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Autore: Yahohel    21/06/2015    3 recensioni
Sequel de "Le mille stanze del Tardis"
Rose e il Dottore, dopo le fatidiche 24 ore in cui è tornato bambino, vanno alla scoperta del Tardis, aprendo porte ignari di ciò che troveranno dall'altra parte.
Quello che nasce come un gioco innocente si trasforma, però, in un confuso groviglio di sentimenti inespressi, pronti ad esplodere come una bomba ad orologeria.
I nostri eroi riusciranno ad aprire l'ultima porta?
Het!Ten/Rose
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Primo Capitolo

Era passato qualche giorno dal ringiovanimento forzato del Dottore e, una volta tornato normale e superato l’imbarazzo, avevano deciso di prendersi una pausa da battaglie galattiche e esplorare la loro casa.

La loro prima tappa era stata proprio il Luna Park per tenere fede alla promessa fatta a John. E il Dottore adulto aveva mostrato di apprezzare, comportandosi esattamente come la sua copia rimpicciolita.

Se non peggio, si disse Rose mentre osservava il suo amico abbracciare l’enorme pupazzo blu come se fosse stato un cucciolo.

Per quanto riguarda il resto, beh… Rose aveva scacciato abilmente tutti i rossori sulle guance e i pensieri scomodi.

Il suo problema era che le 24 ore passate con John le avevano permesso di pensare al Dottore senza la solita routine sballottamento – mostro – bava. E senza il Dottore, di fatto.

Perciò se prima poteva non pensare a quanto fosse carino anche coperto di muco arcobaleno, con il bimbo aveva potuto notare tutte le somiglianze e, di conseguenza, apprezzare un po’ di più il suo amico alieno.

Era tutto così complicato!

Per sua fortuna il Dottore interruppe i suoi pensieri che tendevano pericolosamente allo sdolcinato, lanciandole addosso il premio ricevuto dopo aver urlato il suo nome come avvertimento.

“Bei riflessi” commentò sarcastico, dopo che lei lo ebbe fatto cadere al suolo.

“Si può sapere perché me lo hai lanciato?” domandò stizzita Rose guardandolo male mentre raccoglieva la prova della loro vittoria. Il loro mini Tardis si era completamente sporcato di polvere, capelli – marroni, evidentemente non suoi – e zucchero filato rosa, creando una colla disgustosa proprio sopra la scritta “Police” dell’insegna.

“Per testare le tue abilità motorie” replicò prontamente lui. “Carenti” aggiunse abbassando lo sguardo sul peluche.

“Credo sia ora di scoprire dove sia la lavanderia” sospirò la ragazza, agitando debolmente l’oggetto incriminato, mentre notava le enormi macchie colorate sui loro abiti. Il Signore del Tempo doveva aver di nuovo modificato il gioco, inserendo proiettili di vernice al posto dei classici laser.

“Ti avevo detto solo laser!” fece spazientita.

Sono laser” borbottò lui colpevole abbassando la testa.

Occhiataccia.

“Laser colorati, quando ti colpiscono ti tingono”

Altra occhiataccia.

 “Vanno via giuro!” esclamò con aria supplicante.

“Sarà meglio per te”

*

Il Tardis doveva voler molto bene al Dottore, perché non appena uscirono dal Luna Park si aprì davanti a loro una porta, rivelando una spaziosa lavanderia con le vetrate e porte scorrevoli.

Sembrava di stare in un hotel, circondati da lenzuola candide e asciugamani profumati.

Non si stupì più di tanto nel trovare una sezione con i loro nomi.

Le sue cose e quelle del Dottore, ovviamente, si distinguevano: le prime rosa, le altre con motivi indecenti di cacciaviti sonici, Tardis e banane. Ecco svelato come i loro vestiti tornavano automaticamente puliti e profumati negli armadi.

Da quando viaggiava con il Dottore, infatti, non aveva più fatto il bucato. All’inizio portava tutto da Jackie ma poi, dopo aver ritrovato la sua adorata maglietta rosa pulita, quando era certa di averla lasciata coperta di muco e scorie aliene, aveva cominciato a notare come i suoi vestiti fossero sempre in ordine e profumati nei cassetti, rendendo inutile la lavatrice di casa Tyler.

Non che sua madre si fosse lamentata di non dover più smacchiare residui disgustosi dai suoi indumenti ma, rifletté Rose, era molto tempo che non passava a salutarla.

Questa era l’ennesima avventura con il Dottore che, se non la spediva mille anni più avanti, la teneva ugualmente lontana da casa.

Un rumore assordante di vetri rotti le fece alzare lo sguardo. Quell’impacciato essere alieno del suo amico era inciampato in uno stendino, facendoli cadere tutti con effetto domino contro una delle porte scorrevoli.

Si ritrovò di nuovo a ringraziarlo mentalmente per averla riscossa dai suoi pensieri, nonostante il disastro che aveva causato.

Ecco perché non aveva mai tempo di pensare ai suoi sentimenti, aveva una trottola come guida turistica! Ridacchiò tra sé e sé prima di cimentarsi in una ramanzina alla Tyler.

*

Ne è valsa la pena, si disse il Dottore mentre cercava di chiudere l’apparato uditivo all’assalto di Rose.

“Non è normale che tu non sappia fare due passi in linea retta senza distruggere due o tre galassie!”

Certo, il mondo era decisamente un posto più silenzioso mentre lei era assorta nei suoi pensieri, ma non faceva bene ai suoi due cuori vederla triste e pensierosa. Era come se nella sua testa si accendesse una luce lampeggiante e l’equazione “Rose zitta = Rose triste = Rose torna a casa” illuminava a caratteri fluorescenti il suo campo visivo.

Sapeva che per un essere umano stare tanto lontano da casa era difficile. Lo era anche per lui, e non aveva più nessuno da riabbracciare né un posto dove tornare che non fosse il Tardis.

Ma Rose non poteva andarsene. Non dopo quello che aveva visto di lui nelle fatidiche 24 ore. Si era mostrato vulnerabile, adorabile certo, ma vulnerabile, e aveva lasciato trapelare cose che non ricordava gli appartenessero.

Ma riflettendoci bene, non era certo il suo momento di debolezza la ragione per cui non avrebbe mai permesso a Rose di abbandonarlo. Era semplicemente un motivo in più, ma non l’unico in cui fosse palese il suo attaccamento alla ragazza.

La lista cominciò a scriversi da sola, nella sua testa, partendo da “Hai scelto una rigenerazione giovane per piacerle”, passando per tutte le volte che aveva cercato di tenerla al sicuro. Quando le scene con Rose cominciarono a scorrere caoticamente– ma sempre in maniera comprensibile per il suo cervello alieno – si rese conto che forse sarebbe stato meglio bloccare l’afflusso di ricordi. Si permise solo di riguardare un’ultima volta la scena del loro bacio.

Anche se quella non era veramente Rose, ma Cassandra, il suo corpo caldo e le sue labbra morbide non lo avevano fatto dormire per due notti.

Metaforicamente, ovvio, dato che lui non dormiva. Diciamo che gli avevano tenuto la mente occupata per un po’.

Conosceva l’effetto che Rose aveva su di lui, era troppo intelligente per non saperlo, ma il destino invece di aiutarlo lo faceva sempre finire in situazioni compromettenti.

Prima una pazza donna-pelle li aveva fatti baciare – si vergognava ancora del suono molto poco virile uscito dalla sua bocca subito dopo – e ora… Era diventato un bambino, mostrando tutta la sua debolezza.

Certo ci aveva guadagnato una notte nello stesso letto di Rose Tyler, ma appena si era reso conto che la ragazza stava per svegliarsi era saltato su ed era fuggito.

Avrebbe dovuto andarsene prima, appena ritrasformato, ma il viso di Rose era così vicino e il suo respiro caldo lo attirava, quindi si era crogiolato un po’ nel tepore del suo corpo, rimandando di minuto in minuto.

Si era dato del pazzo varie volte, soprattutto nei momenti in cui il suo cervello cominciava a vaneggiare su quanto Rose fosse carina mentre sorrideva con la lingua tra i denti, o la mattina della trasformazione quando – struccata, per una volta – gli aveva rivolto uno sguardo tra l’assonnato e il ferito afferrando la tazza che lui le stava porgendo.

In quel momento si era sentito davvero in crisi, temporeggiando sulla porta, indeciso se andare lì e baciarla o, semplicemente, fuggire. Aveva scelto la seconda opzione, come al solito, anche se le farfalle che si agitavano nel suo stomaco chiedevano a gran voce altro.

Ma non poteva. Davvero, non poteva.

*

Rose aveva smesso di parlare già da un po’, non appena si era resa conto che il Dottore era con la testa su un altro pianeta.

Si chiese se fosse opportuno ricambiargli il favore; dalle rughe sulla sua fronte non dovevano essere pensieri positivi.

Gli posò una mano sulla spalla, facendolo sobbalzare.

“Torna tra noi!” sorrise.

Poi le venne un’idea. “Vieni, ti insegno a fare il bucato!” propose.

“Guarda che non sono più un bambino!” ridacchiò lui in risposta, mentre lei lo prendeva per mano portandolo davanti alle lavatrici.

Lei inarcò il sopracciglio “Mi stai dicendo che sai come si lavano i panni? In 900 anni di vita non hai mai messo piede qui dentro, secondo me” lo prese in giro.

Il Dottore abbassò lo sguardo, colpevole. “Non ne ho mai avuto bisogno” sbiascicò a testa bassa.

Viziato” mormorò lei.

“Ehi! Vuoi scommettere che riesco a farle funzionare?” fece l’altro, punto nel vivo, pentendosene un attimo dopo.

La ragazza ridacchiò, poi torno seria.

“Ci sto! Stabiliamo le regole” alzò il pollice “Primo: Nessun aiuto dal Tardis”

Il Dottore aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse. Poteva farcela.

“Secondo” sogghignò “Dammi il cacciavite sonico”

Il Signore del Tempo sbiancò. “NON PUOI! E’ COME UN FIGLIO PER ME!”

“E’ solo una misura preventiva” spiego lei pazientemente “per impedirti di barare”

Quando lo strumento fu in suo possesso continuò sorridendo. “Terzo: Hai dieci minuti di vantaggio”.

Lo sguardo dell’altro si fece un po’ meno abbattuto alla notizia.

“Allons-y!”

*

La sfida era cominciata già da cinque minuti, e Rose si stava gustando i tentativi del Dottore di capire quale, tra i mille saponi colorati, andasse infilato dove. Con i capelli arruffati e la cravatta allentata, il suo amico pareva concentratissimo, ma aveva ottenuto il solo risultato di aprire lo sportello e sbatterci la testa.

Fece un profondo respiro, poi si atteggiò a persona che sa quello che sta facendo.

“Allora, è evidente che questo è il foro in cui vanno inseriti i vestiti” fece sicuro di sé, indicando l’apertura circolare.

“Che scoperta stupefacente!” sussurrò divertita la ragazza, ricevendo un’occhiataccia in risposta.

“Poi… va versato il sapone” continuò titubante. Ma quale?

In crisi si sedette per terra in mezzo ai flaconi, analizzandoli più da vicino.

“Questo con l’orsetto? Oppure con la volpe?” fece prendendone due in mano “Non potevano chiamarli con i numeri? Prima questo, poi questo…” si lamentò sconsolato.

-BEEEEEP-

Un suono fastidioso lo distrasse, facendogli alzare la testa.

“Ho chiesto al Tardis di impostare il timer” spiegò la ragazza “Il tuo vantaggio è scaduto”.

*

Il Dottore osservò Rose avviarsi alle lavatrici. Aveva fatto male a sottovalutarla, chissà quante sessioni di bucato era stata costretta a sopportare vivendo con Jackie, pensò.

L’unica cosa da fare, era osservarla e cercare di capire come funzionassero quei dannati cosi.

Rose prese la cesta dei suoi vestiti macchiati e aprì due sportelli.

Aspetta, cosa?

Osservò meglio. Aveva infilato jeans, maglietta fucsia e altri vestiti non identificabili in una lavatrice, l’altra metà in un’altra. Perché mai?

Non ebbe tempo per interrogarsi oltre, perché la ragazza si era diretta verso i detersivi.

Le dava le spalle, forse per non permettergli di vedere cosa faceva, poi tornò alla lavatrice con due contenitori, mettendone uno in ogni sportello.

Dopo aver premuto un pulsante, si girò a guardarlo, divertita.

Aveva finito. Come era possibile?

Senza mostrare segni di cedimento – era una guerra, non poteva permetterselo – si alzò e prese la sua cesta. Avrebbe vinto lui.

*

Si preannunciava una catastrofe. A tutti gli effetti. Ma lei era lì, fiera, e non avrebbe mostrato compassione, nonostante l’evidenza dell’incapacità del Dottore nelle faccende domestiche.

Sperò tanto che il Tardis fosse impermeabile, perché già nella sua testa si figurava un’inondazione.

Sapeva che l’altro aveva seguito tutte le sue mosse, ma gli mancavano informazioni basilari. Che i colorati e i bianchi andavano separati, ad esempio. O la temperatura adatta. O il tipo di detersivo. Probabilmente non sapeva neanche cosa fosse una centrifuga.

Si mise le mani tra i capelli. Forse avrebbe dovuto aiutarlo. Per la loro incolumità, come minimo.

Lo osservò mentre rovesciava metà flacone nel contenitore e l’altra metà per terra, incolpando la bottiglia del danno.

No, non si sarebbe lasciata intenerire dal suo faccino e dalla sua adorabile imbranataggine. Sarebbe andata in cucina a preparare un thè, per consolarlo quando avrebbe inevitabilmente perso, ridacchiò malignamente.

*

Dell’acqua filtrava sotto la porta della cucina dal corridoio.

Prevedibile, pensò Rose posando la tazza sul bancone.

Si prese solo un secondo per gustarsi le urla dell’amico dall’altro lato che supplicavano aiuto contro il mostro di bolle di sapone.

Poi si alzò e uscì sogghignando, con il Mocio Vileda in spalla.

 

Note dell’Autrice:

Ciao a todos! So di avervi detto che avrei pubblicato dopo l’orale (il 25), ma non ce la faccio ad aspettare, voglio davvero sapere cosa ne pensate :3 E poi, considerando che il prologo è davvero corto, ho pensato meritaste un VERO capitolo u.u

Che dire, ho adorato scrivere questa storia, quindi spero piaccia altrettanto a voi :) Se è così, o se vi fa schifo, o vi ha lasciati indifferenti, non esitate a farmelo sapere con una recensione, sono così rare di questi tempi ;)

Per quanto riguarda la pubblicazione, resta un incognita, dopo l’orale ricomincerò a scrivere il secondo capitolo quindi onestamente non so quando avrete l’aggiornamento, anche perché dopo vorrei anche andare in vacanza :/ Spero che i probabili ritardi non vi facciano passare la voglia di seguire questa storia :(

Alla prossima,

Baci,

L.

   
 
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