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Autore: Piccolodante98    30/06/2015    1 recensioni
Elison è una giovane donna laureata che da poco è riuscita ad entrare nel mondo del lavoro ma nulla è come se lo era immaginato: dalla famiglia agli amici solo una persona riuscirà, infatti, a far pulsare il suo cuore. Così, in una spietata corsa contro il tempo, che è la vita, Elison riscoprirà la porta che conduce all'amore.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Non avrei mai pensato che sarebbe andata a finire in questo modo ne tanto meno che sarebbe stato così difficile fare delle scelte ma è così che è andata e non poteva andare altrimenti. Non rimpiango nulla delle mie scelte passate. Non le rimpiango perché so che sarebbe inutile, ma, soprattutto perché so che non cambierei nulla: nemmeno una virgola. Certo, magari non sto vivendo uno dei momenti più felici al mondo ma so che starò bene. 'Non può piovere per sempre e mio padre lo sa: è lui che me lo ha insegnato. Mio padre, già. Non lo vedo da sei mesi ormai. Chissà cosa starà facendo in questo momento mentre io sono seduta per terra dietro ad un cassonetto nella notte di capodanno a New York quando tutti sono da qualche parte a divertirsi. Ah, dimenticavo! Io non ho il diritto di divertirmi. Io ho scelto di stare con Aron, l'ex della mia amica, e ora vedi com'è andata a finire: lui con la sua amante e io a rimpiangere l'uomo che
amavo. Se l'autocommiserazione venisse cambiata in denaro in questo momento sarei ricca.

«Mamma guarda una signora che piange tanto, diamole dei soldini!»
«Jeffry, no! Seguimi...». Lo strattona.
«Ma mamma... nonno dice sempre di aiutare i bisognosi» 
«Su! Non fare storie, andiamo!».

Il bambino mi fissa con gli occhi arrossati. Perfetto... adesso faccio impietosire pure i bambini.

«Buona sera Signorina, ha bisogno di qualcosa?». Sobbalzo. Alzo la testa e vedo un anziano. "E lui da dove spunta?". Lo guardo con le lacrime agli occhi. 
«No, grazie» rispondo singhiozzando. 
«Prego». Mi porge un fazzoletto. Soffio il naso e mi asciugo le lacrime dal volto. 
«Ora va meglio?»
«Sì, grazie». Fa un cenno col capo. 
«Cara, si vede lontano un miglio che lei ha bisogno di aiuto... lo ha capito
pure il bambino!». Fa una grande risata. 
«Sono Elison». Sorride.
«Mr. Brown.». Mi porge la mano. «Le va di fare due passi?». Continuo a sentire la voce di mia madre che mi dice di non andare in giro con gli sconosciuti ma c'è qualcosa nel suo sguardo che mi tranquillizza. Esito per un attimo. 
«Signorina?». La sua voce calda e rauca mi fa sentire a mio agio
«Va bene. Andiamo». Mi alzo brancolante e lo seguo. 
«E' per un uomo, vero?» chiede imbarazzato. Annuisco. «Sai Elison? Mi ricordi tanto la mia nipotina, Eva». Abbasso la testa.. «Aveva proprio i tuoi stessi occhi». Sorride. «Ed era bellissima proprio come te ma....». I suoi occhi si spengono. 
«E' morta?», chiedo impulsiva. 
«Sì, lei... non ce l'ha fatta». Iniziano a comparire delle lacrime anche sul suo volto. «Scusi, non volevo farle ricordare...». 
«Non si preoccupi, non è colpa sua». Continuiamo a camminare. «E' stato il suo ragazzo ad ucciderla. L'ha accoltellata....». "Cristo". Fa un sospiro profondo. «Come se fosse un animale»
«Oh,mi dispiace». Si ferma e mi fissa. 
«Lei è una così bella ragazza». Mi afferra le braccia. «Stia attenta». Lo guardo attonita, non mi immaginavo tale reazione. 
«Va bene, stia tranquillo». Lo rassicuro. 
«Scusi, non volevo farla spaventare». Una lacrima scende dalla sua guancia
«No, niente». Molla il mio braccio e sorride. 
«Dove eravamo rimasti?»
«Beh stavamo dicendo...».

Sento un brivido attraversarmi la schiena e raggelarmi i fianchi. Giro lentamente la testa per capire cosa sta succedendo.

«Non muoverti se non vuoi che il vecchio faccia una brutta fine!» un grido assordante mi trapana l'orecchio.

Una glock 17 a calibro 9 mm è puntata alla mia schiena. "Maledetta io e il mio sesto senso che non mi porta altro che guai". Inizio a gridare. L'uomo spara in aria. Intimorita dal colpo di pistola resto ferma.

«Dove tieni i soldi?» urla il malvivente all'anziano. 
«Di certo non qui»
«Non ti ricordi di me?». L'uomo sorride, si avvicina a Mr. Brown e scopre lentamente il suo viso togliendosi il passamontagna: gli occhi di Mr, Brown si spalancano.

«Farabutto, come hai fatto ad uscire di prigione?! No, non puoi essere tu! Non puoi»
«La prigione di certo non è uno dei migliori luoghi di questo mondo ma induce a riflettere. Non sono assolutamente pentito di ciò che ho fatto lo rifarei di nuovo se solo ne avessi l'occasione»
«Perché Jonathan? Perché?»
«Perché?». Sorride. 
«Lei mi ha tradito lurido bastardo». Gli da un calcio sulla pancia. Si ricopre il viso e gli infligge un deciso colpo sulle tempie facendolo svenire. «Ecco fatto». Infila le sue mani nella tasca posteriore dei pantaloni dell'anziano e ne trae il portafogli. Si rialza e inizia a ridere in mia direzione. 
«Adesso tocca a te».Si inchina e mi guarda negli occhi. 
«Piccioncina che c'è? Il mostro ti ha forse morso la lingua?»
«Verme schifoso». Sputo. Il suo volto acquisisce lineamenti spaventosi. 
«No, no. Questo non si fa» mi ammonisce. Sputo di nuovo. Si asciuga la saliva con la sua mano sinistra. 
«Allora vuoi costringermi a utilizzare le maniere forti, Miss... aspetta,
com'è che ti aveva chiamato il vecchio? Ah, sì! Elison. Che ne diresti di divertirti un po' con me?». 
«No!!!». Sogghigna.

Si butta su di me e inizia a sfilarmi la gonna. La sua erezione preme sulla mia coscia mentre il suo alito ansima sul mio collo. "Questo è troppo". Urlo con tutta la forza che ho in gola ma lui non si ferma. Intravedo una figura dietro di lui. Penso che si tratti di un suo complice ma non ne sono sicura. La figura avanza molto lentamente evitando qualsiasi tipo di rumore. La mia unica speranza di salvezza è dietro di me. Smetto di scalciare.

«Brava, vedo che hai capito chi è che comanda».

L'uomo affianca l'indice al suo naso. Continuo a rimanere in silenzio. Avanza ancora più lentamente. -La mia speranza si riaccende- con un rapido movimento l'uomo scaraventa un pugno sulla guancia destra di Jonathan e prendendolo per i capelli lo trascina a pochi metri da me.
«Scappa, presto!». Non ci ripenso due volte. Mi rialzo e inizio a correre. Sto per girare l'angolo. "No, non puoi andartene, quell'uomo sta rischiando la sua vita per te". Il mio buon senso ha ragione. Ritorno indietro correndo. Tra gomitate e pugni intravedo la glock scivolare dalle mani dello stupratore e cadere vicino a un cassonetto. "Stupida fa qualcosa". Non riesco a muovermi. Il criminale è inginocchiato in un angolo. L'uomo si sta avvicinando a lui. Intravedo i suoi occhi verdi. La situazione si inverte nuovamente: il criminale butta rapidamente per terra l'uomo, rotola verso il cassonetto, afferra la sua amata pistola e spara. Il proiettile viene verso la mia direzione. 'Nero'. 'Ovunque'.

Mi risveglio. Apro lentamente le palpebre. Per un attimo ho paura di
aver perso la vista. Intravedo delle figure. Prima sfocate, poi nitide. Sono affamata. Mi sembra di non mangiare da almeno un mese. Un forte dolore mi risale dalla spina dorsale e mi trapana il cervello. A un tratto iniziano a riaffiorare delle immagini confuse che offuscano la mia memoria e così, inizio a recuperare i ricordi. "Mr. Brown, l'uomo, il criminale". Improvvisamente cerco di alzarmi ma avverto una forte pressione sulla mia spalla destra. Sono in ospedale. Un'infermiera passa per controllare la mia cartella clinica.

«Cosa faccio qui? Cosa è successo?»
«Ha rischiato di morire per ferita da arma da fuoco» risponde stizzita. 
«E Mr. Brown?»
«Per il momento si rilassi»
«No, voglio sapere» insisto. 
«Ah... e va bene. E' in sala operatoria»
«Capisco». L'unica parola che riesco a dire.
«Adesso però deve riposare».

Si allontana. Ho sempre odiato stare in ospedale. Cerco di ascoltare l'infermiera e affondo la testa nel cuscino ma non riesco a far altro che pensare a quella figura che mi ha salvato. L'unica cosa che ricordo sono i suoi inconfondibili occhi verdi. Così,
accompagnata dal suo sguardo penetrante, mi addormento. Al mio
risveglio mi sento già meglio, gli infermieri mi aiutano a scendere
dal letto e mi accompagnano in un altro reparto. Mi mettono nuovamente a sedere come se fossi una bambina e mi dicono di riposare
ma io decido di alzarmi a fare due passi non appena loro si allontanano. Cammino per i corridoi alla ricerca di qualche medico.
Voglio sapere dov'è Mister Brown. Vedo un'infermiera.

«Scusi sa dirmi in quale stanza si trovi Mr. Brown?»
«Lei è una sua parente?». Diamine! Non avevo pensato a una domanda del genere. 
«Sì, lontana parente». Controlla la cartella clinica. 
«Le conviene affrettarsi. E' appena uscito dalla sala operatoria. E'
stato un lungo intervento. L'esito si noterà nei primi giorni. Di norma non permettiamo ad una parente di visitare i pazienti subito dopo l'operazione ma sento il bisogno di affrettarla. L'operazione non è andata come dovrebbe: potrebbe riscontrarsi un arresto cardiaco tra pochi secondi»
«In quale stanza si trova?»
«Terzo reparto stanza numero 12»
«Grazie». Devo sbrigarmi non posso permettere che muoia prima di non avermi dato
delle spiegazioni.
«Presto, presto!»
«E uno e due... libera! E uno e due...libera!». No, non può essere lui. Inizio a correre. Apro la porta. 
«No!». Urlo. 
«Signorina si calmi» un infermiera mi afferra le spalle. 
«Termina sequenza». I dottori si fermano. 
«Non c'è più nulla da fare...sta andando». Risponde l'assistente. Il dottore mi fissa. 
«Signorina se vuole dirgli qualcosa può farlo, non va contro a delle infezioni». L'infermiera mi lascia entrare. 
«Sapevo che sarebbe ritornata». Lo fisso. 
«Mi raccomando». Tossisce. «Si chiama Jonathan... Jonathan Riddle».

Il suo fiato rallenta. Sorride e perde i sensi. Non so per quanto. 
Non so se per sempre.

   
 
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