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Autore: SheDark    27/06/2015    2 recensioni
Amavo quel mare, avevo imparato a conoscerlo negli anni, cavalcando le sue onde con la mia tavola da surf. Su quella spiaggia avevo incontrato per la prima volta una persona speciale, il ragazzo con cui volevo passare il resto della mia vita.
Il nome di quel ragazzo?
Ashton.
Ci eravamo conosciuti una mattina d’estate. Ricordo ancora quel giorno, nitido, impresso a fuoco nella mente. Lui però nascondeva un segreto, che sarebbe diventato anche il mio segreto.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Il sole del tramonto tingeva il cielo di un arancione acceso che si specchiava sopra al mare, sulla sua superficie increspata da leggere onde i raggi solari creavano giochi di luci rosse e dorate.
Mossi le dita dei piedi scalzi sulla sabbia ancora calda, godendomi quel tepore; rimasi ad ammirare l’acqua mentre il pareo che indossavo svolazzava con leggerezza al vento.
Amavo quel mare, avevo imparato a conoscerlo negli anni, cavalcando le sue onde con la mia tavola da surf. Su quella spiaggia avevo incontrato per la prima volta una persona speciale, il ragazzo con cui volevo passare il resto della mia vita.
Il nome di quel ragazzo?
Ashton.
Ci eravamo conosciuti una mattina d’estate. Ricordo ancora quel giorno, nitido, impresso a fuoco nella mente.

 

Era l’alba, il momento migliore per restare sola con l’oceano. Seduta a cavalcioni sulla mia tavola, con le gambe immerse fino al ginocchio nell’acqua, mi lasciavo cullare dolcemente dalle onde, in attesa che arrivasse quella giusta.
Scrutai l’orizzonte: un cavallone si dirigeva nella mia direzione, aumentando di volume man mano che si avvicinava, alimentato dal vento.
-Eccola-, pensai.
Con il petto che aderiva al legno e le braccia che remavano, andai incontro alla mia onda; quando fui abbastanza vicina mi alzai in piedi per affrontarla e con la schiena leggermente china mi immersi nell’arco disegnato dal cavallone, sfiorando con le dita l’acqua. Mi sentii finalmente libera e chiusi gli occhi assaporando quel senso di pace.
Qualcosa andò storto. Quando fui vicina alla fine dell’arco sentii la tavola sobbalzare e ne persi il controllo, il legno viscido mi scivolò inesorabilmente da sotto i piedi.
Caddi con un tonfo in acqua, sprofondando verso il fondale. L’oceano mi inghiottì. L’ultima cosa che vidi furono i riflessi bianco-dorati che i raggi solari creavano sulla superficie dell’acqua. Poi diventò tutto nero.

Mi ritrovai distesa sulla spiaggia. Sentivo il mio corpo ricoperto da sale marino e sabbia, dove piccole particelle di quest’ultima mi graffiavano la pelle. Il petto era così pesante e i polmoni in fiamme che persino respirare era un’impresa, mi accorsi che mi mancava l’ossigeno.
Puntellai i gomiti nella sabbia nell’intento di sollevarmi un poco, uno spasmo mi percorse il corpo, e con un paio di colpi di tosse riuscii a sputare tutta l’acqua che avevo inghiottito.
Finalmente sentii i polmoni liberarsi e riempirsi di aria pura, con alcune boccate profonde il mio respiro diventò più regolare; solo allora mi accorsi che una mano mi stava massaggiando vigorosamente la schiena e che una voce sconosciuta mi ripeteva di non agitarmi e di respirare.
Mi voltai, a fatica, verso quella voce trovandomi di fronte un ragazzo di circa vent’anni. I capelli biondo scuro erano bagnati e disegnavano dei piccoli ricci che incorniciavano il viso, su cui spuntavano due grandi occhi di colore verde-nocciola.
<< Stai meglio ora? >> chiese con aria preoccupata, accertandosi della mia salute.
<< S-si, grazie. >> sbiascicai, mettendomi a sedere. << Ma che cosa mi è successo? Mi sento come se un’auto mi fosse passata sopra ripetutamente. >> dissi tenendo una mano sulla fronte a causa del dolore che mi martellava le tempie.
<< Stavi affrontando un’onda, ma ne hai perso il controllo. Ho assistito a tutta la scena ed è stata una vera fortuna che mi trovassi nei paraggi: avevi perso conoscenza, se non fossi arrivato io molto probabilmente saresti stata trascinata via dalle correnti. >> spiegò. Era un modo gentile per dire che sarei morta affogata.
<< Allora ti devo un favore. Grazie. >> tentai di mettermi in posizione eretta, ma appena provai a muovere un passo le gambe mi cedettero. Lui era li, pronto ad afferrarmi.
<< Non così in fretta. >> mi rimproverò, facendosi passare il mio braccio dietro il collo per sostenermi. << Vieni, ti aiuto io. Hai un nome? >>
<< Erin. Mi chiamo Erin. >> risposi, appoggiandomi al corpo del ragazzo.
<< Io sono Ashton, molto piacere. >>

Il ragazzo insistette per accompagnarmi fin davanti a casa, ovviamente a piedi perché nessuno dei due aveva un’auto, ma fortunatamente non abitavo lontano dalla spiaggia, quindi fu un viaggio relativamente breve.
Nel tardo pomeriggio ricevetti una chiamata da parte della guardia costiera,  che mi informò che la mia tavola da surf era stata ritrovava abbandonata tra alcuni scogli, chiaramente irrecuperabile.
Avevo appena chiuso la telefonata quando sentii qualcuno bussare alla  porta, così andai ad aprire; mi trovai davanti un mazzetto di fiori colorati e, nascosto dietro con un grande sorriso stampato in faccia, il mio salvatore.
<< Ashton? >> dissi un po’ stupita di quella visita inaspettata, poi mi accorsi che non l’avevo nemmeno invitato ad entrare, << Che maleducata, scusami. Accomodati. >> aggiunsi, ricordando le buone maniere.
Il ragazzo mi porse il bouquet, che mi portai al naso assaporandone il profumo dolce.
<< Come mai questa visita inaspettata? E i fiori? >> chiesi incuriosita, mentre sistemato il mazzetto in un vaso con dell’acqua.
<< Ero da queste parti e sono passato per vedere se ti eri ripresa da stamattina. I fiori perché mi sembrava brutto presentarmi a mani vuote. >>
<< Che dolce! >> dissi senza nemmeno pensarci, << cioè, volevo dire: che pensiero gentile… Grazie, sono bellissimi. >> Credo di essere arrossita visibilmente in quel momento di imbarazzo, lui invece sorrise leggermente e sulle sue guance spuntarono un paio di fossette. Si mise a curiosare tra le cose che avevo a vista nella stanza, ovvero fotografie raffiguranti me su una tavola da surf e alcuni barattoli stracolmi di conchiglie. << Vedo che hai proprio una passione per il mare. >> osservò.
<< Oh si, fin da quando ero piccola. >>
Chiacchierammo qualche minuto poi si congedò, indicando la finestra da cui filtrava la luce rossastra del tramonto. A malincuore lo accompagnai alla porta, avrei voluto proporgli di fermarsi per cena ma non mi sembrava il caso.
<< Volevo chiederti… >> disse sulla porta, grattandosi la nuca con esitazione, << …se ti andava di uscire. Sono nuovo di qui, e devo ancora ambientarmi. Mi servirebbe una guida… Se per te va bene, ovviamente. >>
Quella domanda mi spiazzo e risposi solo con un cenno del capo.
<< Oh, sapevo che non avresti detto di no, e poi mi devi un favore. >> disse strizzando l’occhio. Ci salutammo e si allontanò in direzione della spiaggia.

Ashton mi venne a prendere la mattina seguente e come promesso gli feci fare un giro della città. Le uscite continuarono: ogni giorno lui si presentava alla mia porta verso le sette del mattino, facevamo colazione insieme e andavamo in città, visitavamo musei, zoo, parchi o se il tempo non ci permetteva di uscire ci guardavamo dei film a casa mia, poi verso le sette/otto di sera ci salutavamo e lui si allontanava verso la spiaggia.
In quelle due settimane la nostra amicizia si consolidò, passando da sconosciuti ad inseparabili. Ma in un giorno di pioggia l’amicizia lasciò il posto ad un altro sentimento:

Eravamo a casa mia, in televisione scorrevano i titoli di coda del film che avevamo appena finito di vedere e che ora stavamo commentando; mentre chiacchieravamo seduti sul divano mi ritrovai la mano calda di Ash sul mio fianco, smettemmo entrambi di parlare e io mi persi nei suoi occhi verdi, poi, senza che me ne rendessi conto, le nostre labbra si sfiorarono. Fu un bacio casto, timido da parte del ragazzo.Non mi detti il tempo di pensare e agii, tirai Ashton nuovamente verso di me e feci combaciare una seconda volta le nostre bocche, questa volta in un bacio più appassionato. Quando ci staccammo nessuno dei due osò parlare, ci limitammo a sorridere guardandoci negli occhi.
<< Ti vuoi fermare per cena? >> chiesi, rompendo quel silenzio imbarazzante.
Il ragazzo stava per accettare, ma poi il suo sguardo si fermò sull’orologio che segnava le otto meno venti. << Non posso, devo andare… >> disse.
Quel suo rifiuto mi lasciò senza parole, non era la prima volta che ripudiava i miei inviti. Lo sentii alzarsi e prendere la giacca, poi la porta di casa si aprii e si richiuse subito dopo; ma io rimasi seduta sul divano a fissare il pavimento senza preoccuparmi di salutare il mio ospite.
Mi sentii sollevare dolcemente il mento, alzai gli occhi ormai colmi di lacrime verso il viso del ragazzo inginocchiato di fronte a me, posò le sue mani sulle mie stringendole e mormorando un : << Mi dispiace, mi farò perdonare. >> Mi diede un ultimo bacio sulla fronte e poi se ne andò.
Il mattino seguente, proprio come mi aveva promesso, Ashton si presentò alla mia porta con un mazzo di fiori di campo, mi diede un bacio sulle labbra e poi, verso ora di pranzo, mi portò a mangiare in una trattoria vicino alla mia abitazione. Io ovviamente lo perdonai - non riuscivo a stare arrabbiata con lui, soprattutto dopo a come si era comportato quel giorno - e per un po’ mi dimenticai della sua abitudine di andarsene sempre prima del calare del sole.

Passò un’altra settimana dove la nostra relazione passò da amici a frequentanti, ero felice di quel nuovo sviluppo, e tutto sembrava andar bene finché un sabato sera non litigammo nuovamente, e sempre per lo stesso motivo.
<< Perché te ne vai sempre via? Perché non ti puoi fermare almeno una volta? >> chiesi. Ci trovavamo ad una festa in un pub, ma lui invece di voler passare del tempo con me doveva nuovamente andare via presto, non riuscivo proprio a capire.
<< Ti prego, non litighiamo per questa cosa, non di nuovo. Te lo chiedo, per favore, lasciami andare, si sta facendo davvero tardi... >> Ashton era sempre vago sui motivi delle sue assenze, ma io non volevo litigare e così, con la delusione e l'amarezza che mi attanagliavano, lo lasciai andare con un cenno del capo. << Grazie Erin, e scusami ancora. Ti prometto che un giorno ti spiegherò tutto. >>
Con le lacrime che iniziavano a sgorgare lo guardai allontanarsi, ma non avevo nessuna intenzione di aspettare per conoscere la verità delle sue fughe quindi decisi di seguirlo segretamente; aspettai che si fu allontanato e poi mi misi a pedinarlo tenendomi sempre a debita distanza per non farmi scoprire. I sui passi mi portarono alla spiaggia in cui ci eravamo conosciuti per la prima volta; nascosta dietro ad un'auto parcheggiata nelle vicinanze lo osservai spogliarsi degli indumenti, avvicinarsi all'acqua scura e immergersi per scomparire poi tra le onde. Ero sempre più confusa.
Non so cosa mi spinse a fare ciò che feci inseguito: corsi fino al mere, immergendomi e chiamandolo a gran voce, ma senza ottenere risposta, il ragazzo era sparito nell'oscurità dell'oceano. Tornai sulla spiaggia e iniziai un pianto silenzioso, finché la stanchezza non prese il sopravvento e mi addormentai.
Mi risvegliai stesa sulla sabbia, il sole non era ancora sorto anche se il cielo aveva iniziato a schiarirsi in vista dell'alba, sentii che una voce conosciuta chiamarmi: era quella di Ashton.
Mi alzai per corrergli incontro, ma poi mi accorsi che il ragazzo si trovava in acqua.
<< Erin, che ci fai li? >> mi chiese immerso fino alle spalle.
<< Dovrei fare la stessa domanda a te. >> ribattei avviandomi verso di lui.
<< No. Non ti avvicinare, non voglio che mi vedi così. >>
<< Così come? Ash, mi stai spaventando... >> ora le onde sul bagnasciuga mi bagnavano i piedi, << che ti succede? >>
<< Se vuoi veramente saperlo devi promettere che non ne farai parola con  nessuno. Promettimelo! >> disse con tono serio.
<< Te lo prometto. >>
Dopo che gli diedi la mia parola il ragazzo mi si avvicinò finché il livello dell'acqua non fu troppo basso per nuotare, poi si fermò. Solo allora mi accorsi che sotto al bacino, al posto delle gambe, esibiva una coda da pesce dalle scaglie color smeraldo ed oro.
Non riuscivo a credere ai miei occhi!
Poi l'alba colorò il cielo di una tonalità di rosa tenue, l'arrivo dei raggi solari sulle scaglie della coda di Ashton provocarono una luce abbagliante che mi costrinse a chiudere gli occhi. Quando riuscii di nuovo a guardare, il ragazzo mi stava raggiungendo reggendosi su un paio di gambe umane. Ero sempre più sconvolta!
<< Cosa sei? >> mormorai quando mi fui trovata faccia a faccia con Ash.
<< Lasciami vestire, e ti spiegherò tutto. >> fu la sua risposta.
Aspettai seduta sulla sabbia ad osservare le onde infrangersi sul bagnasciuga finché il ragazzo non si accomodò al mio fianco e iniziò a parlare.
<< Se non lo avessi capito, io non faccio parte di questo mondo. Il mio regno si trova sotto al mare, sommerso dall'acqua e nascosto a voi umani. Fin da piccolo ho sempre trovato affascinante il tuo mondo terrestre. >> una leggera risata, << E quando ho scoperto che la Strega del Mare poteva realizzare il mio desiderio di visitare la terra mi sono recato da lei. Mi ha dato da mangiare un'alga speciale che avrebbe mutato la mia coda in un paio di gambe, ma non era duraturo: con il calare del sole ero obbligato a tornare al mare. Di giorno umano, di notte tritone. Per questo motivo non potevo fermarmi da te dopo il tramonto. >> fece una pausa.
<< Mi dispiace che tu lo abbia scoperto così, pensavo che dicendolo, non... >>
<< ...Non ti avessi accettato? >> lo anticipai io, volandomi verso di lui per incontrare i suoi occhi verdi.
<< Già. >>
<< Sono contenta che tua abbia condiviso con me questo tuo segreto, lo custodirò per sempre, te lo prometto. >> dissi prendendogli la mano e intrecciando le mie dita alle sue.
<< Erin, devo dirti un'altra cosa. >> continuò con tono malinconico, << L'effetto dell'alga è quasi terminato, ed è pericoloso prenderla per due volte consecutive. Mi dispiace, ho solo più tre giorni da umano. >>
<< E poi dovremo dirci addio, per sempre. Non è vero? >> chiesi, con gli occhi umidi.
<< Credo di si. >>
<< Va bene. Allora credo che sia meglio sfruttare questi ultimi giorni per stare insieme, non credi? >> dissi alzandomi, cercando di nascondere il dolere che mi avevano causato quelle sue rivelazioni.
Passammo un pomeriggio normale e poi al tramonto lo riaccompagnai alla spiaggia, mentre aspettavamo che il sole calasse sul mare, mi venne in mente un'idea.
Gli chiesi se la Strega del Mare poteva trasformarmi in sirena; il ragazzo rimase disorientato da quella mia richiesta e provò anche a dissuadermi, ma senza successo: ero decisa a stare con lui a qualunque costo.

Arrivò l'ultimo giorno umano per Ashton e il mio primo da sirena.
Il filtro che mi aveva preparato la Strega del Mare mi avrebbe fatto crescere una coda permanente, ma c'era un ffetto collaterale: c'era la possibilità che la pozione non funzionasse, solo se il mio cuore fosse appartenuto al mare sarei diventata una sirena, al contrario se il mare mi avesse rifiutato, mi sarei trasformata in conchiglia. Era un rischio che volevo correre.
Osservai il sole tramontare sul mare e mossi le dita dei piedi scalzi sulla sabbia ancora calda, assaporando quell'ultimo tepore.
<< Puoi sempre rinunciare, >> disse Ashton posandomi la mano sulla spalla, << io capirò. >>
<< No, sono pronta. >> risposi con certezza, << Il mio posto è al tuo fianco. >>
Allora Ash mi prese per mano ed entrammo insieme in acqua mentre il sole spariva sotto l'orizzonte. Aprii la boccetta e bevvi il suo contenuto, aspettando che il mare decidesse la mia sorte.
Ora il segreto di Ashton sarebbe stato anche il mio segreto.

 

   
 
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