Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Liz    16/01/2009    6 recensioni
Per voi lui non ha tangibilità, è un’esistenza che si fa chiamare Maverick sui forum e nelle chat, e il cui detto è “Sono troppo vecchio per queste stronzate!”.
Vi siete conosciuti per caso, non ne conoscete né l’aspetto né il nome, ma ci parlate da mesi e solo con lui riuscite a sentirvi bene. Suvvia, quella sensazione di totale abbandono, di completa appartenenza e dipendenza… com’era la vita prima di Maverick? Neanche lo ricordate.

Reila odia Evan largamente ricambiata fin dal giorno in cui sono nati; le loro vite persistono così, in questo equilibrio stabile e bilanciato, ormai da anni.
Ma che fare quando si scopre che il proprio amante virtuale, alias “uomo dei sogni”, è proprio Evan?
Ci sono diverse scelte: buttarsi dal balcone, buttare lui già dal balcone, fare finta di nulla o cambiare radicalmente.
Evan sa cosa fare, ma per Reila ognuna di queste opzioni è sbagliata. Che sia il destino a scegliere ancora una volta, quel destino che li ha voluti anche vicini di casa…!
E forse, se ci si impegna, anche nel proprio nemico si può trovare un’occasione per crescere.
>>DAL CAPITOLO 19 [ULTIMO CAPITOLO] "Il cuore di Reila andò a fuoco nel sentire come l’aveva chiamata: “amore”. La bionda alzò il viso raggiante e gli diede un leggero bacio sulla bocca, alzandosi in punta di piedi quanto più poteva per raggiungerlo."
GRAZIE A TUTTI!!
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L’amore è una forza selvaggia.

Quando tentiamo di controllarlo, ci distrugge.

Quando tentiamo di imprigionarlo, ci rende schiavo.

Quando tentiamo di capirlo ci lascia smarriti e confusi.

[Paulo Coelho]

Capitolo 1- la ciliegina sulla torta

R

eila aveva una convinzione nella vita: se ci si ferma, anche solo per un attimo, vuol dire che la propria esistenza non ha più un senso.

Si corre, si cerca qualcosa in ogni istante della propria giornata… che cosa, nessuno lo sa davvero: può essere un oggetto, un’occupazione , una persona.

E per quanto un uomo possa avere salute, lavoro e famiglia gli mancherà sempre qualcosa. Quella cosa che è la ciliegina sulla torta, da gustare lentamente e completamente prima di morire col sorriso.

È praticamente impossibile riuscire a ottenerla, ma ciononostante nessuno ha mai smesso di provarci: forse, semplicemente, è un istinto innato nella nostra natura; o forse, è unicamente l’idea di una ventiseienne con la testa tra le nuvole.

Ma comunque sia, spesso, prima di addormentarsi, Reila si chiedeva se mai sarebbe riuscita a trovare la sua ciliegina sulla torta.

Forse sarebbe stato meglio non trovarla e continuare ad avere uno scopo, ma certe volte aveva la sensazione di esserci davvero vicina, di averla quasi tra le dita; ma poi, com’era arrivata, quell’emozione svaniva e la città tornava grigia e azzurra.

Lei avrebbe voluto che quel qualcosa fosse una persona: qualcuno con cui vivere, guardare la televisione e mangiare la pizza senza pensieri, solo essendoci. Un qualcuno in grado di ascoltarla senza fare finta, e capace di parlare di sé senza mentire: una persona che senza di lei non sapeva immaginare la giornata.

Quando ci pensava, Reila riteneva di essere solamente presuntuosa.

Del resto lei non era granché bella o sexy… anzi, era sensuale come una bambina delle elementari.

Come aspetto era anche carina: capelli castano chiaro, lisci e lunghi, che presentavano una frangetta sbarazzina e irriverente; occhi nocciola brillanti ed espressivi, un fisico snello e minuto, ma le forme… non era una ventiseienne propriamente prosperosa. Non che le fosse mai importato molto di come appariva, nemmeno al liceo si era mai accorta della popolarità di cui godeva.

Allo stesso modo non le importava che qualcuno la considerasse stupida e superficiale per il sorriso che le illuminava sempre il viso e l’eccessiva preoccupazione che l’assaliva per il minimo avvenimento; in più era anche goffa e nelle questioni sentimentali era impedita quanto negli sport, a causa delle fette di salame sugli occhi che la rendevano estremamente ingenua.

Detto tra di noi, era il tipico esempio femminile a cui nessuna vorrebbe assomigliare.

Eppure tutti quelli che la conoscevano finivano inevitabilmente per amarla.

~

«Oh, la nostra Reila ci ha degnato della sua presenza!» cinguettò ironico Larrie, seduto a capo del lunghissimo tavolo rettangolare, provocando le risate sommesse e catartiche degli altri colleghi.

«Mi scusi! La prego!» rispose supplicante Reila, mentre sudava freddo e contorceva le mani.

Larrie Bryant, il grande capo, rise grossolanamente, con quei versi tipici da fumatore di sigaro incallito; conosceva il carattere della ragazza e troppo spesso si divertiva a prenderla in giro «Suvvia Reila, sei la nostra arma vincente! Sta tranquilla.»

Lei si sedette mesta in fondo al tavolo ed estrasse dalla borsa carta e penna, facendo attenzione a non fare il minimo rumore per non attirare l’attenzione.

Come al solito, era solo colpa di Evan se aveva ritardato sul lavoro: ormai stava diventando un’abitudine, da quando si erano ritrovati vicini di casa per uno scherzo del destino.

Reila ed Evan si odiavano fin dai tempi dell’asilo e, considerando che avevano frequentato le stesse scuole fino all’università, la situazione non era mai migliorata.

Il motivo di tanto odio?

Magari certi sentimenti non hanno cause scatenanti, due si conosco e si odiano a pelle. O, chissà, potrebbe essere un segreto.

«Miei cari signori, sono fiero di voi! Questo mese i clienti sono raddoppiati, e sono anche stati molto colpiti delle vostre idee» esclamò Larrie su di giri allargando le braccia, come ad accogliere tutte quelle persone che ogni giorno gli fruttavano un bel gruzzoletto.

«Spero vivamente che continuiate tutti su questo livello! Ora, come sapete, il vostro vecchio supervisore Frank è andato in pensione, e quindi c’è un posto vacante…»

A quelle parole Reila si drizzò pietrificandosi. Il vecchio Frank le aveva predetto che c’erano molte possibilità che fosse lei a prendere il suo posto, e questo la agitava e la eccitava allo stesso tempo: insomma, la vedeva come una sfida troppo imponente. «Vorrei quindi presentarvi il vostro nuovo capo…» la ragazza chiuse gli occhi con forza e anche i suoi capelli si irrigidirono, mentre dalle labbra raggrinzite di Larrie usciva il nome del predestinato…

«Alex Coleman!»

Ah, era andata male. Un po’ le rodeva, ma ormai stava già pensando a cosa mettersi quella sera.

La sera della festa, la sera in cui avrebbe incontrato Maverick.

Reila tirò un sospiro e si abbandonò molle sulla sedia, mentre il nuovo capo entrava nell’ufficio delle riunioni con passo deciso.

Alex era in genere un personaggio che metteva ansia: il primo pensiero che procurava la sua vista era infatti “Santo cielo, ma mangerà adeguatamente?”

Alex era alto, altissimo, e magrissimo: circa 1, 90 cm per 72kg; anche da sotto il completo giacca e cravatta risaltava la sua gracilità, che negli uomini stimolava risate di superiorità, mentre nelle donne aveva risultati differenti a volte opposti: alcune lo trattavano da sfigato, altre si preoccupavano all’eccesso per lui.

Punti forti del suo sex-appeal erano gli occhi verdi, resi profondi e accattivanti dalle lunghe ciglia folte e nere, che tra l’altro erano in perfetta pan-dan coi capelli di pece, corti e ricciolini.

Tra i commenti generali, positivi e negativi, Reila rimase in silenzio. Aveva intravisto qualcosa nello sguardo di quell’uomo: il bagliore sinistro della convinzione di essere superiore a tutti. Non giudicava mai le persone al primo sguardo, ma sentì sotto la pelle quei campanelli d’allarme che non lasciavano mai presagire nulla di buono.

«Mi chiamo Alex Coleman, ho 30 anni e ho lavorato brillantemente per sei anni nella PublixAnswer co.» esordì lui, appoggiando con forza le mani sul tavolo. «Sapete come mi chiamavano?» tutti fecero no con la testa, completamente assorti dalla sua voce piena e sicura «La Macchina. Sapete perché?» le stesse dieci teste si agitarono «Perché lavoravo come una macchina, dalle 8 del mattino fino alle 10 di sera, per accontentare il cliente, e non ho mai fatto fiasco. Questo è il segreto del successo, per noi pubblicitari creativi: non smettere mai di lavorare. Pensare continuamente al prodotto, trovare almeno dieci possibilità di promozione, per essere pronti a ogni evenienza» si fermò un attimo nel notare i volti raggelati e gli sguardi precipitati nel vuoto dei suoi sottoposti: godette di quella sensazione di potere, e poi riprese «Non ho mai fallito in vita mia. Non mi aspetto che voi arriviate a questi livelli, ma almeno provateci. Se non volete accettare i miei ritmi, quella è la porta.»

Larrie tossì a disagio, giocherellando sulla punta dei piedi; Alex sospirò «Ah sì… sono sicuro che saremo una grande squadra» e uscì dalla stanza senza nessuna cerimonia, tra lo stupore di tutti.

Alcuni erano sbalorditi, altri atterriti, ma sui volti di tutti era già presente un astio profondo verso il nuovo stacanovista. Reila no: i campanelli sotto la pelle non l’avevano mai tradita, come neanche questa volta, così si ritrovava già a gironzolare nel mondo di Maverick, senza sapere ancora cosa mettersi per quella sera.

«Bene, miei cari…» gorgogliò Larrie, imbarazzato per lo sconforto generale «torniamo tutti al lavoro!»

Le dieci persone presenti nella stanza si alzarono chiacchierando sottovoce ed uscirono come pecoroni dirigendosi verso i propri uffici; poco prima che Reila entrasse nel suo, Melanie, la sua segretaria, la chiamò con urgenza.

«Allora, com’è questo nuovo capo?» domandò curiosa, mordendosi le labbra e sorridendo con gli occhi marroni.

«Mh. Magro.» fu la avvilente risposta della bionda.

«Magro.» ripeté Melanie delusa «Senti il magro ti vuole nel suo ufficio. Ora.» Reila sgranò gli occhi, sconvolta.

Mentre camminava nel lungo corridoio moquettato di rosso, si sentiva come l’uomo morto in marcia nel miglio verde.

Cosa può volere subito? Mi vuole sicuramente rimproverare per il ritardo!

Dirà che questo mio comportamento sconsiderato comprometterà i colleghi e quindi tutta l’azienda! Mi darà solo l’ incarico di prendere i caffè… o peggio, mi licenzierà! Portandosi le mani sul viso per calmarsi arrivò davanti alla porta di legno che ora le sembrava fatta di braci ardenti.

Tremando per lo sconforto bussò, chiudendo gli occhi per riposarsi dai troppi pensieri. Nessuno rispose.

Forse ho bussato troppo piano?! O forse non mi ritiene degna-«Ah scusa, stavo ancora sistemando le mie cose!» si scusò Alex, facendo sussultare la ragazza immersa nelle proprie riflessioni.

«Prego, entra pure» disse lui scostandosi per permette di entrare alla ragazza. Reila camminò a testa bassa fino alla scrivania e si sedette mesta nella poltrona di pelle nera, mentre Alex faceva lo stesso davanti a lei.

«…sei sicura di stare bene? Sei molto pallida!» chiese per precauzione.

«Eeeeh?! N-No, sto benissimo!!! La prego non si preoccupi!» esclamò Reila sorpresa, sventolandosi davanti al viso le mani in segno di scusa, con le lacrime agli occhi.

«Va bene, scusa…?» continuò Alex, stupito di sentirsi in colpa per averla fatta sentire a disagio. Poi proseguì, decidendo di non badare allo sconforto dipinto sul viso della ragazza. «Mi è stato riferito che tu sei la migliore in quest’azienda.»

«Io faccio solo del mio meglio» si rimpicciolì lei, preparandosi alla sfuriata.

«Ne sono certo. È per questo che voglio affidare a te il nostro nuovo cliente.»

«Quello francese?!» domandò stupita, ormai completamente dimentica dell’ansia di pochi attimi prima. Che volete, la donna è mobile, qual piuma al vento…

«Esattamente. Ci ha affidato uno dei suoi prodotti di punta: un profumo, nocturne: claire de lune. Se le nostre idee avranno successo, è assicurata la sua fedeltà alla nostra azienda. Mi aspetto molto da te.»

«Non si preoccupi! Le assicuro che i francesi rimarranno esterrefatti dalle nostre idee!» dichiarò Reila sicurissima di sé, con gli occhi luccicanti e il pugno stretto.

Alex sorrise e le tese una mano ossuta «Molto bene. Tra poco ti arriveranno vari campioni e dettagli. Puoi andare.»

Reila gli strinse la mano professionalmente ed uscì dall’ufficio trattenendosi dal saltellare, mentre Alex la osservava silenzioso chiudere la porta.

~

Se c’era una cosa che Reila odiava con tutta se stessa era il traffico cittadino, infatti prendeva la macchina solo se era in un brutto ritardo: provenendo da un paesino di provincia, esteso per meno di un chilometro, lei preferiva camminare.

Le ricordava le passeggiate che faceva con la madre per andare dal panettiere, il negozio più lontano da casa sua, distante ben cinquecento metri: c’erano il profumo dolce e caldo del pane appena sfornato, il panino al burro che il negoziante le regalava sempre, la sua mano stretta a quella materna. E ancora, le venivano in mente le corse per non arrivare tardi a scuola, le comari in piazza che sapevano tutto di tutti, le corse in bicicletta con i bimbi del paese.

Le passeggiate nel tramonto con suo fratello… Reila scese dalla macchina distratta, perdendosi nelle memorie più fosche e lontane, e senza sapere dove stare andando alla fine urtò qualcuno.

«Ah, mi scusi! Mi scusi tanto!» esclamò lei, preoccupata.

«Non cambi mai, eh? Stupida come al solito.» disse la vittima, acida e ironica.

«Ah, sei tu» si incupì Reila.

Lui era Evan, il famigerato Evan: il nemico mortale di Reila fin dal giorno della loro nascita, che tra l’altro era lo stesso.

Evan avrebbe potuto essere definito antitetico rispetto a Reila: saldo nei propri principi, perseguiti sempre con fierezza e senza ripensamenti; un uomo coi piedi attaccati a terra e un machiavellismo ben radicato, che sarebbe anche potuto apparire gentile e premuroso.

Gli importava relativamente del giudizio altrui, quindi non si faceva molti scrupoli nell’agire come il suo istinto gli suggeriva, tanto sugli altri ragazzi avrebbe avuto la meglio, e le ragazze gli avrebbero perdonato tutto: bastava guardarle languidamente con gli occhi azzurri e grigi dal taglio particolare, distendere le labbra rosa carnose e scompigliare con una mano i capelli corti, neri e disordinati e le donne si scioglievano come ghiaccio d’estate.

«Sei tu che mi sei venuta addosso!» ribatté lui, innervosito.

«Non dare tutta la colpa a me!»

«Vuoi farne una questione di stato?» chiese lui alzando gli occhi al cielo.

«Faccio quello che voglio!» rispose Reila, mettendo il broncio e passando oltre il ragazzo «Ora scusami, ma devo proprio andare. Stasera ho una festa e…»

«Non dirmi che è quella sulla ventiduesima strada» domandò Evan sbalordito, facendola fermare.

Reila si girò lentamente, con la faccia paralizzata in una smorfia «S-sì…sì. A-anche tu ci devi andare…?»

Il moro scosse la testa sconsolato «Basta tenere qualche metro di distanza e per me va bene.»

Reila sussultò corrugando la fronte e mostrando una linguaccia antipatica ad Evan, prima di correre su per le scale e raggiungere il proprio appartamento.

~

La festa si teneva in una vecchia fabbrica abbandonata, ora risorta come locale da affittare a chi volesse.

Reila bussò agitata alla porta scura metallica, dietro la quale si udivano la musica altissima e le urla di almeno quaranta persone. Bussò più volte e più volte fu tentata di tornare a casa, al sicuro sotto la sua coperta davanti a un buon film.

Ma no, non poteva.

Se solo pensava a quello che sarebbe successo alle ore 23 sul tetto sentiva di poter prendere in mano in proprio cuore, scaraventarlo per terra e saltarci sopra. Avrebbe finalmente incontrato Maverick, gli avrebbe confessato i suoi sentimenti e che pensava che fosse proprio lui la sua ciliegina sulla torta.

Avrebbero cominciato a vedersi spesso, ad uscire, a stare sempre assieme e piano piano il loro amore sarebbe cresciuto sempre di più: Reila ne era certa, come se il tutto fosse una facile dimostrazione matematica del corso della vita.

Bussò ancora una volta e stranamente qualcuno riuscì a sentirla: le venne ad aprire un ragazzo mezzo ubriaco che cadde a terra davanti a lei senza smettere di ridere.

In un attimo Reila si inginocchiò davanti a lui preoccupata «Santo cielo! Stai bene?!» gli chiese urlando. Ma quando altre quattro persone brille, ridendo, si gettarono ad angelo sopra il ragazzo decise che non era il caso di angosciarsi troppo.

Con le gambe tremanti scavalcò il mucchio umano e alcolico, e si addentrò tra il fumo artificiale e le luci intermittenti della festa, guardandosi attorno: sapeva benissimo che non avrebbe mai potuto riconoscere Maverick in mezzo a quella ressa, ma la consapevolezza di essere probabilmente a pochi metri da lui la rendeva tremendamente irrequieta ed eccitata.

Poi smise di camminare.

Si fermò in mezzo alla sala, alzò gli occhi al soffitto e seguì l’andamento rapsodico delle luci colorate.

Cosa ci faceva in quel posto? Era tutto troppo confuso, caldo e luminoso per i suoi gusti. La gente ballava attorno a lei, dimenava bicchieri pieni di vodka rischiando di sporcarle il bel vestito bianco, cantava e urlava.

Lei non doveva essere lì, ma tra le braccia di Maverick.

All’improvviso si girò verso le scale, facendo ondeggiare i lunghi capelli morbidi lasciati sciolti per una volta. Animata da questa nuova forza, arrivò all’ultimo piano dell’edificio: spalancò la porta e si trovo davanti allo spettacolo della città di notte.

Si avvicinò alla ringhiera, sporgendosi per ascoltare meglio il sottofondo musicale del traffico.

Guardò il cielo: c’era ancora l’orizzonte? Sembrava proprio che le stelle e le luci delle case e delle automobili fossero la stessa cosa.

Sbattè le palpebre e pregò che le ore 23 arrivassero presto. Chissà se Maverick sarebbe venuto davvero…

All’improvviso la vista divenne nera e sentì bruciare la pelle del viso: qualcuno le aveva appoggiato le mani sugli occhi.

Reila perse il controllo del cuore, del respiro, della mente. Non sentiva più il proprio corpo.

«S-sei tu… Maverick?» sussurrò con voce rotta.

Lo sentì sorridere «Finalmente sei tra le mie mani».

Reila ebbe l’istinto di girarsi per poter finalmente vedere quel sorriso, ma Maverick la tenne ferma, stringendola alla vita.

Rimasero fermi, in silenzio per alcuni minuti: Maverick non voleva rovinare l’atmosfera, Reila non sapeva cosa dire.

«Non… non posso guardarti?» chiese lei alla fine.

«Che ne dici di rimanere ancora un po’ Maverick ed Apple? Rimanere due sconosciuti che sia amano.»

Reila sussultò, arrossendo notevolmente. Per fortuna era notte «…Allora anche tu devi chiudere gli occhi»

«Va bene» rispose lui sorridendo.

Senza sciogliere l’abbraccio, la ragazza si girò lentamente senza aprire gli occhi, mentre Maverick si chinava su di lei.

Fino a quando, tra lunghi secondi di esitazione, le loro labbra si incontrarono morbide e dolci.






Note totalmente inutili

Primo: scusate per l’enorme, immenso, stratosferico ritardo di questo primo capitolo. Avete pensato che avessi lasciato perdere, vero? XD e invece no, anzi. Sono più agguerrita che mai è_é

Solo che nelle vacanze non ho avuto un attimo libero, e poi è ricominciata la scuola con 473294932859254 compiti al giorno, e inoltre avevo appena finito di scaricarmi Kanon e dovevo vederlo tutto T_T (anche se mi mancano proprio le ultime due puntate <.<) (Ayu-chaan ç______________ç)
E poi… sì, avevo scritto alcuni pezzi, ma non mi piacevano affatto. Non riuscivo a scrivere come volevo e così tergiversavo e rimandavo XD Alla fine è passato quasi un mese, ma il risultato non mi soddisfa per nulla.
Ma mi sa che i ritmi saranno comunque più o meno questi, ancora per un bel po’ (causa scuola).

Secondo grazie per le 9 recensioni (*____* ma voi mi rendete la donna più felice del mondo!!) a Black Lolita, Kyraya, Meikucch, giunigiu95, BLU REI, Kokky, vero15star e _sefiri_, BabyzQueeny!!! E ai 7 preferiti

1 - aquizziana

2 - BLU REI
3 - giunigiu95
4 - kekkafrepunk
5 - kyraya
6 - ninasakura
7 - vero15star

Vorrei non deludervi mai ^__^

(come sempre, per precauzione, voglio sottolineare che questa storia è frutto solo della mia povera e poca fantasia. Analogie con altre storie sono del tutto casuali, credetemi! ç_ç)

Terzo, a tutti coloro che mi hanno conosciuto tramite Loving mi sento di dire che la tipologia della storia sarà molto diversa, largamente più introspettiva: più simile, per chi la conosce, alla mia Snowdrops. Ma manterrà comunque dei toni leggeri, senza perdersi nel melodrammatico angst di Snow o_o Ci sarà da ridere comunque!!! v_v
Parlandoci chiaro, non sarà una commedia degli equivoci XD

Quarto. Perché definisco questa storia una sfida? Perché, per una volta, vorrei riuscire a descrivere una crescita psicologica <.< non sono mai riuscita molto bene a raccontare l’evolversi lento dei sentimenti… io sono una tutto e subito!! (vi prego non pensate male XD)

Del resto, Evan e Reila sono due personalità molto diverse... Credo che a molti Reila risulterà antipatica o insopportabile, perché a volte è davvero tonta… =_= in qualche aspetto posso dire di essermi liberamente ispirata a me stessa. Soprattutto nei difetti, ma sorvoliamo.

Benché questa storia narri il rapporto tra una ragazza e un ragazzo, e io stessa l’abbia messa nel “romantico”, secondo me sarebbe stata più una “generale”… ma siccome alla fine, è il lato sentimentale/amoroso che prevale l’ho inserita in questa sezione.

Ah, le parti in corsivo sono i pensieri dei personaggi. Di solito sono relativi a chi sta parlando al momento, o al soggetto della frase precedente °o° ci tenevo a precisare, non si sa mai.

La sfortuna continua a perseguitare Reila! Da quand’è che… riusciamo a parlare così?

Alla prossima!

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Liz