Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: ReroYonnaH    04/07/2015    2 recensioni
E se... i nostri “io” futuri fossero in grado di tornare indietro nel tempo di qualche anno e parlare con i nostri stessi del passato?
Ff su Jotaro e Kakyoin, spoiler parte 3 e possibili spoiler parte 6.
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jotaro Kujo, Noriaki Kakyoin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E se... i nostri “io” futuri fossero in grado di tornare indietro nel tempo di qualche anno e parlare con i nostri stessi del passato?



 

Era una notte calda e afosa nel deserto, dove si erano accampati Jotaro e gli altri del gruppo.
Faceva caldo, ma era quasi.. un caldo accogliente. Il cielo sembrava una grandissima coperta che li copriva e rivestiva con affetto quasi materno, come ad accoglierli sotto il suo abbraccio.
Ed è così, osservando quel fantastico cielo, che Jotaro si stava lentamente lasciando trascinare nel mondo dei sogni.
In pochi minuti il tranquillo silenzio del deserto rotto solo dal respiro dei suoi compagni lo fecero cadere in una tranquilla e pacifica oscurità.

Una luce.
Un rumore.
No, era forse.. una voce?
...Si, una voce lo stava chiamando.
Ma... che stava succedendo? Jotaro era confuso.

All'improvviso dall'oscurità si vide apparire delle strane luci.. eppure era convinto di star dormendo. Che fosse ancora in dormiveglia, oppure...eccola di nuovo.
Questa volta capì chiaramente. Era una voce, anzi la cosa più strana è che era la SUA voce che lo stava chiamando.
Si guardò attorno spaesato, senza sapere dove guardare e dove andare, fino a quando... piano, nell'oscurità non si vide apparire davanti a se la cosa che meno si sarebbe aspettato.

Ciò che vide era se stesso. Indossava abiti molto colorati, sembravano blu, anche se era difficile da capire in tutta quella penombra. E sperava anche di aver visto male quei pantaloni.
Il suo viso inoltre sembrava molto più anziano, quasi di 20 anni. E quando parlò anche la sua voce risultava più cresciuta.


«Ciao... Jotaro.»

Il giovane lo squadrò per qualche istante, ancora scioccato dal fatto di essere davanti a se stesso, poi ebbe il coraggio di parlare.

«..ciao.


Cosa sta succedend-»

Un gesto brusco della mano del giapponese più grande lo zittì in un istante.
Subito dopo si avvicino, arrivando esattamente davanti al ragazzo e fissandolo negli occhi con espressione grave.

«Sono venuto ad avvisarti.
A prepararti.»

 

Lo sguardo del ragazzo passò dall'iniziale incertezza alla totale incomprensione.
«Prepararmi, di cosa diavolo stai parlando?»

L'uomo inizialmente alzò una mano, come a volergliela poggiare sulla spalla, ma la ritirò subito stringendola in un pugno e limitandosi a guardarlo ancora dritto negli occhi.

«... Jojo.
Voglio solo dirti... goditi tutto il tempo possibile con i tuoi amici.
Non ignorarli.»

«Si può sapere cosa stai dicendo vecchio?»

Il diciottenne sbuffò, come infastidito. Quello era sicuramente un sogno, un'illusione creata dalla stanchezza, e non voleva ascoltare oltre.
La cosa era... troppo strana ed ansiosa, voleva solo poter dormire in pace.

«Jotaro.
Stagli vicino.
Non abbandonarlo qualsiasi cosa succeda.
Lui fa affidamento su di te Jotaro.»

Il pugno si alzò verso di lui, forse minacciarlo lo avrebbe fatto andare via.

«Ho detto di stare zitto stupido-»

Adesso negli occhi del vecchio vi era tutta la compassione di un genitore, un improvvisa dolcezza che mai si sarebbe immaginato di vedersi addosso così palesemente.

 

«Ti affido Kakyoin, Jojo.»

E come era accaduto così sparì. Il buio lo inglobò di nuovo.
E mentre il pugno di Jotaro si lasciava andare, scioccato da quell'ultima frase si ritrovò di nuovo nell'oscurità. Da solo.

Jotaro si risvegliò all'improvviso balzando a sedere e ansimando.
Ciò che aveva appena vissuto era una delle cose più bizzarre che mai gli fossero capitate ed il suo cervello ancora faticava ad elaborare la cosa.
Era successo veramente? Cos'era quello che aveva appena visto? E soprattutto... cosa aveva sentito?

Il suo pensiero andò immediatamente al compagno e volse subito di scatto la testa, andandolo a cercare.
Ed eccolo, ancora li, perfettamente in salute, che dormiva tranquillamente.
I capelli rossi che risplendevano al chiarore della luna, quel suo ciuffo mezzo scompigliato che gli ricadeva sul viso.
L'espressione beata di un bambino che dormiva nel suo letto dipinta su quella sua pelle diafana.
Si rese conto che il suo cuore aveva accelerato stranamente il battito, ma non appena fu sicuro della sua salute scrollò la testa e tornò a sdraiarsi.


Il giorno dopo ed i seguenti furono come tutti gli altri, normali.
Lunghe camminate e brevi soste, battaglie improvvise e momenti di svago.
L'unica cosa che cambiò in Jotaro fu che non riuscì più a levarsi dalla testa quel pensiero.
Da quella fatidica notte Kakyoin era tutto ciò che aveva in testa la maggior parte del tempo.
Cosa significava “te lo affido”? Lui davvero non capiva.
Il ragazzo era in salute, a parte qualche normale ferita da battaglia. Non notava particolare segni di problemi o altri cambiamenti.
Era molto scocciato da questo suo atteggiamento. Si ritrovava troppo spesso a fissarlo e a ricevere strane occhiate di riguardo dal rosso e dagli altri compagni, chissà cosa si erano messi in testa.

“Maledizione, questa situazione mi sta distruggendo.” Il suo pensiero cadeva sempre su quella frase.

 

Altri giorni passarono, e le sue attente “analisi” e osservazioni sul ragazzo procedevano senza cambiamenti. Il suo dubbio riguardante il significato di quella frase era sempre più profondo.
Tutto ciò che vedeva nel compagno era... allegria. Strano pensava.
Allegria durante questo viaggio così difficile? Ma non vi era un minuto in cui non lo aveva visto col sorriso od una risata sul volto.
Era sereno, felice, quasi grato di questo viaggio, e la sua allegria aveva contagiato anche il resto del gruppo.
Ormai il vederlo così sorridente era diventato per lui un abitudine, e sempre più spesso si ritrovava ad osservarlo di nascosto, beandosi di quella atmosfera che lo circondava.

Come poteva un ragazzo avere un espressione simile ogni ora del giorno? Come poteva essere sempre così felice? Come faceva ad essere così... invitante?
Troppo spesso si ritrovava in testa simili pensieri. A come fosse allettante il suo fianco e come sarebbe stato bello camminare vicino a lui. A come si sarebbe sentito sereno nel farlo.

A volte nel scoprirsi a pensare certe cose scrollava violentemente il capo per farli andare via, anche se da una parte non voleva.
Che stesse... nascendo qualcosa dentro di lui?

 

“Che pensiero stupido” si rimproverava, per continuare poi a camminare.

 

Il loro viaggio non durò per ancora molti giorni.
L'arrivo al Cairo, la dura ricerca della dimora di Dio e le battaglie combattute sembrarono quasi passare in un battere di ciglia.
Il ricordo di quello strano sogno quasi svanì dalla testa di Jotaro, così come quei sentimenti sopiti dentro di lui, che vennero sostituiti solo dalla voglia e la decisione di combattere.

Quando arrivò il momento di prendere la decisione di dividersi, lì, ancora sul tetto della magione di Dio, le sue parole non vennero mai interrotte e non ebbero mai sussulti, anche se per un attimo il suo cuore perse un battito.

Ricordò quelle parole. “Non abbandonarlo.” “Stagli vicino.” Cosa avrebbe dovuto fare quindi?
Guardò Kakyoin negli occhi come per cercare una sua approvazione, e quella arrivò senza problemi. Dentro di se quello gli bastò.
Lo conosceva, molto bene ormai. Non gli sarebbe accaduto nulla.. o almeno lo sperava con tutto il cuore. Ma quei pensieri furono offuscati subito dall'imminente battaglia che avrebbero da lì a poco dovuto combattere.

Da quel momento in poi non avrebbe più rivisto o saputo niente del suo compagno fino alla fine.

L'euforia di quel momento, la rabbia cieca che ancora pervadeva il suo corpo mentre era nell'ambulanza col corpo di suo nonno e del suo, adesso ex, nemico Dio.
Un insieme di emozioni che lo pervadeva dalla testa ai piedi.
Ma la rabbia svanì quando vide il vecchio rialzarsi.
Non lo avrebbe mai ammesso ma era felice. La battaglia era finita e sarebbe tornato a casa.
Avrebbe rincominciato e finito la scuola, insieme adesso al suo vicino compagno Kakyoin.

… si Kakyoin. Ancora non aveva saputo nulla di che fine avessero fatto lui e Polnareff, fino a quando.. la radio dell'ambulanza non risuonò e non si sentì la voce gracchiante di un medico dall'altra parte.


< Aggiornamenti.
Qui è l'Ambulanza 1.
Jean Pierre Polnareff è incosciente, lo stiamo trasportando all'ospedale.
Qui è l'elicottero.
Noriaki Kakyoin è deceduto. Stiamo trasportando via il suo corpo.
Chiudo.
>

 

..il respiro per un attimo gli venne a mancare.
I suoi occhi fissarono il vuoto.. e quelle parole presero e rimbombargli e ripetersi nella sua testa in un loop infinito.


“Noriaki Kakyoin è deceduto. Noriaki Kakyoin è deceduto. Noriak--”

Cosa? No, aveva sicuramente capito male. Non poteva essere davvero morto.
Era sicuro, credeva in lui, sapeva che ce l'avrebbe fatta, ora come avrebbe--

All'improvviso le parole esatte di quella notte gli tornarono in mente, più forti e potenti che mai.
I ricordi dei giorni passati riaffiorarono e gli si piazzarono davanti agli occhi come dell'acqua bollente versata su una ferita aperta.
Quelle notti passate fianco a fianco a parlare, guardando le stelle. I piccoli momenti al bar, Le battute e le litigate in auto.
La sua risata.. la sua voce.. il suo volto, i suoi capelli.
E i suoi occhi, sempre pieni di vitalità ed allegria che erano sempre sorridenti quando lo guardavano, anche dopo quel maledetto incidente.
Ma soprattutto il modo in cui gli parlava, così delicato e gentile e allo stesso tempo così fastidioso alle volte.

In quel momento realizzò quello che aveva sempre tenuto nascosto.
Lui... amava Kakyoin. Lo avrebbe voluto stringere, lo avrebbe voluto veder sorridere ancora di più. Avrebbe voluto donargli dei giorni felici come non aveva avuto nella sua infanzia e ridere con lui.
Lo avrebbe voluto amare. Vedere... ancora una volta almeno. E dirgli ciò che realmente provava per quello stupido, assillante e sorridente ragazzo dai capelli rossi come una ciliegia.

 

Ma ora non avrebbe più potuto fare nulla di tutto ciò.
Il ragazzo che tanto amava era morto e una sensazione di gelo si stava lentamente facendo strana nel suo cuore.

Si appoggiò ad un lato dell'ambulanza coprendosi il viso col cappello mentre suo nonno parlava con i medici.
E nella sua silenziosa disperazione e nel suo muto dolore una lacrima gli scese lungo il viso, solcando quelle labbra adesso piegato in un triste e amaro sorriso.

E che fosse stata la tristezza del momento, il suo distaccamento da ciò che lo circondava, la sua disperazione.. ma per un attimo gli sembrò di sentire sulla sua schiena una dolce sensazione, come se qualcuno lo stesse abbracciando.


 

E in un altro tempo e in un altro luogo, un angelo dalle ampie ali bianche e un vivace e rosso ciuffo dava il benvenuto ad un burbero uomo dal cappello blu, che finalmente poté riabbracciare e
sorridere al suo sempre amato angelo custode.

 

 

 

Angolo autrice!
… scusatemi.
Questa idea mi è venuta totalmente a caso dopo una chiacchierata su headcanon con delle amiche e la malvagità di Twitter e la sua capacità di farmi trovare solo ed esclusivamente JotaKak angst.
(si, è vero, ho invertito i momenti successi sull'ambulanza ma non sapevo come altro fare, perdonatemi-- (?))
.. il tutto è stato scritto di impulso quindi potrebbe non essere perfetto.
Spero di aver reso l'idea della cosa e di aver fatto capire quanto io AMI questi due e quanto mi facciano soffrire-- perché giuro che stavo male mentre la scrivevo.
Detto ciò-- beh, spero sia stata gradita(?) >_<     YonnaH~

   
 
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