, ma in modo più soffuso - considerando la
lontananza - il cavaliere della dodicesima casa, spargendo un’eco per tutta la
scalinata, provocando il risveglio dei cavaliere che
precedentemente avevano cercato di tollerare l’urlo di Aldebaran.
-
Ops – si limitò a pronunciare Hope, volgendo infine lo sguardo sui due gemelli, che, dopo
essersi guardati negli occhi con aria complice, si avvicinarono all’autrice,
l’afferrarono per le spalle e l’orlo dei pantaloni, e la lanciarono, sotto
consiglio di Kanon, fino alla quarta casa, godendosi
l’urlo – questa volta di terrore – che uscì dalla gola della ragazza.
Quando
Saga cominciò a sghignazzare in modo sinistro, Kanon
lo guardò sottecchi, cominciando a sospettare che un certo ex Grande sacerdote
non fosse ancora morto.
Nel
frattempo, l’autrice stava cercando disperatamente di scappare da Death Mask, che, da quando era atterrata
violentemente sul suolo del suo tempio, l’aveva inseguita lungo le scale che
conducevano alla quinta casa, sghignazzando e incutendole timore, godendosi la
sua corsa – inutile, nel caso in cui avesse deciso di usare l’alta velocità - .
Arrivata
stremata alla casa del leone, Hope strisciò fino
all’uscio della casa, cominciando a chiamare a gran voce il custode.
-
Aioria! –
esclamò sul punto di piangere, prendendo a battere i pugni sulla porta. – Death
Mask vuole uccidermiiiiiiiiiiiii!
- .
Ma
dall’interno della casa regnava ancora il silenzio.
Quando
sentì Cancer ancora sghignazzare, si voltò verso di
lui, con le spalle alla porta.
-
Lo dico a Saori! – piagnucolò, tentando di minacciare il cavaliere
del cancro, che di tutta risposta le rise in faccia.
Solo
allora la porta della quinta casa si aprì, mostrando un Aioria alquanto
irritato, pronto a riempire di epiteti poco carini chi lo avesse interrotto
dalle sue “occupazioni”.
Così
parve di capire, per lo meno, a Death Mask, dando una
rapida occhiata ai capelli spettinati del compagno e alla maglia del pigiama
messa alla rovescia, che gli fece allargare notevolmente il ghigno che gli
adornava già il viso. Conclusioni alle
quali giunse anche l’autrice, quando, costretta dallo spalancare improvviso
della porta, toccato con le spalle il suolo, le parve di vedere una figura
femminile dalla capigliatura rossa fuggire verso l’esterno della casa avvolta
solo da un lenzuolo.
-
Ri-ops – sfuggì ad Hope, prendendo coscienza del fatto che, di quel passo, non
sarebbe arrivata mai tutta intera da Shura. O
probabilmente non ci sarebbe mai arrivata, e basta.
-
Mi offro di
ucciderla e nascondere il cadavere nel giardino di Shaka – si offrì Cancer, rivolgendosi ad Aioria, che parve soppesare
seriamente le parole di Death Mask.
-
Ovviamente con
tutta la testa – si affrettò ad aggiungere non appena il pensiero che il
compagno potesse solo lontanamente pensare che avesse reindossato
le vesti di serial killer psicopatico si affacciò nella sua mente.
-
AIUTOOOOOOOOOOOOOOOO!
– urlò l’autrice con tutto il fiato che aveva in gola, facendo tappare le
orecchie ad Aioria e Death Mask, infastiditi da quel
tono acuto.
-
E poi tu ti
spacci pure per servo bigotto d’Athena ! – esclamò
l’autrice, redarguendo Aioria, prendendo a correre verso il sesto tempio, nel
quale – credeva – sarebbe stata al sicuro.
Arrivò
alla sesta casa esausta, trovando - fortunatamente - la porta aperta, riuscendo
ad intravedere in lontananza un bagliore dorato provenire da una delle sale che
costeggiavano il corridoio.
Ripresasi,
con l’intero corpo madido di sudore e la gola secca, prese ad avanzare verso la
fonte di quella luce, scorgendo Shaka sospeso a mezz’aria su un tappeto tibetano dai colori vivaci, nella classica posizione del
loto e ad occhi chiusi.
Stette
immobile, ad osservare estasiata quei lineamenti candidi
concentrati in un esercizio di meditazione, decidendo, improvvisamente,
di rompere quell’incantesimo.
-
Shakuccio! – esclamò, assistendo ad uno
sbilanciamento del corpo di Shaka che, aperti gli occhi, dovette far ricorso a
tutto il suo sangue freddo per non porre fine all’istante alla vita della
giovane ospite, mentre cercava di cadere – almeno – dignitosamente al suolo.
-
Ri-ri-ops – pronunciò Hope,
prima di dileguarsi anche da quella casa, sentendo per la prima volta delle
imprecazioni provenire da quella bocca candida.
- D-Dohko! – si
azzardò a chiamare, arrivando alla conclusione che, in quanto pluricentenario, il cavaliere di Libra sarebbe stato
sicuramente più saggio degli altri, prendendo quindi ad avanzare senza permesso
alcuno, nella sua casa, che aveva la porta aperta come quella di Virgo.
- DOHKO! – urlò, non riuscendo a sentire alcun
rumore.
- DOHKOOOOOOOOO!
– urlò infine, vedendo finalmente uscire il cavaliere della bilancia da una
delle stanze attigue al corridoio e avviarsi, senza dar conto alla sua
presenza, verso un’altra stanza, posta di fronte a quella dalla quale era
uscito.
Hope, a quel punto, punta sul vivo da quell’indifferenza
riscontrata nel cavaliere, decise di seguirlo, affacciandosi nella sala in cui
era scomparso e vedendolo armeggiare, di spalle, con un guantale
della sua armatura.
-
Dohko? – lo chiamo nuovamente, ricevendo in risposta altra – apparente – indifferenza, decidendo,
così, di avvicinarglisi ancora di più, poggiando una
mano sulla sua spalla per attirare la sua attenzione.
-
Chi è?!? – chiese, colto alla sprovvista – nonostante si
presumesse che i cavalieri d’Athena dovessero avere
sempre i sensi all’erta - , il cavaliere, girandosi di
scatto, mostrando di indossare un paio di occhiali doppi quanto un fondo di
bottiglia.
-
Oh… Hope – aggiunse, resosi conto di chi si trovava davanti
solo dopo aver analizzato la figura dell’ospite coi suoi occhiali,
togliendoseli poi subito dopo, consapevole di spaventare l’autrice continuando
a indossarli.
-
Non mi hai
sentita entrare? – gli chiese dunque Hope,
guardandolo perplesso.
-
Barare? Di che
stai parlando, non ricordo di aver mai giocato con te a nulla! - rispose –
senza senso alcuno – il cavaliere di Libra, mostrando il suo solito sorriso
canzonatorio.
Hope inarcò un sopracciglio in un chiaro segno di scetticismo,
cercando di riformulare la domanda, questa volta, però, alzando di un tono la voce.
-
NON MI HAI
SENTITA ENTRARE??? – gli chiese ancora, vedendo Dohko tendere un orecchio verso di lei, mostrandole –
scioccandola – un apparecchio acustico.
-
Ah… eheheh…
scusami… - rispose imbarazzato all’ospite. – Ero distratto –
concluse, sfuggendo allo sguardo allucinato della ragazza, che stava
cominciando a chiedersi perché, tra tutt’è dodici i custodi dei dodici templi, Dohko dovesse rappresentare proprio il suo segno zodiacale.
-
Ok… posso
passare? – gli chiese Hope, più per educazione che
per altro, vedendo il cavaliere ignorarla nuovamente. Gli si avvicinò, quindi,
accostandosi verso l’orecchio in cui aveva parlato prima.
-
POSSO PASSARE??? – gli chiese nuovamente, ricevendo in risposta uno
sguardo allucinato, vedendo le iridi verdi del – presunto – ragazzo, squadrarla
da capo a piedi.
-
Vuoi mangiare
a quest’ora? – le chiese, avendo totalmente mal interpretato le parole di Hope, portandola sull’orlo di una crisi di nervi,
convincendola, però, a comunicare con lui col mimo.
Sventolò
quindi una mano prima di uscire dalla casa, ricevendo in
risposta lo stesso gesto dal cavaliere e sospirando non appena si fu
allontanata, pensando a quanto potesse essere “fortunato” chi poteva vantare un
corpo ancora giovane pur avendo gli organi e i sensi intorpiditi da qualche
secolo.
Arrivò
quindi alla casa dello scorpione, pregustando già l’arrivo successivo alla casa
di Shura. Si tastò con una mano la tracolla,
verificando che il contenuto fosse ancora intatto nonostante i voli e le corse a cui l’avevano sottoposta, sorridendo e immaginandosi la reazione
di Shura. Oh, se l’avrebbe perdonata per avergli
giocato quel tiro mancino!
Avanzò
quindi allegramente, facendo assumere ai suoi occhi la forma di due cuoricini
non appena il pensiero di trovarsi davanti a Milo la raggiunse.
-
Milooooooo – cinguettò allegramente, mentre
dall’interno della casa il cavaliere dello scorpione stava ben attento a non
farsi vedere, scrutando l’esterno da una finestra e spalmandosi letteralmente contro
il muro per diventare con esso un tutt’uno.
-
Scorpioncinooooooooo… dove sei?? - .
-
Oh… Athena… - pregò la sua divinità il cavaliere, prendendo poi
ad allontanarsi dalla finestra con passo felpato, quasi come se l’autrice, da
quella distanza, potesse sentirlo.
-
Ti ho visto!
Indossi un paio di boxer rossi con uno scorpione in un punto a dir poco
allettante! – sentì urlare la ragazza, mentre il suo volto assumeva lo
stesso colore dei sopra citati boxer.
-
Daaaaaaai! – continuò l’autrice, incurante della
reazione del ragazzo. – Perché non vieni a salutarmi??
EH??? – insistette, fino a quando la figura elegante
di Scorpio non apparve sulla soglia della porta, vestito, con suo sommo
disappunto.
-
Ciao! –
esclamò Hope, saltandogli letteralmente addosso e
dandogli un bacio su una guancia, nonostante l’espressione contrariata del
cavaliere.
-
Ciao Hope – rispose educatamente, cercando di staccarsela da
dosso, ma senza successo. – Puoi passare… - disse, provando quindi a
convincerla in quel modo.
-
Oh, ma posso
anche restare! – replicò l’autrice come se fosse un dato di fatto, facendo
roteare gli occhi del cavaliere che la teneva in braccio.
-
Ma anche no! –
esclamò, capendo le intenzioni ambigue di lei, dando uno slancio al suo corpo e
facendola volare oltre la sua casa, incurante del punto in cui sarebbe caduta,
ritirandosi poi nuovamente nella sua casa e sbarrando la porta d’ingresso e
d’uscita, temendo il suo ritorno.
Come
se le avventure spiacevoli appena vissute non fossero state
sufficienti a far rimpiangere ad Hope di essere
andata direttamente al Santuario, invece di spedire il regalo a Shura tramite posta, l’autrice non ebbe la “fortuna” di
cadere davanti alla decima casa, ma davanti alla dodicesima, dove un
curatissimo Aphrodite, vestito con un pigiama
turchese in organza e una vestaglia di seta dello stesso colore, a gambe
incrociate, sembrava stesse aspettandola.
-
Tesoro! –
esclamò il cavaliere, non appena l’autrice ebbe estratto con uno strattone la
testa dalla crepa che aveva provocato la sua caduta, vedendola poi sbarrare gli
occhi in preda al panico.
-
Aphrodite… - balbettò Hope,
cercando di allontanarsi, prendendo a scendere le scale come la bambina
posseduta nel film dell’esorcista, vedendo comunque il cavaliere – per niente
impressionato – avvicinarsi a lei, porgendole poi una mano per aiutarla ad
alzarsi.
-
Mia cara… - si
rivolse a lei il cavaliere dei pesci, una volta che la ebbe davanti, ignorando
il suo sguardo intimorito, e prendendo a guardarla con dolcezza.
-
Non volevo… -
cominciò a piagnucolare Hope, temendo un’ennesima
reazione di repulsione che aveva già sopportato dagli altri cavalieri. – Non
volevo disturbarti… - .
-
Tesoro! –
ripetè nuovamente il cavaliere, quasi come se il suo vocabolario non contenesse
sinonimi. – Ma tu non disturbi mai! -. E allora l’autrice cominciò seriamente a
pensare che qualcosa non andasse, e il come mai tutti, eccetto nessuno,
l’avessero trattata male, mentre Aphrodite sembrava
sinceramente adorarla.
-
Sei qui per il
compleanno di Shura, vero? – le chiese allora,
intrecciando le sue dita a quelle della ragazza, cercando di comprenderne i
timori, vedendola poi annuire appena, quasi come se si fosse ingoiata la
lingua.
-
Ma che cosa
carina… ti lascio andare allora – continuò, sollevando
le mani che stringevano quelle della ragazza e portandosele alle labbra per
baciarle. A quel punto la curiosità di Hope
strabordò.
-
Aphrodite… - sussurrò appena, ricevendo in risposta uno sguardo d’attenzione del ragazzo. – Perché…
tu sei l’unico qui, tra tutti, che sembra non detestrami?
– gli chiese, vedendo gli occhi turchesi del ragazzo sorridere alla sua
constatazione.
-
Oh… tesoro –
le rispose, ripetendosi per l’ennesima volta. – Ma perché tu sei
stata l’unica, nella tua storia, a non avermi spacciato per un trans o un gay – e detto questo, mentre la mente di Hope stava cominciando a elaborare a un modo per modificare
il prossimo capitolo che – sicuramente – avrebbe finito col deludere il
cavaliere della dodicesima casa, sentì le labbra dal cavaliere, cosparse
minuziosamente di lucidalabbra, toccare le sue. Trattenendo un moto di
disgusto, si rese conto di quanto potesse essere stato – probabilmente –
sgradevole per un ragazzo baciarla ogni qual volta si fosse truccata allo
stesso modo di chi adesso stava attentando alla sua stabilità psicologica.
Arrivò
all’undicesima casa ancora in stato di shock, bussando alla porta con la testa,
cercando – invano – di riprendersi. E benedì all’istante Camus quando le aprì la
porta, lasciando che le energie fredde condensate nella sua casa la
raggiungessero appena, donandole sollievo.
E
quando il cavaliere fu sul punto di dire qualcosa, Hope
riaprì gli occhi – chiusi al contatto col freddo che l’aveva raggiunta – e lo
precedette.
- Aphrodite
mi ha baciata. Non infierire oltre. - .
Giurò
di aver visto gli occhi blu del cavaliere dell’acquario spalancarsi a dismisura,
prima che la portasse dentro come un peso morto, facendola stendere su una
coltre di ghiaccio e soccorrendola ulteriormente con un bicchiere d’acqua,
anch’esso ghiacciato, che stava quasi per congestionarle lo stomaco.
Lo
abbracciò, prima di intraprendere la discesa che avrebbe dovuto – questa volta
forse senza imprevisti – condurla alla decima casa, non tanto per ringraziarlo
del gesto, quanto per godere ancora del freddo che emanava quel corpo, perché
lì ad Atene, nonostante fosse pieno inverno, si moriva di caldo lo stesso.
Cominciò
a piangere alla vista della casa del capricorno, prendendo ad abbracciare tutte
le colonne di marmo che ne sorreggevano la struttura esterna, quasi per
sincerarsi che non fosse tutto un sogno, e solo dopo
essersi resa conto che poteva bastare, decise di bussare alla porta.
Fu
solo dopo un po’ di tempo che Shura venne ad aprirla,
passandosi una mano sul viso – sia per disperazione che per vergogna – quando
lei attaccò con la classica canzoncina.
-
Tanti auguri a
te, tanti auguri a te, tanti auguri a Shuraaaaaaaaa!
– s’interruppe, riprendendo fiato, mentre il cavaliere del capricorno chiudeva
gli occhi, impaziente che finisse l’ultima strofa. – TANTI AUGURI AAAAAAAA
TEEEEEEEEE! - . Ne seguì un rapido e frenetico battito di mani, procurato dalla
stessa Hope, che più che festeggiare Shura, applaudiva a se stessa per la – dubbia – splendida
performance.
-
Buon
compleanno! – aggiunse, come se non si fosse capito, avvolgendo il collo del
cavaliere e abbracciandolo stretto, mentre lui, roteando gli occhi, decise
comunque di trascinarla dentro e chiudere la porta, avendo avvertito i cosmi
minacciosi dei suoi compagni.
Stette
in silenzio, mentre l’autrice sembrava maneggiare con cura la tracolla che si
era portata dietro, estraendone poi, subito dopo, un oggetto dalla forma
cilindrica – molto somigliante ad una bottiglia di grosse dimensioni, osservò
subito il cavaliere – impacchettata, maldestramente, da una carta regalo verde con su scritto a caratteri cubitali “Happy Birthday, Capricorn!”.
Prese
con cautela il regalo dalle mani della ragazza, rivolgendole un sorriso
forzato, cominciando ad agitarlo un po’ per verificare se effettivamente
contenesse liquido e si trattasse, quindi, di un contenitore.
-
Dai, scarta la
carta! – lo invogliò Hope, prendendo a guardarlo
ansiosa, sorridendo come una bambina che sa di aver
avuto una grande idea e che non vede l’ora che gliene venga riconosciuto il
merito.
Capricorn guardò un’ultima volta la carta, prima di
mettersi a stracciarla, rivelando una grossa bottiglia di vetro doppio
contenente del liquido rossastro.
-
Sangria? –
chiese retoricamente, sorpreso, sollevando poi gli
occhi su Hope, che sembrava essere contenta e
soddisfatta.
-
Insomma… -
prese poi a spiegarsi l’autrice, vedendo lo sguardo perplesso del cavaliere
della decima casa. – Ti eri così rammaricato di dover buttare quella preparata
per la cena di Al che ho pensato… ecco… insomma,
capito no? – concluse, lasciando Capricorn ancora più
perplesso.
-
Grazie… - le
disse infine, conducendola ad un tavolo e invitandola a sedersi, poggiando poi
la bevanda sul tavolo e allontanandosi per andare a prendere due bicchieri
dalla cucina.
-
Alla tua! –
augurò Hope, sollevando il bicchiere e facendolo
scontrare appena con quello di Shura, dopo che questo
ebbe portato i bicchieri ed ebbe versato la sangria ad entrambi.
-
Sai… - disse
l’autrice, dopo aver bevuto un sorso del liquido rosso. – Non è stato facile
arrivare qua - .
-
Le scale sono
tante… tu non sei abituata – le rispose, vedendo la ragazza scuotere la testa
in senso di diniego.
-
I tuoi
compagni. – aggiunse Hope, cercando di rendere più
chiaro il suo concetto. – Non so… ma ho avuto come la
sensazione… che mi evitassero. Per non parlare dell’inseguimento di Death Mask e del bacio di Aphrodite… -
continuò, mentre gli occhi di Shura si spalancavano
ad ogni nuova. – Certo che tu hai degli amici strani, eh – concluse, bevendo un
altro sorso di sangria.
-
Vabbè, è abbastanza tardi, ora è meglio che vada!
– esclamò, dopo aver bevuto gli ultimi sorsi di sangria, alzandosi dalla sedia
e dirigendosi pienamente soddisfatta verso la porta, seguita da Shura.
-
Grazie… per la
visita – si sforzò di dirle Capricorn, sperando di
non ricevere un altro abbraccio degno di Octopus
dall’autrice, ricevendo in risposta, invece, un sorriso
smagliante.
-
Ma di nulla,
caro! – gli rispose. – Sai… è stato divertente… chissà che non ripeta
l’esperienza con gli altri! – aggiunse, sentendo, improvvisamente, sollevarsi
un boato di protesta, che solo più tardi avrebbe interpretato come un “NO!” da
parte degli altri cavalieri.
Abbandonato
il Santuario, Hope pensò che probabilmente, per i
successivi compleanni,
l’invio del regalo tramite posta sarebbe stato di gran lunga più
sicuro di una visita al diretto cavaliere.
Demenziale.
Assolutamente demenziale.
Lo
so. Lo so. Fate pure partire il linciaggio… non muoverò un muscolo per
sottrarmi ç__ç
Però,
a dispetto di tutto, mi sono divertita a immaginare e a rendere su carta una
scena simile XD
Shura è nato il 12 gennaio… ma io non avrei
avuto tempo di pubblicarla il giorno stesso, quindi ho deciso di anticiparne la
pubblicazione.
Ah,
non so se a gennaio il clima di Atene è caldo. Mi è venuta fuori questa cosa
tentando di giustificare l’abbraccio con Camus,
rendendo la cosa assurda, dal momento che un abbraccio sincero all’unico
cavaliere che ha tentato di aiutarmi, sarebbe stato più che dovuto XD Quindi
perdonate quest’ennesima idiozia.
Assolutamente
demenziale… chiedo venia, deve essere l’esaurimento scaturito dagli esami
imminenti.
Naturalmente
questo augurio per il custode della decima casa non ha niente a che fare con “Somebody”… mi sono solo divertita a fare un augurio un po’
particolare al capricornetto, visto che nell’ultimo
capitolo molti di voi sembravano più dispiaciuti per Shura
e la sua sangria che per Reiko e Mu XD
Quindi
consideratelo uno sclero e basta.
Se
“Happy Birthday, Capricorn!”
è nato facendo un leggero riferimento a “Somebody”,
dal momento che compare anche Reiko e vengono
ricordate varie scene della storia, “Somebody”
riprenderà senza che vengano aggiunti riferimenti a questa fic
demenziale XD
Quindi,
per concludere, nel caso in cui Shura non ne avesse ancora
abbastanza:
BUON COMPLEANNO CAPRICORN!
Un
saluto particolare a tutti coloro che leggeranno e che – forse – commenteranno XD
HOPE87