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Autore: Ellie_x3    21/06/2015    4 recensioni
[Parigi, 1939]
Sarebbero presto entrati in guerra. Montparnasse lo sapeva. Tutti lo sapevano.
Il ragazzino della prima fila no, pareva incurante di ciò che gli succedeva attorno -lui e le sue margherite intrecciate nei capelli, i suoi pantaloni corti e rammendanti di una volta di troppo, le sue ridicole bretelle.
Jehan Prouvaire, si chiamava.
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jehan, Montparnasse
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Une partie de Campagne
[Parigi, 1939]



Eccolo, Era ancora lì.
Come ogni sabato mattina, alla proiezione tra le dieci e mezzogiorno -a volte si tratteneva di più, pellicola dopo pellicola, mentre quei trentacinque millimetri misuravano le ore del pomeriggio e della sera, ma più spesso spariva come un'ombra.
Davano La Marsigliese, a quell'ora.
Era un film nuovo, un film d'avanguardia, ma un ladro deve pur trovarsi degli hobby per ammazzare il tempo: Montparnasse questo l'aveva capito da un po' e, nonostante non si interessasse affatto di cinema, si era intrufolato in una delle sale per curiosità.
Nonostante tutto, ciò che era nato come passatempo era diventato un'abitudine.
Il giovane ladro aveva scoperto di apprezzare il buio e la quiete della sala -una delle conseguenze di frequentare Claquesous, probabilmente- e ancor di più apprezzava il non essere costretto a parlare con la gente. Entrava a metà film e nessuno badava a lui.
Spesso era solo, a volte c'erano delle coppiette, e il sabato mattina c'era Lui.


Sarebbero presto entrati in guerra. Montparnasse lo sapeva. Tutti lo sapevano.
Il ragazzino della prima fila no, pareva incurante di ciò che gli succedeva attorno -lui e le sue margherite intrecciate nei capelli, i suoi pantaloni corti e rammendanti di una volta di troppo, le sue ridicole bretelle.
Jehan Prouvaire, si chiamava: una volta l'aveva sentito parlare con il proprietario della sala. Quella mattina, vedendolo alla luce, Montparnasse aveva scoperto che il ragazzo aveva gli occhi verdi e tante, tante lentiggini. Parlava con l'accento della Provenza, e profumava anche di lavanda -un clichè, forse perché quel giorno aveva della lavanda nella treccia.
Chi diavolo va in giro con una treccia, di questi tempi? C'è praticamente la gente che muore di fame e questo idiota si intreccia i capelli. Aveva pensato Montparnasse, sporgendosi per origliare meglio ma soffocando l'urgenza di avvicinarsi per introdursi nella conversazione.
Jehan Prouvaire, così l'aveva chiamato l'anziano proprietario della sala, stava gesticolando animatamente.
“Mi piace molto il nuovo lavoro di Jean Renoir.” stava dicendo, con un sorriso entusiasta “La rivoluzione sembra un grande lavoro comune, un'intesa di anime. E' questo lo spirito repubblicano. E' questo lo spirito con cui un popolo dovrebbe reagire!”
Il vecchio aveva riso, spostando il peso da un piede all'altro.
“Jehan, ora non sembri tu: pare di sentir parlare quel tuo amico biondo che viene con te ogni tanto. Com'è che si chiamava?”
“Enjolras. Ma non lo vedrà più molto spesso.”
C'era una dolcezza, nelle parole di Jehan, che aveva lasciato senza parole Montparnasse. Era come se non se ne potesse più andare, come se fosse incatenato alla moquette rossa della saletta esterna -e grazie al cielo stava fumando, o non avrebbe avuto nemmeno la scusa per stare lì.
Il vecchio aveva corrugato la fronte, guardando Jehan con una certa preoccupazione negli occhi.
“Perché mai?” chiese.
Con sua grande sorpresa, Montparnasse si scoprì curioso di sapere la risposta. O, meglio, ogni scusa era buona per sentir parlare quell'assurda creatura profumata di fiori.
“Ci prepariamo per la guerra.”
Per poco a Montparnasse non andò di traverso il fumo.
In qualche modo, la voce gentile di Jehan faceva immaginare che non sarebbe mai stato capace di ferire nessuno: figurarsi combattere una guerra, poi. Con quelle spalle esili? Non c'era da scherzare.


La settimana dopo, maledicendo sé stesso e il proprio ammontare vergognoso di tempo libero, Montparnasse tornò a vedere la Marsigliese di Renoir. Ci pensò un po', ma alla fine decise che sarebbe stato saggio prendere posto in prima fila accanto a Jehan Prouvaire e mettere fine, una volta per tutte, ad un'osservazione a distanza che stava diventando imbarazzante.
“Vuoi una sigaretta?” gli chiese quasi immediatamente. Quel giorno, Jehan indossava delle rose.
Il ragazzo lo guardò brevemente, arricciando il naso con disapprovazione.
“Ma qui non si può fumare.” commentò -Dio, com'era pedante- indicando un cartello nel buio.
Montparnasse scosse le spalle e estrasse il pacchetto dalla tasca dei pantaloni.
“Pensi che me ne importi qualcosa?”
“Dovrebbe.”
“Invece non mi importa assolutamente nulla. Non mi faccio spaventare nemmeno dai cartelli, pensa un po'.” si prese un secondo per guardare Jehan -che aveva davvero gli occhi lucidi? Per il film? Oh, ma andiamo. Era ridicolo. Era un bel viso, anche se dai tratti troppo fini per essere un ragazzo. Senza pensarci, Montparnasse gli sorrise e allungò la mano libera. “E, sai, non mi capita molto spesso di essere completamente distratto da un film. Puoi chiamarmi Montparnasse, se vuoi, uccellino.”

 

Come venne a sapere poi, Jehan Prouvaire -poeta a tempo perso e studente ancor più svogliato- era rimasto disgustato dalla sua presentazione. Un peccato, perché Montparnasse riteneva di essere stato disinvolto e anche abbastanza gentile, per i suoi standard.
Comunque, non aveva importanza: continuò a sedersi accanto a Jehan Prouvaire, a disturbarlo durante i film, a farsi mormorare nuove informazioni sul suo conto e a farsi intimare di “starsene zitto”.
Quelle ore al cinema a vedere sempre la stessa proiezione erano le migliori che Montparnasse avesse mai investito, ma non si era mai illuso che avessero importanza: dopotutto, presto Jehan sarebbe andato in guerra.
Sicuramente sarebbe morto tra i primi.


#


“Uccellino, si può sapere perché ti piace tanto un lungometraggio ridicolo come La Marsigliese?” gli chiese, un giorno, accasciato sul bracciolo. Ci aveva pensato un po' -facendosi anche accusare da Babet di avere la testa piena d'aria, cosa non poi così sbagliata- e aveva concluso che un film dove apparivano tutti felici non poteva essere che un'idiozia.
Un peccato che L'Ultima Risata fosse stato ritirato dalla sala qualche mese prima: Montparnasse lo apprezzava decisamente di più, nonostante fosse più vecchio, ma dubitava che Jehan l'avesse mai visto.
“Prima di tutto, perché un tema come la rivoluzione del popolo non può essere ridicolo. Anche se viene trattato con allegria, non sarà mai né scontato, né sbagliato.” replicò Jehan, tutto impettito. Dio, come si offendeva facilmente. “E poi, perché è della Cinè-Libertè. Tutti i loro film sono in linea con un certo pensiero politico.”
Il fronte popolare.
Giusto, Jehan era un poeta e un martire. Era anche la cosa più bella che Montparnasse avesse visto in diciotto anni di vita, ma cercava di non pensarci.
Montparnasse lo guardò in viso e si sentì stringere lo stomaco.
“Non pensi che in guerra la gente ci muore?” sbottò, con un po' troppa veemenza.
Ora, non era facile zittire Jehan Prouvaire, e non era mai una buona cosa quando accadeva; e, questa volta, il ragazzo non parlò per qualche minuto.
Poi si strinse nelle spalle, come ogni tanto faceva, e gesticolò verso lo schermo.
“Penso che Louis Jouvet sia un ottimo attore.”
Quel giorno, da quel brusco cambiamento nel tono solitamente allegro di Jehan, Montparnasse comprese una cosa che mai, mai aveva notato prima: Jehan aveva paura di morire.


Ciò nonostante, venne il sabato in cui Jehan non si presentò alla sala di proiezione. Non alle undici, non alle dodici, non per tutto il resto della giornata.
Poco male, si disse Montparnasse, sarà malato.
Ma mancò anche il sabato successivo e quello dopo ancora e per tutto il mese.
Per la prima volta in vita sua, 'Parnasse prese un giornale (e lo pagò pure, il che rappresentava già un grande sforzo): la prima pagina parlava di una strana guerra. Montparnasse decise che non voleva nemmeno sapere che diavolo volesse significare, ma non potè nonostare che si parlava di tedeschi e di schermaglie locali: pochi morti, ma quando mai quell'idiota di Jehan era stato lungimirante? Non vedeva l'ora di andare in guerra con il suo amico Enjolras.
Montparnasse si domandò perché mai avesse perso quasi due anni del suo tempo con uno come Jehan Prouvaire -quello stesso ragazzino che voleva morire e che si era emozionato per Finnegans Wake nel '39, che aveva rivisto la Marsigliese fino a saperne le scene a memoria.
Il fatto che il volto del poeta fosse a colori, vivido nella mente di Montparnasse, strideva con le immagini del film, con il rumore metallico del proiettore e le voci degli attori in sottofondo.


Se di tanto in tanto, soprattutto la notte, la voce di Jehan tornava a sussurrargli: “Sta zitto, 'Parnasse. Sto cercando di concentrarmi”, Montparnasse si rigirava nel letto e chiudeva gli occhi con forza.
Sapeva che era solo un ricordo, che sarebbe scomparso col tempo.
Ogni sabato, comunque, andava alla sala di proiezione: salutava il proprietario -si era fatto più educato, da quando frequentava quello scricciolo di poeta- e si sedeva in prima fila.
Avevano cambiato film, nel frattempo: con gli anni si erano fatti sempre più frequenti i cinedocumentari e i bollettini di guerra, e poi ancora venne la propaganda, ma a Montparnasse non importava.
Lui stava lì; ci passava l'intera giornata.

Giusto nel caso Jehan decidesse di tornare.



[Note]

Lo so, bimbi miei, è una one-shot maleducatissima. E' che boh, studiavo la Cinè-Libertè e...pouf. E una certa persona saggia mi ha detto di pubblicare, così ho eseguito -da brava bambina- anche se boh, sono convinta ma non troppo :3
Luv ya all

   
 
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