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Autore: marta_bilinski24    22/06/2015    3 recensioni
Chi non si è mai chiesto cosa sarebbe successo se, nella puntata 3x16, Derek avesse cominciato a ballare con Stiles alla festa fluo di Halloween al suo loft invece che cacciare tutti in malo modo? Dunque, Stiles ritrova una chiave che non è sua e Derek ha avuto un illuminante colloquio con Deaton. L'incontro dei due alla festa potrebbe risolvere molti enigmi, lasciare un po' di fosforo in giro e cambiare le loro vite per sempre.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di MTV e Jeff Davis; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

Avvertimenti: Ripresa della puntata 3x16, con alcuni punti comuni e alcuni cambiamenti: Stiles, Allison e Scott hanno fatto il sacrificio e questo ha provocato degli effetti, particolarmente visibili in Stiles ma comuni a tutti e tre; Stiles non viene posseduto, non c’è stato l’incontro di Kira e Barrow, non ci sono Oni in giro.

Idea ispirata da una fanart che troverete alla fine del racconto. Immagino che tutti gli Sterek shippers, almeno una volta, si siano immaginati una scena diversa da quella proposta da Jeff Davis per quanto riguarda quella puntata. Questo è quello che avrei voluto vedere io, spero vi piaccia. Buona lettura!

 

 

 

Era tutta la mattina che Stiles si rigirava in mano quella chiave e non capiva da dove potesse provenire. I casi irrisolti proprio gli davano sui nervi e trovare una chiave evidentemente non sua nel suo mazzo di chiavi sembrava avere l’aria di essere uno di quei casi che gli avrebbero occupato il cervello per ore. Era da quella maledetta sera, quella del sacrificio, che gli capitavano cose strane…e lui si sentiva tremendamente impotente quando si ritrovava nel bel mezzo di un attacco di panico o quando le lettere del libro che stava leggendo cadevano una alla volta come le poche certezze della sua vita. Si ritrovava a piombare improvvisamente nell’angoscia e di nuovo sopraggiungeva la sudorazione fredda, il respiro affannoso, la vista offuscata…e di nuovo riviveva la morte della madre. Ma la cosa peggiore non erano gli incubi di lei sul letto, piena di flebo ed aghi, sudata e pallida, che tentava di rassicurarlo. No, il peggio era l’assordante, metallico, incessante rumore che aveva fatto l’elettrocardiogramma quando la linea sul suo monitor era diventata dritta, per sempre. Quel suono Stiles lo sentiva improvvisamente nelle orecchie di notte quando si svegliava urlando a squarciagola fino a perdere la voce e durante le lezioni, quando stava per avere un nuovo attacco di panico. E quelle settimane erano state scandite da quel suono. La chiave quindi si aggiungeva solo a tutto il resto che Stiles si stava ritrovando a vivere in uno dei periodi più bui della sua vita. Deaton era stato chiaro mentre i ragazzi si preparavano ad entrare nelle vasche riempite fino all’orlo di acqua e ghiaccio. «Questo non è un gioco, dovrete interiorizzare un male, dovrete per un attimo morire al posto dei vostri genitori. Una parte della vostra innocenza verrà sacrificata per essere donata al Nemeton, questo è il vostro patto col sacro albero. Il sacrificio vi lascerà una porta socchiusa nella mente, starà a voi richiuderla». Stiles non aveva avuto dubbi, mai gli sarebbe passato per il cervello di lasciare morire suo padre per salvaguardare un’ipotetica innocenza che in realtà sentiva di non aver mai posseduto, sapeva di essere stato costretto a crescere troppo in fretta. E in ogni caso non avrebbe mai lasciato suo padre nelle mani di una pazza che sacrificava le persone ad un albero magico vecchio di migliaia di anni.

 

Una goccia di sudore scivolò dal suo cuoio capelluto, disegnando un tratto incerto e rapido allo stesso tempo sulla tempia di Stiles, raggiungendo lo zigomo, correndo accanto alla basetta e scivolando infine sulla guancia, quasi divertita dallo zig zag che si era concessa intorno ai nei sul viso del ragazzo. Il solletico che provocò in Stiles lo spinse a riemergere dai terribili pensieri in cui era sprofondato per l’ennesima volta. Si passò una mano svogliatamente sul viso, per portare via la gocciolina e cercare di cacciare via quegli incubi una volta per tutte. Quello su cui doveva concentrarsi al momento era il modo in cui Aiden e Ethan avevano deciso di inserirsi nel branco di Scott: organizzare una festa di Halloween al loft di Derek. Anche se il secondo fine di Aiden era mostrarsi cambiato agli occhi di Lydia e quello di Ethan era recuperare il rapporto con Danny, perché Stiles non poteva per una volta non pensare a nulla e buttarsi a ballare mentre la musica si portava via tutto ciò che lo affannava? L’unica cosa che lo preoccupava un po’ era il fatto che Derek non sapesse nulla del fatto che orde di ragazzi e ragazze dagli ormoni impazziti avrebbero scatenato qualsiasi voglia in casa sua mentre la musica suonava più alta del solito e la luna saliva nel cielo. Aiden e Ethan avevano detto che sapevano per certo che Derek sarebbe andato a parlare con Deaton e probabilmente non sarebbe tornato prima delle prime luci dell’alba. Stiles aveva storto il naso: Derek che parla con Deaton tutta la notte? C’era qualcosa che non andava, qualcosa gli sfuggiva ma ormai quella era una sensazione costante. «Siamo anche noi appena tornati Beta dopo essere stati Alpha come lui ma non possiamo stare a fare da balia a Derek o psicanalizzare ogni sua decisione. Si sarà trovato finalmente una donna che non cerca di uccidere tutte le persone che gli stanno intorno» avevano sentenziato acidamente i gemelli. A Stiles si era chiuso di colpo lo stomaco a sentire quell’ultima frase ma poteva attribuire tutto al fatto che l’ultima fidanzata di Derek era stata Jennifer e suo padre aveva rischiato di morire per l’avventatezza emotiva di quel lupo mannaro. Anche se sentiva che in un certo senso si stava mentendo e nemmeno dirsi che era tutta colpa del sacrificio lo tranquillizzava.

 

Di nuovo riprese lo studio di quella chiave, la dentellatura era molto irregolare e nella sezione centrale aveva una parte lineare dove Stiles continuava a sfregare il dito sperando di tenere tra le mani la lampada di Aladino. No, nessun genio sarebbe uscito da quella chiave e gli avrebbe risolto quel mistero. L’idea di tappezzare Beacon Hills con foto della chiave e la domanda “Avete mai visto questa chiave? Sapete cosa potrebbe aprire?” come se fosse stato alla ricerca del gattino smarrito se n’era andata veloce com’era arrivata nella mente di Stiles. Anche perché la domanda così posta poteva risultare ambigua ed era certo che i ragazzini arrapati della città ci avrebbero messo poco ad imbrattare tutto il suo lavoro e a buttare nel cesso i soldi della copisteria riempiendo i volantini di risposte oscene. La cosa più logica era stato chiedere alle persone più vicine a lui ma né suo padre, né Scott, né Lydia o Kira e nemmeno la madre di Scott avevano mai visto quella chiave o ne avevano trovate di simili tra le loro negli ultimi giorni.

 

Il rumore che le nocche della mano dello sceriffo fecero contro la porta della camera di Stiles fu delicato ma deciso: voleva chiamare il figlio ma non sapeva mai se lo avrebbe trovato sveglio o appisolato per far passare l’ennesimo emicrania. Cominciava ad essere davvero preoccupato ma cercava di non darlo a vedere per evitare a Stiles l’ennesima preoccupazione. «Vieni, vieni, papà» rispose di rimando il ragazzo. Fece scivolare la chiave nella tasca dei pantaloni, non voleva che il padre pensasse che lo angosciava tanto. «Volevo solo informarti che sono arrivati Scott e Kira. Dicono che vogliono farti vestire figo per la festa di stasera» esalò lo sceriffo, a metà tra lo sconcertato e il divertito. «Falli entrare…ma devono essere consapevoli che nessuno mi toglierà le Adidas dai piedi. Le avrò anche al mio matrimonio!» urlò Stiles per farsi sentire oltre la porta. «Lo sapevo! Ma almeno permettici di scegliere la maglia e i pantaloni» lo supplicò Scott buttando dentro alla stanza il suo testone, sbilanciandosi di lato e rischiando di cadere per terra. Stiles si sbatté una mano (un po’ troppo violentemente) sulla faccia, chiedendosi come Scott potesse essere così scoordinato e cuccioloso allo stesso tempo. Scott non era un lupo mannaro, era un cucciolo di lupo mannaro quando sbatteva in quel modo le ciglia per convincere il suo miglior amico a far qualcosa. Come se Stiles potesse dir di no ad un cucciolo smarrito… Dietro di lui balzellò Kira, eccitata come una bimba che veste il suo bambolotto. «Aaaaaallora Stiles, non vedo nulla di particolare per una festa…» squittì quasi risentita. Cominciò a lanciare le maglie e i pantaloni a ripetizione fuori dall’armadio; dopo 30 secondi l’aveva svuotato e aveva creato un mucchio confuso e stropicciato di vestiti che Stiles avrebbe passato un pomeriggio a ripiegare e rimettere nel mobile. Per una volta in cui aveva tutto ben sistemato nell’armadio! Gli venne da ringhiare. Nel frattempo Scott si era lanciato sulla sedia della scrivania che Stiles aveva lasciato per buttarsi sul letto a faccia in giù e si era messo a giocare con un pupazzetto di Star Wars che Stiles aveva da anni sul tavolo: una cosa in più che non aiutava la sua mente iperattiva e sempre pronta a distarsi. In quel periodo però quel giocattolo era diventato uno dei suoi legami col passato, qualcosa che gli assicurava sempre di aver avuto un passato, di avere passioni: lo aiutava ad essere presente a se stesso. «Ce l’ho!!» urlò Kira soddisfatta con una palla di stoffa in mano che lanciò a Scott. I sensi del lupo (e i suoi allenamenti sul campo da lacrosse) non gli fecero mancare la presa, aprì il fagotto e lo annusò. Kira lo guardò inorridita mentre Stiles alzava la testa dal cuscino arricciando il naso. «Le donne scelgono i vestiti perché si abbinano al colore dei capelli, alla carnagione, ai pantaloni, allo smalto…agli uomini basta controllare che non puzzino» spiegò Scott, come se fosse la cosa più normale del mondo «e questa va bene perché non puzza» concluse soddisfatto e lanciò la maglia a Stiles, facendogliela finire in testa. Il ragazzo puntò le braccia sul letto e si issò togliendosi la maglia dal viso. La prese per le spalle, tese le braccia e la dispiegò davanti a sé: era una semplice t-shirt a righe di diverse altezze grigie, verdi, azzurre e nere. Era una t-shirt normalissima ma faceva il suo bell’effetto e poi i colori sarebbero risaltati con le luci particolari che i gemelli avevano deciso di installare nel loft. E almeno non aveva sciocche frasi di supporto alle madri single (che per altro Stiles adorava indossare) ma che facevano sempre storcere il naso a Scott. Senza pensarci troppo diede le spalle ai due (Kira si era già girata per rispetto all’amico mentre Scott…Scott era sempre su un altro pianeta), si sfilò la henley bordeaux che aveva e indossò con gesti decisi e rapidi la maglia che teneva in mano. Si alzò, fece un saltello sul posto, allargò le braccia e disse soddisfatto «Ta-da! Let’s go party hard!». E sforzò un sorriso normale per farlo passare da un orecchio all’altro. Kira annuì soddisfatta e gli si avvicinò pronta a sistemargli i dettagli. «Allora abbiamo capito che queste scarpacce» e gli colpì divertita la punta delle Adidas «non le toglierai mai. I pantaloni…» Stiles si mise le mani sulle tasche, stringendo possessivo quella in cui aveva fatto scivolare la chiave del mistero. «Tranquillo, questi vanno benissimo» aggiunse sorridendo la kitsune. «L’unica cosa che ti manca però è una sistemata a questi capelli» e con la delicatezza di una mamma passò le sue dita tra le ciocche scomposte sulla testa di Stiles, disciplinandole e dando allo stesso tempo al ragazzo un’aria parecchio sensuale. «Non posso prometterti che non ti salterò addosso stasera, sistemato e pettinato così, amico!» rise Scott. «Scherza, scherza, fratello, vedremo chi a fine serata avrà combinato qualcosa» lo canzonò Stiles di rimando, mentre Kira assumeva improvvisamente il colore della maglia indossata precedentemente da Stiles. Tutti e tre sapevano che la “questione Kira” era nata in maniera strana ma se Scott voleva davvero voltare pagina dopo Allison quella era la sera giusta. «Siete pronti?» la voce della sceriffo ruppe quell’imbarazzante silenzio e i tre amici si avviarono sorridenti alla jeep di Stiles.

 

«Adesso mi spiegate perché devo sempre essere io quello sobrio che riporta tutti a casa, quello con la testa sulle spalle che non può sballarsi perché deve guidare…» chiese sconsolato Stiles, sapendo che questo suo sfogo non avrebbe comunque cambiato le cose.

 

Il viaggio in auto fu piacevole, Kira si era appropriata del posto davanti relegando Scott sui sedili posteriori e, dopo aver avuto l’autorizzazione da Stiles, si era divertita per tutto il tempo a fare, come piaceva dire a lei, “la dj con la radio”. Arrivati a 100 metri dal loft di Derek la musica proveniente dall’interno si sentiva già dentro la jeep e sovrastava quella della radio, nonostante fosse a tutto volume. «Fortuna che Derek non ha vicini, altrimenti una denuncia per disturbo della quiete pubblica non gliela toglieva nessuno…» constatò Stiles sconvolto dal volume che erano riusciti a far raggiungere a quella musica. Quanti amplificatori avevano rubato Aiden e Ethan?? Gruppi eterogenei di ragazzi e ragazze entravano intanto dalla porta scorrevole dell’appartamento, mentre calava il buio sulla natura circostante e le luci caleidoscopiche tentavano di uscire dalle finestre e dagli spiragli con l’esterno che venivano temporaneamente aperti. Stiles era stranamente distratto da un pensiero che gli ronzava in testa ma che non riusciva a bloccare e razionalizzare. Chiuse gli occhi, strinse forte per qualche secondo le palpebre e si illuse di averlo cacciato. Appena varcata la soglia vennero investiti da luci e suoni che li disorientarono parecchio, tanto da non riuscire a riconoscere Lydia che avanzava. Era, come sempre, dannatamente elegante nella sua semplicità, coi capelli naturalmente mossi e biondo fragola disciplinati in una coda alta fissata da un elastico. Teneva per mano dolcemente Aiden che pendeva dalle sue labbra come un cucciolo smarrito e sarebbe davvero sembrato un cucciolo smarrito se non fosse stato per come era conciato: a petto nudo, ogni muscolo era stupendamente esaltato da arabeschi verdi e bianchi che con quelle luci risultavano fluorescenti. L’effetto era davvero pazzesco. Vedendo le facce stupite dei suoi amici, Lydia urlò «Ciao anche a voi! È un piacere vedere i tre moschettieri così integri ad una festa mondana come questa! Se volete dipingervi il corpo, l’amico di Danny lo fa al tavolo là in fondo» e conclusa la frase strinse appena percettibilmente la mano del suo cavaliere e lo portò a bordo pista per un sensuale ballo a due. Scott, Stiles e Kira si avviarono curiosi verso il luogo indicato da Lydia. La coppietta fresca di primo appuntamento però preferì a metà strada buttarsi nella calca di persone accaldate che ballavano e allacciare le braccia l’uno intorno all’altra, dondolandosi in modo tanto goffo quanto dolce, senza mai staccare gli occhi l’uno dall’altra. Ignaro, Stiles arrivò al tavolo e girandosi per cercare i suoi amici si ritrovò solo. «Bastardi…» mugugnò tra sé «…però se lo meritano un vero primo appuntamento» concluse sorridendo debolmente. «Allora vuoi togliertela quella maglietta?» Stiles si girò di colpo quando si sentì urlare nelle orecchie. Il tipo che si ritrovò davanti agli occhi doveva essere il famoso “amico di Danny che ci sa fare con il body painting”, un granitico pezzo di figo alto 1.90 m, vestito solo di disegni dipinti sulla pelle e un aderente paio di boxer fucsia super fluo (non si capiva bene se fossero fucsia di loro o risultasse tutto amplificato dalle luci) che per un attimo fece perdere l’equilibrio (e la sanità mentale) a Stiles. Un brivido freddo corse lungo tutta la sua spina dorsale, contando ogni vertebra, dalla prima cervicale all’ultima lombare prima dell’elastico degli slip. Dietro di lui vennero in soccorso Isaac ed Allison; facevano da qualche settimana coppia fissa e chissà perché nell’aria si sentiva odore d’amore quella sera, tutte le coppie in stand-by o in via di formazione sembravano voler spingere sull’acceleratore e voltare pagina per scriverne una nuova a quattro mani. «Gran bella maglia amico» disse Isaac, e per una volta non sembrò sarcastico o ironico. Stiles gli sorrise distratto, ancora intento a cercare di deglutire, nonostante tutta la saliva della sua bocca se la fosse data a gambe qualche secondo prima. «Tutto bene?» chiese un po’ preoccupata Allison mentre si toglieva la camicia per sfoggiare il suo top fucsia. Ma cosa era saltato in mente a tutti di vestirsi di fucsia? pensò Stiles. «Vuoi sorreggere tutta la sera Stiles o vuoi dipingermi il corpo?» chiese provocatoriamente Allison tenendo tra i denti il pennello appena strappato dalle mani del figo in boxer rosa e puntando le mani sui fianchi. Con un movimento rapidissimo (da ragazzo di 17 anni di fronte alla ragazza di cui è innamorato più che da lupo mannaro) lasciò andare il corpo di Stiles e corse da lei. Rischiando di cadere Stiles decise che non si sarebbe mai, per nulla al mondo permesso di passare la nottata senza maglia e dipinto e tanto meno a reggere il moccolo ad una coppietta. Evitò quindi l’angolo in cui poté avvistare i corpi avvinghiati di Danny e Ethan. Ma erano almeno vestiti?? Stiles non volle chiederselo troppo a lungo. In mezzo a tutta quella confusione di corpi e musica che martellava nelle orecchie e nel petto, Stiles sembrò aver attutito i pensieri, se non fosse stato per quello che gli ronzava ancora in mente, quello che non riusciva nemmeno a riconoscere. Scosse forte la testa, sperando che uscisse finalmente dal suo cervello e si mise a ballare, muovendosi piano e guardandosi intorno per imitare qualcuno. In realtà ognuno si muoveva un po’ come voleva e nessuno si preoccupava di lui: non sapeva se provare tristezza o sollievo. Cominciò quindi a muovere scoordinatamente gambe e braccia, rischiando più volte di rompere il setto nasale a qualcuno e pestando più di qualche piede.

 

Stava cominciando ad entrare nello spirito della festa quando delle lunghe dita, affusolate e morbide, scivolarono tra le sue, con una presa decisa. Stiles rimase qualche secondo a fissare la sua mano intrecciata a quella di una ragazza…sì doveva essere una ragazza per avere delle mani così curate. Con la bocca socchiusa Stiles risalì con lo sguardo il braccio della persona che lo teneva e arrivò finalmente a guardarla in faccia. Rimase perplesso solo qualche secondo, mentre riconosceva, nel viso tondo contornato da un caschetto di capelli platino e un sorriso contagioso, Caitlin. Aveva conosciuto Caitlin in circostanza davvero poco piacevoli: la sua ragazza era stata una delle vergini sacrificali di Jennifer. Da allora però Stiles non l’aveva più vista e non sapeva nemmeno se stesse più a Beacon Hills. «Hey! Anche tu da queste parti?» urlò la ragazza per sovrastare la musica assordante. Ancora stupito di vederla lì e continuando per qualche secondo a fare la spola con lo sguardo tra il viso radioso di Caitlin e la presa sicura delle loro mani, Stiles balbettò «…i miei…i miei amici hanno organizzato…sì organizzato tutto questo…». «Hanno organizzato una festa così figa e poi ti hanno lasciato solo? Dove sono tutti?» chiese stupita lei. Con sguardo sicuro e un po’ scocciato Stiles si liberò della presa di Caitlin solo per farla girare e, facendo perno sulle sue spalle, si abbassò alla sua altezza, appoggiando il mento sulla sua clavicola. Sopra l’altra spalla fece passare il suo braccio teso e, in un angolo del loft indicò Danny e Ethan, ancora avvinghiati; con un gesto rapido la fece ruotare fino all’angolo successivo in senso orario, indicando questa volta Lydia e Aiden, che si strusciavano senza sosta a ritmo di musica house-tecno; proseguendo il giro, all’angolo successivo Stiles mostrò a Caitlin Isaac ed Allison che avevano appena finito di dipingersi il corpo e Stiles avrebbe potuto scommettere che al loro primo bacio potevano mancare davvero pochi secondi; infino il ragazzo indicò come l’ultimo angolo disponibile fosse occupato da Scott e Kira che ballavano dolcemente senza preoccuparsi di seguire il ritmo dettato dal dj. «Ah, quindi gli angoli per pomiciare sono tutti occupati?» chiese sconsolata Caitlin. «Beh, noi troveremo di meglio!». Di nuovo prese Stiles per mano, questa volta più decisa, e lo strattonò fino ai piedi della scala a chiocciola che portava al piano di sopra. Si sedette sul terzultimo gradino e invitò Stiles a sedersi poco sotto. Il ragazzo cominciava davvero ad essere confuso ma lasciò che la ragazza lo trascinasse, dopotutto si era detto che quella sera non voleva pensare a nulla e una ragazza non poteva che essere il diversivo giusto. Inoltre Caitlin era carina e frizzante, non era difficile lasciarsi travolgere dalla sua allegria. Così quando lei senza dire una parola gli prese il viso a due mani e portò le sue labbra contro quelle di Stiles quasi con prepotenza, lui lasciò che tutto accadesse.  Le labbra di lei sapevano di fresco e di frutta, erano morbide e Stiles trovò che non fosse così male. Si sporse un altro po’ verso di lei, posandole una mano delicata su un fianco. Continuarono con piccoli schiocchi umidi e Caitlin sembrava davvero intenzionata ad approfondire il bacio ma Stiles si ritirò un attimo mettendo un po’ di spazio tra loro e respirando a fondo. Non era la prima volta che baciava una ragazza ma non era nemmeno così esperto come voleva dare a vedere. In realtà una delle altre poche volte era stata con Lydia quando lei aveva preso l’iniziativa per bloccare l’attacco di panico di Stiles e per farlo riprendere. In quell’occasione aveva avuto un brivido, è vero, ma in fondo Stiles sapeva che avrebbe dovuto sentirsi in modo decisamente diverso. Lydia, Lydia era la ragazza che lui amava incondizionatamente dalla terza elementare e dopo tutti quegli anni di devozione l’agognato bacio gli provocava solo un brivido. Stiles si era detto che l’aveva idealizzata troppo e che ovviamente quello non poteva considerarsi un vero bacio perché era stato dato in una situazione di emergenza e non esattamente per volontà della ragazza. E ora che aveva l’occasione di combinare davvero qualcosa con una ragazza che lo voleva (gliel’aveva fatto capire molto bene) si stava tirando indietro e una scusa gli stava già venendo in mente. Ma Stiles si disse che non era una scusa, no no, era una “precisazione dovuta”, questa fu la spiegazione che si ripeté in mente finché rivolgeva la domanda a Caitlin. «Maaa…ehi…a te non piacevano le ragazze?» domandò titubante. «Certo e a te?» biascicò lei leccandosi sensualmente le labbra e cercando di riavvicinare il suo viso a quello di Stiles. Lui annuì e le prese le mani per fermarla, quella risposta non gli bastava. «…e quindi ti piacciono anche i ragazzi?» chiese ancora più confuso Stiles. «Assolutamente e a te?» rispose rapida lei. Quella domanda lo colpì come un pugno nello stomaco. Gli mancò il fiato, si ritrovò a scattare in piedi. Perché, perché quella domanda doveva sconvolgerlo tanto? Caitlin lo guardò stranita e cercò di afferrargli una mano per farlo risedere ma Stiles se la passò rapida sugli occhi, come se non potesse credere a quello che stavano accadendo. Col respiro affannoso fece scivolare involontariamente l’altra mano sui pantaloni, in quella tasca che conteneva la chiave del mistero. Non seppe dire perché, ma sapere di avere ancora lì quella chiave lo placò temporaneamente. Stava per risedersi accanto a Caitlin per toglierle questa idea dalla mente che a lui potessero piacere i ragazzi con un lungo romantico bacio quando lo colpì il secondo pugno nello stomaco. Solo che questo fu molto più forte del precedente, non aveva mai provato nulla del genere in vita sua.

 

L’unica cosa che sapeva in quel momento era che quella reazione era dovuta al fatto che il suo sguardo si era posato su una persona troppo familiare per non essere riconosciuta: Derek si trovava in mezzo alla folla di ragazzi, con uno sguardo perso, sembrava alla ricerca di qualcuno. Poi, in una frazione di secondo, i loro occhi si incontrarono e tutto si bloccò nella testa di Stiles, la musica, le luci, il respiro, il battito sordo del suo cuore. Come attirato da una calamita, Stiles gli andò incontro affannato come se avesse appena fatto una corsa, nonostante avesse dovuto solo compiere qualche passo per raggiungerlo. Doveva assolutamente bloccare l’ira che sarebbe suscitata di lì a poco nel lupo mannaro per l’appropriazione indebita del suo loft, il suo rifugio. «I gemelli…loro vogliono solo ingraziarsi Scott…rimetteranno tutto a posto…entro domani mattina…qui, qui sarà più pulito di come l’avevi lasciato…io aiuterò…tutti aiuteranno». Stiles non sapeva proprio trattenersi dal vomitare frasi sconnesse e troncate, voleva solo spiegare velocemente le ragioni di quella situazione e tutelare i suoi amici, ma aveva troppi pensieri in testa per razionalizzarne uno completo e di senso compiuto dall’inizio alla fine. «Va tutto bene, so come sono fatti i gemelli. Io cercavo te, Stiles» la voce di Derek era decisa e sicura, sapeva quello che voleva. A Stiles girò la testa: da quando Derek cercava proprio lui? Doveva dargli qualche brutta notizia? Cercava solo un contatto con Scott? Voleva sbattergli in faccia la nuova conquista amorosa di quella sera? Come al solito il treno Stilinski stava deragliando e solo la voce calda (e forse più dolce del solito?!) di Derek riuscì a fargli riprendere i binari della razionalità. «Devo parlarti…» Derek inspirò a lungo selezionando l’odore di Stiles per poter proseguire la frase «…ho avuto un lungo colloquio con Deaton l’altro giorno e ora so cosa devo fare». «Non eri stasera da Deaton? Io non capisco più nulla» sbuffò sempre più confuso e stordito Stiles. «Possiamo ballare mentre ti parlo?». Questa volta a Stiles cedettero davvero le gambe, si sentì svuotato e riempito di calore allo stesso tempo; per fortuna Derek aveva capito che quella richiesta non sarebbe stata rifiutata e aveva prontamente posato le sue mani sui fianchi di Stiles, in maniera delicata, provocandogli un brivido lungo e intenso lungo tutta la schiena e fino all’attaccatura dei capelli. Istintivamente (il cervello di Stiles non funzionava più da diversi minuti) il ragazzo più giovane allacciò le braccia intorno al collo di Derek e si lasciò trasportare dagli ancheggiamenti di quest’ultimo e dalla musica che rombava ancora nella notte. Era tutto naturale.

 

Derek non voleva soddisfare subito la curiosità di Stiles e si prese il suo tempo per vedere che effetto faceva ballare a quel modo proprio con lui e che effetto poteva provocare nel ragazzo. Nonostante la musica lo stesse assordando, i suoi sensi da licantropo riuscivano senza problemi a concentrarsi sul battito cardiaco di Stiles. Da quando i loro sguardi si erano incrociati, il cuore di Stiles aveva fatto una lunga pausa e poi aveva preso a battere come un martello pneumatico, con due soli picchi: quando Derek aveva pronunciato il suo nome e quando gli aveva proposto di ballare posando le mani all’altezza delle ossa del bacino. In quei due momenti Derek avrebbe giurato di aver visto il muscolo cardiaco spingere nella parte sinistra del petto ansante di Stiles per poter rompere la gabbia toracica e uscire dalla prigione di ossa in cui era relegato. Per quanto riguardava il tatto, nonostante le sue mani fossero solo leggermente posate di sui fianchi di Stiles, poteva sentire sotto quel tocco la pelle sotto la maglia bruciare, calore che sentiva anche nel punto in cui gli avambracci del giovane toccavano la pelle del suo collo. Le mani di Stiles, invece, si stavano stritolando l’un l’altra dietro la nuca di Derek, il lupo avrebbe potuto giurarlo. Era tuttavia l’olfatto il senso che più di tutto gli faceva conoscere Stiles come un libro aperto: l’umano trasudava ansia da ogni cellula epiteliale, ma allo stesso tempo lasciava trasparire anche completa fiducia e abbandono, come se nulla in quel posto o ovunque si fossero trovati avrebbe mai potuto scalfire quell’abbraccio. Erano la roccia che resiste alla tempesta, la bandiera che per quanto sconvolta dal vento non si staccherà mai dall’asta. Non avevano mai avuto un rapporto del genere e mai nemmeno tutto quel contatto, nemmeno sommando tutte le poche volte in cui si erano trovati a sfiorarsi per sbaglio o per cause di forza maggiore. Questo sconvolgeva Stiles ma non si sentiva così bene e non provava sensazioni simili da così tanto tempo che per una volta cedette all’egoismo di godersi il momento, l’attimo. Anche se in cuor suo sapeva che di quelle sensazioni avrebbe voluto vivere per sempre. E poi quello era lo spirito della serata, prendere tutto quello che lo faceva stare bene e accettarlo, perché sì, ne aveva davvero troppo bisogno. Si lasciò cullare come su una barca dai movimenti impercettibili di Derek, quasi dimenticando che in realtà avrebbero dovuto parlare di qualcosa che sembrava molto importante. Derek stava per cominciare a parlare quando il dj inserì la sua canzone preferita, “Chronicles of a fallen love”. «Balliamo questa, ti prego, è la mia preferita, poi parliamo di tutto, promesso» lo supplicò Derek puntando i suoi occhi verdi in quelli nocciola di Stiles. Poteva il ragazzo negare qualcosa a quegli occhi? Annuì impercettibilmente, incapace di staccare lo sguardo dal lupo e di rialzare la mascella. Derek sorrise sornione al vedere l’effetto che poteva avere su quel ragazzo. Qualche settimana prima non avrebbe mai pensato di potersi ritrovare a ballare con Stiles, ma tutto stava per essere spiegato. Divertito, il lupo si spinse oltre per testare la resistenza del ragazzo; una volta riuscito a staccare i suoi occhi da quelli dorati di Stiles (aveva una certa resistenza ma era stato difficile anche per un licantropo tutto ringhi e minacce come lui) si permise di abbassare la testa, inclinandola di lato. La differenza di altezza tra lui e Stiles non era così marcata, quindi ben presto la fronte di Derek si ritrovò a contatto con la pelle della spalla di Stiles, tra la base del collo e il colletto della maglia. Di nuovo inspirò a fondo (non ne avrebbe mai avuto abbastanza di quell’odore) e si inebriò mentre il profumo risaliva, arrivava ai seni nasali e si insinuava direttamente nel cervello, facendo perdere lucidità al lupo, la parte più istintiva del suo essere. Rialzando un po’ la fronte si divertì a tracciare con la punta del naso la curva tra il collo e la spalla di Stiles, mentre sentiva il ragazzo contorcersi per il solletico e il brivido che ogni tocco gli provocava. Nessuno avrebbe mai tolto dalla mente di Derek quel ricordo: Stiles inebriato ad ogni sfioramento, e anche un po’ eccitato, il lupo poteva fiutare anche quello. La canzone volgeva ormai al termine e controvoglia Stiles dovette tornare alla realtà, con grandissima difficoltà e nonostante fosse l’ultima cosa che volesse fare in quel momento. «…allora…dicevi che…che dovevi dirmi qualcosa…e ti prego, se continui così non capirò mai nulla di quello che mi dirai! Diavolo Derek, un po’ di contegno, che ti succede stasera? Di solito mi vuoi solo tirare un pugno in faccia, questo è l’unico contatto che vuoi con me» esalò Stiles. «Ora ti spiegherò tutto, non c’è nulla di insensato, devi solo starmi a sentire» chiarì Derek, ancora a metà strada tra la spalla di Stiles e la posizione eretta del collo. «…come se l’attenzione fosse la mia qualità migliore» sbuffò il ragazzo «dai sputa il rospo». E Derek raccontò tutto quello che aveva scoperto di se stesso…e sì, anche di loro due.

 

La porta dello studio veterinario si aprì piano, facendo suonare i campanelli sopra di essa e facendo sapere a Deaton che avrebbe avuto una visita. Erano quasi le 11 di sera e il veterinario poteva immaginare che a quell’ora le sue visite dovevano essere interessate al suo “secondo lavoro”, quello di druido. Finì di sistemare le ultime boccette con alcune polveri e attese un attimo che il suo ospite si palesasse. Non sentendo alcun movimento, Deaton si sporse dallo studio, buttando l’occhio nell’anticamera, oltre la scrivania dove di giorno avveniva la prima accoglienza per i piccoli animali da curare. In piedi, con le braccia rilassate lungo i fianchi e i pugni leggermente stretti, si trovava Derek Hale. «Derek, che piacere, è da un po’ che non ci vediamo» esordì Deaton «come va? In cosa posso esserti utile?». Lo sguardo di Derek finalmente si alzò e incontrò quello del veterinario: i suoi occhi erano parecchio spenti, come se un pensiero, un’ossessione, l’avesse tenuto sveglio molto a lungo, impedendogli di trovare pace. In fondo a quello sguardo però il druido sapeva cosa si nascondeva, era anni che svolgeva quella professione. In un certo senso era tempo che Deaton aspettava che Derek facesse quella mossa, era tempo che aspettava che il lupo giungesse da lui con alcune domande, anzi quasi si stupiva che ci avesse messo tanto. Derek mosse leggermente una gamba in avanti, incerto sul luogo in cui si sarebbero recati a parlare. «Vieni pure di là, lo studio è vuoto a quest’ora» lo invitò Deaton, rispondendo implicitamente alla richiesta di privacy del suo interlocutore. Una volta spostatisi nell’altra stanza, il veterinario aspettò paziente che Derek trovasse le parole adatte per esprimersi e fece attenzione a non fargli fretta né a togliergli l’attenzione di cui necessitava. Finalmente Derek si decise a prendere la parola «Ho un pensiero che mi sta logorando da qualche settimana e ho bisogno di risposte. Tutto è iniziato la sera del sacrificio, qualcosa è cambiato. E non solo in Stiles, Scott e Allison, quella sera ha cambiato tutti i nostri rapporti» sentenziò a sguardo basso, puntando di nuovo gli occhi su Deaton solo a conclusione della frase. Attese un attimo, per cercare il modo di raggiungere il nodo della questione, ma nulla gli era mai sembrato così difficile. «Sai bene che Stiles» Deaton non poté non notare il fremito che ebbe Derek al solo pronunciare quel nome «ha avuto ripercussioni molto più pesanti rispetto a Scott e Allison, quel trauma ha risvegliato quello mai sopito della morte della madre. Lui, lui si sveglia tutte le notti urlando e gli attacchi di panico si susseguono senza sosta. Sono preoccupato. Mi sono arrovellato per settimane alla ricerca di risposte, del perché lo stesso avvenimento possa sortire effetti così diversi su tre persone così simili». A Deaton non sfuggì nemmeno il fatto che Derek conoscesse molto bene la condizione psico-fisica di Stiles: era sempre più certo di dove stesse andando a parare. «Ho fatto numerose ricerche finché ho scoperto un dettaglio importante: la figura da non sottovalutare è il compagno con cui fai questo rito, la persona che deve riportarti indietro per non farti morire. Stiles l’ha fatto con Lydia e non potrei pensare ad una persona più adatta per lui, ma le conseguenze dicono il contrario» Derek concluse la frase e finalmente trasse un respiro, anche se non ne beneficiò, il suo stato di ansia non cambiava. «Derek, hai ragione, probabilmente ho sbagliato la scelta del compagno: dopotutto Isaac ed Allison stanno creando un rapporto molto forte e già prima avevano un legame importante, io per Scott sono come un padre ma Stiles non ha tratto particolari benefici da Lydia. Gli ha permesso di non morire ma non è bastato ad evitare le ripercussioni che sta pagando ora. Loro sono legati ma il Nemeton sapeva che c’era un’altra persona più adatta. Sai chi è, Derek?». Derek alzò lo sguardo, smarrito: era arrivato alla ricerca di risposte e si ritrovava a sua volta interrogato. Incapace di formulare una risposta cominciò a balbettare confuso «Io…io sono venuto qui per porti questa domanda, perché non capisco…non capisco chi possa avere un tale rapporto con Stiles…chi si fida di lui…lui di chi si fida…» «Sei tu quella persona, Derek» lo interruppe Deaton.

 

La frase cadde nel silenzio, si posò come un macigno tra i due interlocutori e il veterinario diede il tempo a Derek di elaborare ciò che il suo inconscio già conosceva. Il lupo si sentì mancare la terra sotto i piedi, appoggiò la mano sul bordo del tavolo per sorreggersi e nel suo cervello si affollarono mille domande e mille immagini. Gli rimbombavano in testa suoni e frasi: il loro primo scambio di battute, la faccia imbarazzata di Stiles appena l’aveva visto, quella mattina nei boschi; il coraggio ostentato nell’auto della polizia, quando Stiles gli aveva sbattuto in faccia che lui non era spaventato dal lupo fuorilegge; tutte le volte in cui aveva deciso di controllare Scott sul campo da lacrosse, ma alla fine si ritrovava a fissare Stiles in panchina, da dietro le gradinate; quando, proprio in quell’ambulatorio veterinario, Stiles sarebbe stato pronto ad amputargli un braccio se Scott non fosse arrivato col proiettile di Kate; il giorno in cui Stiles lo aveva chiamato a casa sua, come Derek lo aveva sbattuto sulla porta minacciandolo, come si era fermato ad osservare le sue labbra carnose che tremavano sotto le sue minacce; la notte in cui aveva protetto il ragazzo dal Kanima e come poi Stiles lo avesse tenuto a galla nella piscina, rischiando a sua volta la vita; la frase di Matt “Sai? Credo formiate una bella coppia” lo aveva disgustato più per il fatto che fosse stata pronunciata da quel pazzo piuttosto che per il suo insito significato; la notte in cui stavano escogitando il piano per liberare il suo branco e Cora, il modo in cui Stiles gli aveva preso il pugno per mostrargli lo spessore delle pareti della banca e lui aveva avuto il coraggio di sferrargli un pugno; la notte in cui aveva ucciso Boyd costretto dai gemelli, quando Stiles era stato l’unico a sorreggerlo, con quel tocco sulla spalla che voleva dire tutto; nell’ascensore dell’ospedale dopo che Jennifer l’aveva stordito era stato di nuovo Stiles a rianimarlo. Tantissimi altri piccoli dettagli correvano in quel momento nella testa di Derek e si univano perfettamente l’uno all’altro, in un puzzle che solo una mente confusa dall’innamoramento poteva non cogliere. Era tutto così chiaro e così sconvolgente ora, Derek strinse la mano sul bordo del tavolo fino a far sbiancare le nocche. «Voi siete…» «…soulmates» concluse Derek in un soffio. Non c’era bisogno di altre domande, Deaton aveva finalmente permesso a Derek di riprendere in mano la sua vita. Fino a quel momento si era ritrovato a vivere trasportato dagli eventi, a cacciarsi nei guai e a stringere relazioni avventate con donne che gli avevano rovinato la vita, non aveva mai scelto per sé ma avevano sempre scelto gli altri per lui. E tutto quello doveva finire, doveva finire quella sera stessa, finiva con la parola “soulmates” e il viso di Stiles che sorridendo gli diceva Don’t be such a sourwolf.

 

Una volta ripresosi Derek sapeva esattamente quello che voleva, voleva aprire gli occhi a Stiles su tutta la faccenda. Ma non poteva vederlo in quel momento, no, in quel momento stava provando troppe emozioni e la parte più istintiva del suo essere lo avrebbe portato a combinare uno dei suoi casini. Doveva solo tornare al suo loft e ragionare. Scendendo dalla Camaro, si infilò una mano in tasca alla ricerca delle chiavi di casa: tirandole fuori, se le rigirò nelle mani e le fece tintinnare mentre un sorriso gli spuntava sulle labbra. Sapeva esattamente quale sarebbe stato il suo piano.

 

Aveva sentito parlare ai gemelli della festa il giorno dopo, mentre si aggirava nei pressi della scuola solo per vedere di nascosto il volto radioso di Stiles che si scambiava una battuta con Scott. Aveva fatto finta di non vederli e non sentirli, ma si era premurato di far loro sapere in modo indiretto che la sera successiva sarebbe stato via tutta la notte. Non aveva dubbi sul fatto che in un attimo la notizia della festa fluorescente clandestina nel loft poco fuori dal centro città avesse già fatto il giro di Beacon Hills.

 

La parte più complicata del piano era stata, paradossalmente, far trovare quella chiave a Stiles. Non tanto per entrare nella sua camera un giorno in cui lui era fuori forzando la finestra (stava davvero aspettando che un ladro si accorgesse che tirandola verso l’alto con un po’ più di forza si apriva senza problemi??). La difficoltà vera era stata entrare nella stanza dopo la sua rivelazione: ora che era consapevole dei suoi sentimenti, i suoi sensi gli permettevano di cogliere molte più sfumature nelle sensazioni e nelle emozioni di Stiles. L’odore che lo travolse una volta entrato dalla finestra, lo stordì per dei lunghi secondi: si ritrovò ad inspirare profondamente solo per sentirsi ancora più inebriato, era già dipendente da quel profumo. Insieme al normale odore di Stiles, però, percepì nettamente paura, ansia, frustrazione e gli si appesantì il cuore. Con cautela appoggiò la chiave del loft sulla scrivania, proprio accanto al pupazzetto di Star Wars che aveva visto quel pomeriggio in cui si era cambiato la maglia di fronte a Stiles. Arrossì al solo risveglio di quel ricordo nella sua mente. Si permise di prenderlo e tenerlo un attimo tra le mani, portarlo vicino agli occhi, sfiorarlo con le labbra. Si sentì uno sciocco adolescente ma nulla poteva renderlo più felice. Improvvisamente si bloccò, pietrificato da un rumore: il motore della jeep si era appena spento nel vialetto. Rapido e silenzioso, Derek aveva raggiunto la finestra e abbracciato con lo sguardo la camera. Prima di uscire aveva passato due dita sul bordo del cuscino e mentre correva nei boschi per tornare al loft non si era mai tolto quelle due dita dalle labbra, come se potesse in quel modo far avere a Stiles i suoi baci in qualunque luogo si trovasse.

 

«…soulmates» Stiles era rimasto a bocca aperta per tutto il racconto della scena nello studio del veterinario e quella era la prima parola che era riuscito a dire, dopo numerosi e rumorosi tentativi di deglutizione. L’aveva sussurrata, non sapeva bene se per ricordarla a se stesso o perché nella sua testa suonava davvero bene. Dopo averla ripetuta due o tre volte alzò gli occhi per leggerla in quelli di Derek e fu come se il mondo si fosse rovesciato. Il suo stomaco si era rovesciato, il suo cuore pure, nulla aveva più senso se non quegli occhi verdi. «So che avrai sicuramente bisogno di digerire la cosa, io ho avuto dei giorni per pensarci, sappi che non ti farò pressioni per risposte o…» Derek cominciò a parlare a valanga. «Sono io quello che di solito comincia a pronunciare frasi senza senso, non rubarmi la parte!» lo interruppe di scatto Stiles, sfoggiando un sorriso malizioso «E poi possiamo ballare? Questa è la mia canzone preferita e me lo devi, dato che io ho aspettato per sentirti parlare quando è arrivata la tua» e gli posò la punta dell’indice sulle labbra mentre il dj faceva partire le prima note di “Spank”. Derek amava come Stiles sapesse sorprenderlo, sempre. Si era creato nella mente una marea di reazioni diverse, ma nessuna comprendeva quella che stava vivendo in quel momento. Stiles, dal canto suo, aveva avuto il tempo di elaborare tutte le informazioni man mano che Derek gli raccontava la storia e, in un certo senso, erano 17 anni che elaborava quel pensiero (o quanto meno 5, a partire dallo sviluppo della sua identità sessuale). Si era sempre sentito inadeguato alle ragazze, impacciato e scoordinato in quei movimenti che a tutti gli altri risultavano così naturali. Si sentiva diverso ma non voleva ammetterlo a nessuno e si era ritrovato a fare domande imbarazzanti in giro per raccogliere più informazioni. Una volta aveva chiesto a Scott se poteva essere attraente per i ragazzi gay, poi aveva rivolto lo stesso quesito a Danny e un giorno aveva persino avuto il coraggio di mettere la pulce nell’orecchio a suo padre sul fatto che potesse essere gay. Certo, mai si sarebbe aspettato di essere attratto da Derek, il lupo cattivo che per lui sembrava non aver mai riservato altro che ringhi e sguardi mortali. Ma quello che era successo quella sera, l’incontro con il tipo del body painting, il bacio poco sentito con Caitlin e infine l’incontro con Derek gli avevano reso il percorso verso la verità meno improvviso e sconcertante. Soulmates, suonava davvero bene, con le labbra che dopo essersi conosciute a fondo, con soul, alla fine si toccavano, con mates.

 

Ballare “Spank” fu molto diverso rispetto a ballare “Chronicles of a fallen love”. Prima infatti era solo Derek quello che sapeva ciò che voleva, ora invece ne era consapevole anche Stiles. E se c’era una qualità preminente in Stiles, quella era la curiosità, la voglia di sperimentare. E se c’era una cosa che non poteva sfuggire a Derek era il ghigno che spuntava sul viso angelico del ragazzo prima che mettesse in atto una delle sue fantasie. Stiles infatti smise di torturarsi le mani dietro la nuca di Derek, rilassò un po’ le braccia e cominciò a disegnare delle piccole spirali alla base del suo collo, invaghito all’idea di poter ricreare alla cieca una piccola triscele poco sopra quella tatuata. Derek parve apprezzare perché inarcò piano il collo all’indietro, come un cucciolo che incita il padrone a continuare con le coccole. Assuefatto da quella sensazione allargò un gran sorriso e puntò i suoi occhi verso il soffitto, come per ringraziare il cielo di poter godere di quel momento dopo tante sofferenze e privazioni. Finalmente quel momento era suo e non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via. Muovendo a ritmo di musica il bacino, decise di mettere in movimento anche le sue mani, curiose sul corpo caldo di Stiles. Le dite cercarono il bordo della maglietta e mentre il pollice e l’indice lo alzavano scoprendo la pelle del ragazzo, le altre dita tracciavano disegni confusi sulle sue anche. Si sfiorarono a lungo, alla scoperta l’uno del corpo dell’altro, mentre lunghi brividi di piacere percorrevano rapidi le muscolature delle loro schiene. Stiles aveva smesso di emanare ansia e aveva incominciato a provare un piacere mai sperimentato prima e che lo spingeva a volere sempre di più. Ma sentiva che doveva una risposta a Derek, aveva solo voluto rendergli pan per focaccia tenendolo qualche minuto sulla corda, giusto il tempo di una canzone, come aveva fatto lui. Quello che gli uscì mentre sfumavano le ultime note fu «Era tanto tempo che, pur non sapendolo, attendevo il mio soulmate». «Da quante vite ci rincorriamo?» chiese Derek, sfoggiando il suo sorriso più dolce e stringendolo di più a sé in un caldo abbraccio «E ora non ti lascerò più andare via». Tolse una mano dal fianco di Stiles e gli prese il mento, sfiorando leggermente avanti e indietro le labbra.

 

«E questo fosforo chi te l’ha lasciato?» chiese improvvisamente geloso fermando il pollice al centro del labbro inferiore di Stiles, dove campeggiava una grossa macchia sbavata di fosforo arancione. Stiles arrossì fino alla punta delle orecchie «…io…cioè…prima che arrivassi…c’era…c’era una ragazza…in realtà non mi è nemmeno piaciuto…» balbettò incapace di concludere la frase. «Toccherà a me rimediare» sbuffò Derek, trattenendo a stento una risata. Stiles era sicuro che lo avrebbe lasciato su due piedi in centro alla pista; lui era venuto a dichiararsi e scopriva che Stiles si stava baciando con un’altra, inaccettabile per un lupo. Il ragazzo era terrorizzato, sentiva che rischiava di perdere tutto. Ma quello che fece Derek fu completamente diverso: strinse un po’ di più la presa sul mento in modo da avvicinare il suo viso a quello di Stiles e posò le sue labbra su quelle del ragazzo. All’inizio fu solo un tocco, per saggiare la reazione di Stiles, che chiuse gli occhi in estasi. Derek cominciò quindi ad assaggiare le labbra di Stiles, con dolci e sensuali movimenti, mentre il ragazzo ricambiava con la stessa dolcezza. Si muovevano all’unisono e più lo facevano più il bacio si faceva intenso e carico di desiderio. Derek non si era dimenticato della sua promessa e cominciò a mordicchiare il labbro inferiore di Stiles, quello macchiato dal fosforo: poteva sentire Stiles sorridere mentre pizzicava e strofinava con la punta della lingua il punto incriminato, come se avesse voluto togliere il marchio di qualcun altro e apporre il suo. Perché poteva ancora suonargli strano, ma Stiles era suo ormai. Stiles intanto si rese conto di aver trattenuto involontariamente il respiro per tutta la durata del bacio: Derek lo prendeva così tanto, come nessun altro aveva mai fatto, e gli avrebbe dato qualsiasi cosa, anche il suo ultimo respiro. Una volta ripreso fiato Stiles volle sentire Derek più vicino, nessuno gli aveva mai fatto provare sensazioni simili. Smise di disegnare le trisceli sulla sua schiena e spinse la nuca del lupo in avanti affinché premesse più forte le labbra sulle sue. Le dita del ragazzo scorsero la zona occipitale del cranio di Derek, tentando di tirare le ciocche di capelli, che però gli sfuggivano dalle dita perché in quel punto erano troppo corti. Risalì quindi fino alla sommità della testa e si ritrovò a intrufolare le dita in mezzo ai morbidi capelli neri, scompigliandoli e risistemandoli senza sosta. Derek nel frattempo cercò di eliminare qualsiasi spazio tra loro, artigliando Stiles dai passanti dei pantaloni e attirandolo a sé. Aveva volontariamente preso i passanti più vicini al bottone di chiusura, perché nulla lo eccitava di più che riuscire a far eccitare Stiles. E quella mossa era stata vincente, non erano serviti i sensi da lupo per percepire la vittoria. Le mani rapide di Derek scivolarono allora su e giù sotto la maglia di Stiles, fermandosi a contare ogni vertebra e immaginando di unire con brevi tratti disegnati dalle sue dita la costellazione di nei del ragazzo. Erano travolti da sentimenti che avevano trattenuto per troppo tempo e l’uno di inebriava del profumo e dei piccoli gesti dell’altro. Le loro bocche non si erano mai staccate, i piccoli morsi si succedevano senza sosta e di tanto in tanto dischiudevano un po’ di più le labbra per accogliere l’uno la lingua dell’altro, in una danza senza fine. Erano baci umidi e saporiti, sapevano di amore e desiderio, di complicità e attrazione. Ed era chiaro che era quello di cui entrambi avevano bisogno: fidarsi completamente di una persona, darle tutto e al tempo stesso non perdere nulla, abbandonarsi sapendo che non si cadrà mai finché il proprio soulmate è al proprio fianco.

 

Si erano completamente dimenticati di essere ad una festa, di essere in mezzo a decine e decine di persone (tra cui parecchi loro amici), di essere assordati da musica a tutto volume. Si erano dimenticati tutto, perché l’unica cosa importante erano loro due, loro due insieme. Ben presto, tuttavia, la realtà era giunta a richiamarli: la notte stava volgendo al termine e le persone nel loft di Derek andavano scemando in numero. Anche la musica sembrava attutita, ma Derek e Stiles non volevano lasciarsi andare ora che si erano finalmente trovati. Si cullavano ancora l’uno tra le braccia dell’altro, Stiles teneva la fronte appoggiata al petto di Derek, mentre lui teneva la testa sulla spalla di Stiles, schioccandogli ogni tanto un tenero bacio sul collo. «Ehm, ragazzi…non è rimasto nessuno tranne noi e vi giuriamo che l’ultima cosa che vogliamo è disturbarvi. Finalmente vi siete trovati e questo rende tutti molto felici, davvero ve lo meritate. Volevamo salutari, sapere se c’è bisogno di una mano a pulire e risistemare il loft…Stiles ha portato fin qui me e Kira…» Scott non sapeva bene come porre la cosa, già vederli insieme lo sconcertava un po’.

 

In realtà prima di approcciarsi alla coppia, il gruppo si era consultato un po’. Lydia aveva detto che l’aveva capito dal primo giorno e proprio non capiva perché avessero dovuto metterci tre anni per pomiciare (erano state le sue esatte parole). Ethan e Danny avevano detto di “shipparli” insieme (nessuno aveva avuto il coraggio di chiedere spiegazioni sul termine) da quando il Danny aveva raccontato a Ethan la storia di Miguel. Aiden aveva detto che lui di sentimenti non ne capiva molto e si era beccato un bel calcio sugli stinchi da Lydia: aveva quindi deciso, massaggiandosi la tibia, che il silenzio sarebbe stata la soluzione migliore. Kira aveva detto che li conosceva da troppo poco per giudicare, non aveva vissuto la loro storia ma le sembravano davvero fatti l’uno per l’altro. Allison aveva concordato con Lydia, anche lei se n’era accorta da tempo ed era felice che finalmente se ne fossero accorti anche loro. Isaac aveva semplicemente aggiunto che lui non ne capiva di sentimenti ma la cosa era dovuta ai maltrattamenti di suo padre, quindi non faceva testo. Scott con la bocca spalancata era caduto dal mondo delle nuvole: il suo migliore amico, suo fratello, e il cattivo lupo mannaro? Doveva digerire la cosa, non aveva nulla in contrario ma davvero era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato. Ma dopotutto era Scott, non ci avrebbe messo molto a passare una mano tra i capelli di Stiles per complimentarsi della scelta fatta.

 

«Fai finta di non sentirli, fai finta che non esistano, noi siamo ancora assordati dalla discoteca e le loro voci non ci sono giunte alle orecchie. Abbiamo gli occhi chiusi e le orecchie tappate, non guardarli e continua a dondolarti. Sì, magari strusciati anche un po’ su di me, come se pensassimo di non essere visti» sussurrò Stiles impercettibilmente, tanto sapeva che Derek col suo udito da lupo lo avrebbe sentito. «Non sono l’unico lupo qui, sai che ti hanno sentito, Stiles» ribatté Derek, rischiando anche di scoppiare a ridere. Nonostante questo scambio di battute, Derek davvero cominciò a strusciarsi, perché dopotutto l’idea non gli dispiaceva. «Ooook, messaggio ricevuto ragazzi, noi ce la filiamo, ci si vede in giro! Vedete di scopare…cioè di pulire un po’…sì insomma fate come volete, noi ce ne andiamo!!» Scott preferì tagliare corto, si stava infilando in discorsi in cui non doveva e non voleva infilarsi. Lydia tirò a sé Aiden, Danny ed Ethan stavano già sulla porta, Allison ed Isaac erano mano nella mano accanto a loro e Kira prese per un braccio Scott, spingendolo verso l’uscita. «Dai Aiden, carica in macchina questi due piccioncini appiedati!» fu l’ultima frase pronunciata da Lydia che giunse alle orecchie dei due ragazzi, ancora abbracciati al centro della loft, prima di sentire la porta scorrevole che si chiudeva, lasciandoli finalmente soli.

 

«Ce l’hai in tasca, non è vero?» dopo un altro tenero bacio, Derek si era scostato solo di qualche millimetro dalle labbra di Stiles e le fissava incantato, come Ulisse richiamato dalle sirene. Alzò soddisfatto un angolo della bocca, non era rimasta quasi nessuna traccia della macchia di fosforo sulle labbra di Stiles, probabilmente ora l’aveva stampato sulle sue o l’aveva mangiato. «…cosa…no, io, non giro sempre fornito…cioè…» per l’ennesima volta Stiles sentì la punta delle orecchie ribollire, Derek riusciva sempre a fargli domande ambigue e trabocchetto. «Intendo la chiave, Stiles» lo bloccò Derek, trattenendo una risata nasale e abbassando gli occhi divertito: aveva messo in imbarazzo Stiles un’altra volta e non poteva fare a meno di essere fiero di se stesso. «Che cosa sai di quella…» Stiles alzò gli occhi di scatto e li puntò in quelli verdi di fronte a lui: aveva capito tutto, aveva ricollegato in un attimo i pezzi. Teneva nei pantaloni la chiave del loft di Derek, non era cosa da poco. Questo gesto voleva dire molto più di un misero “il mio letto può essere il tuo” o “possiamo passare la notte a fare quello che vuoi a letto”, non era nulla di volgare o perverso. No, quella era più della chiave del loft, quello era il gesto di completa fiducia che costava moltissimo a Derek, dopo tutto quello che aveva passato, Stiles lo sapeva bene: quella era la chiave del cuore di Derek. E in quel cuore Stiles si era intrufolato all’improvviso, un giorno nei boschi, con lo sguardo perso e confuso da sedicenne, e si era creato un posto sempre più grande, più importante e più profondo, radicandovisi per sempre. «Io non voglio metterti nessuna fretta o nessuna strana idea in testa. Questa chiave sarà un gesto completamente simbolico, finché non lo vorrai davvero. E quel giorno saremo insieme, perché da oggi in poi saremo insieme per sempre» Derek scandì piano le ultime due parole e le assaporò per la prima volta: nulla nella sua vita aveva mai avuto il sapore del per sempre. Era proprio un buon sapore, quasi quanto quello delle labbra carnose di Stiles.

 

   
 
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