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Autore: EtErNaL_DrEaMEr    15/01/2009    2 recensioni
Puoi perdere la tua anima e conservare il tuo corpo?
[Storia: K Hanna Korossy; Traduzione: Eternal_Dreamer]
Genere: Triste, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Nota!: Questa one-shot non è -come si dice- farina del mio sacco, ma è stata scritta da K Hanna Korossy. E' pubblicata sul mio account poiché non dispongo di altre e-mail per creare un account a nome dell'autrice, ma è lei la proprietaria di tutto quanto scritto. Io l'ho solamente tradotta -ovviamente con il consenso dell'autrice-, sperando di averlo fatto al meglio^^'; qui potrete trovare l'originale.


Disclaimer: i diritti di Supernatural appartengono alla The CW, a Kripke e a tutti gli aventi diritto.



____________________________________________


Souled
K Hanna Korossy


Sam Winchester aprì la porta del motel ed esaminò la stanza prima di voltarsi. "Okay, Dean, entriamo."

Non ricevette risposta e, dopo due giorni, aveva quasi perso la speranza di riceverne una. Comunque, Dean ubbidì non appena Sam lo afferrò per un braccio, cominciando a camminare verso l'interno della stanza. Una volta dentro, Sam diede un'altra occhiata in giro ed infine fece sedere il fratello sulla sedia imbottita vicina al tavolo.

"Sediti qui mentre io vado a rimediare qualcosa da mangiare, ok?"

Continuò a parlare e a fare domande, nonostante Dean non rispondesse. Forse non riusciva nemmeno a sentirlo.

Sistemato Dean, Sam gettò i loro zaini sul letto più vicino e, sforzandosi come aveva fatto così tanto in quegli ultimi due giorni di tenere sotto controllo le sue emozioni, fece il punto della situazione e provò ad immaginarsi la prossima mossa.
Cibo.
Dopo aver guidato per la maggior parte della giornata, avevano davvero bisogno di mettere qualcosa sotto ai denti. Dean aveva bisogno di andare al bagno, e presto probabilmente avrebbe avuto bisogno anche di una doccia. Sam aveva imparato a sue spese che aveva bisogno di pensare anche quelle cose ora, ma -con un po' di ottimismo- se avesse dato a Dean una spinta nella giusta direzione, suo fratello sarebbe riuscito a occuparsi da solo delle sue necessità primarie. Dagli la carica e il macchina funziona: ormai suo fratello era una macchina. Vuota.

Sentì di nuovo gli occhi pizzicare, e si premette il naso con due dita per scacciare via quel bruciore.

Okay, cibo.
Poteva farcela.
La pizza era la cosa più semplice, consegnata direttamente alla loro porta. Se prima poteva lasciare Dean, e ritrovarlo poi nella stessa esatta posizione al suo ritorno, ora lasciarlo solo non rientrava minimamente nelle sue scelte.
Pagò il ragazzo delle consegne con i loro languidi risparmi -il portafoglio di Dean- poi si sistemò con la scatola nell'altra sedia, di fronte a suo fratello.

"Ora di pranzo, Dean" disse, imitando pateticamente un tono allegro e disinvolto. Prese un trancio di pizza e vi strinse attorno le dita di Dean, dirigendolo verso la sua bocca, e quello cominciò a mangiare.

Poi fu il suo turno di prendere un altra fetta di pizza -che in realtà nemmeno voleva- e la masticò mentre apriva il suo giornale.

"Okay. Adesso siamo a Turman, Mississipi. Dovremmo essere a circa quattrocentro miglia da quella cosa, per il momento. Ian vive qui vicino. Pensavo di andarci a parlare quando avremo finito di mangiare, per capire se ha sentito qualcosa da papà. Posso anche chiedergli dell'altro olio santo." Alzò automaticamente lo sguardo in attesa di una reazione, abbassando velocemente gli occhi dopo lo sguardo vuoto che ricevette in risposta. "Uh... Pensavo anche che avrei potuto chiamare Caleb, per vedere se mi può dire qualcosa su questa cosa e come batterla. Che te ne pare?"

Dean continuava a masticare in silenzio.

Sam sospirò. "Certo. Dean, io vorrei davvero... " le sue labbra tremarono, simili ad un sogghigno ".. che tu mi gridassi contro o.. che facessi qualche stupida battutta su tutto questo, o qualsiasi cosa. Vorrei..." espirò pesantemente, passandosi una mano sulla fronte. "Giusto, perché sperare ci ha fatto tanto bene prima. Sistemerò tutto, Dean, te lo giuro, va bene? Troverò presto una soluzione."

Dean finì l'ultima fetta di pizza e rimase seduto, fissando il nulla.

Sam scosse la testa sconsolato e si prese un altro trancio di pizza. Ma non poteva sopportare di starsene seduto lì a guardare quello che era rimasto di suo fratello, così decise di andare a disfare le valigie.

Il sale era la prima cosa da usare: un cerchio attorno a dove era seduto Dean e un altro attorno al suo letto. Che questa volta era il più lontano dalla porta. Sam bagnò poi il pavimento con l'acqua santa, creando un altro cerchio dentro al precedente, guardando il sale mescolarsi non appena entrava in contatto con l'acqua. Poi si rialzò in piedi e usò gli stessi accorgimenti per porte e finestre, dicendo una preghiera su ognuna. Era tutto ciò che poteva fare per proteggere Dean mentre lui non c'era e suo fratello non era in grado di proteggersi da solo. Per quando finì, Dean era pronto per il terzo trancio di pizza. Sam glielo diede, e poi camminò faticosamente fino al bagno.
Quando ebbe terminato, aiutò anche Dean a pulirsi, per poi riportarlo al letto e farlo sedere sul bordo del materasso. Lì si accucciò, di poco sotto gli occhi del fratello, e gli prese gentilmente il mento con le dita, facendogli abbassare il capo. Almeno così avrebbe potuto fingere che quegli occhi castani lo stessero guardando.

"Devo uscire, ma tornerò, d'accordo? Troverò un modo per riportarti indietro, Dean. Ma adesso voglio solo che tu ti sieda qui e mi aspetti, ok?" Aveva addosso il biglietto da visita del motel nel caso gli fosse successo qualcosa, e aveva lasciato istruzioni al bancone di pulire la stanza entro due giorni, se il suo corpo non fosse stato ritrovato. Era il massimo che potesse fare per assicurarsi che si prendessero cura di suo fratello se lui non fosse stato lì per farlo. "Tornerò presto", gli promise comunque.

Doveva smetterla di illudersi. Non poteva andare avanti così: gli occhi di Dean non erano mai stati così vuoti, nè quando era furioso con lui, nè quando era esausto, e nemmeno quando era stato posseduto. Lì non c'era proprio niente, solo una traccia -così sbiadita- di famiglia, e Sam ricacciò di nuovo indietro le lacrime. Serrando la bocca, diede una pacca alla gamba di Dean, distolse lo sguardo e si rialzò.

Non si voltò nemmeno mentre usciva dalla stanza.

0000

Ian McClellan era un vecchio amico di loro padre, e Sam ricordava ancora quella casa grigia piena di trappole dalle sue visite quand'era ancora un bambino. Guardò da entrambe le parti prima di attraversare la strada, anche se non erano le auto che lo preoccupavano ora. L'impeto dei suoi pensieri, comunque, rallentò non appena si avvicinò e vide che la porta era socchiusa.

Improvvisamente cauto, avanzò lentamente a lato della porta e cercò di dare un'occhiata all'interno. Non c'era niente: solo buio. Appoggiò il palmo della mano sulla superficie di legno della porta e spinse un poco. Quella si spalancò senza fare alcun rumore e, senza ancora riuscire a vedere qualcosa, Sam entrò silenziosamente.

La casa aveva lo stesso aspetto e lo stesso odore che si ricordava: muri rivestiti da pannelli di cedro, odore di polvere da sparo in quasi ogni stanza, l'aspetto spartano della casa di un vero cacciatore. Diede un'occhiata dentro e controllò che ogni stanza fosse vuota appena vi metteva piede; ora un fucile familiarmente stretto tra le mani.

Lo stava aspettando nella stanza sul retro, la stessa in cui suo padre si allenava sotto ai loro occhi

Ian McClellan era riverso sul pavimento, il collo visibilmente rotto. Sam deglutì, alzando lo sguardo dal suo corpo e posandolo sulla figura così familiare che lo sovrastava e che esibiva un piccolo sorriso dipinto in volto.

"Samuel. E' un piacere incontrarti di nuovo."

Lo sguardo che riservò a quella cosa era odio puro, il suo odio. "Come hai fatto ad arrivare qui così presto?"

"Oh, sono molto efficiente. Avresti dovuto capirlo. Come sta Dean?"

"Lascia fuori mio fratello e discuti con me."

"Va bene." Il sorriso scomparve, e il volto divenne crudele come il suo proprietario. "Dov'è tuo padre?"

"Non lo so. Ci siamo separati a Chicago e non lo vediamo da allora."

"Sì, è quello che ha detto anche Dean." Quella cosa dalle sembianza umane si mosse attorno a Ian come se fosse stato immondizia che andava evitata. "Non gli ho creduto."

"Che cosa gli hai fatto?" chiese Sam, alzando la voce.

Il sorriso ricomparve. "A lui? Niente... Ho solo... preso in prestito la sua anima per un po'. E' al sicuro, te lo garantisco. Tornerà indietro non appena avrò tuo padre."

"Questo non succederà."

Un'alzata di spalle. "Lo vedremo." E improvvisamente quella cosa prese a muoversi, troppo veloce perché Sam potesse reagire.

Gli tolse facilmente il fucile dalla mano, e con un soffio fece volare Sam contro al muro opposto: scivolò fino al pavimento, intontito dal dolore.

Una mano lo afferrò poi per il bavero e lo tirò più vicino al viso di quella cosa. Così vicino, poteva sentire l'odore dello zolfo e vedere una fiamma in quegli occhi quasi umani. "Scambieresti tuo fratello per tuo padre?"

"No", disse, con voce rauca e si liberò con uno strattone dalla sua presa. "Non ho intenzione di scegliere." Sam abbassò la testa per evitare un altro colpo, ma risultò una mossa inutile, non appena delle forche invisibili lo sollevarono e lo sbatterono violentemente prima contro il soffito, poi contro il pavimento. Sentì il sapore del sangue in bocca e lo sputò non appena vide delle scarpe costose entrare nel suo campo visivo.

"Presto o tardi," disse la voce calma, sopra di lui, "dovrai farlo." Poi quelle scarpe lo scavalcarono, scomparendo dalla vista di Sam.

Si riprese, girandosi sulla schiena, con un coltello già stretto nella mano. Ma il corridoio era già vuoto, c'erano solo gli occhi senza vita di Ian che lo fissavano dall'altra parte della stanza. Allora si rialzò, scuotendosi e barcollando fino alla porta.

Gli sembrò che la strada di ritorno per il motel fosse assurdamente lunga. Nonostante un braccio intorpidito, un ginocchio ferito e le mani che non riuscivano a smettere di tremare, riuscì comunque a infrangere i limiti di velocità nella sua corsa disperata per tornare da Dean, e controllare che fosse al sicuro.

La porta era ancora chiusa a chiave, buon segno. Litigò con le chiavi, mentre il suo respiro si faceva irregolare e veloce, e infine riuscì ad aprire la porta abbastanza violentemente da farla sbattere contro l'armadietto dietro di essa.

Dean non alzò nemmeno lo sguardo da dov'era seduto, sul letto più lontano, proprio dove l'aveva lasciato Sam.

L'improvviso accumulo di adrenalina e tutti i dolori e ferite minacciarono di far cedere Sam proprio lì, sulla soglia. Ma riuscì a chiudere la porta dietro di lui e a superare i pochi barcollanti passi che lo dividevano dal letto. Una volta lì, crollò sul materasso, vicino a dov'era seduta quella sagoma che provava a fingere fosse Dean, ma stava diventando sempre più difficile, e sembravano non esserci risposte in vista. Ian era morto, loro padre se n'era andato e Dean...

Abbandonò il capo sul grembo di suo fratello, gli avvolse un braccio attorno alla vita, e pianse.

00000

Si svegliò circondato dal profumo di suo fratello e, per un momento, gli sembrò che tutto fosse apposto.

E poi ricordò.

Si rialzò sentendosi in colpa, dando un'occhiata all'orologio. Quasi le sette e, dalla luce fuori, erano le sette di mattina, non di sera.
Dean sonnecchiava dov'era seduto: il suo corpo rispondeva ad un ciclo che la sua testa non riconosceva, senza lamentarsi per essere stato sveglio tutta la notte. Dolorante per i muscoli irrigiditi e con la mente incapace di fermarsi per un solo momento, Sam si tirò in piedi e alzò anche Dean per portarlo al bagno, poi lo riportò indietro e lo mise a letto. Non appena lo distese, si addormentò subito.

Lo guardò, col cuore che soffriva un po' di più a quella vista: così, poteva almeno fingere che fosse realmente Dean che dormiva.

Dio, odiava tutto questo. Dean l'avrebbe detestato ancora di più, ma Sam odiava questa situazione con tutto se stesso.

Okay. Si passò una mano sulla faccia stanca. Basta compassione. E adesso? La cosa -il demone, si concesse una parte della mente di Sam- era in città, probabilmente sapeva dov'erano, e Sam non aveva ancora idea di come batterlo. Era scarso nelle abilità tecniche di Dean, ma era il momento di affidarsi alle sue sole forze e cominciare a capire cosa fosse quella cosa e come avrebbe potuto ucciderla in più modi possibili, preferibilmente lentamente e dolorosamente. Allora prese il suo portatile e andò a sedersi nell'altro letto, vicino a quello di Dean.

Aveva già fatto un sacco di ricerche su Meg, per quel che era servito. Questo... bastardo sapeva di Chicago e stava cercando loro padre, apparentemente mandato dallo stesso capo di Meg, forse il demone. E Meg non era stata poi così facile da uccidere, sempre che l'avessero uccisa definitivamente; Sam aveva ancora dei dubbi al riguardo. Ne derivava che capire come eliminare quella cosa non sarebbe stato affatto facile.

Andò oltre le solite ricerche, gli elementi primari e i rituali, e si spinse più a fondo, facendo sempre attenzione a stare dalla parte del Bene, perché niente lo tentava di più al Male come suo fratello in pericolo: Sam aveva imparato a sue spese da Sue Ann Granger che razza di lama a doppio taglio poteva essere. Non avrebbe portato indietro Dean solo per fargli scoprire che ora il corpo inanimato era il suo, fuori di sè e irriconoscibile. Avrebbe preferito vederli entrambi morti, piuttosto.

L'ora di pranzo passò così come era venuta. Sam aveva recuperato delle barette di granola e della soda dalle macchinette giù nell'atrio, e aveva svegliato Dean per mangiarne un po' con la pizza avanzata. Poi, con riluttanza, aveva messo da parte il portatile per aiutare Dean a lavarsi e cambiarsi. Non c'era modo di dire quanto quella situazione sarebbe durata -anche se il cuore di Sam si frantumava un po' di più ogni giorno che passava- e voleva che Dean fosse il più possibile a proprio agio. Se.. quando... fosse tornato.

Si sedette per un lungo istante con la testa tra le mani, prima di tornare alle sue ricerche.

"Okay. I demoni sono difficili da uccidere, è vero, ma possiamo riuscirci. Papà troverà un modo per distruggere quello che ha ucciso mamma e Jess,  e quel metodo funzionerà soltanto per quel demone, quindi dovrà essere più debole. Il che significa che possiamo trovare un modo per ucciderlo e riportarti indietro."

Almeno, pur essendo vuota, l'espressione di Dean era serena. Sam la osservò per un momento, prima di pensare con fatica a quanto la situazione sarebbe stata più pesante se suo fratello sembrasse provare dolore.

"Ma cosa accadrebbe se...?" La voce di Sam si affievolì, ora incerta. "Cosa accadrebbe se uccidere quella cosa non ti riportasse indietro? Forse la cosa... deve eliminare ciò che ha creato, oppure distruggerla potrebbe significare distruggere l'unico modo di riportarti indietro. E se uccidessi anche te?"

Dean certo non lo rassicurò.

Sam deglutì, mimando un sorriso. "Giusto. Non è che tu abbia scelto di vivere in questo modo, lo so. Te lo giuro, Dean, proverò a trovare una soluzione per riportarti qui, ma... se non ci riuscissi... " Quella promessa non aveva realmente bisogno di essere espressa a parole.

Il problema con ricerche del genere non era la mancanza di soluzioni, ma, piuttosto, la loro abbondanza. Così tanti rituali, così tanti incantesimi, e solo uno di loro era quello giusto. Delle volte non c'era modo di saperlo se non quello di provare, e la maggiore parte dei demoni o creature non stavano certo lì ad aspettare che tu trovassi quello giusto. Sam continuò a prendere note instancabilmente, pregò, e cercò di ignorare il senso di abbattimento che cresceva sempre più attorno a lui.

"Okay, Dean, questo è quello che ho trovato." L'orologio segnava le 10:05, le strade fuori erano buie. Sam era stanco, la gola gli bruciava dopo aver passato tutto il pomeriggio a parlare da solo. "Ho trovato una vecchia chiesa con dei rituali che sembrano funzionare sia sui posseduti che per i demoni, nel caso servisse. " Non avevano mai scoperto cosa fosse Meg dei due. "Ci vogliono circa dieci minuti, e non ho ancora trovato una soluzione a questo-" Non ci sarebbe stato nessuno a fare da distrazione mentre lui si occupava del resto, questa volta. "- ma suppongo che sia un inizio, no?"

Quello sguardo vuoto fece vacillare e poi scomparire il suo sorriso appena accennato. Non sapeva quanto ancora avrebbe potuto sopportare tutto questo, sebbene non essere con Dean sembrava inconcepibile.

"Richiede anche polvere di olivo e olio sanificato. Non ne ho potuto prendere da Ian ieri, ma credo che ne abbiamo ancora nel bagagliaio, vero?"

Certo, come se Dean avesse ignorato Sam mentre gli piangeva addosso, ma avesse risposto elencandogli tutti i rifornimenti che avevano nell'Impala.

"Andrò a controllare." Sam si alzò dal letto. "Vedo se posso-"

Era davanti alla porta quando l'aprì.

Sam si spostò istantaneamente da un lato, muovendosi velocemente verso la borsa delle armi, sebbene fosse piuttosto scettico riguardo la sua utilità in quel momento. Non ebbe nemmeno quella possibilità, però, visto che un braccio dalla forza disumana apparve improvvisamente e lo afferrò per la gola, riportandolo proprio di fronte a quella creatura ferma sulla porta.

"Sono venuto per la tua risposta."

"Non... sceglierò." disse, senza respiro.

Un sopracciglio si incurvò e, con una piccola alzata di spalle, il demone lo scaraventò attraverso la stanza come se fosse stato un foglio di carta.

Sam sbattè duramente contro il muro, sentendo tutta l'aria uscire dai polmoni, e cadendo a terra agonizzante. Si sentì distrutto, sia fuori che dentro, non appena premette una guancia contro la moquette sporca e tentò di respirare di nuovo.

La cosa girovagava a caso vicino alla porta e verso Dean, che se ne stava seduto in un'ignara attesa.

Il panico gli diede la forza: si appoggiò alle braccia tremanti e, in qualche modo, riuscì a stare su sui propri piedi. Se ne stava lì, barcollante, a guardare torvamente quella cosa che aveva presto cominciato a disprezzare. "Non lo toccherai di nuovo."

"Sicuro?" Sembrò considerare le parole di Sam una sfida, e rimase in silenzio per un momento.

Sam, invece, non rimase fermo a guardare cosa avrebbe deciso. Afferrò il coltello appoggiato sopra la tavola -una vecchia abitudine di Dean, quella di lasciare armi sparse per la stanza, in caso ne avessero avuto bisogno- e attaccò.

La reazione fu più rapida e severa questa volta. Il braccio che gli afferrò il viso sembrava potesse spezzargli le ossa, gli oscurò la visuale e lo gettò contro il tavolo e le sedie così forte che dopo non riuscì più a muoversi: il suo corpo quasi non riusciva a sopportare il dolore, e dovette usare tutta la sua concentrazione solo per rimanere coscente. Emise un lamento, che non fece altro che far ridere quella dannata cosa.

"Dicevi?"

Sam chiuse gli occhi, sentendosi ormai preda della disperazione.

Li aprì di nuovo, quasi immediatamente. Non era ancora pronto ad arrendersi. La creatura aveva preso il suo silenzio come una resa, e si stava di nuovo dirigendo verso Dean, indugiando appena davanti al cerchio di sale.

Le mani di Sam cominciarono a toccare tastoni attorno a lui. La borsa con le armi era stata messa sulla tavola, ne era sicuro...

Vide quella creatura scavalcare entrambi i cerchi. I suoi talloni fumavano non appena toccava l'acqua santa, ma sembrava non dargli il minimo fastidio. Adesso la cosa era a poca distanza da Dean, e Sam non aveva mai voluto così tanto che suo fratello si muovesse, reagisse, facesse qualcosa. Ma lui non c'era, era già stato portato via da lui dallo stesso mostro che ora era a pochi passi da Dean e, perDio, Sam non aveva intenzione di lasciarglielo portare via di nuovo.

Strinse la presa della mano sul metallo. Chiuse gli occhi e cominciò a cantare una benedizione sottovoce, poi li riaprì.

"Hey," mormorò Sam.

"Pronto a decidere?" gli chiese non appena si voltò verso di lui, senza perdere il sorriso alla vista della balestra.

Sam mirò e lasciò andare la freccia.

Si fermò a pochi centimetri dalla faccia della cosa e rimase sospesa a mezz'aria. Quando Sam sbattè le palpebre sorpreso, quel sorriso malvagio si allargò. "Pensavo fossi più intelligente. Oh, beh..." La freccia cambiò direzione virando lentamente.

Puntava verso Dean.

No. Aveva già perso suo fratello, l'anima che aveva reso Dean quello che era, la stessa che rendeva Sam completo. Non avrebbe perso anche quel poco che gli rimaneva, e non esisteva che fosse per mano sua. No. La disperazione prese possesso di lui.

La freccia sobbalzò in aria, tornando verso la creatura per la quale era stata lanciata. Il suo sorriso scomparve a quella vista, mentre lottava per recuperare il controllo. Ma non poteva, e presto la freccia fu di nuovo sospesa davanti alla sua faccia.

E poi Sam spinse.

L'urlo fu assordante, come il vento che entrava nella stanza, come mille api impazzite. L'oscurità avvolse la stanza, accecante come luce bianca, e Sam vide per un attimo del sangue e dei pezzi grotteschi forse di carne che si attorcigliavano e sanguinavano anch'essi. E poi sparì tutto, lasciando solo silenzio e calma e loro due da soli, Dean ancora immobile sul letto, mentre quell'unico filo che legava ancora Sam alla propria coscienza si allentava sempre più velocemente.

Come il finale della loro piccola storia dell'orrore, la porta si chiuse piano ma con un rumore secco sulla loro quieta stanza.

Il capo di Sam ricadde sul pavimento, e tutto divenne nero.

00000

Sentì di nuovo l'odore di Dean quando si svegliò, e questa volta ricordare fece male.

"Sam? Forza, Sammy, svegliati."

O forse stava sognando, perché quella era proprio la voce di Dean, appena impreganta della giusta preoccupazione.

Una mano battè sulla sua guancia. "Sam, andiamo, l'ora del pisolino è finita. Torna tra noi."

Aggrottò le sopracciglia, e aprì gli occhi per dare un'occhiata, e puntarli in quelli di suo fratello.

La bocca sopra di lui si contrasse in un doloroso sorriso. "Grazie a Dio. Stavo cominciando a chiedermi se ci fossi ancora."
 
Sam sentì la faccia tirata e strizzò gli occhi.

"Sam! Sammy, cosa c'è?" Un'imprecazione tra i denti, e le gambe di suo fratello cominciarono a muoversi. "Al diavolo, chiamo un'ambulanza."

"No, aspetta." Gli era costata una fatica immensa dire quelle poche parole, e gli costò ancora più fatica muovere il suo corpo ammaccato e sollevare un braccio per afferrare la manica di Dean. Suo fratello gli si fece più vicino, e gli afferrò la mano. "Sto bene, ho solo bisogno... bisogno di un minuto."

"Prenditi tutto il tempo che ti serve." Disse Dean. "Non c'è fretta. Ma poi voglio sapere cos'è successo, perché mi stai guardando come la Seconda Venuta, e per quale motivo un minuto prima stavo battendo un qualcosa travestito da essere umano in North Carolina e un attimo dopo siamo in un qualche strano motel e tu sei disteso sul pavimento, conciato come se ti fossi battuto contro Tyson."

Sam lo fissò, sentendo appena le sue parole, provando a realizzare che Dean fosse tornato. Non era sicuro di come fosse successo, e l'inaspettato passaggio dall'essere senza speranze, all'avere suo fratello di nuovo lo lasciò senza respiro. Ma non riusciva a dimenticare quegli occhi morti, e si sentì di nuovo travolto dai ricordi.

"Aw, Sam." Era un tono quasi esasperato, ma Dean non gli aveva mai fatto mistero delle sue emozioni, così, in quel momento, Sam stava sentendo la mancanza di tutti quei minuti in cui suo fratello non era stato lì con lui. Dean si strofinò una mano sotto al mento, aspettando che Sam trovasse la posizione giusta.

Non pianse questa volta, non con suo fratello lì, e -Dio, com'era potuto succedere?- poi tutto andò al suo posto. Ansimò ancora per qualche istante, finché non gli sembrò che tutto si sarebbe frantumato in mille pezzi se si fosse mosso. Poi riuscì a fare un debole sorriso verso Dean, che lo fissava preoccupato, e strinse la presa sulla mano di suo fratello. "Aiutami ad alzarmi."

Ci volle concentrazione e forza da parte di entrambi per togliergli di dosso gli ultimi pezzi di mobili rotti e per rimetterlo in piedi. Sam barcollò un po', tenendosi a Dean, e cercò di non ricordare quando lui portava suo fratello in giro, negli ultimi giorni. Dean lo fece sedere sul bordo di un letto, e a Sam ci vollero un paio di secondi per realizzare che era il più lontano dalla porta. Sorrise sbuffando, ricevendo in cambio uno sguardo perplesso, e inclinò cautamente la testa di lato, sentendo soffrire ogni singolo muscolo che muoveva. "Aspetta un attimo," disse Dean, quando Sam era sul punto di parlare.

Sam seguì i passi sicuri del fratello che si dirigevano verso il bagno, così differenti da quelli strascicati del Dean assente, e poi quando uscì accigliato dalla porta. Non era andato lontano; forse sentiva la mancanza tanto quanto l'aveva sentita lui, se lo sguardo che aveva negli occhi quando diede a Sam del ghiaccio potesse essere considerato come un'indicazione. Si stava di nuovo prendendo cura di lui: la bilancia non c'aveva messo poi così tanto a ritrovare il suo equilibrio.
Sam pensò per un secondo a cosa faceva più male, e appoggiò il ghiaccio sulla guancia.

Dean seguiva ogni suo movimento. "Ti rimetterai, o dobbiamo chiamare un dottore?"

Noi. Dio, se gli era mancato. Scosse la testa, la gola secca.

Dean aspettò in silenzio, cercando di essere paziente quando era ovvio che era pieno di domande da fargli.

Sam si schiarì la voce e prese a parlare.

Osservò il passaggio delle diverse emozioni sul volto di Dean alle sue parole -confusione, rabbia, rivoltamento, empatia, imbarazzo, orgoglio- perché lo faceva arrabbiare osservare tutto con la consapevolezza della sua recente assenza. Quando Dean si voltò, alle notizie su Ian, Sam gli fece voltare nuovamente la testa gentilmente, sentendo una sensazione di déjà vu del giorno precedente. Dean lo lasciò finire, e non distolse lo sguardo fino a che non finì di parlare, con le sopracciglia aggrottate e gli occhi scuri.

"Quindi, è morto."

Sam annuì stancamente. "Sì."

"E tu non sai ancora come sei riuscito a...?" disse, concludendo con un gesto della mano.

Sam sbuffò. "Tralasciando il fatto che eri in pericolo mortale?Uh-uh."

Dean non sapeva che fare, non lo sapeva mai, quando l'argomento era quanto lui importasse per Sam, e le cose erano ancora troppo incerte perché riuscisse a capirci qualcosa. Invece, il suo sguardo vagò imbarazzato per la stanza, soffermandosi appena sui pezzi di legno rotti, sulla balaustra e sugli appunti di Sam sparsi ovunque. Poi riposò lo sguardo su se stesso, come se avesse improvvisamente realizzato che non si era messo su lui quei vestiti. Questo sembrò oltrepassare i suoi limiti, e così si rialzò. "Vado, uh, a recuperare qualcosa per cena, okay? Non so che cosa mi davi da mangiare, ma sto morendo di fame."

Sam lo guardò impassivamente.

Dean fece una smorfia. "Hai bisogno di qualcosa prima che esca?"

Sam scosse la testa, riportando lo sguardo sul pavimento. Sembrava ancora surreale, essere passato dall'essere responsabile di Dean, a Dean che ritorna e si prende di nuovo cura di lui. Chiuse gli occhi, barcollando un po' per la fatica e il dolore e un po' per le vertigini.

Un paio di mani forti lo afferrarono per le braccia e lo distesero sul letto. "Penso che faresti meglio a fare un pisolino mentre sono via, Sam."

"Sto bene," moromorò, passandosi una mano sugli occhi. E la cosa strana, era che stava davvero bene. Stava così da quando si era alzato, a quando aveva visto Dean davanti a sè.

Dean mise una mano nella tasca della giacca di Sam, trovandovi le chiavi. "In che Stato siamo, comunque?"

"Missisipi. Truman." Ma Dean non si muoveva, ed infine Sam aprì gli occhi, semplicemente incuriosito. "Cosa?"

Suo fratello aveva un'espressione accigliata. "Starai bene, mentre sono via?"

Che domanda strana. "Ce la farò."disse Sam ironico, poi aggiunse, abbassando il tono. "Però non stare via per molto, okay?"

Un assenso silenzioso. Dean aveva capito. Diede ancora qualche piccola pacca a Sam, e poi si diresse verso la porta.

"Dean?"

Suo fratello si fermò immediatamente.

Sam mosse la bocca. "Se hai bisogno di una mano per farti la doccia quando torni, basta che me lo fai sapere."

Le sopracciglia di Dean si inarcarono contemporaneamente, e prese a borbottare fittamente mentre usciva, sbattendo la porta dietro di lui.

Così. Sam si ridistese con un ampio sorriso dipinto in volto. Adesso le cose erano veramente tornate alla normalità.

Fine


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Salve gente!!!=)
Dunque, come scritto sopra si tratta di una traduzione: io c'ho messo tutto l'impegno e la volontà possibile, in quanto ritengo che questa one-shot sia assolutamente fantastica (lo dico e lo ripeto: l'adoooroXD). Chiaramente ho dovuto adattarla, cercando però di restare il più possibile fedele all'originale: è la prima ff che traduco, e so che non è certo una gran traduzione -specie in alcuni punti-, quindi sentitevi liberissimi (leggasi: fatelo) di dirmi se ci sono strafalcioni o, senza leggere l'originale, se è scorrevole e ben scritta. Io vi consiglio comunque di leggerla, l'originale, in quanto credo che ci sia sempre qualcosa di "Lost In Translation" (ok, prima e ultima citazione=D). E se vi piacerà, allora i complimenti vanno tutti all'autrice, K Hanna Korossy!

Bene, e ora, tu, sì, proprio TU, che sei arrivato fin qui: corri!, fila a scrivere una recensione, immediatamente!!!XD



Cheers=)


P.s.: Esiste anche un prequel a questa storia, che mi piacerebbe tradurre, l'unico problema è che, come ho già detto, non ho la possibilità di creare un account a nome dell'autrice... quindi vedrò un po' che fare^.*. Per chi fosse interessato a leggerlo in lingua originale, comunque, il sito è lo stesso.





  
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