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Autore: fliegen88    12/01/2009    2 recensioni
C’era un  tempo, in cui l’amore non era una cosa scontata.
C’era un  tempo, in cui le stagioni cambiavano in una notte sola.
C’era un tempo,in cui il cielo abbracciava le sue stelle.
C’era un tempo in cui lui abbracciava lei.

C’era un  tempo in cui  tempo non c’era.
Genere: Romantico, Suspence, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è frutto della mia fervida immaginazione. I Tokio hotel non mi appartengono. Riferimenti a cose o a persone sono puramente casuali. Questa storia non è a scopo di lucro.




Grazie a( zia) Vale, senza la quale non avrei mai trovato la voglia di scrivere questa storia.
Grazie a me, che dei mie sogni strambi comincio a farne buon uso.
Grazie alla pioggia, che sta mattina mi ha ispirata.
Grazie alla mia stella che mi protegge da lassù.
Grazie a lui, senza il quale ,forse ,la mia vita non sarebbe stata la stessa.
…Grazie a voi, che spero recensirete.
Giorgia.




Timeless
«C’era un tempo, in cui tempo non c’era»


-Prologo-






C’era un  tempo, in cui l’amore non era una cosa scontata.
C’era un  tempo,  in cui l’amore non doveva essere svelato.
C’era un tempo, in cui tutto era negato.
C’era un  tempo, in cui le stagioni cambiavano in una notte sola.
C’ero un  tempo, in cui l’alba chiedeva perdono.

C’erano tempi in cui la pioggia si poteva baciare.
C’era un tempo,in cui il cielo abbracciava le sue stelle.
C’era un tempo in cui lui abbracciava lei.
C’era un  tempo in cui  tempo non c’era.



Non vi furono parole in grado di descriverlo quell’amore; nessuno mai vi riuscì.
Io invece, misero spettatore, lo osservai, ne catturai ogni sfumatura, ogni colore che gli occhi, le labbra, la pelle emanavano.
I miei occhi, che pure non meritavano di vedere, lo videro, e ancora oggi mia moglie dice che quel luccichio nelle mie iridi ne è il ricordo.

Le mie mani furono strumenti inefficienti nel catturare quel sentimento, ed esse ad ogni sfumatura esatta tremavano per l’estremo errore.
Qui ancora oggi su questa parete troppo ingiallita giace la mia visione di quell’amore,.
la visione di uno spettatore indiscreto;,ma è solo nei miei occhi, nella mia memoria e nel mio cuore che ora giace quel ricordo.

Io non posseggo parole nè tanto grandi né tanto vere da potervelo scrivere quel mio ricordo, ma proverò per quanto mi è possibile a donarvelo.



“ Lei se ne stava lì, in piedi sotto la pioggia....”

_____


Con una strana espressione sul viso chiuse quelle pagine, troppo lontane nel tempo, e ripose il libro tra i tanti altri tomi vecchi e ingialliti che riempivano gli scaffali. Eredità lasciata da uno zio lontano e che, ad essere sinceri, non conosceva nemmeno.
Una cosa aveva più di tutte catturato la sua attenzione: quel quadro,. quel ritratto aveva  qualcosa di insolito e vagamente familiare…

 

‘ EVIII, Eviii vieni subito qui!’ Non rimasi a lungo assorta  miei pensieri: un urlo mi fece trasalire.
Conoscevo perfettamente quella voce, conoscevo quel tono, conoscevo quelle ‘i’ quasi da primo soprano. C’era solo una persona in grado di farlo e il suo nome era: Rose, mia madre.

‘ Che ho combinato adesso?’ chiesi con l’aria rassegnata di chi sa già che la colpa in ogni caso ricadrà su di sè.
‘ Che hai fatto? Ah, ma no, tu non hai fatto niente, amore di mamma’ fece estremamente tranquilla sorridendomi e sforzandosi di respirare regolarmente. Poi riprese:
‘ E’ il tuo cane che ha fatto! E più precisamente sul divano, sul tappeto e sotto al tavolo!’ quel dito puntato contro aveva un nonsochè di minaccioso
‘ E certo! Mamma ha solo un mese, non riesce nemmeno a salire i gradini per entrare in casa, come pretendi che riesca a capire il concetto “pupù-fuori”?’ risposi secca.
‘No, non lo pretendo…LO ESIGO, altrimenti sarò costretta a darlo via’
‘Tu non dai via proprio un bel niente,! il cane è mio e me lo gestisco io,; e poi a dirla tutta era ora!: Quel tappeto era un pugno in un occhio!’ Emisi il mio verdetto, afferrai una mela dal cesto di frutta e, con nonchalance, me ne tornai in camera mia senza prestare attenzione al concerto che Barbara Streisand – ehm mia madre -  mi stava dedicando dalla cucina.


*****

‘ NO!, io questa buffonata non la faccio!’
‘Oh, si che la fai Tom, la fai eccome!’ .

Sono in questi momenti che vorrei essere figlio unico.

‘No, falle tu, tanto sei bravo… le fai da quando sei nato!’ Gli dedicai la mia più intensa occhiataccia e mi sedetti scompostamente su uno di quegli scomodissimi divani in ecopelle che riempivano la stanza.
‘Che vuoi dire, eh? Che io sono il pagliaccio e tu l’uomo serio? Ma sentitelo! Sei un caprone, ecco che sei! Ma vuoi capire che non puoi mettere a repentaglio il lavoro e i sacrifici di tutti noi’
‘Senti, Bill, te lo dico in una parola sola: Fottiti!’ Non l’avrei mai fatto, non avrei mai e poi mai girato quello stupidissimo spot.

Che le facesse lui queste stronzate!

‘Ah mi devo fottere? Mi devo fottere?!’ Digrignò i denti talmente tanto che avrei giurato che da un momento all’altro gli si sarebbero spezzati.

‘Attento, ti si rovina la dentiera! Bill, andiamo è uno stupido spot, fallo tu sei il frontman, fallo tu cazzo!’
‘Ci risiamo! E le foto e dovevo ritirarle io perché sua maestà non aveva voglia, e il servizio fotografico di mercoledì dovevo farlo io perché lui aveva troppo sonno, e il lunedì si deve mangiare pollo perché lui vuole il pollo! Sai che c’è? C'è che a me il pollo non piace! E tu sei un fancazzista!’Mi sbraitò contro e, lanciandomi l’ultimo sguardo truce, uscì dalla stanza sbattendo la porta.

Gli passerà.

  
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