«SEI MORTO»

La voce metallica dal tono beffardo scomparve, sfumando nel rumore dei grilli della notte.
Haruka piegò le labbra irritato, stanco di vedere ancora e ancora quella scritta rossa su sfondo nero, col chiaro intento di stuzzicarlo e spazientirlo. La presa sul joypad si fece più salda, poi se lo lasciò scivolare con attenzione dalle dita. Sospirò e, lentamente, si volse al suo fianco.

«Makoto, è assolu- »

Interruppe la frase ancor prima d’arrivare alla sua metà, le labbra immobili nell’atto e gli occhi aperti dallo stupore. Quasi gli veniva da sorridere, preso dalla sorpresa. Non si era accorto di nulla, concentrato com’era davanti lo schermo del televisore. Non si era accorto dell’assenza dei consigli per superare il nemico di turno, delle brevi risate, dei tentativi per calmarlo dall’irritazione.
E invece Makoto era lì, il capo poggiato sulla sua spalla, i capelli che, in quella posizione, sfioravano delicatamente la punta del naso del moro, il corpo che si muoveva al ritmo del respiro appena più pesante del solito.
Haruka ne rimase interdetto.

«Makoto?»

Sussurrò il suo nome in quell’esatta posizione. Fu un richiamo -un soffio più che altro- così debole che nemmeno sapeva se avrebbe mai dovuto raggiungere le sue orecchie.
Strinse le labbra, indeciso. Avrebbe dovuto svegliarlo, stare in quel modo non era salutare, eppure qualcosa lo fermava dallo scuotergli la spalla.
Abbassò invece il capo di pochi millimetri, sfiorandogli appena il capo con le labbra. Il profumo del bagnoschiuma utilizzato poche ore prima lo avvolse, rilassandolo e innervosendolo al contempo. Si avvicinò ancora di poco, e premette le labbra contro la cute.

«Makoto.»

Ancora un sussurro, un mero tentativo per svegliarlo senza alcuna volontà di raggiungere tale scopo.
Il moro mosse la mano ormai libera, tenendo lievemente la spalla dell’amico per sostenerlo e, con una lieve torsione del corpo, ne raggiunse la fronte aggrottata nel sonno. Lì lo sfiorò nuovamente con le labbra, un atto così leggero da non poterlo nemmeno considerare un tocco.
Rimase a guardarlo, gli occhi blu fissi sul suo volto pacifico, ignaro.
Scese ancora di qualche centimetro, baciando la punta del naso.

«Makoto.»

Lo chiamò, il cuore che batteva come ammattito in petto. Si morse un labbro e calò la testa degli ultimi centimetri, lasciandosi cadere i capelli di lato.
Quella volta, erano le labbra di Makoto ad essere a così poca distanza dalla sua, e Haruka non aveva il coraggio né d’avvicinarsi, né d’allontanarsi.
Trattenne il respiro, corrucciando lo sguardo: lì poteva sentire il respiro del castano sulla sua pelle sensibile, un brivido che nasceva e moriva ad ognuno di essi.
Si morse un labbro, quando le labbra addormentate lo sfiorarono.

«Haruka…»

Il moro spalancò gli occhi, per poi sorridere. Ah, stava sognando di lui, forse? Forse sognava di quell’esatto scenario.
Haruka allora si allontanò, ritornando alla sua posizione originaria, scuotendo leggermente la spalla altrui.

«Svegliati, prenderai freddo.»

L’amico aprì gli occhi lentamente, gonfi per il sonno.

«Ah, scusa Haruka, devo essermi addormentato! Hai già finito con il gioco?»

Il moro girò il capo verso il televisore e annuì.


Un’altra volta.
Ci sarebbe stato tempo per farlo un’altra volta. Da svegli entrambi, magari.






Note: ugh, spero non sia eccessivamente OOC o altro, scusate ;u;