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Autore: SerilyEmison    26/06/2015    0 recensioni
Autumn e Amanda sono fidanzate. Si amano e si vorrebbero sposare.
Dal ritorno di una settimana a San Diego, fanno un'incidente.
Amanda va in coma, Autumn si chiude. Ma il suo migliore amico, Kyle, l'aiuterà. Nasceranno degli amori. Nasceranno delle delusioni.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico, Universitario
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L'unica cosa che ricordo di quei attimi sono piccoli dettagli.
 
La sua mano destra e la mia sinistra intrecciate, le dita che tremavano, i nostri sorrisi.
Tiro fuori un' anello.
"Vuoi sposarmi?" Le gridavo.
Fa finta di pensarci. "No!"
Un sorriso formava la mia espressione.
Insistevo. "Vuoi sposarmi?" "No" Continuava.
"Vuoi sposar" Feci per pronunciare un'altra sillaba, ma un'espressione di terrore atterrò  sul mio viso.
Mi svegliai, finalmente.
C’erano  tre persone, girate di spalle, che conversavano. Non riuscivo  a capire di cosa.
Un' uomo, i capelli poco curati, una maglietta riutilizzata molte volte, aveva le spalle grandi. Mio padre? Non si sarebbe mai preoccupato, ed ha i capelli grigi.
Poi si gira.
Kyle. Il mio Kyle. Sembrava non si lavasse da giorni. Aveva una faccia sconvolta.
Mi indicò, come se fossi un fantasma.
"E'.. E'.. GIRATEVI!" Gridò.
Poi si girarono e le vedo: Mia madre, con la faccia di una che non ha ancora capito di aver vinto cinquantamila dollari. E la sorella di Amanda. Ma dov'era lei?
"Oh tesoro!" Mia mamma si avvicinava il più in fretta possibile. "Ce l'hai fatta! Lo sapevo io!"
Li guardavo, in attesa di spiegazioni.
"Ti sei svegliata! Ci speravo tanto!"
Allora capii. Tutti quei sogni. L'incidente. Non erano SOLO sogni.
Sorrisi.
"Chiamatemi Amanda per piacere" ero in attesa di sapere la sua risposta, di sentire quel "Sì"
La faccia di Kim, la sorella di Amanda, diventò  ancora più gelida, avranno litigato? mi chiesi.
"Tesoro.."
E li mia mamma mi spiegò tutto. C' era stato un'incidente stradale. Io mi sono svegliata una settimana dopo l'incidente, Amanda era ancora in coma.
Mi accarezzò una guancia, ma al solo tocco io mi spostai. Poi mi sdraiai, facendogli capire che volevo che se ne andassero.
Kim fu prima ad alzarsi ed andarsene, mia mamma mi guardò  incerta e poi si alza, andandosene lentamente.
Kyle rimase lì. A fissarmi, il gomito appoggiato sulle ginocchia, il volto contrariato.
Risposi a modo nostro, feci anche io la faccia contrariata, anche se a quel gioco era più bravo lui di me. Questa cosa continuò  per due minuti circa, -lo sapevo perché
contavo i secondi, ovviamente- senza che noi parlassimo, ci muovessimo. Poi mi stufai, e da seduta con le gambe allungate come stavo, mi coricai.
Immaginai la sua faccia soddisfatta, aveva vinto, poteva restare. Mi girai da un lato, in modo da poterlo osservare. Continuava a guardarmi, ma non con la faccia di
prima, con la faccia di uno che è dispiaciuto e spera che tutto ciò passi. In realtà, anche se facevo la dura, speravo anche io tutto ciò.
Spostavo lo sguardo in due punti: Il suo volto, e le lancette di un’ orologio.
Non so quanto tempo sia passato, ma quando  mia mamma tornò, era oramai buio.
"Piccola, possiamo andare, non sei felice? Vestiti, così andiamo a mangiare"
La guardavo contrariata.
Mia mamma subito  spostò lo sguardo su Kyle, che fece spallucce a sua volta.
Alla fine andò che passammo la notte all'ospedale, a patto che in mattinata saremmo tornate a casa e avrei fatto un giro con Kyle.
Al mattino fui svegliata da delle voci, ma feci  finta di dormire.
"Si, si questa è quella che ha causato l'incidente con cui quella della 104 è andata in coma, è sua la colpa.."
"Davvero? Uh ,e lei l'ha scampata eh!"
A parlare erano due voci: Una molto acuta, e l'altra più grande.
Continuai a far finta di dormire fino a che non se ne andarono.
Poi mi alzai dal letto, e sul divano, di fronte al letto, c'era Kyle che dormiva.
Subito si aprì la porta, che mostrò mia mamma con un vestito in mano.
"Su, su è tardi, vestiti! Tieni, mettiti questo!"
Ripeteva. Alla fine lo misi. Mi stava larghissimo, quando tornai in camera, Kyle alla mia vista iniziò a ridere. Poi mi si avvicinò.
"Sei pelle ed ossa, scricciolo"
Mi aveva chiamata scricciolo. Di nuovo, nonostante ciò che avevo fatto.
Lo abbracciai, stringendolo forte.
"Daaai, che succede? Amanda si risveglierà presto, non c'è alcun pericolo" Mi sorrise.
Mi portò in un parco, dove andavamo dopo gli esami.
Ricordo il giorno in cui lo conobbi:
Stavo andando al mare, da sola. Dovevo ancora iniziare il college, avevo preso l'autobus, ed ovviamente era pieno, perciò mi misi al centro, dall'altra parte dell'
uscita, e dopo un po’  entrò lui, che si mise di fronte a me.
Prima mi osservava, dall'alto al basso, poi posò gli occhi sul volto. Ed era lì che fecimo per la prima volta il nostro gioco.
Durò per circa cinque minuti, poi ovviamente mi stufai, abbassai lo sguardo e quando lo rialzai lui stava ridacchiando in silenzio. Aveva vinto lui.
Appena due posti si liberarono sia io che lui ci precipitammo lì, e lui mi fece salire per prima. Si sedé accanto a me. Appena tirai fuori un libro di Nicholas Sparks
rise leggermente. "Sul serio?"
Lo ignorai.
Dopo neanche due minuti mi chiese come mi chiamavo, quanti anni avevo, che college avrei frequentato e il mio colore preferito.
Si, mi aveva veramente chiesto il mio colore preferito.
Che tipo.
Lui invece aveva diciannove anni, e frequentava lo stesso college che avrei frequentato io. Si chiamava Kyle. Era fidanzato.
Quando gli chiesi se mi faceva passare, si alzò, e andò insieme a me ad aspettare di arrivare alla prossima fermata.
Non so se dovesse scendere anche lui o mi "seguiva", ma scesi dall'autobus mi chiese veramente dove stavo andando.
"Al mare, vado un po’ a leggere..” E gli mostrai il libro sul quale aveva commentato.
“Vai da sola?”
“Beh, almeno saprò di chi fidarmi, se sono sola” Era una risposta poco sensata? Si, lo era.
“Puoi fidarti di me.” Mi rispose. Nessuno aveva mai fatto così, quando avevo dato una risposta da acida.
Andò a finire che venne al mare insieme a me, io mi misi a leggere, e lui mi guardava mentre lo facevo.
“Non hai impegni?” Gli chiesi.
“Il mio impegno più grande è guardarti leggere, in questo momento”
“Sei un tipo dalle risposte pensate eh, a questa da quanto tempo ci pensi?”
“Da circa venti secondi.”
Mi domandò  anche se avevo animali.
“No”
Se avevo il ragazzo.
“No”
E infine se vivevo da sola.
“No”
“Sei un tipo dai no facili tu, eh?”
Non risposi, a mia volta lo fissai, e senza staccare gli occhi da lui, chiusi il libro e lo posai vicino a me.
Non so stavolta quanto durò, ma come sempre, vinse lui.
“Vuoi un hamburger?” Mi domandò.
“No”
Me lo richiese. “Vuoi un hamburger?”
No.
Continuava. “Vuoi un hamburger?”
“Sì.”
E lo ammetto, non lo dissi solo per farlo tacere.
Ma quando me lo richiese, dopo un po’,  gli risposi “Per farti tacere.”
Alla fine ci scambiammo i numeri, e da lì nacque la nostra amicizia.
 
 
 
“Dai, su, prendi questo panino.”
Voleva invogliarmi a mangiare. E da lì riiniziò il nostro gioco. Lo fissai.
   
 
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