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Autore: Sesshoumaru86    16/01/2009    6 recensioni
Questa è la prima fanfiction che posto su EFP. E' un po' difficile da riassumere perchè la sto scrivendo e più di dettarmi una trama mi lascio trasportare dalla scrittura e ancora non ho un'idea ben precisa di cosa ne uscirà fuori. Vorrei che fosse una storia Horror, con uno dei personaggi di Inuyasha quello che mi piace di più, Sesshoumaru.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naraku, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Luce Una belva, un gatto mostruoso dalle dimensioni enormi, correva nella notte tra valli e pianure spezzando il vento che soffiava forte e muoveva l'erba bagnata dalla brina notturna.
Ansimante, respirava velocemente e non riusciva ad prendere molto ossigeno, gli mancava il fiato, era già da ore che correva, che sfuggiva alla morte. Dietro di lui un fulmine argentato lo raggiungeva velocemente, lo feriva ripetutamente, arretrava e lo colpiva ancora, poi velocissimo lo osservava dall'alto.

L'intento del carnefice era quello di fare soffrire abbastanza quell'essere prima di mettere fine alla sua esistenza, ammirava così lo spettacolo come un pittore guarda il suo quadro mentre dipinge, un quadro segnato col sangue.

Il ragazzo dai capelli argentati che si muovevano al vento, fluttuava sopra le cime di spogli alberi, la sua capigliatura brillava sotto la luce della luna.
Guardò le sue mani imbrattate del sangue della bestia e avvicinò il pollice alle labbra carnose e perfette, dopo le dischiuse subito e leccò il dito, così assaporando il dolore della sua preda sogghignò.

La bestia, simile a un'enorme felino scappava ancora sanguinante, stava per sottomettersi al dolore e alla fatica, trascinava le sue gambe posteriori gravemente ferite, con sofferenza, e rallentò la sua corsa.

Il carnefice osservò la sua preda, ormai era quasi soddisfatto, la bestia era lenta e sofferente.

Pensò che quel suo bottino era stato facile da ottenere, nessuno era alla sua altezza, nessuno poteva eguagliarlo e superarlo negli scontri, lui era il più forte. Così, irritato perché il suo svago era finito molto presto, richiuse le dita e serrandole, emise una luce verdastra dalla punta di queste. Con un gesto veloce della mano, generò una corda verde che fece saltare via la testa dal collo della vittima e la sua opera fu completata.

Fiumi di sangue caddero sull'erba bagnata.

***

Una musica, una melodia orientale, risate, chiacchiere di gente.

Al centro di una sala con delle pareti chiare Aaron guardava l'obiettivo di una macchina fotografica, puntato verso di lui, pronto ad immortalalo su in un'immagine di carta che durerà più di una vita umana.
Era il suo compleanno, osservava tutti in quella sala, era un po' irritato, non è il tipo socievole che ama stare tra la gente e non ama le feste.

Il tempo con un flash si era fermato su di lui, e non solo, pensava alla vista di quel bagliore a degli strani riverberi, la musica era forte e gli provocava delle strane sensazioni, il suo corpo vibrava e la sua mente si allacciava a delle reminiscenze lontane e sconosciute.

Cos'è che sono io?
Chi sono io?
Sono come loro?

Sentì un calore sulla fronte come un caldo spicchio di luna, un marchio che gli bruciava la pelle, ma lui non provava dolore e non spiegava cosa gli stava succedendo, sapeva solo che qualcosa in lui si stava manifestando, qualcosa che una sua parte sepolta conosceva.

"Aaron! Un'altra?" Sua madre gli scattò un'alta foto, sorridendo.

Nella penombra della sua camera Aaron aprì appena le palpebre, scrutò il comodino dove su di esso era poggiato una cornice con una foto dentro.

In quella foto aveva lo sguardo rivolto verso avanti, sulla sua fronte uno spicchio di luna, era una macchia di luce saltata fuori dopo lo sviluppo della foto.

Guardò l'ora dalla sveglia posta vicino la cornice e vide che erano ancora le quattro di mattina, sentiva che doveva riaddormentarsi, il suo corpo stava cedendo ma la sua mente era ormai quasi sveglia.
Pensava a quel giorno, il giorno del suo ultimo compleanno, quando avrebbe voluto mandare via tutta quella gente per lui insignificante dalla sua abitazione e avrebbe voluto passare quel giorno da solo leggendo magari o scrivendo poesie come faceva spesso.

La luna illuminava la stanza, la sua luce entrava da una finestra attraversando i vetri, Aaron la guardò e si riaddormentò.
  
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