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Autore: voiangel    23/06/2015    1 recensioni
Finch Crossly è una diciassettenne come tante che, insieme al padre Andrew e ai due fratellini più piccoli, Sam e Sarah di dodici e nove anni, vive nel Distretto 5, dove lavora nel negozio di piante della famiglia Crossly. La madre Ariana, morta cinque anni prima in seguito allo scoppio di una centrale nucleare alla periferia del Distretto, lascia nel cuore di Finch un vuoto che si rivelerà incolmabile. A causa del suo carattere riservato e altruista preferisce però non parlare di questo nemmeno a suo padre. Conosciuta nel suo quartiere per la sua intelligenza e bontà, scoprirà che queste caratteristiche non sono passate inosservate solo agli abitanti del suo Distretto. Infatti, prima che Katniss Everdeen la rendesse a noi nota come Faccia di Volpe, Finch aveva una vita che, pochi giorni dopo la mietitura, aveva iniziato a prendere una piega strana. Convocata dalle cariche massime di Capitol City per affidarle uno tra i compiti cruciali che siano mai stati assegnati dai Giorni Bui, Finch Crossly sente scaricato su di sé il futuro di Panem e dei suoi cittadini, e ciò invece di spaventarla le dà la forza per diventare la vera eroina celata dietro falsi amori.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte le persone di cui meno si sa sono quelle che hanno davvero fatto la storia, quelli che però sono stati zitti, l'hanno fatta per amor della patria e non per una statua d'ottone nel foro romano o nella piazza pubblica. Persone buone e intelligenti, quelle che fatichiamo a credere che esistano per il loro camminare come fantasmi, fantasmi caritatevoli. Anime pie che altro non fanno se non amare. E troppo spesso queste persone vengono dimenticate, sottovalutate, addirittura.
Finch Crossly è una diciassettenne come tante che, insieme al padre Andrew e ai due fratellini più piccoli, Sam e Sarah di dodici e nove anni, vive nel Distretto 5, dove lavora nel negozio di piante della famiglia Crossly. La madre Ariana, morta cinque anni prima in seguito allo scoppio di una centrale nucleare alla periferia del Distretto, lascia nel cuore di Finch un vuoto che si rivelerà incolmabile. A causa del suo carattere riservato e altruista preferisce però non parlare di questo nemmeno a suo padre, che le è sempre stato vicino. Conosciuta nel suo quartiere per la sua intelligenza e bontà, scoprirà che queste caratteristiche non sono passate inosservate solo agli abitanti del suo Distretto. Infatti, prima che Katniss Everdeen la rendesse a noi nota come Faccia di Volpe, Finch aveva una vita che, pochi giorni dopo la mietitura, aveva iniziato a prendere una piega strana. Convocata dalle cariche massime di Capitol City che si tengono in contatto con la ragazza per affidarle uno tra i compiti cruciali che siano mai stati assegnati dai Giorni Bui, Finch Crossly sente scaricato su di sé il futuro di Panem e dei suoi cittadini, e ciò invece di spaventarla le dà la forza per diventare la vera eroina celata dietro falsi amori.
 

Questa mattina appena mi sono svegliata, sono andata in bottega per aprirla. Oggi è il giorno della mietitura, ma ciò non toglie il fatto che si debba lavorare. Ci sarà chi oggi pomeriggio verrà da me per comprare qualche spezia con cui aromatizzare il tacchino, festeggiando proprio figlio che non è stato estratto, e poi ci saranno le due famiglie che invece resteranno a casa con lo stomaco sottosopra per la paura e la tristezza, a pregare intorno al tavolo affinché lo sventurato estratto non muoia né al bagno di sangue, né nel seguito dei Giochi. Spero che nemmeno quest'anno tocchi alla mia famiglia. Soprattutto spero che non tocchi a me restare a casa con l'ansia in corpo perché questo è il primo anno che mio fratello, Sam, può partecipare ai Giochi. Ha compiuto dodici anni il mese scorso, e inevitabilmente il suo nome ha raggiunto i sette foglietti bianchi con sopra impresso il mio. Ha così tanta paura, niente pare placarlo. Continuo a sussurrargli che andrà tutto bene, che il suo nome compare una sola volta, che Darla Seallef, accompagnatrice del nostro Distretto, non potrà estrarre il suo nome prima di quello di qualsiasi altro. Questa notte, però, mi sono dovuta comunque svegliare sette volte per fargli fare gli esercizi respiratori che ci aveva insegnato mamma. Chissà se lui se la ricorda bene la mamma. Lei è sempre stata molto presente per noi, si è sempre divisa tra lavoro e noi, ha sempre cercato di farci aver quello che era possibile darci. Ci ha fatto capire in qualsiasi modo quanto bene ci volesse, e per averlo capito una dodicenne in piena crisi adolescenziale, deve avercene voluto davvero tanto. Sarah aveva solo quattro anni quando ci ha lasciati, a volte ci chiede di parlare di lei, così lascio la parola a Sam, che se l'è potuta godere per sette anni della sua vita. Non ha un granché da dire, ma sentirlo parlare di quanto gli piacesse quando lei lo sollevava in aria per farlo giocare è bello. Papà ed io invece parliamo poco di lei, credo entrambi per lo stesso motivo. Non vogliamo riaprire ferite marginate anche se forse rimarginate non sono. Fa ancora male pensare al suo sorriso stanco quando tornava a casa la sera tardi e ci ringraziava per averla aspettata in piedi, o di quando veniva a casa po' più tardi con una bambola di pezza ed ero così contenta che per ringraziarla m'infilavo nel letto tra lei e papà e passavo delle ore sveglia fino a tardi ad arricciarle i capelli rossi e ricci tra le dita. Poi però un giorno è finito tutto con un gran "boom". Un terzo del Distretto 5 in quella centrale ci stava lavorando quando esplose, e tra questo terzo c'era mia mamma. Mia mamma col suo sorriso grande e dolce, con i suoi occhi color smeraldo e i capelli rossi e ricci come i miei, che ogni mattina mi racchiudeva in due chignon ai lati della testa. Mamma è morta, e con lei sono marcite le sue mani da artista che però non hanno mai né suonato, né dipinto. La più grande opera che quelle mani abbiano mai fatto sono state le carezze che hanno regalato alla sua famiglia. Insieme alla mamma sono morte tantissime altre madri e padri di famiglia, la mia migliore amica ha perso entrambi i genitori, e il fratello minore è rimasto inquinato dalle scorie nucleari che Capitol City non ha tolto in tempo. Per fortuna ha risolto almeno in parte il nostro problema, ma per il resto, siamo stati soli. Mi chiedo cosa stessero facendo nel frattempo gli altri Distretti quel ventiquattro gennaio, mi chiedo tutti i giorni se abbiano sentito almeno il boato frastornante provocato dall'esplosione della centrale e dalle migliaia di vita spazzate via in un solo istante. Mi chiedo ogni secondo se avrebbero potuto fare qualcosa se solo avessero saputo, o voluto. Da quel giorno papà ha smesso di lavorare in bottega, quella ereditata dalla mia nonna paterna - rimasta uccisa anche lei nell'esplosione -, per cercare un altro impiego in un'altra fabbrica, e ne ha trovato uno in una centrale idroelettrica. Ora sono io a occuparmi dell'erboristeria. Mi piace qui, soprattutto la mattina in momenti come questi, quando spazzo il pavimento di parquet e i primi raggi solari trapelano dall'ampia porta a vetro che si staglia di fronte al bancone. Appena vedo che il pavimento è lindo mi metto dall'altra parte, dove sta la postazione del cassiere, digito il codice sulla cassa e un ologramma si apre davanti ai miei occhi dandomi l'immagine di una cifra: "$ 00.00". Ieri sera io e papà abbiamo svuotato la cassa e abbiamo scoperto con piacere che il Distretto si sta riprendendo bene, anche se sono passati solo cinque anni dalla grande catastrofe. Guadagniamo circa quaranta dollari il giorno, in media, e contando che la moneta ora ha un valore più basso, potremo evitare di dover comprare altre tessere. Mi è capitato una volta, tre anni fa, di dover comprare due tessere per Sam e Sarah, per questo il mio nome nella boccia compare sette volte anziché cinque come dovrebbe. In molti qua sono meno fortunati, c'è chi vive nelle zone periferiche che noi chiama Giacimento, vicino al bosco recintato da filo spinato. Quel luogo è stato raso al suolo dopo l'esplosione, non c'è che grigiore e distruzione. Andare a cacciare nel bosco è vietato, ma qualcuno posiziona qualche trappola elettrica qua e là per cercare di prendere qualche cane selvatico o coniglio, non è una vera e propria caccia, non vivono di quello le persone, ma se i Pacificatori lo scoprissero quei tre o quattro che posizionano le trappole oltre il filo, scavalcandolo dall'alto grazie ad un massiccio albero che la oltrepassa da parte a parte con un ramo più robusto e lungo degli altri, probabilmente sarebbero già in piazza per un'esecuzione pubblica.
Il rumore metallico delle campanelle posizionate sopra la porta che si apre mi fa sobbalzare, premo velocemente sulla cassa per far scomparire l'ologramma e dall'altra parte trovo il viso pallido di Shauna. I suoi occhi azzurri sono stranamente contornati da occhiaie bluastre, le labbra rosee sono rovinate e mangiucchiate come le unghie, i capelli castani le ricadono sulle spalle disordinatamente; probabilmente nemmeno lei questa notte è riuscita a dormire molto. – Buongiorno, le posso offrire qualcosa? – le chiedo assumendo un'aria professionale. Shauna sorride stancamente e per un attimo mi ricorda mia madre – Un po' di riposo in polvere, se ce l'ha. – sospira e appoggia i gomiti sul bancone tirandosi indietro i capelli, la imito posizionandomi di fronte a lei. Il suo nome è presente diciassette volte. Non se la passa bene, è una delle sfortunate che vive nel Giacimento in una piccola casa che ha più mattoni cadenti che mobili. In una stanza ci dormono lei e il fratello maggiore, hanno un bagno, e una stanza con dei fornelli. Credo mangino in piedi, o sul letto, e chissà se mangiano. Sono talmente magri entrambi che mi chiedo come riescano a reggersi in piedi tutto il giorno. Ansel, suo fratello, ha diciotto anni, questo è l'ultimo anno che può essere estratto per gli Hunger Games, va a lavorare ogni mattina in una centrale eolica, svegliandosi alle quattro, e invece che fare il turno normale resta là anche per il turno di notte, quindi torna a casa verso le due, e dorme sì e no un'ora e mezza a notte. Spesso invitiamo Shauna a casa nostra a mangiare e dormire, se la mamma fosse stata viva, avremmo avuto comunque una bocca in più da sfamare, quindi non dà fastidio a nessuno. Nemmeno quando si ferma per la notte. Mi faceva così tanta tristezza la prima volta che la incontrai. Indossava la sua consueta maglietta di flanella azzurra e un paio di pantaloni di stoffa nera, scarponi rotti ai piedi. Una bambina di sei, forse sette anni, se ne stava tutta da sola nel cortile della scuola a sgranocchiare la sua mela e osservare gli altri bambini giocare, gli occhi azzurri così grandi e curiosi... Non si meritava di rimanere da sola, nemmeno se puzzava di sudore o se aveva della fuliggine sul viso. Quando glielo dissi alla mamma lei fece subito amicizia con Erina, la mamma di Shauna, e si fecero aiutare a risanarsi. Ora preferiscono non mangiare, ma sono costantemente puliti. Lo apprezzo, perché prima starle vicina era una vera e propria impresa. – ‘sta notte ho chiesto ad Ansel di prepararmi un te, insomma, potrebbe essere stata l'ultima volta che ho dormito là. Lui si è rigirato nel letto e mi si è stravaccato addosso russando come un maiale! Lo avrei ucciso... – L'immagine dell'affascinante moro - perché sì, Ansel è davvero affascinante - che russa gettato addosso alla figura esile di Shauna mi fa ridere e mi guadagno così un pugno sulla spalla, ma anche la mia amica sta ridendo. – Tu invece che scusa hai per sembrare un cadavere? – chiede fingendo una sorta di allegria strana. Noto da dietro le sue spalle che il sole ormai è quasi sorto del tutto, quindi mi raddrizzo e inizio a sistemare le varie boccette e infusi sugli scaffali intonati col legno del pavimento e del bancone. Solo le pareti, in questo luogo, non sono marroni ma sono color panna. – Io ho dovuto rassicurare Sam. Ha così tanta paura di essere estratto. Comunque è il suo primo anno, gliel'ho spiegato. – Shauna davanti a me si fa seria e annuisce pensierosa. Mi fa quasi paura quando assume quest'espressione; so che è una persona estremamente intelligente e acuta nonostante l'apparenza bonaria, è pensierosa. anche se mostra una facciata sempre spensierata e allegra, ed è forte, anche se è capace di piangere per una sciocchezza. Shauna è fatta così, e credo che sia per il suo essere strana che è la mia migliore amica. – Invece a noi mancano ancora due anni. Ne dobbiamo superare solo due. – annuisco. Solo due. Altri due anni col timore di dover andare in un'Arena a uccidere persone che non conosci e che non ti hanno fatto niente, a convivere con la paura di essere uccisa e abbandonare per sempre la tua famiglia. Però mancano solo due anni, sono sopravvissuta a quattro, manca poco. – Beh, buona fortuna! – cinguetta all'improvviso la mora facendomi sobbalzare, tornando di nuovo allegra come per magia. La osservo saltellare fuori dalla porta mentre esce e non so come mai, ma ho la strana sensazione che questa sarà l'ultima volta che le riesco a parlare così...
L'ora di andare in piazza è quasi giunta, dopo aver finito di lavorare e aver guadagnato quattro dollari grazie al sindaco e al medico, mi dirigo a casa, dove mi aspettano Sam, Sarah e papà. Sarah mi attende sull'uscio, allegra come sempre, e mi salta in braccio. Potrebbe essere tenera indossando qualsiasi cosa, quindi con questo vestito bianco che le arriva fino alle ginocchia, le scarpe nere e il fiocco tra i capelli biondi - ereditati dalla famiglia di papà -, mi fa venir voglia di strizzarle forte le guance, ma mi trattengo, so quanto lo odi. Sam mi attende sul divanetto in cucina, le mani congiunte, i gomiti sulle ginocchia e gli occhi chiusi mentre prega. Sospiro spazientita. Più che rassicurarlo non posso far niente, dovrà attendere nella sua bolla d'ansia fino a quando Darla non chiamerà un altro maschio invece che lui. Spero non muoia prima per lo stress perché sarebbe un peccato sprecare la camicia grigia e i pantaloni neri che indossa per la prima volta. Gli conferiscono un'aria più ricercata, sembra quasi più grande. Papà, indaffarato in cucina, è vestito come sempre: pantaloni blu e maglietta bianca. Lui dovrà solo sedersi in tribuna con Sarah e aspettare che siano estratti i Tributi. Poi andare a esprimere il suo dispiacere alla famiglia di entrambi gli adolescenti, riportarci a casa ed esultare dalla gioia, perché nessuno dei suoi figli sta viaggiando su un treno sola andata per "Deathcity". Facciamo così tutti gli anni e anche in questo non cambierà niente.
– Su, andiamo bambini altrimenti facciamo tardi – dice spingendo fuori dalla porta Sarah e Sam, che sono stranamente silenziosi. Papà mi accarezza i capelli e mi guarda a lungo; ho indossato il solito abito color pesca che metto tutti gli anni e che ancora mi sta giusto. Mi fascia dalle spalle alle ginocchia, che sono scoperte, fino a delle scarpette nere eleganti. I capelli sono semplicemente legati in due chignon, come li faceva la mamma prima che andassi a scuola. – Beh, direi che tu non sei più una bambina. – sussurra.
Dopo un minuto di cammino siamo già nella piazza del Distretto 5, davanti al Palazzo di Giustizia, e Darla Seallaf rilegge i bigliettini preparati a Capitol City che lei adora tanto. Dovrebbe avere a occhio e croce venticinque anni ed è molto bella, alta e slanciata. Ha i capelli tinti di blu che le ricadono ondulati sulle spalle, la carnagione pallida e gli occhi di un colore talmente intenso da sembrare neri. Le labbra ricoperte di rossetto rosso e le ciglia della tonalità dei capelli. Indossa un vestito azzurrino che mi ricorda tanto il lago in cui non ho mai nuotato, ma che viene raffigurato sul libro che spiega la centrale idroelettrica. Mi piace il lago, per questo ho approvato il nuovo lavoro di papà, quando ero più piccola. La piazza si sta già riempiendo di ragazzi e ragazze dai dodici ai diciotto anni mentre sugli spalti prendono posto tutti gli altri cittadini. Prendo Sam per una spalla trascinandolo via dalla calca. – Ti faranno una puntura all'indice destro per avere un campione del tuo sangue per poterti identificare, non fa male, sentirai solo un pizzico. Dopo ci separeranno, tu sarai davanti, nella fila sinistra, insieme ai maschi, io sarò più in dietro, a destra con le altre femmine. Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Vai, segui quelli che ti sembrano avere la tua età. – lascio la presa un attimo prima che un ragazzo più grande lo prenda per mano dicendogli qualcosa, Sam sembra stranamente calmo e lo segue. Io intanto mi affianco a Shauna, che mi aspetta come di consueto vicino ai pacificatori che fanno i prelievi. Mi metto in fila. Quando arriva il mio turno, porgo il dito e il consueto pizzichio m’intorpidisce la mano, ma mi affretto a raggiungere la mia amica. – Ansel si è già messo con gli altri, tuo fratello come sta? – chiede mentre camminiamo per andare a metterci dietro il gruppo di sedicenni e davanti ai diciottenni. Penultimo gruppo. – Bene, sta bene. Sembrava calmo... –. Poi silenzio, sento solo la mano di Shauna che si stringe intorno alla mia, la piazza gremita di gente che poco prima sciamava ovunque pare immobilizzarsi al suono delle dita di Darla che picchiettano sul microfono. Stringo la sua mano così forte che ho quasi paura di farle male, un po' per l'ansia e un po' per la rabbia per il video che stiamo guardando. Facile per quelli di Capitol parlare degli Hunger Games come dei valorosi giochi per cui battersi, quando i loro bambini non hanno paura di compiere dodici anni. Il video per fortuna finisce presto, e Darla, dopo essersi sfregata le mani come fa sempre, allunga il braccio a destra. – Vediamo quale fortunata ragazza rappresenterà il Distretto 5 ai settantaquattresimi Hunger Games! –. Il sindaco e sua moglie, seduti dietro l'accompagnatrice, sobbalzano. Anche loro hanno una figlia, Mary, di quindici anni. Darla estrae il biglietto che ha appena pescato dall'ampolla di vetro e senza risparmiarsi un sorriso eccitato lo apre. I suoi occhi intensi leggono il nome e restano impassibili anche mentre a gran voce annuncia "Finch Crossly".
La mano di Shauna sembra avere uno spasmo, prima si stringe talmente tanto che mi fa quasi uscire le lacrime, poi si allenta e lascia la presa sul mio palmo. La prima cosa da fare è restare forti fin dal principio, mi ricordo con tanta freddezza da spaventarmi. "Non sperare che qualcuno si offra volontario, cammina a testa alta, non piangere" e così faccio. Passo dopo passo, nonostante le gambe mi tremino, raggiungo il palco e salgo i gradini. La folla applaude e riesco a vedere diverse ragazze che sospirano sollevate. Non riesco a essere arrabbiata per loro, sono solo felice per le loro famiglie. Piuttosto, sono arrabbiata con la capitale. Cerco con gli occhi mio fratello in mezzo alla folla, ha le lacrime agli occhi ma resta dritto e con la testa alta. Riesco a scorgere anche diversi volti che guardano dispiaciuti mio padre, che mi fissa con uno sguardo intenso. Mia sorella, in braccio a lui, piange disperata. Non doveva accadere, non a me, non a loro. – Bene – dice lei come se niente fosse successo, come se non mi avesse appena condannato a morte. Allunga la mano verso l'ampolla con i nomi dei maschi. Il colmo sarebbe l'estrazione di mio fratello, e quasi me lo aspetto, invece la ragazza trilla "Algar Cyah". Non riesco che rimanere sollevata. Anche il ragazzo - occhi azzurri e biondo, come quasi tutti qua. Alto e muscoloso - raggiunge il palco. La folla scoppia in un applauso. Un Pacificatore mi accompagna dentro una sala. Tre minuti per ogni persona, spiega. Annuisco. Aspetto nella saletta, sicura di vedere Shauna, Ansel e la mia famiglia. Non penso di aver nemmeno il tempo di realizzarlo, invece mi accorgo solamente che non ho molto da realizzare: sto andando negli Hunger Games. So come funziona, l'ho visto tante volte sul mega schermo in piazza. So che morirò, ho visto tante volte anche questo. Non riesco a provare una sola emozione, ne provo tante: rabbia, stupore, confusione, frustrazione. Shauna entra subito, in lacrime, seguita da Ansel. Mi abbraccia veramente molto forte mentre mi sussurra che le dispiace, che ce la posso fare, che ce la devo fare. Ansel dietro di lei mi accarezza i capelli esprimendomi il suo dispiacere, gli occhi azzurri di entrambi sono lucidi. Il nostro "abbraccio a tre", altre raccomandazioni, poi entra il Pacificatore e li porta via. La porta si riapre meno di dieci secondi dopo e nella stanza, fornita di un divano, entrano Sarah, Sam e papà. Sarah ora è l'unica a piangere, anche se i due uomini di famiglia hanno gli occhi rossi e gonfi. – Sarah, tranquilla, andrà tutto bene, te lo prometto. – tira su col naso e annuisce – Lo so, sei intelligente, so che ce la puoi fare. – mi si stringe il cuore. Il papà mi abbraccia a lungo, talmente a lungo che ho paura di non riuscire a parlare con Sam, invece dopo un po' si stacca e mi sussurra "Devi allenarti bene, ti rivogliamo a casa sana e salva, ce la puoi fare, noi tutti crediamo in te." E poi arriva il turno di Sam. Lui non mi abbraccia, mi si posiziona davanti e per un po' sta in silenzio. – Se dovessi morire, voglio che tu sappia che sono pronto. – Sarah, papà ed io sobbalziamo. – Voglio che tu sappia che non ti devi addossare il peso della famiglia, ce la posso fare anch’io. Non devi pensare che se muori noi moriremo, devi pensare a vincere, ma se morissi, io e papà siamo pronti. Lo accetteremo. Ti vogliamo bene e sappiamo che tu ne vuoi a noi. Sarah lo accetterà. Solo, ci dovrai solo salutare la mamma. – Annuisco, non riesco a far altro. Faccio per abbracciarlo, ma nello stesso istante entra il Pacificatore e inizia a trascinarlo via. Lo vedo scattare via e corrermi incontro. Vincerò. Vincerò per loro. E lo grido, lo grido forte mentre anche l'ultimo ricciolo di Sam scompare dietro l'uscio lasciandomi da sola nella saletta spoglia. Nei due minuti seguenti Darla Seallef mi raggiunge insieme all'altro ragazzo, Algar, e scortati dai Pacificatori, ci invita elegantemente a salire su un auto blindata davvero grande, la più grande, oltre che unica, che abbia mai visto. Sembra allegra nel vederci, e non capisco il motivo di tanta euforia. Ci sta accompagnando a morire, penso, sta accompagnando due adolescenti ad uccidersi tra loro. Non vede la rabbia nei miei occhi? Eppure per me è quasi palpabile, così come la preoccupazione per la mia famiglia e la paura di non riuscire a sopravvivere. Appena sono seduta sui seggiolini comodi e neri dell'auto, osservo il ragazzo sul sedile del passeggero di fianco a me; è un ragazzo della mia età, lo vedevo spesso a scuola con i suoi amici che giocava come tutti gli altri. In diverse occasioni abbiamo anche avuto modo di parlare, è un ragazzo amichevole e disponibile, anche molto divertente. Questa è la prima volta che lo vedo triste, e resta comunque forte. Immagino che nessuno possa permettersi il lusso di piangere dal momento in cui il proprio nome viene pronunciato. Allora si è già tributi, non ci si può permettere di mostrarsi fragili. Non è cinismo, è strategia, e negli Hunger Games ne serve più di quanto servi l'abilità ad uccidere, forse. Mi piacerebbe si trattasse di cinismo, freddezza o apatia, almeno così non rivedrei Sarah piangere nella mia mente, o Sam che mi dice "Solo, ci dovrai solo salutare la mamma". Che brividi, non l'ho mai visto così serio e... adulto. Insomma, il mio fratellino di soli dodici anni, orfano di madre, non può perdere anche l'unica figura materna nella sua famiglia, non può diventare l'uomo di casa in assenza di papà e soprattutto non può crescere Sarah senza di me. Non può crescere tanto in fretta quanto ho fatto io. 
 

Nota autore.

Non so quante FanFiction ho scritto, pubblicato e poi non terminato più per la mancanza di tempo o ispirazione. Mi sono messa nei panni dei lettori (ovvero anche nei miei) e mi sono accorta che sto facendo una delle cose che più odio, per questo, prima di pubblicare il primo capitolo mi sono assicurata di saper come far svolgere il seguito della storia e, addirittura, mi sono già portata avanti di parecchi capitoli. Per questo, se incappaste mai in questa FanFiction, potete stare tranquilli perché sarà una delle poche che continuerò di certo. 
Spero che la trama non vi annoi e che nei successivi capitoli vi sarà spiegato bene tutto ciò che sta accadendo. 
Ho deciso di scrivere questa storia per dar voce ad uno dei personaggi a parer mio più interessanti della storia alla quale però pochi danno peso, e che addirittura nei libri non ha nemmeno una citazione! Purtroppo di Faccia di Volpe si sa poco e niente, così come del Distretto 5 se non fosse stato per Beetee e Wiress. Non voglio annoiarvi un secondo di più. 
Se avete pareri, consigli o se avete notato un errore vi prego se lasciare una recensione segnalandolo così che possa aggiustare il capitolo.
Se a qualcuno piace entro 'sta sera pubblicherò il prossimo capitolo e, in caso contrario, aspetterò la fine degli esami e quindi il 25 giugno (ahimè non ho ancora studiato niente, quindi per i prossimi giorni non avrò nemmeno il tempo di guardarmi allo specchio - per fortuna: sembro una zitella in attesa che un gatto la salvi dalla solitudine -). 
Beh, che dire? Spero che vi piaccia e al prossimo capitolo! 

- Angelica.

  
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