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Autore: ShioriKitsune    28/06/2015    4 recensioni
Saranghae (I hate u)
Taehyung/Jungkook
INEEDU!AU
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Saranghae (I hate u)

 

pt.1

fall,

fall,

fall,

heuteojine.

 

 

 

Jungkook era sempre un passo avanti agli altri, letteralmente.

Gli piaceva camminare ad occhi chiusi, mantenendo l'equilibrio solo grazie alle braccia divaricate e a Taehyung che, alle sue spalle, gli prestava sempre un occhio per essere sicuro che non cadesse.

Era come un tacito accordo, tra di loro, quello di vegliare l'uno sull'altro.

Anche se in realtà di un accordo vero e proprio non c'era mai stato bisogno, perché Taehyung aveva deciso di prendersi cura del più piccolo fin dalla prima volta che gli aveva posato lo sguardo addosso.

Questo però Jungkook non lo sapeva.

 

 

 

«Cos'è che ti fa tanto ridere?».

Jungkook era steso a pancia in su sulla sabbia umida, le braccia intrecciate dietro la testa.

Gli si sarebbe attaccata addosso e si sarebbe lamentato un sacco, qualche ora dopo, ma a questo Taehyung era abituato.

Fissava il cielo e nei suoi occhi c'era il riflesso delle stelle.

«Niente di particolare», mormorò, voltando il capo verso l'altro. «È solo che... questo è il posto dove per la prima volta ho desiderato prenderti a pugni».

Taehyung sorrise tra sé, perché anche lui se lo ricordava. Un anno in più e qualche birra in meno, ed i pugni si erano trasformati in strette di mano.

«Eri davvero un mocciosetto irritante». Fece una pausa. «Non che questo sia cambiato».

Jungkook si sollevò e gli diede un pugnetto sulla spalla, prima di incrociare il suo sguardo e dedicargli un sorriso.

Dio, quei sorrisi erano sempre stati il suo punto debole.

 

 

La prima volta che le loro strade si erano incrociate, Jungkook era appena stato pestato. Taehyung camminava su quella stessa spiaggia, le mani nelle tasche e la testa chissà dove, quando in lontananza scorse qualcosa – qualcuno – accasciarsi al suolo.

Gli si avvicinò tanto quanto bastava per accorgersi che era ferito. «Ehi tu, sei vivo?».

Di tutta risposta, l'altro digrignò i denti. «Se vuoi soldi, mi dispiace ma ti hanno già preceduto».

«Non voglio soldi, volevo solo-».

«Allora vattene»

Tossì, cercando di rimettersi in piedi e fallendo miseramente nel tentativo.

Taehyung aggrottò la fronte, combattendo con se stesso tra l'impulso animalesco di prenderlo a calci e quello umano di aiutarlo a rialzarsi.

«Darò una lezione a quei figli di-».

Sospirò.

«Come ti chiami?»

Il più piccolo alzò lo sguardo, fissandolo con diffidenza prima di rispondere. «Jungkook».

«Io sono Taehyung. Coraggio, andiamo a darti una ripulita».

Qualche altro attimo di silenzio, in cui si studiarono per capire se potevano fidarsi l'uno dell'altro.

Poi Taehyung tese la mano

e Jungkook l'afferrò.

 

-

 

«Sei di nuovo ferito?».

Jungkook scostò con uno schiaffo la mano che gli aveva afferrato il viso. «E tu sei di nuovo ubriaco».

Non era una domanda.

«Dimmi chi è stato».

«Perché?».

«Dimmelo e basta».

Il minore sospirò. Quasi non riusciva ad aprire l'occhio sinistro, mentre agli angoli della bocca ancora s'intravedeva un rivolo incrostato di sangue. Seguì lo sguardo dell'altro e si affrettò a pulirsi con la manica della maglietta.

«Posso cavarmela da solo».

Taehyung serrò la mascella, dandogli le spalle solo per mandare in frantumi le bottiglie ormai vuote ai suoi piedi. Il rumore del vetro che s'infrangeva riecheggiò nel silenzio che tra loro era sempre più pesante.

«Avevi detto basta risse».

Jungkook serrò i pugni. «A quanto pare, non sono l'unico che infrange le promesse».

Rimasero a fissarsi col tradimento negli occhi e le parole sulla lingua.

Eppure si conoscevano abbastanza bene da sapere che alcuni demoni non erano così facili da sconfiggere, che non bastavano le parole.

Era stata una dolce illusione, la promessa di poter migliorare insieme. Perché avevano bisogno l'uno dell'altro, ma questo non avrebbe messo fine alla loro autodistruzione.

Jungkook fu il primo a cedere. Sospirò, abbassando lo sguardo e facendo un passo verso il maggiore. «Dammi del ghiaccio».

E ghiaccio fu quello che ebbe.

 

 

Taehyung affrontava la vita alla giornata, perché pensare al futuro non gli avrebbe fatto altro che male. Sapeva solo che, arrivata la sera, avrebbe trovato Jungkook ad aspettarlo nello stesso posto di sempre. Che avrebbero parlato del più e del meno, avrebbero scherzato e probabilmente fatto a botte, solo per poi finire con la testa del maknae sul proprio petto, mentre per un'altra notte avrebbero tenuto lontani gli incubi.

Ma, quella sera, Jungkook non arrivò.

E tutto iniziò ad andare a pezzi.

 

 

I messaggi in segreteria non sarebbero serviti, lo sapeva e quindi non ci provò nemmeno. Camminava a passo spedito, conosceva la sua meta e conosceva anche l'esito di quella partita non ancora iniziata.

Sfondò la porta con un calcio, il cappuccio a coprirgli il volto, una bottiglia mezza vuota in una mano e una ferraglia nell'altra.

Jungkook era lì, sul pavimento, con il sangue che gli imbrattava il volto ancora troppo infantile mentre i suoi carnefici, che gli giravano attorno come avvoltoi, a stento si accorsero di quello che stava per succedere.

Fu un attimo e anche le mani di Taehyung furono imbrattate di sangue.

Uno

Due

Tre

Quattro

Cinque

Sei

Fino a quando tutto divenne silenzioso.

Taehyung afferrò il maknae dalla vita, trascinandolo fuori da lì.

Tutto ciò che rimase furono gusci vuoti e cocci infranti, ma qualcuno li avrebbe ripuliti presto.

Erano altre le macchie che nessuno avrebbe potuto rimuovere,

e quelle stesse macchie li avrebbero perseguitati a vita.

 

 

-

 

Da quella volta, non avevano più usato le parole per comunicare.

Gesti, sospiri, per lo più sguardi.

Era come se entrambi avessero fatto uno sforzo troppo grande e non fosse rimasto loro alcun tipo di energia.

Sedevano dandosi le spalle, l'uno appoggiato all'altro, mentre tutto intorno a loro continuava a scorrere.

Erano arrivati al punto di non ritorno e non potevano farci nulla.

La fine era dietro l'angolo, in agguato.

 

 

Era successo solamente una volta e non si era più ripetuto.

Faceva freddo, quella sera, e Jungkook si era stretto al maggiore tirando su di loro una coperta. Taehyung non aveva detto niente, continuando a guardare il soffitto.

Ma per un momento, uno soltanto, qualcosa che aveva attirato la sua attenzione era balenato negli occhi spenti del maknae.

Poi successe.

Le loro labbra si incontrarono con naturalezza, ma fu così veloce che Taehyung non si sarebbe stupito se fosse stato solo uno scherzo della sua immaginazione.

L'ombra di un sorriso e il sapore agrodolce di quel bacio quasi non gli fecero bloccare il cuore nel petto.

Poi Jungkook sbatté le palpebre e tutto tornò com'era prima.

Quella fu l'ultima volta che Taehyung lo vide sorridere.

 

 

Jungkook era sempre un passo avanti a tutti, letteralmente.

Ma questa volta gli occhi erano aperti e le braccia strette contro i fianchi, mentre l'ultimo pezzo del suo cuore andava in frantumi.

Era pronto.

Era stata una decisione comune e nessuno di loro sembrava aver paura: in fondo, erano solo ragazzini senza futuro.

Jungkook sospirò mentre con la coda dell'occhio fissava Taehyung, che lo seguiva con lo sguardo basso e le mani nelle tasche.

Non lo aveva mai ringraziato per quello che aveva fatto per lui, perché sapeva che non c'era nulla da ringraziare. Aveva irrimediabilmente condannato entrambi e non era passato un secondo senza che i sensi di colpa non lo divorassero dall'interno.

Ma non si era nemmeno mai scusato, perché sapeva che non c'era nulla di cui scusarsi.

Aveva semplicemente smesso di parlare: un po' per rendere le cose più facili, un po' perché quello che avrebbe detto avrebbe potuto salvarli entrambi.

Forse in fin dei conti a lui non importava essere salvato,

questo però Taehyung non lo sapeva.

 


 

 
   
 
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