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Autore: CarolPenny    24/06/2015    7 recensioni
“Non possiamo controllare il mondo, Daryl, ne tantomeno la morte.” disse lei “Perché invece di pensare alle persone che non siamo riusciti a salvare, non pensiamo a tutti quelli che ce l’hanno fatta?”
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PREMESSA: Non scrivo fan fiction da molto tempo. Per di più mi ero ripromessa di non cadere in questo circolo vizioso per rimanere il più possibile con i piedi per terra e pensando solo a ciò che ci viene mostrato nella serie. Stamattina però ho immaginato questo piccolo momento e allora ho deciso di condividerlo con la comunità dei fan di The Walking Dead e di Carol e Daryl. Penso sarà l'unica volta. Nel frattempo, buona lettura. :)
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Rick e Glenn erano andati via da poco più di dieci minuti. Grimes senior era rimasto nella stanza per quasi tutta la giornata, a tenerle compagnia, in attesa che l’uomo steso sul letto si svegliasse.
L’invincibile ed indistruttibile Daryl Dixon. Così lo avevano sempre visto tutti e così lui aveva sempre mostrato di essere. Mai stanco, mai ferito e sempre pronto a dare il cento per cento per gli altri.
Ma Daryl Dixon era pur sempre un uomo ed è impossibile rimanere illesi dopo essere stati quasi investiti da un camion.
Le dinamiche dell’incidente erano state raccontate da un agitatissimo Aaron che aveva riportato Daryl ad Alexandria, privo di sensi, con un ginocchio gonfio e sanguinante.
Lo avevano steso sul letto dell’infermeria e da quel momento in avanti, Carol non aveva mai lasciato la stanza.
La donna decise di alzarsi. Dopo quasi ventiquattro ore seduta accanto a lui sentì il bisogno di sgranchirsi le gambe. Si massaggiò le spalle e il collo, guardando fuori dalla finestra dove il sole era ormai sparito e il vento autunnale si era alzato, inondando di foglie le strade della piccola cittadina.
Era passato molto tempo da quando aveva visto per la prima volta Daryl steso su un letto, ferito. Allora le sue condizioni erano state peggiori, ma in questo caso doveva aver preso una brutta botta, perché ancora non aveva ripreso i sensi. Ripensando a quella volta alla fattoria di Hershel, Carol non riuscì a trattenere un sorriso amaro. Si rigirò verso di lui, per guardarlo, pensando a quanto fosse cambiato, a quanto fosse cambiata lei e che probabilmente quel cambiamento era ancora in corso.
Rick aveva esclamato con sicurezza che Daryl si sarebbe svegliato al più presto, rassicurando il premuroso Aaron e il suo compagno Eric che erano rimasti in infermeria per ore a loro volta. Carol non era stupita dalla cosa. Conoscendo il gran cuore di Daryl non poté fare a meno di constatare che si fosse già guadagnato la fiducia e l’affetto di qualcuno.
Ritornò a sedersi, coprendo l’uomo con un lenzuolo e accarezzandogli una delle spalle.
“Adesso devo preoccuparmi anche per te?” si lasciò scappare senza ovviamente avere alcuna risposta da parte di Daryl.
“In realtà, è quello che faccio sempre” realizzò.
 Ed è quello che fai sempre tu nei miei confronti.
Ripensando agli ultimi due anni della sua vita a volte non riusciva a credere di aver fatto tanta strada rendendosi conto dell’affetto e del rispetto che gli altri avevano pian piano iniziato a provare per lei, in particolare Daryl. La vita a volte ci riserva delle sorprese ed aver conosciuto lui era stata una delle fortune più grandi che le fossero capitate.
Daryl si sarebbe sicuramente svegliato. Non era il momento di dubitarne.
 
*
 
“Guarda chi ho trovato, fratellino!” fece una delle sue solite risate rauche e brevi. Aveva in braccio una bambina bionda con una t-shirt azzurra.  “Cosa farai, ora?” disse ancora, camminando in avanti. Ma ad ogni suo passo invece di avanzare indietreggiava, rendendo sempre più faticosa la possibilità di raggiungerlo.
Daryl aprì gli occhi, svegliandosi di soprassalto. Cercò subito di muoversi ma una fitta al ginocchio destro lo costrinse a grugnire dal dolore.
Carol, che si era addormentata con mezzo busto poggiato ai piedi del letto si destò immediatamente, spostandosi e raggiungendo nuovamente il viso del suo amico.
“Ehi…” disse accarezzandogli la testa e iniziando a spiegargli cosa fosse successo, rassicurandolo. Daryl espresse il desiderio di uscire da lì e di tornare nella casa che condividevano con Rick e gli altri, ma Carol gli spiegò che Aaron aveva raccontato loro tutto, facendogli anche presente che fosse notte fonda. A quel punto l’uomo si stese nuovamente, sbuffando. Questo fece sorridere la donna.
"Quanto tempo sono rimasto privo di sensi?"
"Circa un giorno" rispose subito lei.
"E tu sei rimasta tutto il tempo qui?"
Questa volta non servì affatto rispondere. Daryl lo capì semplicemente guardandola. Rivolse poi lo sguardo verso il soffitto, pensieroso.
“Ho sognato Merle” disse improvvisamente. “Con quel dannato pezzo di ferro al posto della mano mozzata.” Fece una brevissima pausa. “Aveva ritrovato Sophia.”
Carol si fece seria e a quel punto Daryl la guardò di nuovo.
“Anche nei sogni resta più utile di me.”
Lei rimase turbata da quelle parole e lo guardò con rimprovero.
“Non è vero.” rispose prontamente e spontaneamente.
Daryl non parlò e continuarono a guardarsi.
Lei prese un lungo respiro prima di parlare di continuare.
“Merle e Sophia non ci sono più e non è colpa nostra. Non è colpa tua.”
“Beh, avevi ragione, però. Non possiamo più permetterci di salvare le persone…” rispose amaramente lui prendendo uno degli spigoli del lenzuolo e iniziando ad attorcigliarlo nervosamente. Stava sicuramente pensando a quelli che recentemente erano morti: Bob, Beth, Tyreese, Noah, forse anche il marito di Deanna, Reg.
“Non possiamo controllare il mondo, Daryl, ne tantomeno la morte.” disse lei “Perché invece di pensare alle persone che non siamo riusciti a salvare, non pensiamo a tutti quelli che ce l’hanno fatta?”
Lui continuò a giocare con il lenzuolo.
“La comunità di Alexandria è sopravvissuta solo perché rifugiata dietro queste mura. Non ha dovuto combattere o affrontare ciò nel quale ci siamo ritrovati noi. Nonostante questo, tra loro c’erano dei codardi e dei violenti. E nessuno ha mai fatto niente per cercare di risolvere le cose. Noi siamo sopravvissuti e abbiamo imparato dai nostri sbagli. Siamo sempre intervenuti, sempre. Dovremmo esserne orgogliosi”.
A quel punto Carol fermò Daryl per un polso in modo che la guardasse di nuovo.
“Tu mi hai detto che non siamo cenere. È vero. E tu sei come un fuoco perenne. Anche quando hai accesa una sola debole fiammella, sei comunque lì per tutti. Già solo per il fatto di essere vivo.”
Carol sorrise “Questo era più sul tuo stile. Parlare per metafore." chiarì "Ora invece ti dirò cosa penso veramente: Nell’ultimo giorno sono venuti qui praticamente tutti, interessati al tuo stato di salute. Sai questo cosa significa? Che non sei inutile. Non sei inutile fino a quando le persone tengono a te e fidati, noi teniamo a te. Io tengo a te.”
 Daryl distolse subito lo sguardo, ma fece un mezzo sorriso.
“Smettila di darti sempre delle colpe e sii te stesso. Perché è tutto ciò che ci è rimasto. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno.”
A quel punto, lo sguardo di Carol si addolcì e Daryl fece un breve cenno di assenso, guardandola intensamente.
La donna si avvicinò cautamente a lui, poggiando la testa sulla sua spalla. Daryl si irrigidì per qualche secondo, poi le passò un braccio dietro la schiena, facendole un po' di spazio sul letto. Rimasero in silenzio.
Rick aveva chiesto a Carol di avvisarlo non appena Daryl si fosse svegliato, ma ormai era notte fonda. Avrebbe potuto aspettare fino al mattimo successivo. Non c’era alcuna fretta.
Carol chiuse gli occhi, mentre Daryl le lanciò qualche sguardo prima di fare altrettanto, cercando di rilassarsi. Le loro dita si toccarono debolmente, fino poi ad intrecciarsi ed entrambi si addormentarono, cullati dal respiro dell’altro.
 
 
*
 
Quello che Carol aveva detto si rivelò essere vero. Molti reagirono positivamente al risveglio di Daryl e non nascosero la cosa all’uomo stesso. Aaron entrò nella stanza con un largo sorriso, addirittura portando a lui e Carol la colazione.
Il ginocchio di Daryl era ancora parecchio gonfio, ma lui riusciva a camminare, seppur lentamente. Quel giorno, comunque, di certo non sarebbe potuto tornare fuori dalle mura.
“Potresti aiutarmi a cucinare per la comunità” gli suggerì Carol, mentre uscivano dall’infermeria.
Lui rispose con uno dei suoi soliti grugniti.
“Beh, di certo non puoi uscire o aiutare il team di Abraham con i lavori di costruzione” continuò lei, guardandolo camminare e arrabbiarsi per via del ginocchio infortunato. “Se riesci a salire, potresti però fare un turno di guardia nel campanile al posto di Sasha”.
Entrambi guardarono in direzione della torre, cercando di scorgere la donna.
“Sì, potrei farlo” rispose lui.
Lei gli mise una mano sulla spalla.
“È deciso, allora. Ci vediamo più tardi”.
Daryl si girò repentinamente e allo stesso modo la fermò, prendendole un polso.
“Veramente stai continuando a cucinare per le persone?” chiese dubbioso.
Lei gli fece una leggera smorfia.
“In realtà pensavo di sostituire te fino a quando non sarai totalmente guarito. La tua balestra non sarà poi così difficile da usare” e terminò tutto con un occhiolino.
Lui rise.
“Smettila!”
Carol si avvicinò vertiginosamente a lui, gli spostò i capelli lunghi dal viso, dandogli un leggero bacio sulla guancia e avvicinò poi le labbra al suo orecchio.
“Non smetterò mai. Lo sai”. dichiarò sussurrando.
Si staccò e lo salutò di nuovo, sorridendo allegramente.
Lui rimase immobile fino a quando lei non sparì svoltando un angolo.
Avrebbe voluto rispondere ma si arrese poi alla consapevolezza che Carol avesse ragione.
Sì, sapeva che lei non avrebbe mai smesso di essere così con lui. La conosceva ormai. La conosceva bene. E in cuor suo la cosa lo rendeva assolutamente felice.

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