Thank you
for [kiss] gift, tawake
«Dì, dì,
Rukia-chan, perché indossi l’uniforme scolastica
anche di domenica?». La ragazza sollevò gli occhi dal piatto e li rivolse alla
piccola Yuzu, che la guardava piena di curiosità.
Tentennò un attimo, sentendosi improvvisamente addosso gli
occhi dell’intera famiglia Kurosaki;
Isshin aveva smesso di
mangiare e l’osservava, curioso almeno quanto la figlia minore. Karin, dall’altra parte del tavolo, la scrutava di
sottecchi, ingoiando distrattamente una forchettata di cibo.
Ichigo… pareva
apparentemente distratto, ma qualcosa nel modo in cui prese a tamburellare
nervosamente le dita sul tavolo le rivelò che era curioso.
Rukia prese un profondo
sospiro. «Non c’è un motivo preciso,» sussurrò,
sentendosi avvampare. «è solo che ho portato pochi vestiti con me, e, ecco… non ho molto altro da mettere».
«Ma
Rukia-chan!», saltò su Yuzu,
rischiando di rovesciare il proprio piatto ricolmo. «avresti dovuto dirmelo,
sai? Portiamo quasi la stessa taglia, potrei…».
Ecco ciò che avrei voluto evitare, si disse Rukia. Erano tutti esageratamente gentili, con lei. Il
fatto che l’ospitassero non era già troppo, più di quanto meritasse?
Bisognava forse aggiungere altro, e farla sentire ancora più in debito?
In fondo tuo fratello è ricco sfondato, sussurrò una
vocina dentro la sua testa, dovresti smettere di recitare la parte della povera ragazza
senza casa. Li stai prendendo in giro.
Un’altra
vocina, più debole ma più acuta, la sorprese. Ma dopotutto, questo e altro per stare vicina ad Ichigo, non è forse cosi?
Sussultò.
«Rukia-chan?»,
ripetè Yuzu, gentile. «che ne pensi? Insomma, non vorrei metterti in imbarazzo e…
se è così lascia perdere…». La shinigami
fece per rispondere, ma venne interrotta dal tintinnio
di una forchetta sul piatto, seguito dal raschio secco di una sedia sul
pavimento.
Si
voltò. Ichigo si era alzato dal proprio posto, con un movimento rapido,
lasciando sul tavolo il proprio piatto semivuoto.
«Non
ho più fame,» mormorò, seccamente. «Esco». Gli altri
rimasero a guardarlo mentre si dirigeva verso la porta
d’ingresso e –afferrata la giacca e una borsa a tracolla- se la chiudeva
rumorosamente alle spalle.
«Di fretta,» commentò Karin, svogliata,
senza smettere di mangiare.
Yuzu si affrettò
a svuotare il rimanente del pasto di suo fratello nell’immondizia, dopodichè si
rivolse a Rukia, corrucciata. «Che è successo a
onii-chan? Ho detto qualcosa di male?».
Quanto vorrei saperlo anch’io. E’ strano da
giorni e non vuole dirmi nulla. «Tranquilla, Yuzu-chan.
Tu non c’entri niente, di sicuro».
La bambina
le sorrise sollevata e prese a canticchiare un motivetto allegro, mentre
si apprestava a sparecchiare la tavola. Rukia approfittò di quell’attimo
di distrazione per sgattaiolare in camera, sperando che la piccola Kurosaki dimenticasse in fretta la loro discussione di poco
prima. Odiava sentirsi in debito. Odiava il modo in cui tutti si
dimostravano cosi dannatamente gentili con lei, nonostante non
meritasse affatto le loro premure.
Bè, si ritrovò a pensare, tutti tranne uno. Cos’è che aveva
Ichigo, negli ultimi giorni? Pareva, paradossalmente, volerla studiare ed evitare allo stesso tempo. Più volte l’aveva scoperto ad osservarla
di nascosto, mentre credeva che non guardasse, ed altrettante volte l’aveva visto troncare una loro conversazione all’improvviso,
senz’alcun motivo apparente, o lasciare la stanza in cui si trovava non appena
lei facesse il suo ingresso.
L’evitava,
eppure, allo stesso tempo, pareva voler scoprire qualcosa. Cosa? Avrebbe pagato, per saperlo.
Entrò nella piccola stanza
che le sorelline Kurosaki le avevano destinato e si distese sul letto, senza neppure accendere la
luce o aprire la finestra. Cercò a tentoni il cuscino
e vi affondò il viso, frustrata e –doveva ammetterlo-, furiosa con il caro shinigami dai capelli color arancio. Furiosa
a causa di quella sensazione –simile ad un rimescolamento che le scombussolava
tutto dentro-, che la prendeva non appena pensasse a lui e alla sua testa dai
capelli crespi e buffi, così familiare.
Grande, Rukia. Sbuffò. Bel modo di trascorrere
il tuo compleanno. Per fortuna che aveva ben pensato di non farne parola
con la famiglia Kurosaki: le avrebbero organizzato una festa, comprato dei regali, e non avrebbe
potuto sopportarlo.
Ichigo lo sa, però. Spero non abbia detto nulla…
A quel punto, il corso dei
suoi pensieri si fece confuso e avvertì una stanchezza improvvisa farsi strada nella sua testa e trasmettersi ad ogni cellula
del corpo, fino a indurla a chiudere gli occhi. Non si oppose. A tutto il
resto, compreso Ichigo ed i suoi stupidi sbalzi
d’umore, avrebbe pensato poi.
——
Fu sorpresa nel trovare la
testa arancione di Ichigo dinanzi a lei, quando riaprì
gli occhi, probabilmente dopo alcune ore. Inizialmente pensò di star ancora
sognando, almeno finché lui non le parlò, prendendo a scuoterla per una spalla.
«Su, su, sveglia»,
ordinò, piuttosto scortesemente, le sopracciglia aggrottate ed una mano premuta
dietro la schiena. «Avanti! E’ quasi ora di cena. Se dormi
adesso, stanotte-».
«Non riuscirò a prender
sonno e domani farò tardi a scuola, lo so», continuò
Rukia per lui, annoiata, sforzandosi di soffocare uno sbadiglio. «grazie per
avermi svegliata. Dovevi dirmi altro?», chiese sarcastica, ma subito se ne
pentì, quando lo vide trasalire ed abbassare prontamente lo sguardo.
«Ehm, devi… davvero
dirmi qualcosa?». In quel momento, notò la mano del ragazzo stretta dietro la
schiena, e molte cose si collegarono istantaneamente, come le tessere di un
puzzle. «quello…», sussurrò, indicandolo.
Ichigo imprecò sottovoce
qualcosa che non comprese e, riluttante, le allungò il
pacchettino incartato che stringeva nella mano destra. «Per te,» bofonchiò, incoerentemente, il colorito pericolosamente
tendente al cremisi. «Buon compleanno, tawake».
Rukia rimase per un attimo interdetta, chiedendosi se avesse compreso bene la
situazione. Guardò il pacchettino che il ragazzo le porgeva; era un regalo. Per lei. Da parte di Ichigo.
Esisteva forse qualcosa di
più improbabile?
Allungò una mano,
incerta, fino ad afferrarlo.
«Non lo apri?», chiese
allora il sostituto, in palese tensione. Forse temeva che non le piacesse.
Chi?, si disse Rukia, istintivamente. Ichigo?
Se lui pensa qualcosa del genere, io sono il Re della Soul Society.
Comunque, non voleva deluderlo.
Prese il pacchetto e lo scartò, con delicatezza, badando a non rompere il foglio
di carta colorata che lo avvolgeva: quando infilò una mano nell’involucro, le
dita sfiorarono qualcosa di morbido e leggermente ruvido.
Allora capì e,
entusiasta, tirò fuori il suo regalo: con un movimento fluido le mille pieghe
della stoffa morbida vennero fuori, per poi afflosciarsi qualche secondo dopo,
sotto gli occhi raggianti di Rukia. Tese le braccia
in alto, a contemplare l’abito che stringeva fra le mani, celeste e disseminato
di fiorellini bianchi.
«E’ simile a quelli che
indossi di solito,» spiegò Ichigo,
non senza imbarazzo. «spero … insomma, spero ti piaccia»
«E’ stupendo», sussurrò Rukia, prima ancora di accorgersene. Quando
se ne rese conto, avvampò. «ehm, cioè, è…molto bello. Davvero. Gra…grazie. Arigatou».
Finalmente sollevato, Ichigo rise e con una mano si scompigliò la chioma
arancione, già da sé in disordine. «E’ stato un inferno
trovare il regalo giusto, lo sai?», sogghignò. «Mi scervello da una
settimana per capire cosa possa piacerti, e poi, stamattina…
è capitata l’occasione».
«Eeeeh!?», sbottò quello, perplesso.
Rukia sbuffò. «Insomma, caro
mio…per prima cosa, sei stranamente gentile. Seconda cosa, sorridi. Il che da solo, se ci pensi, basterebbe
ad avvalorare la mia tesi. Tre, mi
hai fatto un regalo di compleanno! Insomma, dimmi chi sei e tira fuori il
vero Ichigo!».
«Cioè…
tu pensi davvero che io non sia Ichigo?».
«Precisamente».
«E
chi… sarei, secondo te?».
«Un alieno. O forse Kon. O una mod Soul nel corpo di Ichigo. O
un cacciatore della Soul Society, o…-».
«Okay, okay, ho capito! Dimmi cosa posso fare per convincerti di essere me!».
Rukia ci pensò un attimo, un
dito sul mento e gli occhi socchiusi. Poi, un’idea improvvisa
quasi la fece sobbalzare. Avrebbe avuto abbastanza coraggio per portarla a termine?
Fallo, ordinò la vocetta acuta nella sua testa, fallo o te ne pentirai
per sempre. Fremente e col cuore che batteva a mille, la shinigami tirò un lungo sospiro e decise che si, stavolta, l’avrebbe ascoltata.
«Quindi?»,
chiese nuovamente Ichigo, irritato. «cos’è che devo
fare?».
Rukia si fece
coraggio e sorrise, un sorriso a metà fra il divertito e il malizioso. «Baciami».
Gli occhi del sostituto
quasi schizzarono fuori dalle orbite, il colorito improvvisamente
rosso acceso. «Baciarti…!?».
La shinigami
annuì, un po’ delusa da quella reazione -pareva che l’idea lo ripugnasse-, ma
si sforzò di non farci caso.
Nota mentale per me stessa: non azzardarti mai più ad ascoltare ciò che suggerisce la vocina
nella tua testa.
«Allora? Ci stai o no?»,
domandò poi, con tono distaccato, reprimendo la frustrazione, lo sconforto e l’imbarazzo che cominciavano a
sopraggiungere. Brutta, brutta idea. «Ricorda che il vero Ichigo non lo farebbe, perciò, se vuoi dimost-».
Fu costretta ad interrompersi, quando sentì le labbra morbide del ragazzo sulle
sue. Il vero Ichigo
non lo farebbe mai.
Gli occhi spalancati e il
cuore che batteva a mille, Rukia
si trovò a pensare che quello fosse davvero
un impostore; era impensabile, impensabile,
che Ichigo la baciasse. O no?
Quando l’intenso profumo del
ragazzo le penetrò nelle narici, fu costretta a ricredersi. Era lui. Lui, Kurosaki
Ichigo e nessun’altro.
E baciava lei. Lei, Kuchiki Rukia e nessun’altra.
Rispose al bacio. In un
impeto di gioia gli avvolse le braccia al collo e l’avvicinò di più a se,
stringendo fra le dita i morbidi capelli di lui, che a sua volta cinse il corpo minuscolo con le braccia forti.
Non seppero di preciso
quanto durò, ma quando si staccarono avevano entrambi il fiato corto. Rimasero
in silenzio per qualche attimo, ancora increduli, il battito frenetico dei due
cuori impazziti quasi udibile nel silenzio della stanza semibuia.
Fu Ichigo
il primo a parlare, dopo un minuto d’imbarazzato mutismo. «Allora?,» sussurrò, la voce roca e carica d’emozione. «hai avuto
la prova che cercavi?».
«Mmm, direi di si», rispose Rukia, il tono trasognato e gli occhi ancora accesi e
luminosi. «ottima prova, davvero».
Prima che un altro dei
due potesse aggiungere qualcosa, la vocetta allegra
di Yuzu li chiamò dal piano di sotto. «Onii-chan, Rukia-chan! La cenaa!».
Ichigo sbuffò e si sollevò dal
letto sul quale era sprofondato. «Andiamo?». Rukia
annuì e fece per seguirlo fuori dalla porta, ma si fermò
all'improvviso. «La sai una cosa?», domandò.
Il sostituto si voltò
verso di lei, notando con spavento che il ghigno malizioso di prima era
ritornato. Deglutii. «Spara».
Il sorriso sul volto
della mora si allargò. «Devi sapere che non ho mai dubitato che fossi tu neppure per un secondo. E’ stato tutto…
un trucco, caro mio!».
La mandibola di Ichigo quasi non cascò fino a
terra. «Cioè, mi stai dicendo di aver inventato tutta
quella messa in scena per farti baciare?».
«Esatto!», trillò lei,
entusiasta, con tanto di gesto di vittoria.
«Onii-chan!
Rukia-chan! E’ prooonto!», Yuzu chiamava con insistenza dal piano di sotto, ma Ichigo non l’ascoltava.
Fece schioccare le dita.
«Vieni un po’ qui, nanetta bastarda…».
Ma Rukia
si era già precipitata giù per le scale, il vestito celeste saldamente stretto
al petto. «Ah, dimenticavo… grazie per lo splendido
regalo di compleanno, tawake!».
Angolino dell’autrice:
Dunque, dunque. Innanzitutto, auguri a Kuchiki Rukia-sama *___*. Sembra ieri che scrissi l’altro tributo di compleanno, l’anno scorso XD. Bè, spero che questo sia migliore del vecchio, comunque.
Insomma, è la solita love-comedy ed è banale 150 su 100, ma proprio
non mi è venuto altro. Sto lavorando ad un'altra fanfic,
molto più seria e più lunga, che spero di pubblicare. E
lo farò solo dopo averla scritta tutta, in modo da non lasciare un altro lavoro
in sospeso XD.
Comunque, mi chiedo perché kami io mi ostini a scrivere un tributo di compleanno a Rukia ogni santo anno, mentre non ne ho fatto nessuno per
il povero Fragolino. Tranquillo,
Fragolino, prometto che a Luglio avrai il tuo XD.
E che dire, spero abbiate
gradito nonostante la banalità estrema ò___ò. E
nonostante non l’abbia fatta betare, perciò prevedo
errori di battitura a go-go ù___ù.
Segnalatemeli, se ce ne
sono °w°.
Detto ciò, saluto le mie
amate BlackBerries, ancora in festa per le numerose
novità Ichiruki di questo periodo (come la frase di Fade to black
rivelata oggi, “Se dovessimo fallire,
moriremmo insieme”). Vi adoro, Blacks *O*
Kisu,
Lou (Ichiru).