-Eiko
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ATTO PRIMO- OUVERTURE
CAPITOLO 1°- Nel quale Mu non si dimostra saggio quanto crede.
“Sei tu che l'hai trovata, dovresti pensarci tu, sai”
“Non l'ho "trovata”. Era in difficoltà".
“Come ti pare. Non portarla in casa”.
“Non posso neanche lasciarla qui fuori, spero tu capisca”
“Per capire, capisco, ma la questione rimane la stessa: chi è, come la conosci, e perché ha deciso di perdere i sensi esattamente davanti a casa tua”.
“Beh, in realtà…”
“…dove, Mu”
“Alla stazione. Camminava sotto la pioggia, e mi cercava. Mi ha anche mostrato una fotografia, ma era tanto bagnata e rovinata che non ho visto altro che macchie. Ora dorme, e qui fuori, ti informo, sta ancora piovendo”.
“Io non mi fido. Lasciala lì. Se domattina sarà ancora viva, allora possiamo iniziare a prenderla in considerazione. Fino a quel momento, la considererò morta.”
“…Certo. Dobbiamo pazientare, Milo. Potrebbe non sopravvivere. E’ sbagliato che io segua l'istinto di darle un tetto e un pasto decente, nonché le cure di cui sono in grado”.
“Non usare quel tono con me. E non prendermi in giro. Lascia perdere questo casino, ne hai abbastanza anche senza.”
“Pensala come vuoi. Non posso prestarle aiuto qui, in mezzo alla strada; la porto a casa”.
“Buona fortuna. E se va in merda, è colpa tua, io ti avevo avvertito; questa porta guai”.
“E’ una ragazza, Milo”; come se il suo tono eloquente avesse potuto qualcosa contro quella barriera. Eppure, lo vide sospirare.
“Non è 'come noi’”.
Fu in quel momento che Milo, invece di lanciargli un'occhiata, gli offrì uno sguardo che lo penetrò tanto da farlo sentire violato.
“Sì, lo è. L'hai sentita? Ti pare che mi starei opponendo così tanto, altrimenti?”
“Non dovresti”.
“No. Non è nostra sorella. Di opzione ne rimane solo una: lasciala-fuori.”
Mu cercò di sospirare, ma fu costretto ad interrompersi, poiché un fastidioso nodo gli aggrovigliava la gola da lunghi minuti, ormai.
“Allora chiamiamo gli altri”.
“Sì, rendiamola una questione pubblica e burocratica. Le farà bene”.
Milo taque. Mu sapeva perfettamente che si trattava di un avvertimento: al prossimo, non sarebbe stato zitto, e soprattutto fermo. C'erano buone possibilità che Milo prendesse la ragazza e la portasse di peso abbastanza lontana da non essere ritrovata.
“Fa’ come vuoi. Io la porto in casa. Tu inizia a contattare tutti gli altri, e insieme deciderete la mia punizione”.
“Smettila con le stronzate”.
“Che linguaggio! Che labbra baci con quel luridume sulle tue?”, commentò Mu, trascinando in piedi la ragazza, e poi accompagnandola all'interno, verso l'appartamento. Lei gemette, rantolò perfino, ma si lasciò trasportare con la gentilezza di Mu, e non parlò.
“Almeno fa’ in modo di essere presente all'incontro”, fu ciò che Milo soffiò tra i denti; dopodiché iniziò ufficialmente a chiamarsene fuori. Certo, non prima di essersi assicurato che Mu fosse in casa integro, e che la ragazza fosse innocua.