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Autore: Horse_    02/07/2015    5 recensioni
Elena è una giovane ragazza di ventisette anni che nella vita ha già dovuto subire tanto. I suoi genitori e la sua sorellina minore sono morti in una serata d'inverno quando lei aveva solo vent'anni in un incidente d'auto sul Wickery Bridge. Il caso è stato subito archiviato come normale incidente, ma Elena non ci crede fino in fondo perchè le pretese di omicidio sono buone in quanto la sua famiglia era a capo di un'azienda multi internazionale con sede principale a New York, ed inoltre il corpo della sorella non è mai stato ritrovato.
Arrendersi non è mai stata la sua volontà ed ha cominciato ad indagare, ma qualcuno, con la paura di essere scoperto, ha fatto in modo di metterla a tacere per sempre, ma così non è stato. Elena ha passato quattro anni della sua vita in un'isola deserta, scampando da morte certa più e più volte, scendendo a patti con il Diavolo per tornare a casa e riabbracciare parte della sua famiglia, ma il prezzo da pagare è decisamente troppo alto.
Quando ritorna a New York spuntano fuori delle persone misteriose interessate ad una particolare lista che sembra portare ad un solo nome: quello di Elena.
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                             The List.
                                                                                             I'm another person.


Le ruote della mia macchina corrono veloci tra le illuminate strade di New York mentre un leggero vento autunnale si staglia contro i miei capelli lasciati sciolti dalla fretta con cui sono partita. Sono partita questa mattina all’alba e non vedo l’ora di arrivare finalmente a casa mia e di vedere la mia famiglia –almeno quel poco che ne resta. Sette anni fa vivevo a Mystic Falls, una pittoresca cittadina situata nel sud-ovest della Virginia, con i miei genitori, mio fratello Jeremy e mia sorella Megan e sembrava tutto tranquillo, quasi surreale. Eravamo la classica famiglia americana con una villetta a schiera, ricca sfondata ma senza troppe pretese perché volevamo vivere nella tranquillità più assoluta, dei figli prodigio che potevano fare invidia anche a quelli del Presidente degli Stati Uniti d'America, e ognuno con il proprio compito all’interno della società: mio padre era a capo di un’azienda multi internazionale –con sede principale proprio a New York–, mia madre lo aiutava e nel tempo libero si dedicava al giornalismo, io ero capitano delle cheerleader e fidanzata con il capitano della squadra di football, mio fratello era uno studente ligio al suo dovere e mia sorella frequentava un corso di danza ed era parecchio brava per la sua età.
La nostra famiglia era tutto questo perché ora non c’è più. Mia madre, mio padre e mia sorella sono morti sette anni fa in una maledetta sera d’inverno mentre stavano tornando a casa dal saggio di danza della mia adorata sorella. Un cervo, tipico animale della Virginia, tagliò loro la strada e mio padre, complice l’asfalto bagnato dalle classiche piogge invernali, per non andargli addosso non riuscì a controllare la macchina e caddero nel Wickery Bridge morendo tutti e tre annegati. Ero una ragazza semplice a quell’epoca, mi importava solo delle cheerleader e di prendere una borsa di studio per andarmene via il prima possibile da lì, da una vita che mi opprimeva troppo e che mi stava soffocando, ma dopo quell’incidente cambiò tutto. Venire a sapere che i miei genitori erano morti, compresa la sorella che adoravo tanto, ha rotto qualcosa in me che mi ha fatto cambiare completamente chiudendomi di più in me stessa. Per anni ho avuto degli incubi riguardante quell’incidente e di tutte le cose che non avevo detto a miei genitori: quanto volevo loro bene e quanto ci tenevo a costruire un solido rapporto con loro. Avrei voluto seguire di più mia sorella, accompagnarla più spesso a danza, aiutarla a fare i compiti e magari giocare con le bambole di porcellana che adorava tanto e che ad ogni Natale puntualmente qualcuno le regalava, ma non ho potuto. Quel dannato fiume se l’è portata via, ed aveva solo cinque anni –sono stati ritrovati i corpi dei mie genitori, ma il suo è scomparso nel nulla, come se si fosse materializzato improvvisamente da qualche altra parte.
Il caso fu praticamente chiuso subito e senza nessun tipo di prova lo archiviarono come un normalissimo incidente e nessuno si preoccupò di ritrovare il corpo di mia sorella per darle una degna sepoltura –eppure i soldi non ci mancavano, così come adesso, e avrei dato tutto il patrimonio della mia famiglia, assai immenso, per trovare almeno lei. Mio padre aveva aiutato tantissimo quella città e nessuno lo aveva ripagato per tutto il bene che aveva commesso dando lavoro a centinaia di persone. Ci avevano voltato tutti le spalle. Ovviamente tutta la città ci guardava con compassione, ci davano degli orfanelli, e solo l’aiuto di mia zia Jenna, e suo marito Alaric, ci permise di andare via da quella dannata città per andare a vivere a New York da loro. Avrei voluto fare il medico, invece sono diventata forse l’opposto –sono quella che molto spesso manda le persone all’ospedale. Sono diventata quello che mio padre aveva sempre cercato di farmi abbandonare e so, per certo, che non ne sarebbe affatto d’accordo, ma devo fare chiarezza su tutto quello che è successo perché per me, a differenza di tutto il resto, l’incidente dei miei genitori non è stato casuale, è stato un vero e proprio omicidio. Un giorno ho provato a parlarne con Jeremy, a spiegargli le mie convinzioni, ma mi ha dato della pazza ribadendo che i nostri genitori non c’erano più e che io non potevo fare più niente per riportarli indietro e che ero una sciocca a credere che fossero morti per mano di qualcun altro. Così un giorno sono partita, senza dire niente a nessuno, e mi sono diretta dall’altra parte del mondo alla ricerca di qualche notizia, di qualche pista che mi potesse dire qualcosa, fino a quando non trovai quello che cercavo –o almeno quello che mi poteva portare a qualche nuova pista e ad altri indizi. Ero così vicina a scoprire nuovi dettagli quando, mentre ero in volo, il mio aereo inspiegabilmente precipitò nel vuoto, e cadde in mare: fui l’unica sopravvissuta, o almeno lo credevo.

 
-Elena, sei tornata!-
 

Zia Jenna mi corre incontro e mi getta le braccia al collo facendomi quasi perdere l’equilibrio e farmi finire con il sedere per terra. Rimaniamo abbracciate per qualche minuto, forse qualche secondo, mentre io mi lascio cullare dalle braccia amorevoli di mia zia –che in realtà non è molto più vecchia di me. Mi è mancata tantissimo, così come Alaric e mio fratello, che in quel momento non era nei paraggi. Io e Jeremy, dopo la morte dei miei genitori, avevamo cambiato rapporto: prima ci raccontavamo qualsiasi cosa e ognuno manteneva il silenzio dell’altro, dopo l’incidente dei miei genitori e la mia sparizione tutto era diventato più freddo e tetro. Mi rivolgeva a mala pena la parola, così come adesso. Alaric guarda divertito la moglie e lo saluto con lo sguardo mentre zia Jenna sembra decisa a non abbandonarmi.

 
-Jenna, falla respirare un attimo.- interviene un attimo. Si avvicina a noi e prende le mie valigie sotto il mio sguardo contrariato. –Forza, entriamo.-
-Ric, sono capace di portare le valigie da sola.- lo riprendo seguendolo lungo il vialetto.
-Lo so, ma voglio solo essere gentile.- ridacchia felice del mio ritorno.

 
In questi anni è stato con Alaric che mi sono aperta di più ed ho legato tantissimo con lui. Prima della morte dei miei genitori l’avevo visto davvero poche volte e non ero riuscita a farmi un’idea sul suo conto, ma dopo quando finalmente avevo imparato a capirlo ero riuscita a legarmi a lui come non avevo mai fatto. Ric è un avvocato, uno dei migliori nel suo campo, ed è l’unico a cui abbia accennato qualcosa –non su quello che mi è successo dopo l’incidente sull’aereo, ma sui miei turbamenti per quanto riguarda la morte dei miei genitori. Abbiamo passato intere notti a ispezionare il caso e anche lui non è molto convinto di quello che è successo, ma non può fare più di tanto perché non ha i mezzi che ho io, ma di cui non posso parlare a nessuno.
Entriamo nella villetta tutti e tre e non appena la porta si richiude alle mie spalle posso finalmente sentire il profumo di casa. A dir la verità non abito qui, ho un appartamento al centro di New York, cosa che con il mio lavoro mi posso ampiamente permettere, ma Jenna mi ha praticamente obbligato a passare dei giorni qui con loro prima di ritornare alla mia vita frenetica.

 
-Allora, come sono stati i Caraibi?- mi domanda Jenna.
-Faceva molto caldo.- dico prima di sorseggiare il the preparato da Alaric. –Se dovessi rinascere penso proprio che andrò a stabilirmi lì.-
-Posto preferito?- mi domanda Alaric curioso.

 
Ci penso un attimo prima di dare una risposta e tento di trovare qualcosa di convincente. Ovviamente loro sono convinti che io sia andata ai Caraibi quando non è proprio così: sono andata in Cina, dalla Triade*, convinta di trovare qualcosa di nuovo, ma ovviamente sono sempre allo stesso punto di prima. Neanche loro sembrano avere informazioni utili su quello che è successo e ho dovuto spendere quasi un patrimonio per metterli a tacere e per non svelare a persone indiscrete della mia particolare visita in Cina.

 
-Mmm… Assolutamente le spiagge.- spiego loro accavallando le gambe e inclinando la testa.
-Elena, io e Ric dobbiamo parlarti e con questo intendo un discorso serio.- irrompe Jenna.

 
Credo di non averla mai vista così seria in tutto questo tempo. Cerco lo sguardo di Ric, come a scoprire qualcosa, ma scuote la testa e da man forte alla moglie.
Cos’è successo?

 
-E’ successo qualcosa a Jeremy?- domando allarmata.
-No, niente di tutto questo.- mi dice. –Si tratta di te.-
-Di me?- domando sbigottita.
-Sai che sei a capo di un’azienda multi internazionale?- mi domanda grave.
-Si, certo. Perché?- domando a mia volta.
-E sai anche che porta il tuo cognome, no?- domanda ancora.

 
Annuisco confusa, forse anche troppo, non capendo dove voglia arrivare. L’azienda è intestata a me e mio fratello, cosa ben comprensibile visto che siamo –eravamo– i figli del capo, ma condurre un’azienda del mio calibro non fa assolutamente per me. Ho altre cose importanti a cui pensare, non certamente a un’azienda e a tutti i lavori che girano attorno visto che io non ci capisco niente. Ho deciso di fare un determinato lavoro, e in poco tempo, forse grazie alla mia fama o forse grazie alla mia bravura e alle mie capacità, sono diventata tenente**, quindi rivesto uno dei ruoli più importanti, della polizia. Ho sudato per diventarlo e forse sono stata aiutata, è vero, ma ho ricoperto egregiamente il mio lavoro smascherando i peggiori criminali di New York, grazie anche a fonti esterne, ed è forse per quello che era rivesto quella carica. Infine sono una donna e devo rimostrare al mondo che anche le donne sanno farsi valere quando si tratta di Polizia, manette, pistole e tutto il resto.

 
-Si, certo che si.- rispondo annuendo.
-Quello che ci chiediamo, in realtà se lo stanno chiedendo un po’ tutti, è perché tu non faccia quello che devi.- continua Jenna. –La società è intestata a te e a Jeremy, non a Richard Locwood.-
-Lo so, ma lui era il migliore amico di papà.- insisto. –Non sono tagliata per queste cose e poi Richard sta facendo un ottimo lavoro, o mi sbaglio?-
-Ma il capo dell’azienda sei tu, non lui. Non mi fido di Richard.- si intromette Alaric serio.
-Richard è un brav’uomo, Alaric.- rispondo fissandolo negli occhi. –Io ho il mio lavoro e ne vado fiera.-
-Rischi la vita ogni giorno, Elena!- mi ricorda Jenna.

 
Fare il tenente forse è la cosa meno rischiosa che ho fatto in tutta la mia vita. Ho vissuto per due anni in un’isola deserta e altri due in Cina a fare cose che nessuno di loro immagina e a questo punto fare il tenente è una cosa di poco conto e che non mette minimamente in pericolo la mia vita.

 
-Non voglio perderti, non di nuovo.- ribadisce ancora addolcendo il tono della voce.
-Nemmeno un’isola deserta è riuscita ad uccidermi, Jenna.- le rispondo con lo stesso tono di voce sorridendole comprensiva. –Sai che me la so cavare.-
-Non con tutta questa criminalità in giro.- ribadisce ferma.
-Non puoi dirmi di abbandonare quello che ho sempre voluto fare.- le dico con voce ferma. –E non posso nemmeno fare due cose contemporaneamente.-

 
Alaric si alza dal divano e si siede accanto a me, poi mi sorride comprensivo.

 
-Non sono tuo padre e non mi permetterei mai di dirti cose devi fare e cose non devi fare, Elena.- mi dice. –Ma tua zia ha ragione, è un lavoro troppo pericoloso. L’azienda ha bisogno di un Gilbert, non di un Locwood al comando. Non ti chiediamo di prenderne le redini, solo una misera collaborazione per avere il controllo della situazione. Io non posso farlo e lo sai bene.-
-Pensaci almeno.- sussurra Jenna.
-Parteciperò a qualche riunione, nulla di più.- decreto infine alzandomi dal divano. –E voglio parlare anche con Jeremy, anche lui deve scendere dal piedistallo e cominciare a preoccuparsi dell’azienda, non solo io. Ora scusatemi, sono stanca.-

 
Entrambi annuiscono e mi lasciano salire tranquillamente nella stanza degli ospiti dove Ric ha portato le valigie prima di intavolare questa discussione. Non vedo mio fratello da mesi ormai e voglio che si dia una svegliata all’istante o mi costringerà a dire sia a Jenna e ad Alaric la verità. Loro sono convinti che stia andando a un’Accademia di disegno, ma in realtà i fatti sono ben diversi, ma non posso dare loro la colpa. Ero convinta anche io che la situazione fosse questa, ma in uno dei miei tanti viaggi in giro per il mondo ho scoperto che il mio caro fratellino non si trova a Boston, ma a Las Vegas a gestire un casinò comprato con il suo conto bancario –cose che ho dovuto presto nascondere e bilanciare con parte dei miei soldi inventandomi chissà quale scusa che ora nemmeno ricordo– e facendo bella vita, mascherando tutte le spese extra con corsi e quant’altro. Se Jenna lo scoprisse morirebbe d’infarto e Ric lo ucciderebbe, ma se io mi devo immischiare in questa dannata azienda, di cui personalmente non mi interessa nulla –togliendo il fatto che campo anche per quella– deve metterci la faccia pure lui e abbandonare tutti i suoi lussi perché altrimenti non andrebbe da nessuna parte.
Dopo aver fatto una doccia e cerco di sistemarmi e di rendermi presentabile perché questa sera devo incontrami con Caroline ad un ristorante di cui non ricordo nemmeno l’indirizzo. Mi ha praticamente costretta ad andarci con la scusa che ci vediamo troppo poco, e non posso darle torto su questo, e che mi deve raccontare un sacco di cose –e prevedo valanghe di discorsi sul gossip o sulle scollature troppo evidenti della segretaria del suo capo. Credo che si sia presa vagamente una cotta per quello e da come me l’ha raccontato non sembra nemmeno tanto brutto: alto, capelli chiarissimi, occhi azzurri e accento britannico. E’ esattamente il tipo di Caroline, anche se la mia amica è della filosofia acchiappa e poi molla e sembra che la cosa la diverta parecchio, ma non l’ho mai sentita presa così da una persona e non posso non essere felice per la mia amica.
Mando un e-mail a Jeremy, assicurandomi che non sia rintracciabile, dove gli spiego del felice dialogo che ho avuto qualche ora fa con Jenna e afferro la piastra sopra il mobiletto ed inizio a farmi i capelli. Poco dopo sento bussare e qualcuno entrare all’interno della mia camera. Dallo specchio vedo che è Jenna quindi continuo il mio lavoro interessandomi completamente dei miei capelli.

 
-Esci?- mi domanda.
-Si, con Caroline.- le rispondo.
-Credo che sia impazzita senza di te.- mi dice ridacchiando. –Non vedeva l’ora che tu tornassi.-
-Non oso immaginare il perché.- le rispondo sorridendo. –Penso che mi racconterà mezza vita di New York.-
-Probabilmente.- annuisco.
-Senti Elena- la vedo sedersi sul letto. –Mi dispiace per prima, ma sai quanto tenga al tuo futuro e alla tua salute. In più non voglio che tutto il lavoro dei tuoi genitori vada perduto.-
-Lo so, Jenna, e forse è per questo che ho accettato.- dico mettendo giù la piastra e guardandola negli occhi. –Non so nulla di aziende e la cosa mi spaventa. Sono stata per anni dispersa in un’isola deserta e penso che tu capisca cosa provo.-
-Ti capisco Elena, ma devi abituarti e portare avanti quello che c’è da generazioni. Sai quanto tuo padre abbia sognato tutto questo per te e per Jeremy.- mi dice.
-Peccato che lui non ci sia più.- sospiro.
-Ed è per questo che ci siete tu e Jeremy. Non fare in modo che la società cada alla deriva.- continua ancora.

 
E so quanto tenga a quella società perché era una cosa a cui mamma era legata profondamente e in qualche modo Jenna la ricorda così. Uno dei sogni di mamma era quello di portare l’azienda a livelli internazionali, e ci erano riusciti lei e papà, e di vedere un giorno me, Jeremy e Megan all’interno ed è per questo che Jenna insiste così tanto. Ma appunto era un sogno di mia madre, non il mio.

 
-Lo farò, Jenna, ma non posso dedicare tutta la mia vita all’azienda e questo lo sai bene. Non solo per il lavoro, ma per tutto il resto. Non sono più quella di una volta e mi dispiace, ma non posso tornare indietro.- l’avviso.
-L’isola ti ha cambiata, Elena, ma ti ha reso più forte di prima.- dice.
-Non solo l’isola, Jenna.- sospiro. –Prima dell’isola.-
-L’hai affrontato per il meglio credimi, e loro saranno sempre qui con te.- sussurra Jenne abbracciandomi.

 
Ci stacchiamo poco dopo quando sento il campanello suonare. Fisso Jenna leggermente sorpresa perché non mi aveva detto di aspettare qualcuno e penso che non sia nemmeno Caroline visto che dobbiamo incontrarci al ristorante e non qui, a forse mi sbaglio ed è venuta qui per farmi una sorpresa.

 
-Forse sarà Caroline, anche se è relativamente presto.- dico dopo aver guardato l’orologio.
-No, non è Caroline.- mi dice Jenna. –E’ un’altra persona. Forza, vieni.-

 
Mi lascio trascinare per le scale da una Jenna euforica che per poco non fa cadere entrambe dalle scale. Non appena arriviamo in soggiorno troviamo Alaric con un uomo girato di spalle vestito di nero –ora che lo osservo meglio è più un ragazzo.
Non appena ci notano si voltano entrambi e mi scontro contro il verde chiaro degli occhi del nuovo presente. E’ un ragazzo, avrà più  o meno la mia età, ed ha uno strano ciuffo ingellato in testa.
Chiedo silenziosamente spiegazioni a Jenna e queste non tardano ad arrivare.

 
-Lui è Stefan Salvatore, la tua guardia del corpo.-

 
 
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*La Triade è un’organizzazione criminale di stampo mafioso di origine cinese.
** I gradi della polizia sono parecchio complicati, i più importanti sono: primo capitano, capitano, tenente e sottotenente.


Sinceramente non so da dove sia nata questa storia, forse dal bisogno di cominciare a scrivere un'altra Delena o forse perchè mi sto fissando con l'ambito poliziesco e misterioso di tutti quei film o forse perchè non ho mai scritto nulla del genere.
Questa storia è un vero e proprio esperimento, lo dico davvero. Ho sempre trattato tematiche leggere, quasi fantasiose, ma ho decido di impegnarmi in qualcosa di più serio se posso dirlo ed è qualcosa che veramente mi affascina e pensare a Damon ed Elena in questo ambito mi ha fatto emozionare e ho deciso di scrivere ed è venuto fuori questo. Ora, non so cosa abbiate capito di tutta questa storia, ma è solo l'inizio.
Vediamo se riesco a spiegare qualcosa o a mettere le cose in chiaro: Elena ha ventisette anni ed è una poliziotta, precisamente è un tenente, che vive in un appartamento a New York e nella stessa città vivono Jenna e Alaric. Il piccolo Gilbert si è fatto furbo e per non accollarsi addosso responsabilità se n'è andato a Las Vegas a gestire un casinò, ma Elena vuole riportarlo a New York. I genitori di Elena e Jeremy sono morti sette anni prima in un'incidente, in cui è morta anche la sorellina (ovviamente è inventata perchè, come ben sappiamo, non esiste!), in cause non misteriose, ma qualcosa spinge la ragazza ad indagare visto che, avendo un'azienda così importante, chiunque potrebbe pensare di assassinarne il capo. Ovviamente non vi posso dire niente su questo e se Elena abbia veramente ragione e se ce l'ha non posso dirvi perchè sono stati assassinati. Lo so, ci sono troppi se, ma siamo solo all'inizio. La parte più importante sostanzialmente è il trascorso di Elena sull'isola e di come la Cina sia così un posto importante per lei.
Quanti di voi pensavano che fosse Damon il ragazzo misterioso? E invece è Stefan. Odierete e amerete questo personaggio ah... Ovviamente la storia non sarà un triangolo, niente Stelena mi dispiace.
Quindi... Spero di aver costruito una storia recente e aspetto pareri per sapere se troncarla sul nascere oppure portarla avanti perchè la cosi mi eletrizza parecchio :)
Alla prossima! C:
  
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