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Autore: Letizia25    22/06/2015    1 recensioni
«Com’è la vita?»
«La vita è bellissima già per il semplice fatto di esistere, per il fatto di poter dire: “Sono parte di qualcosa di meraviglioso”. Perché la vita è bellissima, nonostante tutti i problemi che possano presentarsi durante il cammino. La vita è un continuo cadere e rialzarsi, a volte da soli, a volte grazie agli altri. La vita è colore, è quell’unico arcobaleno che, qualche volta, comprende anche il nero. La vita è scoprire, emozionarsi, piangere, ridere, soffrire. La vita è originalità, è unica. La vita è pazzia pura.»
*
«Ti prego Ashton, insegnami a vivere!»
«Ma non so come si fa.»
«Allora lo capiremo insieme.»
*
Il destino si divertirà a far incontrare due mondi apparentemente diversi, ma accomunati da tante, troppe cose. Due ragazzi si si ritroveranno a lottare insieme contro qualcosa che all’apparenza sembra impossibile da affrontare. Ma poi l'amore si mette in mette in mezzo.
E sarà proprio l’amore ad aiutarli a superare qualsiasi cosa, insieme.
*
Una storia che parla di quanto sia importante vivere al massimo ogni singolo giorno che ci è dato da vivere, perché la vita è una sola e non va sprecata, mai.
*
Trailer: http://youtu.be/1rNyxp_yUAI
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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7.
Prove
 
 

«Tu scherzi!» esclamò Calum, incredulo.
Tara negò vivacemente con la testa. «Ti dico che è così, ne sono sicura.»
«Ma non è possibile!» constatò Nathalie, sfiorandosi nervosamente la treccia rossa e sedendosi meglio sul divano, vicino a Luke, che da dopo la festa di sabato sera non aveva fatto altro che starle molto più vicino del solito, rendendola davvero felice. Perché non è da tutti arrabbiarsi un po’ troppo se un ragazzo gira intorno ad un’amica e gli si tira un pungo in pieno viso.
«Beh, secondo me invece era l’ora.» commentò Elen, passandosi la mano tra i ricci per l’ennesima volta, prima di sistemarsi meglio tra le braccia di Calum, che finalmente poteva considerare il suo ragazzo, a tutti gli effetti, dopo mesi e mesi di incertezza, da parte di entrambi, grazie agli eventi della festa del fine settimana da poco concluso. Perché un bacio sul tetto a notte fonda sul tetto, nessuno se lo potrebbe mai dimenticare.
«Concordo con El.» si intromise Luke, stringendo la rossa a sé con il braccio, facendola arrossire.
«Io pure.» lo seguì Michael, senza smettere di giocare con la mano della sua ragazza, che quel pomeriggio era più allegra e di buon umore del solito.
Il moro sospirò, abbattuto e confuso. «Cioè, secondo te tra mia cugina e questo tuo amico c’è del tenero?»
Tara sorrise felice, perché non aveva mai visto Kay così. «Non solo del tenero, c’è qualcosa di più.»
«Ma come fai ad esserne così sicura?» le chiese Nathalie, beandosi intanto di quella mano grande sulla sua spalla, che continuava ad accarezzarla piano.
«Ma non l’hai vista oggi ha pranzo?!» saltò su Elen, facendo spaventare il moro con quei suoi continui sbalzi di voce e di umore. «Scusami Cal. – gli disse, prima di lasciargli un veloce bacio sulle labbra, facendo partire i loro cuori a velocità supersoniche – Dicevo, non avete visto com’era rilassata? Ha pure risposto a qualche nostra domanda.»
«Ora che ci penso è vero.» commentò Calum assorto, ricordandosi la scena a pranzo di poche ore prima. Kay che si era seduta con loro, che aveva chiacchierato un po’ con tutti, senza usare parole dure, senza rispondere male, senza stare in silenzio, con lo sguardo quasi sereno.
«Io però ancora non capisco cosa c’entri questo… Ashton?» domandò nuovamente la rossa, che proprio non capiva come un ragazzo spuntato dal nulla potesse annullare quasi del tutto la durezza di una delle sue migliori amiche. Non ci erano riusciti loro dopo anni che ci provavano, tentativi dopo tentativi, tutti falliti miseramente. E non le tornava che uno sconosciuto fosse riuscito a cambiare qualcosa in… pochi giorni?
Tara annuì, prima di rispondere all’amica. «Avresti dovuto vederli oggi, all’ora della Cole. Avresti dovuto vedere il modo in cui si guardavano, e come si tenevano le mani!»
«Potrà anche essere come dici.» disse Michael, interrompendo tutto il suo entusiasmo. «Ma magari è stato solo un caso, che Kay sia stata meglio oggi.»
Il ragazzo dai capelli colorati aveva infatti notato che Kaylin era stata meno fredda con loro, quel giorno a mensa, eppure stentava a credere che fosse a causa di un ragazzo conosciuto da pochi giorni.
La bionda lo guardò contrariata. «Dici che non conosco la mia migliore amica?»
«Non è che sei tu a non conoscerla.» intervenne di nuovo Luke. «Nessuno di noi la conosce davvero.»
E il peso di quelle parole si scaraventò come un macigno su di loro, rendendo tangibile ciò che avevano sempre cercato di evitare. Perché alla fine, quella frase, li aveva messi davanti la realtà: nessuno di loro aveva mai cercato di conoscere Kaylin, in tutti quegli anni. L’avevano semplicemente accolta tra loro perché, nonostante tutto, a quel gruppo di ragazzi un po’ pazzi, la mora era sempre rimasta simpatica. E ognuno di loro, alla fine, a modo suo, ci si era affezionato, senza conoscerla sul serio. Solo che, non conoscendola, non sapevano proprio come fare per poterla capire e per aiutarla, benché ci avessero provato in ogni modo possibile, anno dopo anno, fallendo ogni volta.
«Io però, voglio le prove!» disse risoluta Nathalie, che aveva sempre avuto poca fiducia nelle parole altrui e necessitava sempre di di vedere con i suoi occhi.
«Allora le avrai, molto presto.» le rispose Tara, risoluta e seria. Perché aveva la netta sensazione che non avrebbero dovuto aspettare poi molto. In più, doveva ancora parlare con Ashton della sua migliore amica. Insomma, ritrovarselo così all’improvviso nella stessa classe, dopo tutti quegli anni, era stata una vera sorpresa, perché a lezione neppure lei lo aveva mai notato, e sapeva che la cosa era reciproca, dato che il riccio in classe si faceva molto spesso gli affari suoi, senza dar peso a chi ci fosse con lui.
Nathalie sorrise e «Lei dov'è?» chiese. 
Calum la guardò per un secondo, prima di sospirare e di rispondere, con voce flebile. «È andata da lei...»
E a quella risposta, il silenzio calò nuovamente su di loro, stavolta per marcare, per ricordare cose che avevano preferito mettere nel cassetto da quelli che ormai erano diventati anni. 
«Quando è stata l'ultima volta?» domandò Elen, accarezzandogli dolcemente la guancia. «Quasi un anno fa.»
E a quella risposta, tutti in quella stanza rimasero in silenzio, ognuno preso a capire e a cercare di non pensarci troppo. Perché quello li aveva segnati tutti, in un modo o nell'altro. 
 
Intanto, in una casa non lontana da quella di Calum, dove si erano riuniti tutti gli altri, Ashton stava cercando di suonare un po’ la batteria, quello strumento con cui riusciva a sfogarsi senza problemi, l’unico modo che aveva per non sentire paura, per non sentirsi solo.
Ci stava provando da quelle che ormai erano diventate ore, ma ancora non era riuscito ad ottenere qualcosa di buono. Aveva la mente concentrata su altre cose. Provò ancora qualche minuti, tastando bene con i polpastrelli le bacchette di legno chiaro e la pelle dei tamburi. Suonò, qualcosa di non troppo rumoroso – per quanto lo strumento potesse permetterglielo – ma non ci fu niente da fare. Sbagliò parecchie parti e alla fine si diede per vinto. Non era la serata giusta per suonare. Allora mise a posto le bacchette e si alzò, ritrovandosi davanti lo specchio dell’armadio.
I capelli castano chiari perennemente in disordine. Le pesanti occhiaie che circondavano i suoi occhi se ne stavano lì da chissà quanti anni e lui non si curava più di tentare di mandarle via. La sua carnagione era sempre più pallida, giorno dopo giorno. Il suo sguardo si spostò sui suoi stessi occhi, caratterizzati da un colore tra il verde brillante ed il castano chiaro. Occhi bellissimi, a volte misteriosi, a volte vivaci, a volte spenti, ma molto spesso duri, freddi, scostanti, schivi. Proprio come lui.
Distolse lo sguardo, stanco di vedere sempre l’immagine di un ragazzo che non stava bene, ma che cercava di non cadere, reggendosi solo sulle sue gambe, senza chiedere aiuto a nessuno. Perché non voleva saperne della pietà degli altri, delle loro occhiate di comprensione, quando in realtà nessuno avrebbe mai potuto capirlo. Perché quel casino che aveva dentro a malapena riusciva a capirlo lui.
Eppure, solo una persona era riuscita a farlo, inconsapevolmente. Una ragazza dai lunghi capelli mori e dai grandi occhi scuri. Una ragazza che aveva incontrato per caso ma che gli era entrata dentro in un modo indescrivibile, come se il cuore di Ashton fosse sempre stato il posto perfetto per Kaylin.
Il riccio sospirò. Quella ragazza era un pensiero fisso e non sapeva ancora se fosse un bene o un male. Dopotutto, non si conoscevano da molto tempo. Quanto saranno stati? Cinque giorni? Non molto in realtà. Eppure, era successo, e in fondo sapeva che, quando era in compagnia di lei, stava meglio, molto meglio.
Fece per andare in cucina a bere un bicchier d’acqua. Ma mentre saliva le scale che dal seminterrato – dove c’era anche camera sua – sentì delle voci provenienti dal salotto, basse, sussurrate. Le riconobbe subito: erano quelle dei suoi genitori. Allora si appiattì alla parete, sperando di non essere visto. Voleva ascoltare, anche sapeva benissimo che origliare le conversazioni altrui non fosse una bella cosa da fare. Ma erano i suoi genitori, ed uno dei pochi modi che aveva per sapere che cosa pensavano era fare esattamente come stava facendo in quel momento, perché loro non gli avrebbero mai detto niente, in nessun caso.
«Io non so più che cosa fare con lui.» sospirò Anne Marie, con voce stanca e affranta.
«Amore, non possiamo farcene una colpa. Ashton non parla mai con noi.» sentenziò serio John.
E a quelle parole, il cuore del ragazzo perse un battito.
Perché lo sapeva di essere strano, sapeva che non era normale comportarsi come si comportava lui, specie alla sua età. Era sempre stato un tipo silenzioso, schivo, diffidente di tutto e di tutti. Non perché avesse subito traumi di qualsiasi tipo quando era più piccolo. Solo che meno dai di te stesso, meno ti fai male. Era questo ciò che pensava, fin da quando era piccolo. Era questo che continuava a ripetersi ogni giorno, tendendo sempre tutti a distanza, i suoi familiari compresi. Era così con tutti.
Eppure Kaylin costituiva la sua eccezione, l’ unica e sola eccezione in quella sua sfiducia verso gli altri. Perchè lo sentiva, Ashton, che di quella ragazza – che sapeva di voler conoscere fino in fondo – poteva fidarsi, senza paura di poter essere ferito. Perché era l’unica con cui i suoi spigoli troppo acuti riuscissero a trovare un giusto posto, senza andare a scontrarsi contro qualcosa che avrebbe potuto far male.
Lui aveva detto che erano simili, perché la tristezza ed il senso di vuoto che aveva notato negli occhi della mora erano gli stessi che vedeva nei suoi occhi, ogni giorno, come a ricordargli quel che era e che non sarebbe mai andato bene a nessuno. Eppure con lei era diverso, parlava lui per primo e si preoccupava per lei, ogni giorno, anche quando erano lontani. Quella ragazza lo stava cambiando, senza accorgersene, e lui la stava facendo entrare, lentamente, anche se ancora non riusciva a capire bene il meccanismo di tutto quel che loro due stavano vivendo.
Ormai aveva perso il filo del discorso tra i suoi genitori, perso com’era a pensare a Kaylin. Sorrise, perché i fondo quella ragazza riusciva a metterlo un po’ di buon umore, con quegli occhi grandi a cui non riusciva a smettere di pensare, neppure per un secondo. Solo, avrebbe voluto sapere se per Kaylin lui contasse qualche cosa. Aveva bisogno di una prova, anche piccolo per capire come comportarsi con lei, perché l’ultima cosa che voleva era infastidirla. Cioè, le stava sempre in torno – e non era proprio da lui – e le dava sempre attenzioni, senza stancarsi mai di starle vicino. Amici veri non ne aveva mai avuti, ma se il rapporto che si stava instaurando con Kaylin poteva considerarsi l’inizio di un’amicizia, Ashton era davvero curioso di sapere dove quel viaggio strano e unico lo avrebbe portato.
Salì le scale e notò i suoi genitori seduti vicini sul divano, intenti a vedere un film alla TV.
«Ciao.» si ritrovò a dire il riccio, quasi senza rendersene davvero conto, come se qualcosa dentro di lui stesse iniziando a voler dimostrare che non era una causa persa e che forse qualcosa da salvare e migliorare c’era ancora. Bisognava solo avere la pazienza di scavare in profondità, dentro quel buio di un cuore diffidente.
A quel saluto, i signori Irwin si voltarono immediatamente verso il figlio,senza nascondere le loro espressioni, totalmente sorprese, incredule. Perché non si sarebbero mai aspettati una cosa simile dal ragazzo, dopo tutti quegli anni che lui aveva passato in silenzio, in un angolo, senza dar fastidio a nessuno.
La donna fu la prima rimettersi in sesto e «Ciao a te, tesoro.» gi rispose con un sorriso sulle labbra, mentre ancora l’uomo osservava il figlio in silenzio, senza riuscire a nascondere la sua immensa sorpresa.
Ashton rimase lì solo per qualche secondo, giusto il tempo necessario per rendersi conto che lui stava iniziando a cambiare, e che quel cambiamento non gli dispiaceva neppure un po’. O forse era che in realtà stava venendo a galla una parte di sé che c’era sempre stata ma che non si era mai fatta viva in tutti quegli anni. Sì, forse quella era l’opzione migliore.
Nessuno dei presenti disse altro. Come inizio andava benone così.
Il riccio sorrise, debolmente, prima di andare in cucina. Perché con Kaylin gli veniva tutto così semplice, mentre in famiglia doveva faticare a fare anche solo un gesto semplice come quello?
Non ci volle pensare, per lo meno non in quel momento, mentre prendeva la bottiglia d’acqua e la portava alla bocca per bere. Solo che ad un tratto, un dolore sordo, proprio dentro al cuore, inaspettato, forte, straziante, gli mozzò il respiro in gola e lo fece quasi piegare in due. Cosa diamine gli stava succedendo? Non fece neppure in tempo a chiedere aiuto per quel qualcosa che gli aveva straziato il cuore, che tutto tornò come prima, in una misera frazione di secondo. Si rimise in piedi a fatica, perché la testa gli girava un po’. Cosa diamine era stato? Non aveva mai provato una cosa simile prima. Un dolore così forte, intenso, insopportabile, agonizzante, da far andare tutto in pezzi. Chi poteva sopportare una cosa simile?
Ma non fece in tempo neppure a darsi le rispose, che un messaggio gli arrivò sul telefono.
E appena vide chi era il mittente, prese la giacca e le chiavi salutando i suoi con un frettoloso «Esco, ci vediamo dopo.» per poi correre fuori il prima possibile. Doveva sbrigarsi.






Letizia
Ciao a tutti bellissimi! Come state?
Allora, che capitolo abbiamo!!!!! Gli amici di Kay che si preoccupano per lei!!! Sono o non sono la cosa migliore del mondo? *^* Teneri che sono!
E poi, cosa più importante di tutte, iniziamo un po' a capire meglio la storia di Ash che, molto semplicemente, non ha alcun tipo di rapporto con i suoi genitori. E già qui iniziamo ad intravedere una delle tematiche delicate che tratterò, perchè per me ilo rapporto genitori - figli è molto delicato.
Spero che vi sia piaciuto e spero che mi facciate sapere che cosa ne pensate *^*.
A presto e grazie per ogni cosa! Un bacione, Letizia <3
   
 
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