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Autore: hugmejackson    20/06/2015    2 recensioni
Berlino, 1997.
Il sogno di una vita.
"Mi guardò nei miei occhi chiari con uno sguardo sincero e affettuoso, il nero delle sue pupille si scontrava con il verde delle mie, creando un contrasto pittoresco. Le sue sopracciglia ben delineate decoravano la parte alta del suo volto, rendendolo argomento di eleganza e raffinatezza."
HIStory World Tour.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stanza 310.


Berlino, 1997.
 
 
Ero lì.
Lì, a pochi centimetri da lui, a pochi passi dalla ragione del mio sorriso e dall’uomo che mi aveva segnato il cuore fin da quando ero bambina. Stavo per realizzare il mio sogno, il sogno di una vita, quello che da sempre mi aveva accompagnato nello scorrere dei miei giorni e mi aveva aiutata nel cammino della crescita. Era il mio unico desiderio, la mia unica meta.
Quel concerto era la cosa più bella che avessi mai visto, era tutto perfetto, partendo dalle luci e terminando con il corpo di ballo. Lui era perfetto, mi sembrava irreale e frutto della mia immaginazione e che, una volta svanita la magia, sarebbe scomparso. Il suo corpo era di una meraviglia assoluta, sensuale ed attraente, soprattutto mentre compiva quei suoi movimenti fluidi ed eleganti.
Ero sicura che tutte le donne che come me erano lì, erano entrate in uno stato di 'coma profondo' con le loro ovaie sparse un po' per i fatti loro.
Cos'era quell'uomo?
Non sapevo come definirlo, non riuscivo a trovare termini che lo descrivessero. Un genio, forse. Ero sicura di una cosa, però. Nessun uomo era mai stato capace di provocare in me tutte quelle simili emozioni, compresa la variegata quantità di lacrime e di battiti accelerati in sua presenza.
La mia mano tremava, ma lui la prese e la baciò da vero galantuomo che era.
Non capii più niente in quei momenti, era come se il mio cervello si fosse del tutto spento e non riuscisse a formulare pensieri di senso compiuto.
Mi guardò nei miei occhi chiari con uno sguardo sincero e affettuoso, il nero delle sue pupille si scontrava con il verde delle mie, creando un contrasto pittoresco. Le sue sopracciglia ben delineate decoravano la parte alta del suo volto, rendendolo argomento di eleganza e raffinatezza. Continuava a cantare con voce angelica e quelle strofe le sentivo rimbombare nella testa, nel cuore e dentro la mia anima. “I love you, Michael.” Riuscii a dire solo quella frase, nient'altro. Ero come pietrificata, non riuscivo a distogliere lo sguardo da quei suoi occhi profondi e scurissimi capaci di ipnotizzare.
Sembrava il protagonista di uno di quei sogni che di solito prendevano vita nelle menti delle persone, per distaccarsi un po' dalla cruda realtà.
Lo abbracciai, riuscii a sentire il suo profumo intenso e sublime sfiorare le mie narici e credetti di poter svenire da un momento all'altro. Dio, quella fragranza mi mandò fuori di testa, peggio di una forte dose di eroina.
“Thank you.” - Disse sorridendomi e mordendosi il labbro inferiore, il tempo era scaduto e la favola era quasi giunta al termine.
Una guardia dalla statura grossa e massiccia mi prese per un braccio e mi accorsi che la pelle non era quella di Michael, quel profumo forte non c'era più.
Venni accompagnata in una zona riservata agli addetti ai lavori, non riuscivo a capire il perchè di tutto quello, credevo di far ritorno al mio posto per godermi al meglio il continuo del concerto.
“Salve, signorina. Può dirmi il suo nome?”                                                                                                   
Una doppia voce alle mie spalle, caratterizzata da un accento statunitense, mi fece sussultare.
“Mi chiamo Sarah. Scusi, ma perchè vuole saperlo? E soprattutto, perchè sono qui? Vorrei vedere il concerto, se permette.” - Risposi io, cercando di sembrare il più calma possibile, ma in realtà avevo soltanto voglia di incrociare di nuovo lo sguardo di Michael. L’uomo per il quale avevo affrontato centinaia di chilometri, l’uomo che mi aveva appena accompagnata in un’altra dimensione, l’uomo che possedeva la chiave dei miei sentimenti.
“Uh si, ha ragione, sono stato troppo impulsivo, sa... gli ordini sono ordini.” - Mormorò, continuando a guardarmi con un piccolo sorriso stampato sulle labbra.
Ordini? Ma di che diavolo stava parlando quel tipo?
“Lei deve venire con me, la prego, si fidi.” - Riprese lui, facendomi segno di seguirlo con una piccola mossa della mano.
“Scusi, davvero non capisco. Potrebbe spiegarmi di cosa sta parlando?” -  Chiesi, innervosendomi non poco.
“Mi è stato ordinato di non dirle nulla, mi spiace. Posso soltanto dirle che lei dovrebbe ritenersi molto fortunata e che ogni donna vorrebbe essere al posto suo in questo momento. Mi manda il signor. Jackson.” - Disse, provando a rassicurarmi. In realtà i suoi tentativi furono del tutto vani, non riuscì minimamente a placare il mio animo e la mia emozione in tempesta.
Inutile dire che stavo per esplodere dalla gioia. Stavo perdendo la testa, la ragione e il cuore stava per partire in un lungo ed interminabile viaggio.
“Mi prende in giro? La prego, se è uno scherzo, me lo dica. Non sono nelle condizioni per  poter affrontare uno scherzo del genere. Io sto davvero male, ho bisogno realmente di rivederlo... io…” Mi coprii il volto e qualche lacrima cominciò a scorrere indipendentemente dalla mia volontà, rigando i miei sottili e leggeri lineamenti.
“Non scherzo per niente, mi creda. Su, venga con me e le spiegherò il tutto durante il tragitto.”
Mi fece segno di seguirlo ed io feci come mi disse, mi sembrava realmente preso dalla questione e sapeva bene quello che faceva. Insieme entrammo in un’auto nera dai vetri oscurati che si presentò davanti a noi.
Quell'enorme uomo si sedette al mio fianco e di tanto in tanto dettava delle informazioni all'autista sul luogo in cui saremmo dovuti andare, riuscii soltanto a capire che si parlava di un hotel.
“Non mi sono neanche presentato, mi scusi. Io sono Richard, mi occupo della sicurezza.” - Disse porgendomi la mano destra, in modo che la stringessi.
“Adesso mi ascolti. Il concerto finirà fra trenta minuti circa, giusto il tempo che servirà a noi per giungere all’hotel. Il signor Jackson ci raggiungerà appena possibile. Avrà la possibilità di trascorrere un po’ di tempo con lui, lo rivedrà presto.”
A quelle sue parole mi sentii bene e male allo stesso tempo.
Non riuscii a capire più nulla, vuoto totale. Ero al corrente del fatto che Michael invitasse ad ogni tappa un paio di ragazze in modo che stessero con lui, ma mai avevo minimamente sfiorato l’idea di poter realizzare qualcosa di tanto grande. Stava succedendo tutto troppo in fretta, non era neanche trascorsa un’ora dal momento in cui lo avevo avuto dinanzi ai miei occhi e già avrei avuto una seconda occasione. Era assurdo, era uno straordinario sogno dal quale non avrei voluto svegliarmi.
Non proferii parola, avevo soltanto un leggero sorriso stampato sul volto e mi rimase per tutta la durata del viaggio che mi sembrò interminabile.
Quando arrivammo, l’elegante auto scura nella quale ero seduta si fermò dinanzi all’entrata di un edificio distinto e imponente. Era un hotel gigantesco e lussuosissimo, uno di quegli alberghi che non avevo mai immaginato in vita mia, ma solo sognato perchè ovviamente non potevo permettermi niente lì dentro, forse nemmeno un bicchiere d'acqua.
“Scusi, ma io non posso permettermi niente qui, non posso nemmeno entrarci! E' tutto così... enorme.”-  Dissi, mentre l’uomo mi teneva per un braccio, accompagnandomi verso l'entrata dell'hotel con fare divertito.
“Non si preoccupi, signorina. Ha già pensato a tutto il signor Jackson, stia tranquilla.”                           
Sentivo il terreno mancarmi sotto ai piedi e il cuore cominciare a battere irrefrenabilmente, non avevo mai provato una sensazione simile e mi sembrò tutto un incantesimo.                                               
“Ci sono soltanto io? Non c’è nessun altro?”-  Chiesi.                                                                                       
“Non ci è stato possibile far venire altre persone per motivi di sicurezza. Abbiamo scelto lei tra le prime file e così è anche qui.”                                                                                                                         
“Le va di salire nella sua stanza? E’ la 310, le faccio strada, mi segua.”- Disse, dirigendosi a passi rapidi verso l’enorme rampa di scale che ci avrebbe condotti alla zona riservata alle suite. Le gambe mi tremavano, le mani anche e non riuscivo a fare nient'altro che pensare a come sarebbe stato a poterlo riabbracciare nuovamente. Non avevo mai ricevuto un abbraccio così bello, riuscii a sentirlo nel vero senso della parola e a percepire il calore del suo corpo. Raggiunsi la stanza dopo qualche minuto, entrai e notai il lusso più sfrenato e magnifico che avessi mai avuto davanti ai miei occhi. Mi sedetti su un divanetto, ammirando il paesaggio sottostante e scambiando, di tanto in tanto, qualche parola con l’uomo che mi aveva permesso di realizzare il mio sogno.
Berlino era proprio bella di notte, troppo. Le luci delle insegne sfavillavano sull’asfalto delle strade e si riflettevano nel colore delle innumerevoli stelle presenti in cielo.
Mi persi nei miei pensieri.


Guardai l'orologio, era l’1:00 am e gli occhi mi lacrimavano come non mai, però volevo aspettarlo a qualsiasi costo, era il mio desiderio più grande.
In un mio momento di distrazione la porta si aprì emettendo un piccolo rumore, una lieve luce entrò nella stanza e scomparve solo quando l'uomo entrò, chiudendosela alle spalle.
Mi voltai verso di lui e lo guardai, incredula.
Aveva un volto un po' stanco, alcune gocce di sudore erano sulla sua fronte e aveva addosso dei semplici pantaloni neri e aderenti, capaci di mettere in risalto i muscoli delle sue gambe.
Mi si avvicinò con passo cadenzato, mi guardò profondamente negli occhi e mi abbracciò, cogliendomi di sorpresa e lasciando che le mie gambe diventassero gelatinose.
“Ciao, mi dispiace averti fatto aspettare tanto tempo, ma abbiamo avuto dei problemi.” - Disse lui, abbassando lo sguardo e pizzicandosi il mento dolcemente. Non riuscii a dire una sola parola, mi soffermai a guardarlo con occhi innamorati e bagnati dalle lacrime, lasciandomi andare completamente.
Quando mi staccai dal suo abbraccio sentii le sue calde e morbide dita affusolate poggiarsi sul mio viso, asciugando il mio pianto.
“Michael…” - Mormorai con la voce interrotta dai singhiozzi. Gli accarezzai il dorso della mano, aveva una pelle così morbida e delle dita così sottili e magre che rendevano i tocchi di un piacere disarmante.
“Come ti chiami?”                                                                                                                                   
“Sarah.” -  Sussurrai, precipitandomi nuovamente tra le sue grandi braccia, dove trovai un riparo da ogni male.                     
“Non piangere, va tutto bene. Rilassati.” - Sussurrò nel mio orecchio, accarezzandomi dolcemente i capelli e lasciando che poggiassi la testa sul suo petto ricoperto da una camicia blu.                                                                      
“Grazie… di tutto.” - Mormorai con un filo di voce. 
"Grazie a te, a voi, grazie di esserci. Senza di voi io non esisterei. Dio vi benedica."                           
“Ti amo, Michael.”- Dissi, stringendolo ancora di più, fino a sentire chiaramente il suo respiro farsi largo nello spazio di quella stanza.                                                                                                                   
“Io ti amo di più.”
Eravamo soltanto noi due lì dentro, una semplice ragazza tedesca e Michael Jackson, l’immenso Re del Pop capace di mandare in visibilio milioni di persone attraverso la sua voce e la sua danza. Quella notte, però, avevo dinanzi a me soltanto Michael, un uomo come tutti gli altri che mi stava regalando la dolcezza e la raffinatezza dei suoi abbracci, mettendo da parte il dolore che mi portavo dentro.


The end.
 
  
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